domenica, dicembre 30, 2007


POSSO CONFERMARE EMPIRICAMENTE
CHE LONDRA E' SEMPRE UNA BUONA IDEA.

BUON ANNO A TUTTI DALLA PERFIDA ALBIONE

mercoledì, dicembre 26, 2007


...E ALL'IMPROVVISO...

Ho un biglietto andata e ritorno per Londra in tasca.
E' il regalo dell'Ulivo Palestinese. Per chiarirci le idee, ha detto.
Torno l'anno prossimo, tra dieci giorni, e non mi sarò chiarita un bel niente.
Ma tanto lo so che ho la vita più incasinata del mondo, perchè ribellarsi a questo sistema delle cose? Prima o poi andrà a posto da sola, come il raffreddore che passa in sette giorni con le medicine, e in una settimana senza.
Per ora mi arrendo all'evidenza: se istituiscono il premio Vita Incasinata, io vinco ma non trovo un momento libero per andare a ritirare il premio.

Così mi sono detta, Echissenefrega se ci capirò ancora meno di prima, dopo questo viaggio.
E mentre facevo la valigia mi cullava il mantra: Londra è sempre un'ottima idea. Londra è sempre un'ottima idea. Londra è SEMPRE un'ottima idea.

lunedì, dicembre 24, 2007

"Prima ancora di uscire dall'infanzia, mi sembra di aver avuto, molto netto,
il doppio sentimento che doveva dominarmi durante tutta la
prima parte della mia vita: quello di vivere
in un mondo senza evasione possibile,
dove non restava che battersi
per un'evasione impossibile"
(Victor Serge)


DI NATALE E UTOPIE...

Mi dicono che dovrei essere più chiara, per quanto riguarda la mia brigata partigiana delle Piccole Cose.
E che dovrei dirvelo che per far parte della Brigata ed ottenere il suo fiore che mi rende più bella, c'è la legge del contrappasso.
Perchè con i fiori del partigiano non si paga mai l'affitto.
E in effetti, si, per fare un fiore del partigiano serve un tavolo, e per fare il tavolo ci vuole il legno, e per fare il legno ci vogliono altri due lavori.
Più il teatro che non rende ma rende sorridenti.
Dicono che dovrei dirvelo più chiaramente che per inseguire i miei sogni pedagogici faccio un sacco di fatica, mentre quando scrivo sul blog sembra sempre che nella mia vita cammino sull'acqua come gesù marinaio.
Non è vero che scivolo sul pelo dell'acqua come le libellule.
Ci sono delle volte come oggi che sono così stanca che persino cucinare il tiramisù di natale mi risveglia la tallonite.

Lo riconosco: delle volte mi viene un po' la voglia di glorificarmi di questa mia stanchezza, di richiedere il riconoscimento da Piccola Martire dell'indipendenza.
Un santino da Maria Goretti del precariato, da Santa Lucia dei sogni futuri.
A volte mi sogno un applauso a scena aperta del comitato centrale che dica Brava, ce l'hai fatta anche questo mese nel sottile equilibrio tra i tuoi sogni, la tua indipendenza, la tua forza fisica e mentale, i tuoi mille rapporti che vuoi salvare dal cestino delle cose che non ci stanno più.
E a dirla tutta, non è che non lo richieda proprio mai, questo riconoscimento, al Parlamento dei miei affetti.
Ma spesso invece succede che mi sembra normale, e so che non sarei capace di fare altro.

Se di colpo - per stanchezza, magari, o perchè mi si attorcigliano insieme tutti i sogni e tirandoli da un lembo ne vengano fuori trasformati in routine, o ancora perchè mi sveglio un mattino e accetto un posto in banca - se di colpo accettassi di posare nella foto col sorriso deficiente, se smettessi di agitarmi perchè non serve a niente, io non mi riconoscerei più. Mi guarderei distrattamente nello specchio del bagno e direi Buongiorno signora!
Zucconeggio ergo sum.

Così, se dai post sembro gesù marinaio, non credetemi - che stanca, eccome, lo sono.
Ma invece un po' anche credetemi, che sono i miei sogni che mi fanno camminare, anche con la tallonite del libraio.

E se sono più bella, in questo 20o7, è perchè più bella è la mia vita, più vicini sono i miei sogni, più belli saranno i prossimi anni, e bellissime sono sempre le amiche che non aspettano la vecchiaia per essere i bastoni morali delle nostre fatiche.

venerdì, dicembre 21, 2007



IL FIORE DEL PARTIGIANO, ORIGINAL.


Mi ci sono voluti ventisei anni per trovare un lavoro dove non fossi obbligata a frequentare dei colleghi.
Perchè i colleghi io me li immagino sempre una cosa brutta. E non è che l'esperienza abbia molto contribuito a farmi cambiare idea, in merito.
Non lo faccio apposta, sono i traumi della mia infanzia.
Due cose mi terrorizzano: il Mutuo e i Colleghi.
E anche il giudice di roger rabbit, ma quella è un'altra storia, è un'altra paura.


Così tre mesi fa, finalmente, l'ho trovato questo lavoro dove, anche se siamo una cinquantina, non c'è neanche un Collega. Semplicemente coabitiamo. E' una specie di creazione collettiva del quotidiano, più che un lavoro.
Ci si divide gli spazi, si fanno i turni per i computer, e certo che ci sono anche le maledette riunioni.
Ma neanche un Collega, neanche un cartellino da timbrare, un orario d'ufficio.
La mia stanza di lavoro ha un armadio dove abbiamo disegnato un grande albero verde con i ritagli delle riviste.
E dentro ci sono le bottigliette vuote per il laboratorio delle maracas.
E dalle altre stanze ci vengono a portare i rotolini di cartone della cartaigienica, per le marionette.
E abbiamo le bombolette da writers sulle scrivanie.
E' in una stanza come questa che hanno inventato questo meraviglioso poster.


Tutto questo, s'intende, mi rende estremamente felice e sorridente e finisce che qui dentro ci vengo anche quando magari potrei non venirci, per le chiacchere, per le idee.
Tipo ora, ad esempio.

E ieri, come in tutti i luoghi di lavoro normali, ieri era la sera della cena di Natale.
La nostra cena di Natale è stata al circolo 8 marzo in cima a Sestriponente, con i vecchietti del circolo che cucinavano, prezzo politico, caffè offerto dal presidente, e discorso in genovese di cui ho capito la metà.
E io che quasi muoio perchè ho starnutito all'improvviso causa pepe e mi è andato un pezzo di arrosto nel naso.
Non so se vi è mai capitato di avere un arrosto nel naso, ma vi assicuro che è una sensazione assolutamente spiacevole.
In ogni caso, giustamente incuranti della mia morte per arrosto, tra il dolce e il caffè tutti i presenti hanno intonato i canti partigiani, che risuonavano tra le pareti in compensato, per ringraziare i vecchietti della cena.


E insieme ai canti, anche le mie idee rimbalzavano tra le pareti di compensato.
Così ho pensato a questo lavoro che esiste perchè dalla Resistenza è nato e ancora adesso lo facciamo crescere, sessant'anni dopo.
Ognuno a modo suo, ognuno con il suo fiore.
Con i migranti o con i burattini a dita, con l'obiezione di coscienza, con gli armadi albero, sdraiati sulle rotaie o seduti davanti ad un computer.
Tra la cena di Natale e l'ammazzacaffè.
Con le bocce al campetto, al torneo di cirulla, al laboratorio di narrazione con gli adolescenti.
Ed è così che mi è arrivata addosso quest'idea, rimbalzata sulle pareti fredde del circolo.
Ho pensato Questo è il mio fiore: sentirmi parte della Brigata Garibaldina "Partigiani delle Piccole Cose".






Ho vinto il premio "Thinking blogger award".
Ringrazio tutti quelli che hanno creduto in me, la mamma, il mio agente.
E ovviamente voi...senza il vostro sostegno non sarei arrivata fin qui.

giovedì, dicembre 20, 2007

...MA C'E' SEMPRE QUALCOSA DA SORRIDERE


"IMMIGRATI, PER FAVORE, NON LASCIATECI SOLI CON GLI ITALIANI!"



(sul muro dell'anagrafe, oggi, andando finalmente a spostare la residenza in vico dolcezza)

AMARISSIMA SOTTOSCRIZIONE, DAL MANIF DI OGGI...



"Come i nostri lettori sanno siamo soliti chiedere soldi per far vivere il Manifesto. Questa volta, però, li chiediamo per un altro motivo. E lo facciamo da "poveri" quali sappiamo d'essre a favore di altri "poveri"; tra simili ci si deve aiutare.
Lanciamo quindi una sottoscrizione a favore dei familiari delle vittime della ThyssenKrupp di Torino, per sostenerli nella loro vita quotidiana e per far fronte alle spese legali per le eventuali cause di risarcimento nei confronti dell'azienda.
L'obiettivo che ci proponiamo è 200.000 euro, non molto in sè, moltissimo per noi.
Lo facciamo senza dimenticare tutti gli altri morti sul lavoro, ma proprio per ricordarli attraverso i caduti torinesi.
Pertanto invitiamo tutti ad invadere di bonifici il conto aperto presso la Banca popolare etica, IBAN IT40 K050 1803 2000 0000 0535 353, intestato a Solidarietà vittime ThyssenKrupp, via Tomacelli 146, 00186 Roma."



LaNessie, nel suo piccolissimo, quest'anno autoproduce i regali di Natale. E versa per la sottoscrizione tre euro per ogni regalino non comprato.

martedì, dicembre 18, 2007


LA TRISTE STORIA DI VITO LA SCIMMIA

Mentre aspetto le vostre proposte luddiste potrei parlarvi di due cose.
La prima è la narrazione della mia vita incasinata, del filo di arianna dei miei rapporti da mettere a posto, degli scivoloni che prendo nel aggiustare le cose della mia psiche.
Come quando sposti le cose dal loro fuori posto e a quel punto non le trovi più.
Ma siete fortunatissimi.
Perchè invece vi racconto la storia di Vito.

Vito è una scimmia.
Di peluche, ma voi non diteglielo, che di traumi ne ha già subìti fin troppi.
Vito è stato abbandonato al Porto Antico in una fredda serata di inizio dicembre.
Giaceva riverso su una panchina, raggomitolato nella sua tristezza e nel suo abbandono, alla mercè delle intemperie.
Consumato, forse per le troppe coccole, forse per le violenze inflitte da una cattiva matrigna.
Io voglio pensare che Vito fosse molto amato da una bambina ma che una matrigna gelosa lo abbia abbandonato al porto antico e abbia raccolto tutte le sue briciole, tornando a casa.
Così Vito si è perso.

Appena l'ho visto, il clochard delle scimmie di peluche, io ho subito pensato all'adozione. Ma mia moglie, la gelida ed insensibile Pimoglie, ha sbuffato ed è entrata in un bar a prendersi un caffè.
Così tutte le pratiche dell'affido sono state portate avanti da me e dal PastoreBattista.

Innanzitutto abbiamo controllato che non fosse un regalo di Unabomber.
Abbiamo controllato vuol dire che il PastoreBattista ha preso Vito in braccio e Vito non è esploso.
Poi, l'abbiamo un po' coccolato.
Abbiamo scritto un biglietto che diceva "Se per caso avete perso una scimmia di peluche, scrivete una mail a questo indirizzo...nel frattempo l'abbiamo adottata noi".
(In realtà la prima versione del biglietto riportava il mio numero di cellulare, ma poi ho pensato a tutti quelli che mi avrebbero chiamato grufolando Mmmmm, mi sono perso...sei tu la mia scimmietta...?)
Abbiamo quindi attaccato alla panchina la seconda versione del biglietto.
A casa, poi, Vito è stato messo in lavatrice e successivamente appeso per le orecchie al filo da stendere.
Ma mia moglie non si è impietosita.
I giorni passavano, Vito sorrideva gocciolando in cortile, ma la Pimoglie non ha tirato fuori neanche un mezzo sorriso di compassione.
Semplicemente ha finto di non vederlo.

Allora io ho pensato che questa scimmia non poteva essere ulteriormente traumatizzata da una madre affidataria assente.
E quindi, oggi, l'ho portato in ufficio.
Il quale ufficio gronda di istinto materno. Nel mio ufficio, il desiderio di maternità passa attraverso la porta, si insinua negli armadi e nella fotocopiatrice. Il mio ufficio è il Lazzaretto delle Madri Potenziali
E infatti Vito è stato accolto dalle coccole e dagli applausi, e subito gli è stata costruita una casetta di cartone tutta per lui, con il suo nome circondato da note musicali.

Adesso Vito è lì, felice, sull'ultimo ripiano dell'armadio vicino alla finestra.
Ma se per caso un giorno incontrate una bambina alla ricerca della sua scimmia di Peluche, scomparsa in un giorno di vento invernale, portatela da noi, che saremo felici di riconsegnare Vito nelle mani sporche di pennarello della sua vera mamma.

lunedì, dicembre 17, 2007


MAIS QUI EST DONC LE GENERAL LUDD?

Me lo tiro dietro dal week end questo dilemma interiore. E finalmente posso chiedervi un coniglio.
Dunque, succede che la Libreria delle Bollette Salate vende tantissimi libri belli. Molti medi. Qualcuno brutto, alcuni orribili. Ma uno, uno mi si rivolta lo stomaco tutte le volte che devo metterlo in esposizione, che devo infilarci dentro il cartellino dello sconto al quindicipercento, e non vi dico quando capita di venderlo o, peggio, dover fare un pacchettino.
E' il libro fotografico sulla repubblica di salò.
Già le foto.
E non vi dico le didascalie.

Così io ho pensato che mi dò al Luddismo.
Quando che capita a me di doverlo vendere o impacchettare, io vorrei fare una piccola azione dimostrativa.
Ma non so quale, e per questo mi servite voi.
Per adesso mi limito ai fiocchetti brutti, alla carta piegata male. Ma diciamo che la differenza con i pacchetti in cui mi impegno è sostanzialmente irrilevante.
Mi ci vorrebbe un'azione luddista poco identificabile: se ci sputo dentro primo mi vedono e secondo poi, quando a santostefano vengono a lamentarsi in cinque, ci mettono poco a capire chi è stato, anche senza esame del diennea.
Ci vorrebbe qualcosa che sembri un problema di stampa o di trasporto.
Ma se strappo una pagina si sente.
Io vorrei qualcosa che il signorfascista che riceve il dono, mentre è lì che se lo sfoglia ci rimane male e dice Ma che schifo di regalo.
Forse un topo morto tra le pagine è un'idea.
Ma anche lì, il topo morto, è difficile farlo passare per un problema di casa editrice.
Una cacca di cane, anche.
Un chewingum, magari uno... ma se lo trovano in tutte le copie è un evidente sabotaggio.
Quindi, bellissimi lettori, anche se è lunedi, spremete le vostre meningi materialiste e datemi un'idea.
Il concorso prevede anche il premio per l'idea migliore: all'eccelsa mente luddista che partorirà il raffinato motivo del mio licenziamento andrà...UNA FOTOGRAFIA DELL'ITALSIDER!
Ricchi premi e cottillons, gentili partecipanti!
Via con le idee...



giovedì, dicembre 13, 2007

VENERDI.
DOPPIO TURNO ALLA LIBRERIA DELLE BOLLETTE SALATE


mercoledì, dicembre 12, 2007


PICCOLE STANZE DI VITA QUOTIDIANA

C'è una cosa che adesso mi renderebbe tanto felice.
Un parrucchiere che si occupasse di me, dei miei capelli viola ma ispidi, strepenati, confusionati.
Dei miei capelli d'angelo, nel senso della pasta.
Vorrei che si mettesse qui, dietro alla mia scrivania, mentre trascrivo questo stupido verbale, mi mettesse la testa nell'acqua tiepida, me la massaggiasse con uno shampoo profumato, mi facesse chiaccherare di ledidiana, del vento freddo, di cosa farò a capodanno e di doppie punte.
Che mi mettesse la cera profumata agli agrumi sulle punte.
Che mi spazzolasse via i capelli dal collo con il pennello morbido da barba, che è una delle gioie supreme della vita.
Che mi trasformasse di nuovo da Hello Spank a Valentina di Crepax.
Che mi dicesse che sono una ME-RA-VI-GLIA.
Che mi dicesse E poi, con quegli occhi azzurri...perchè i parrucchieri sanno come far felici le donne.
E poi mi lasciasse pure al mio verbale, ma profumata, ordinata e femminile.
Questo mi farebbe sorridere tantissimo.

martedì, dicembre 11, 2007


FIUME IN PIENA

Sembra che sia veramente arrivato il momento delle spiegazioni.
Ho iniziato a chiarirmi con qualcuno, e gli altri sono venuti a ruota.
Sembra veramente che non ci fosse nessuno con cui avessi messo le cose in chiaro.
Me compresa, s'intende.

Adesso c'è la fila, spuntano irrisolti dagli armadi e sotto i tappeti, richieste di spiegazione e accuse.
Piano piano sto cercando di spiegare a tutti cosa ho fatto, perchè l'ho fatto. E mi trovo a ripetere Mi dispiace tanto.
Mi sento sommersa dai casini che sono riuscita a creare in ventisei anni. Stanno arrivando tutti a portare il conto.

E' come se qualcuno avesse tolto il tappo dall'ombelico della mia vita precedente.
Ma per ora ce la sto facendo... mi tiene a galla soprattutto la comprensione di quelli a cui finalmente sto chiarendo le idee.
Così questa è una scusa pubblica.
Scusate, decisamente non eravate voi. Era la (mia) situazione.

lunedì, dicembre 10, 2007


LETTERA

Non pensavo che leggessi il mio blog.
Tutti mi dicevano Ma figurati se non lo legge, e io invece pensavo che no.
Ma quel post l'avrei scritto comunque, s'intende, perchè io credo che il blog sia un luogo dove rovesci fuori le idee come albus silente quando le tira fuori dall'orecchio con la bacchetta.
E' il posto delle idee quando nella testa non ci stanno più.
E non si può avere paura delle proprie idee, anche o soprattutto quando sono sbagliate.
Sono contenta se mi dici che no, non ho capito niente della tua scelta dei ravioli.

Continuo a non pensare che tu abbia fatto una scelta lungimirante. Ma non per questo mi sento superiore a te, e mi dispiace se dal post poteva sembrarlo.
Penso che tu sia a volte o spesso un bambino alto un metro e settantacinque. Lo sai che lo penso. Ci siamo lasciati per questo. Se non era per questo io ti sposavo così com'eri, così come sei. Con i fiori d'arancio e gli anelli ti sposavo, sia chiaro. E lo sai perfettamente, questo, perchè rimani l'unica persona di cui io sia stata fottutissimamente innamorata, innamorata da non crederci, innamorata con la voce che si spezza e questa idea fissa della fortuna di averti incontrato.
Ti conosco e conosco il tuo corpo e il tuo profumo da quasi undici anni. E di alcune cose di te non mi sono mai stancata o annoiata.
E questo perchè tu sei e rimani una persona meravigliosa, a tempo indeterminato.

Ma è sulle scelte della vita che non funzionavamo, ed è per questo che adesso non capisco e non condivido la tua scelta.
L'ho scritto perchè era una mia idea, e più che un'idea era una rielaborazione del lutto, e più che una rielaborazione del lutto era ricordarmi perchè ci siamo lasciati andare nonostante io ancora trattenga il fiato quando ti vedo o ti sento.

I ravioli e il post mi hanno permesso di chiarirmi che ci siamo lasciati andare perchè il tuo concetto di libertà e il mio non sono gli stessi, ed è nella libertà che si convive.
L'abbiamo detto più di una volta, che siamo cresciuti insieme ma siamo cresciuti diversi.
Le mie scelte non sono mai state migliori delle tue. Ma le tue faccio fatica a capirle.

Io ti immagino, a guidare alle quattro del mattino. E lo so che sei felice di questo. Lo so che la scelta dei ravioli è una scelta più coerente del negozio figo del centro, con la persona che sei.
Lo so anche che la tua Libertà - con la elle maiuscola, molto più della D di dio - è una libertà solitaria, da quattro del mattino, da moto in corsa e vento in faccia, da solitudine e disobbedienza.
E io, questa tua Libertà, prima l'ho amata e adesso la rispetto.
L'ho amata senza capirla, e adesso senza capirla la rispetto.

Non sono certo io quella che non apprezza le scelte, le decisioni dei bambini.
Trovo siano sempre decisioni affascinanti, e piene di ragioni profondamente sentite e invocate. Non sono certo io quella che dice ai bambini di non sognare perchè poi, fuori, c'è un mondo schifoso ed è meglio imparare da subito a dire Si signore.
Però io credo anche che, per fortuna, le scelte dei bambini non siano lungimiranti, che si fermino tra la narice e la punta del naso: è questo che le rende bellissime: la mancanza di paura.

Non ho mai pensato a te come una persona lugimirante, e questo credo ne sia una conferma. Per chi come me pensa sempre a cosa succederà dopo, questo tuo bruciare la candela dai due lati è inconcepibile.
Ma non ho ragione io, è soltanto il mio piccolo punto di vista.

Così, ti immagino guidare il furgoncino alle quattro del mattino e ti immagino felice, ti immagino più rilassato, meno stanco, più sorridente, più colorato. Tu lo sai che tutto questo mi fa sorridere di riflesso.
E sappi che c'è una cosa, in questa stupida storia, che mi renderà veramente felice: il momento in cui si dimostrerà che, come spesso è successo, avevi ragione tu.

venerdì, dicembre 07, 2007

STASERA A CENA IN VICO DOLCEZZA...











la famiglia






mia moglie




La kGGb e l'esimio consorte





lo zio ashkenazita e la di lui famiglia









la meravigliosa amica E



il finalmente chimico









lo zio partenopeo

d'adozione




Il compagno cachemire e la sua paella





...la mia famiglia ed altri animali...













giovedì, dicembre 06, 2007

GRADITI OSPITI
...un po' di parentame è arrivato in visita da Telaviv
portando regalini, una cugina e le candeline dello Hannukkah.
...
La foto non sono loro.
Ma i cartelli ben rappresentano la mia schizofrenia antisionista.

mercoledì, dicembre 05, 2007



QUE VIVA LA PAGNOTTA


Quasi vincevo le olimpiadi del precariato, ieri.

La radiocronaca racconta di un'ottima partenza con il nuovissimo e natalizio lavoro pagnotta, di cui verrà fornita successiva accurata descrizione.
Ma lo sprint è stato un clamoroso azzardo perchè, arrivata ancora pimpante al secondo lavoro, quello vero, quello che è così bello che non mi pagano, ho poi iniziato a cedere clamorosamente a metà del Terzo Lavoro, il Percorso BambinoMuffa, più o meno all'altezza della lotta dei cuscini.
Consegnato il BambinoMuffa al di lui padre tamarro, proprio nel momento in cui la Moglie Personal Trainer Ipertiroidea già si infilava la giacca in vista del Quarto Lavoro, sono caduta agonizzante come un Dorando Petri qualsiasi e ho rinunciato al workshop di teatro, uscendo così dal medagliere ma conservando le forze fisiche per un mese che si preannuncia metaforicamente intenso.

Alle otto di sera ho mangiato il minestrone e poi mi sono addormentata.
Alle 9 e un quarto.
L'ultima volta che mi era successo credo ci fosse Cossiga presidente della repubblica.
Ma dieci ore di fase rem costante hanno permesso che stamattina fossi di nuovo allegra e scattante, prontissima per il lavoro della pagnotta natalizia: la Libreria delle Bollette Salate.

La libreria delle Bollette Salate, che mi permetterà di evitare il taglio di luce e gas al momento del conguaglio, è un banchetto lungo come un verme solitario che si snoda su e giù per la galleria commerciale del centro.
La libreria delle Bollette Salate nasconde, tra gli orridi libri panettone, anche qualche meraviglia dell'editoria che mi diverto a scoprire mentre sto aggiustando i banchi.
E poi, la libreria delle Bollette Salate è il buco della serratura sul mondo: tutti passano almeno a dare una sbirciatina... gli impiegati di banca e le casalinghe, i muratori e gli autisti dell'autobus, le nonne con i bambini senza un posto all'asilo nido e le donne rampanti con il cambio scarpe nella borsa. Tutti con il tempo per una sfogliata, una sbirciatina, a volte un acquisto.

Dopo due giorni, ho già i miei tipi tipici preferiti: adoro i settantenni che comprano i racconti erotici - Que viva la fantasia! -ma ho anche un certo feeling con quelli che fanno incetta di Gialli per le vacanze di natale e invidio chi può permettersi l'acquisto compulsivo di un libro fotografico da settanta euro.

Le maggiori soddisfazioni mi arrivano però dalle signore con tre figli: perchè, se ho tempo e non c'è la folla da Sindrome Natalizia, posso ascoltare le loro lamentele educative, farmi un'idea dei loro bambini - sempre uno di tre, uno di sette e uno di undici anni, spesso due femmine ai lati e un maschio in mezzo - e poi finalmente consigliare i libri della curiosità, della fantasia, dell'ironia e del piacere della lettura. Brutte Storie della Salani per il maschio, un bel Roald Dahl per la grande e una storia della Pina, la topolina francese, per la piccola.Oppure un volume maxiformato illustrato per la ragazzina, un Guinees dei Primati per il noioso adolescente, un Libro in Tasca per la piccina "Ma mi raccomando signora, glielo legga lei, e faccia le voci dei personaggi!".
E quando ho fatto i pacchetti, con tutta la cura e l'incapacità manuale che mi contraddistingue, intercetto lo sguardo della mamma che mi chiede E per me, qualche consiglio? Ed ecco che ci mettiamo a cercare tra i banchi un libro per mamme stanche, un libro per rilassarsi dopo cena, con i piedi su un cuscino e i tre bambini che finalmente dormono dopo essersi bevuti avidamente gli Sporcelli o La fabbrica di cioccolato.
Mi piace pensarle così, le mamme cariche di sacchetti. Io e il mio immaginario ottocentesco fatto di saghe familiari: una via di mezzo tra i Buddenbrock e le Piccole Donne.

Alla libreria delle Bollette Salate, però, non sono tutte rose e tulipani.
Fonte di tutte le mie ansie sono i resti e i fiocchi sui pacchetti.
Allora io ve lo dico qui, perchè tutti voi andrete a fare le compere di natale, e io voglio rendermi utile.
Ricordatevi di queste due cose:

Prima cosa, che molte persone hanno gravi handicap manuali, quindi per rispetto delle pari opportunità non chiedete fiocchi carini sui vostri pacchetti. Noi Diversamente Manuali riusciamo al massimo a farvi qualche ricciolino con le forbici. E voi, per favore, apprezzate l'impegno.

Ma soprattutto, seconda importantissima cosa, non cercate mai, mai di aiutare la simpatica commessa col caschetto che vi sta dicendo: sono 13 euro e 40. Mai, mai pensare di aiutarla in questo chiedendole Vuole mica cinquanta centesimi?
Questo la manderà inevitabilmente in crisi, dovrà contemporaneamente sommare e sottrarre, si dimenticherà di quanto dovevate pagare, se le avete dato venti o cinquanta euro e comunque si chiederà Ma perchè dovrei volere cinquanta dannatissimi centesimi?

Ricordatevi questa cosa: che le commesse con il caschetto vanno aiutate con bei sorrisi e cifre tonde.


lunedì, dicembre 03, 2007



GIOVEDI

Non ricordo molti film dove sia riuscita a non piangere.
Come una casalinga di Voghera qualsiasi, la commozione facile mi prende sia al cinema che a casa. E me ne vergogno tremendamente.
Sono una persona che piange di felicità, non di dolore. Sempre alla fine, piango, quando si riabbracciano, quando si ritrovano, quando si risvegliano, quando si liberano, quando festeggiano.
Lacrime buoniste, lacrime da lieto fine.
Poi, tutte le volte che ci sono di mezzo dei bambini, piango. Bambini dentro o fuori da una pancia, non cambia molto.
Nei film, sempre.
Ma non solo, perchè mi fa piangere la barilla e mi uccide il mulinobianco. Mi coglie il magone per tutte quelle false pubblicità di famiglie unite, di padri che coccolano i figli dopo la rasatura perfetta, di madri incinte nella macchina nuova superveloce.
Non è che ci credo. Ma piango.
Vergognandomene tremendamente, neanche a dirlo.
Non ho filtro, dannazione.

A teatro invece ho pianto due volte.
La prima è stata quattro anni fa.
Bebo Storti gerarcafascista in Mai Morti, Arena del Porto Antico, tutto esaurito.
Stavano zitti ad ascoltare persino i gabbiani.
Alla fine eravamo annichiliti sulle sedie, non riuscivamo neanche ad applaudire.
Ma nessuna vergogna nel pianto, quella sera, perchè piangevano tutti. Un pianto liberatorio a due anni dal G8, un'elaborazione collettiva del lutto al porto antico.
Erano lacrime condivise e necessarie.
Bebo Storti gerarcafascista in Mai Morti al Porto Antico noi che c'eravamo non ce lo dimentichiamo più. E ci viene ancora il magone a raccontarlo.

Poi, stasera.
Stasera era uno spettacolo sulle madri di plaza del majo. Alla fine i bambini c'entrano sempre, con le mie lacrime.
Quando, schierate davanti alla polizia hanno gridato Fuoco! e sul palco c'erano soltanto gli ombrelli bianchi io, clamorosamente, stavo singhiozzando sulla sedia, sperando di non essere l'unica.
Ma gli altri avevano un magone contenuto. Io, mai. Io sempre l'uragano emotivo, il singhiozzo amplificato, le lacrime calde.
Potrei dirvi che ho pensato alle mie sedute dalla pissipissibaucologa, in quel momento. A quello che le dirò domani, tra le cinque e le sei, di questa mia empatia senza filtro, fastidiosa anche. Se non fastidiosa per me, come minimo fastidiosa per i miei vicini di sedia.
Invece no, singhiozzavo e mi è venuto in mente un discorso grande: ho pensato alla forza delle donne.

Delle lotte delle donne hanno paura tutti.
Noi donne per prime. Le nostre lotte fanno paura agli altri e a volte a noi stesse.
Ma in particolare ne hanno paura le donne che non lottano.
Spesso non ci interessa vincere, capitombolare in una discussione di principio, cercare di scollarci da dosso l'etichetta di passaggio. Se vogliono definirci comuniste, no global, staliniste, femministe, prugne secche, che facciano pure: la difesa dei principi ideali è spesso cosa da maschi.
La lotta delle donne, di alcune donne, è scendere in piazza ogni giovedi e parlare, spiegare, ricucire la memoria che si è persa, che hanno cancellato o stanno cancellando con grande soddisfazione, anche, di altre donne. A volte è semplicemente occuparsi di quello che sembra superfluo, piccolo, inutile.
La lotta come un figlio che a volte cresce, a volte no, e comunque ha bisogno del suo tempo.
A volte ha bisogno di 3000 giovedi in piazza del majo.

In ogni mia lacrima vergognosa, stasera c'era un piccolo pezzo di questo pensiero, dopo una settimana di difesa del mio blog dalle invasioni barbariche.
C'era lo stupore dell'aver scoperto, per l'ennesima volta - io che sono cresciuta in una famiglia con la selezione del fascismo all'ingresso, io che ho scoperto la destra da grande, più o meno insieme al sesso, io che mi stupisco ancora e ancora e ancora e non smetterò mai di stupirmi - che esiste un'anima nera.
Non solo della nessie, di tutti esiste un'anima nera.
Esiste ed è importante saperlo e non dimenticarcelo mai.
Trovare ognuna il suo piccolo giovedi, partorire una piccola lotta che sia una figlia.
Che sia piccola, all'inizio, e che sia nostra, che abbia dentro un pezzettino di noi.
Le daremo un nome, poi che gli altri la chiamino pure come preferiscono. Per fortuna, non ne controlliamo che una piccola parte.
Sarà figlia nostra e come tutte le figlie la indirizzeremo, ma poi diventerà qualcosaltro.
Una lotta che sia una figlia che cresca e che crescendo sia un piccolo pezzo di mondo, nel mondo, per tutti.

giovedì, novembre 29, 2007



UN PICCOLISSIMO CONTRIBUTO ALLA QUESTIONE SVIZZERA


Il nostro piano oggi è pieno di migranti che aspettano il loro turno per essere aiutati con le Domande del Decreto Flussi.
Io non posso aiutarli con il burocratese, ma sono uscita nel corridoio con tutte le sedie del mio ufficio. Almeno aspettano seduti.
Una signora araba, molto elegante, con un velo ricamato e un libro sottobraccio con una copertina di pelle lucida, mi ha sorriso e mi ha detto Lo sa lei cosa vuol dire emigrare? Vuol dire non trovare mai una sedia per riposarsi un po'...



mercoledì, novembre 28, 2007


C'ERA UNA VOLTA...

Il giorno della mia nascita ci fu una grande festa, al castello.
Tutti furono invitati. Tutti tranne la Strega Nera Carogna della Fogna.
Dopo il banchetto, le tre fatine buone si avvicinarono alla mia culla, mentre gli invitati trattenevano il respiro.
La prima fatina, scuotendo la sua bacchetta magica, mentre l'aria si riempiva del canto dolce degli uccellini mi sussurrò "Ecco il mio regalo, Nessie: grazie al movimento di questa mia bacchetta tu sarai per sempre una meravigliosa testa di cazzo".
Gli invitati sorrisero contenti.
Si avvicinò la seconda fatina e, mentre in aria si libravano mille e mille farfalle mi disse: "Ed ecco invece il mio regalo, Nessie: grazie al movimento di questa mia bacchetta sarai per sempre incapace di nascondere le tue emozioni. Impara a sfruttare questo mio dono".
Gli invitati sorrisero, iniziando a capire con quale massa di problematicità semovente avrebbero avuto a che fare nei successivi anni, ma in fondo contenti.
Già la terza fatina si stava avvicinando alla mia culla quando apparve lei, La Strega Nera Carogna delle Fogna.
Si avvicinò a me e, prima che qualcuno potesse fermarla, urlò
"Non mi avete invitato? Allora questa sarà la mia vendetta: vostra figlia Nessie crescerà testadicazzo, crescerà emotiva ed empatica... ma anche fascista! populista! arrogante!... e xenofoba! Sosterrà che è un dramma che in Italia ci siano più moschee che galere, leggerà Oriana Fallaci, inorridirà davanti ai No global, agli "sfascia tavole calde" e agli "sfascia bancomat" inneggiando a Borghezio, alla pasqua santa e a Ruini leggendo Libero sul tram. E sarà....cattoooolicaaaa.
Ciò detto sparì in una nuvola puzzolente.

Il re, la regina e tutti gli invitati si disperarono e chiesero in lacrime all'ultima fatina di intervenire, di fare qualcosa.
"Purtroppo non posso cancellare l'orrida maledizione - disse la terza fatina ancora sconvolta - ma posso tentare di allontanare l'anima nera che è stata inflitta alla Nessie dalla Strega Carogna della Fogna".
Ti prego, ti prego - dissero tutti - siamo nelle tue mani!"
La terza fatina agitò la bacchetta, e un fantasma nero e puzzolente di olio di ricino e brutti ricordi si levò dalla mia culla e scappò via dalla finestra, tra le urla festanti degli astanti.
Quando gli applausi scemarono, le fatine chiesero la parola e dissero: "Ricordatevi che l'anima nera della Nessie non è stata cancellata, è solo uscita dal suo corpo. Troverà un luogo dove installarsi e si comporterà esattamente così come le è stato ordinato dalla sua creatrice, mantenendo lo stesso nome e magari anche gli stessi gusti estetici della nostra piccola Nessie. Dovete soltanto ricordare - conclusero le fatine - di ignorare per tutta la vita ogni suo tentativo di riavvicinamento e di contatto, perchè anche una sola parola potrebbe risvegliare i terribili fantasmi del passato".

Ciò detto le fatine volarono via dalla finestra, tra gli applausi di chi ben sapeva che il loro intervento aveva salvato la piccola Nessie da una triste vita di odio, paura e schifoso razzismo.
THE END

STARWEY TU HEVEN

In vico dolcezza hanno tolto le impalcature.
Ed è comparso il cielo: fa capolino dopo la curva, come uno spicchio di arancio blu tra le case.
Adesso è tutto più largo e si vedono i colori nuovi dei muri.
La larghezza, nei vicoli di genova si misura con il sistema numerico comunemente detto Principessa principessa quanti passi devo fare.
Senza le impalcature, vico dolcezza misura tre passi da formica, uno da gambero e tre da lepre dei tetti.


lunedì, novembre 26, 2007








APPELLO, SERIO, SERISSIMO.


Lidia Menapace dice che stiamo correndo il rischio, concreto, di scomparire.
Di fare la fine di Nader in 'Merica, di diventare un piccolo gruppo di simpatici rompicoglioni, un pidocchio del partito democratico, una pulce del partitodelpopolo.
Noi, i nostri ricordi di rivoluzione, le nostre illusioni di pacifismo, le nostre rimembranze di welfare.

Uno dei modi più semplici, più veloci per farci scomparire, è quello di non farci più sapere nulla. Che senso ha la sinistra se non c'è più un proletariato, se nessuno lotta più, non lo vedete che siete da soli, che siete una specie in via d'estinzione? Il mondo è a Garlasco, a Cogne, allo stadio e nei salotti politici, dove ci si sorride e ci si dà del tu anche con i fascisti.

Se continuano a dirtelo, che sei da solo, perchè nessuno ti parla degli scioperi dei precari della omnitel, delle vittorie a Termini Imerese, dei cortei delle donne o dei migranti, poi finisce che sei solo davvero, perchè non sai più dove incontrarli, gli altri.

Non è più tempo di censura a inchiostro nero, ci si risparmia direttamente di scrivere.

Non possiamo permetterci questa sparizione delle notizie, perchè in gioco c'è la nostra sopravvivenza.
Una lotta, una discussione, una critica, una manifestazione, uno spettacolo teatrale, un libro, un saggio di cui nessuno parla è come una recita di natale per i parenti.
Per lottare, per discutere, per criticare, per manifestare, per scrivere, bisogna innanzitutto conoscere.

"Cuore" è morto, "Diario" è morto e "Il manifesto" non sta tanto bene.
Io rinnovo il mio abbonamento al Manifesto, quest'anno, non tanto e non solo per ridacchiare delle prime pagine e per il profumo della carta di prima mattina, ma anche e soprattutto come scommessa sul futuro.
Semplicemente perchè non possiamo permetterci di restare soltanto con Repubblica, come non ci possiamo permettere di rimanere soltanto con TopolinoVeltroni.
Se muore il manifesto, anche noi stiamo molto peggio.

Un quotidiano, diceva Pintor, il giorno dopo è buono soltanto ad incartare il pesce.
Difendiamo il giorno prima.










giovedì, novembre 22, 2007


GIOVEDI, NEVE e IMPREVISTI RITORNI

...so già che per un momento sarà pieno inverno...


mercoledì, novembre 21, 2007



PICCOLA CITTA', BASTARDO POSTO (...come promesso...)

Cos'è una città, e soprattutto chi sono i cittadini?
I cittadini, sicuramente, non li incontro quando torno a casa dopo l'una di notte. Le undici, nei feriali.
Topi a parte, io incontro soltanto quelli che non hanno diritto di voto.
Se sei una donna senza macchia e senza paura apparente, qualcuno che cammina con te nei vicoli, tornando a casa, è una garanzia.
Perchè dei cittadini non mi fido molto.
Io credo che se mi metto ad urlare nei vicoli, i cittadini sono quelli che dormono con i tappi nelle orecchie, e per fortuna ci sono i senegalesi e gli erasmus. Che magari sono ubriachi, ma quello che conta è che ci sono. E se sono tanti, è probabile che io non mi trovi mai nemmeno con la necessità, di urlare.

A me, i cittadini non piacciono molto.
Perchè me li immagino sempre con queste radici che affondano nell'appartamento, e arrivano al marciapiede, e si insinuano nei monumenti e nei valori dei tempi antichi che non sono mai come se li ricordano loro.
Qui, i cittadini leggono ilsecoloxix. E basta e avanza, per farsi un opinione.

Mi piacciono molto, invece, quelli che passano, quelli che lasciano le tracce e poi vanno a portare le impronte da un'altra parte, quelli che arrivano con un accento e ripartono con altro. Quelli che a volte si fermano lì, ed è una scelta. Quando ti fermi per scelta - o per scelta non te ne vai - sei un cittadino.

A me questa critica degli studenti che urlano, che sporcano, che consumano, che fanno le feste, che si alzano tardi e ancora più tardi vanno a dormire, mi sembra una critica da circolo della bocciofila.
Perchè una città vive, anche, dei suoi studenti ritardatari, delle sue lingue erasmus, delle sue biblioteche piene. E una città non dovrebbe dimenticarselo, che se non fosse per i suoi cittadini saltuari, avrebbe molte appendici morte.

Ma anche, credo, si dovrebbe insegnare a quelli che passano, a quelli che arrivano con la valigia dello studente, che una città è come un campo.
E se il ricambio, proprio come per i campi, è fondamentale alla sopravvivenza, alla fertilità, è anche vero che un campo non lo si calpesta, non ci si fa sopra il barbecue dimenticandosi poi i bicchieri di plastica e le bottiglie vuote.
Ma soprattutto andrebbe ricordato che un campo va arato tutto, mica soltanto il centro e i locali con la birra nei bicchieri di plastica.
Se è vero che le città si arricchiscono di questi passaggi europei, anche gli studenti dovrebbero arricchirsi, ripartendo con un pezzo di città nella valigia.

Un pezzo di città lo conquisti in tutti i modi del mondo, magari parlando, o prendendo gli autobus piccoli, quelli che viaggiano ancora in dialetto, o ancora mischiandoti ai vicoli, ma anche alle periferie.
E, a volte, anche leggendo il secoloxix, se serve. Tanto tu, poi, puoi rimetterti a comprare il times o le monde.

Sarebbe bello avere delle città così.
Delle città che siano scambi veri e non dei centri commerciali, dei lunghi sabati pomeriggio dei tuoi anni universitari.
Sarebbe bello che tutti fossero cittadini, che decidessero anche loro, per noi, finchè ci sono. E che continuassero a decidere con noi, se si fermano qui.

Una città che sia un porto, un campo, una strada di passaggio e, quindi, una città.

martedì, novembre 20, 2007



GELIDA GILDA

Possiamo tranquillamente affermare, per esperienza diretta e ripetuta, che Vico Dolcezza non si scalda con il riscaldamento della sera.
Bisognerebbe attaccarlo dal mattino, per riuscire a stare fermi senza una piuma sul cappello e una grolla di grappa dopo il tramonto.
Il che spiega, tra l'altro, la bolletta da centoquaranta euro calcolata sui consumi 2006 della nonna Minni.

Ieri.
Serata d'inverno, stanchezza primordiale, solitudine casalinga, film in bianco e nero.
Gilda, il film.
Caloriferi caldi e piedi freddi.
Un sacco a pelo, un maglione rosso che sembra la vestaglia da camera dell'ispettore cluseau, un ulteriore coperta e il the.
Ogni volta che accumulavo abbastanza calore umano, tra i vari strati lanosi e piumosi, ecco che Matusalemme, il computer dell'età del ferro, decideva che la memoria virtuale non bastava, a farmi vedere il film, e bloccava tutto con un gemito rassegnato. Che vuoi farci, è la vecchiaia.
Così, ogni quarto d'ora, un piede poi l'altro piede, appoggiando la tazza in bilico, scostando la coperta e il sacco a pelo, emergevo per far fronte all'ingiustizia tecnologica.
Freddo, freddissimo.
E il the, alla fine, ormai gelato.
Così, è ovvio, il film non mi è piaciuto.
Strano, perchè era in bianco e nero, era del 46, era relativamente lento, c'erano dei vestiti bellissimi e una vaghissima trama noir. E un paio di guanti neri di seta che uuuh.
Forse è che ruotava tutto intorno al monopolio del tuncsteno, che non so nemmeno come si scriva.
Forse è anche che ho capito tardissimo che la ragione per cui Lui odiava Lei era perchè Lei era una gran libertina, che addirittura saliva nella macchina di un accompagnatore ricco, bello e ambasciatore in argentina.
E' mi è sembrata una ragione scema per odiare Rita Hayworth che non ci si crede ad un uomo che resiste a quei capelli, a quelle gambe, a quel sorriso e a quei guanti neri di seta. Nel '46, poi. Dove in Argentina erano tutti nazisti in fuga e Rita Hayworth.
E metteteci anche una punta di invidia, va', immersa dentro il vestito dell'ispettore cluseau.

Ho messo a nanna Matusalemme con la punta acida di quando hai selezionato il film sbagliato nella serata giusta. Come quando lasci un libro a metà e ti dispiace, anche se sai che è Supremo Diritto del Lettore.
Ma poi, a scaldare la mezzanotte invernale, è arrivata mia moglie, mia moglie e la sua meravigliosa incoerenza, mia moglie che scappa dalla coppia ma poi la porta a casa a dormire. Mia moglie nel migliore dei suoi periodi libertini, e proprio per questo così adorabile.

domenica, novembre 18, 2007


MIGNANEGO E NUVOLE, E IL VENTO SUONA LA SUA ARMONICAAAA

Eravamo d'accordo che vi avrei raccontato di quando io e l'amicaE abbiamo rischiato di finire ad Alcatraz per colpa di una nano di Forzitalia.
Eravamo d'accordo con l'amicaE che ve l'avrei raccontato, così poi invece lei vi raccontava di come ci siamo vendicate di lui, ieri in corteo.
Che era un corteo freddo, ventoso e francamente un po' noioso, neanche un ultrà a ravvivarci, neanche un thermos di caffè corretto.
Ma per fortuna ci siamo inventate una vendetta partigiana verso le cinque del pomeriggio. E ve la racconterà l'amica E, io vi dovevo parlare dell'antefatto.

Ma non ve lo racconterò, oggi.
Perchè, oggi, sono finita a guidare nei monti invernali per cercare il teatro dove dovevo lavorare.
E immancabilmente mi sono persa, su per i tornanti dei Giovi.
Ed era tutto un silenzio, tutto un profumo di legna bruciata.
E c'erano le nuvole che sembravano Magritte.
Con la gialla macchinina in prestito, che mi piace guidarla.
Anche se non ci ho mai pensato tanto su.
Ma adesso che ci penso a me guidare piace di molto.
Da sola, soprattutto.
Perchè la verità è che non sono capace, a guidare. Ma da sola non se ne accorge nessuno.

Così, guidavo contenta di molto tra le foglie rosse e i monti incombenti, ho pescato nel cruscotto una cassetta che sapeva tantissimo di anni novanta e ho continuato a macinare curva dopo curva, cosciente della direzione sbagliata.
Poi, insomma, il senso del dovere e la vicinanza di Busalla, che non ha niente di intimista, niente di profumo, niente di Magritte, niente di niente, alla fine ho fatto inversione e sono andata a lavorare davvero.
Ma adesso che sono tornata indietro alla città e alla tecnologia, non esiste nessun nano di forzitalia, nessun corteo.
Esiste solo il profumo della legna e gli alberi rossi dell'autunno freddo.
Alla politica ci ripenso domani.

giovedì, novembre 15, 2007


LA GENTE DELLA NOTTE FA LAVORI STRANI...


Nella mia vita precedente io mi dovevo sposare.
Non eravamo ancora alla discussione sul catering per il rinfresco, la bomboniera di porcellana, il gioco dei testimoni di nozze, ma ci pensavamo sul serio.
Eravamo alla fase Ma come sarebbero belli i nostri figli, con i miei occhi e i tuoi capelli.
Quando ci siamo lasciati io avevo il mio comodino a casa sua, la mia camicia da notte, il ricambio e i miei asciugamani.
Avevamo il servizio di piatti romantico da due e anche un paio di libri miei per le serate d'inverno.
Eravamo cresciuti insieme e pensavamo di continuare a farlo.


Lui tornava a casa con il cappotto nero e i cd in prestito dal negozio che sbucavano dalle tasche.
E li ascoltavamo sdraiati a letto Tu cosa ne pensi? E non eravamo mai d'accordo.
Poi è finita, con coerenza è finita, lo stesso giorno che era iniziata, è finita, sei anni più tardi.



Io sono scappata in Francia, così potevo permettermi di stare male uguale, ma da lontano.
E poi basta, poi io le mie mille storie e lui la sua collega videogioco.
Un dubbio al mese, circa, sull'Avremo fatto bene? E se abbiamo sbagliato tutto? E se io ho confuso la mia voglia di Francia con la fine di un amore?
Un dubbio al mese, poi ogni due mesi. Poi ogni tre.
In questo periodo ero alla fase dubbio con cadenza semestrale.


Ma poi è successo che ci siamo sentiti per telefono.
Ieri.
E ho scoperto che si è licenziato dalla libreria. Così, si è levato di dosso il suo contratto a tempo indeterminato, allo stesso modo in cui si era scrollato via la sua casa da solo ed era tornato da suo papà.
E adesso consegna pasta fresca per conto del suo migliore amico.
Perchè cioè.
La notte.
L'indipendenza.
Gli amici.
La macchina.
MicchiamoGiovanotti efaccioildiggei Nonvadomaiaddormire pirimadellesei


...

...



Tu pensi che sia un maschio, invece è soltanto un bambino alto.

mercoledì, novembre 14, 2007



PROGRAMMI, PER SABATO POMERIGGIO?


Lo Stato (portate un po' di rispetto) ha chiesto un risarcimento di 2,5 milioni di euro per danno all'immagine a carico dei 25 imputati accusati di devastazione durante il g8 di Genova. Insomma, il mondo ci stava guardando e noi abbiamo fatto una bella figura di merda. Il conto, 100 mila euro a testa, è stato presentato dall'avvocato dello Stato Ernesto De Napoli.

Ma allora, se proprio dobbiamo fare i conti, consultiamo alcune voci del tariffario ufficiale.
I finti alberi di limone piantati da Berlusconi per fare bella figura: 100 mila euro.
Le finte molotov portate alla scuola Diaz, la macelleria messicana: 1 milione.
Le chiazze di sangue impastato sui muri: 3 milioni
Le torture di Bolzaneto: 5 milioni (cui bisogna aggiungere la brillante carriera del medico torturatore, 8 milioni)
I carabinieri travestiti da black bloc: 10 milioni
L'ex capo della polizia De Gennaro promosso da Prodi: 50 milioni
Le teste spaccate dei manifestanti a braccia alzate: 100 milioni
Carlo Giuliani non ha prezzo, ma il poliziotto che gridava "l'avete ammazzato voi" si: 200 milioni.

Ridateci almeno questi, perchè il danno (non di immagine) fatto alla democrazia, quello, non si può risarcire.

Luca Fazio, Il Manifesto 27/10/2007

martedì, novembre 13, 2007



BUON APPETITO, WEBER

Oggi sono stata mangiata dall'INPS.
Dopo un'ora di coda, sono stata ammessa nello stomaco della burocrazia con passaporto pluritimbrato, settimo piano quarto ascensore.
Nel viaggio attraverso il tubo digerente mi ha fatto compagnia il Robinson Crusoe degli archivi, il Caronte dei fogli ingialliti.
Ha boffonchiato da dietro una torre di carte ingiallite Che piano?, e poi è scomparso in un momento di distrazione della sottoscritta, impegnata a guardarsi la punta dei piedi.
Al suo posto sono comparse le tre Parche, tessendo il filo del sussidio di disoccupazione, parlando di libri che non riescono a leggere, di scarpe strette, di giacche invernali, di mezze stagioni.
L'unico uomo, che resisteva all'attacco dei succhi gastrici, mi ha sorriso timido, con lo sguardo che rimbalzava dalla punta delle sue scarpe. Ci siamo sorrisi a mezz'aria e poi sono stata espulsa dall'ascensore.
La gentilissima impiegata dell'ufficio 274 bis scrivania a destra attenda il suo turno si è segnata il mio numero di telefono e ha detto che sono un caso difficile.
Niente di nuovo.
Alle undici in punto sono stata vomitata fuori dall'INPS, non ancora digerita dagli ingranaggi della burocrazia. Ancora una volta salva, ancora una volta senza una buona notizia, ancora una volta con questa curiosità ammirata per stomaci così diversi dal mio.

lunedì, novembre 12, 2007

TENEREZZA, INVERNO e LUNEDI






Ognuno ha un compito nella vita
Io, voglio aspettare l'Aurora
(Vladimir Vysotsky)

venerdì, novembre 09, 2007



IL RACCOGLITORE DI FULMINI

Quando abbiamo iniziato il festival della scienza il primo anno eravamo piccoli.
Eravamo studenti, eravamo universitari, eravamo ancora fermi al rum e pera.
Poi sono passati cinque anni e siamo cresciuti tutti.
Qualcuno è andato per età, qualcuno perchè è già dottore.
Ma molti tornano, anno dopo anno. I tossici del festival della scienza.
Alcuni fanno le persone serie tutto l'anno e poi prendono ferie per poter continuare a respirare quell'aria da città europea.
Molti non crescono e bevono ancora rum e pera nelle pause tra un turno e l'altro.
Gli ingegneri sono inconfondibili, nella loro pedanteria. I biologi sono quelli chesi immergono nelle cose. I fisici sfuggono alla comprensione umana. Quelli che fanno un lavoro brutto durante l'anno li riconosci perchè a volte si portano dietro la stessa noia anche in mostra, a volte invece perchè sono una molla di adrenalina comunicativa. Quelli del lavoro brutto li vedi arrivare all'ultimo turno con gli occhi già fissi sulla scrivania che verrà il giorno dopo, e ti dispiace così tanto per loro che vorresti abbracciarli, se non fossi impegnata a mescolare il gelato con l'azoto liquido.

Io ho la fortuna che finalmente faccio un lavoro bellissimo anche quando non c'è il festival della scienza.
E quindi l'ultimo turno di martedi è stato solo un problema di clima, non di lavoro.
Perchè adesso ho capito cosa voglio fare, e soprattutto ho capito cosa ho fatto fino ad adesso.
E vorrei riscrivere il mio curriculum cancellando tutti quei paroloni da lavoro serio e lasciare scritto soltanto che sono nove anni che il mio lavoro è inventare un mondo con i bambini.
Ovunque, dappertutto.

Ho inventato un mondo a scuola, per strada, alla città dei bambini, ai parchi giochi, alle feste di compleanno, nei centrisocioeducativi per bambini tristi e al doposcuola dei bambini ricchi e nei pomeriggi con i bambini allegri. Ho inventato mondi con i bambini anche solo un pomeriggio, o costruendo piano piano una storia che funzionasse su argomenti assurdi, stupidi, noiosi. Abbiamo inventato dei mondi sul corpo umano, su van gogh, su darwin, sulle rane e i girini, sui problemi di matematica e la noiosissima grammatica. Abbiamo fatto i giochi d'acqua agli asili estivi e abbiamo scoperto insieme che cosa sono le energie alternative e che Yves Klein andava in giro a raccogliere i fulmini con una tela bianca sulla due cavalli.
E ci siamo detti Ma perchè prenderlo sul serio, uno così? E poi l'abbiamo preso sul serio, e abbiamo costruito un mondo di filosofia bambina.
Alcuni di questi mondi li ho costruiti al festival della scienza, mentre intorno ruotavano cinquecento persone, cinquecento storie in maglietta bianca e lasciavano le loro tracce, lasciavano che il loro stile si confondesse con il mio.
Ho incontrato mille bambini in dodici giorni, per cinque anni, e non mi sono stancata di raccontare loro la storia della sula dai piedi azzurri che salva il cucciolo dalla fregata o dei fulmini di Klein o di come comportarsi in un black out o ancora delle particelle grasse e quelle magre che non superano le sbarre dei filtri polaroid. E' un mondo nuovo ad ogni turno, come non sono mai uguali le domande e le osservazioni. E' un mondo di cervelli che saltellano, tutti pieni di domande.

Tra una sula e una tartaruga delle galapagos, quest'anno ho trovato un'ora per sdraiarmi sul molo e lasciare che il sole del tramonto mi asciugasse la fatica.
E se ancora non sono riuscita a capire veramente chi sono, ma giuro che sto cercando di capirlo, mi è apparso finalmente ben chiaro cosa voglio fare della mia vita.
E soprattutto è in quel momento che mi sono accorta che è proprio quello che sto facendo.
E' una cosa bellissima.

giovedì, novembre 08, 2007


MATITA ROSSA MATITA BLU


In queste due settimane di assenza, i miei lettori si sono sentiti liberi come una classe in mano ad una supplente stanca.
Così scianistat mi racconta di frequentatori saltuari arrivati al mio blog cercando sexi schop in roma aperti la domenica, telecameri, fila de gente, bela ciau ciau, i gatti cuando giocano,le immaggini più sceme, aeri mecdonald.

Eccolo, il meraviglioso filo rosso della grammatica della fantasia....

mercoledì, novembre 07, 2007

IL FESTIVAL DELLA SCIENZA E' FINITO...

Datemi ancora un paio di giorni
per ritirare la testa dentro casa
salutare gli scrocchinquilini sulla porta
svuotare la cesta dei vestiti da lavare che mi vomita sul pavimento
riprendere un ritmo di vita umano
schiacciare sotto il piede la tristezza.
Poi, torno a scrivere

lunedì, ottobre 29, 2007


IL MONDO E' IN BUONE MANI....

Meglio di Bradbury, avvicinandosi vagamente a Mash e a Comma 22, gli Stati Uniti hanno ammesso di aver utilizzato la guida turistica Lonely Planet del 1994 per invadere l'Iraq.
Non si può non riconoscere una certa lungimiranza: superfluo, infatti, conoscere storia, costumi e società irachene.
Ben più importante fornire le migliori informazioni ai soldati dell'esercito occupante.

E' così che i marines americani, una volta finita la guerra - come dice Bush - hanno potuto entrare in una farmacia di Baghdad sfondando la porta, sapendo come chiedere in arabo:

" Salve dottore, avrei bisogno di una medicina per
- il mal di testa
- il mal di denti
- la diarrea
- il mal di stomaco
- le emorroidi
- i dolori mestruali "

Non meno fondamentale sapere come ordinare al ristorante dopo un difficile pomeriggio al check point:
" Buongiorno/buonasera
vorremmo un tavolo per
-tre
-quattro
-cinque persone
e vorremmo ordinare
- riso
- pollo
- carne
- pesce
Per favore può portarmi
- una bottiglia d'acqua
- del pane
- il conto
O ancora sarà certo risultato utile il numero dei taxi, la descrizione dei locali notturni e degli hotel con le lenzuola pulite.
Sapere come organizzarsi per le vacanze è un'arte.

Sembra però che le condizioni siano purtroppo cambiate, dal 1994. Dicono che i locali notturni abbiano cambiato gestione, che prendere un taxi non sia molto sicuro, che gli alberghi siano pieni di spifferi e fosforo bianco.
Un disastro, dal punto di vista del turista. E anche a voler fare gli intellettuali, non ci sono più i musei.
Uno poi si chiede dove possano essere finiti quei 500 miliardi di dollari spese dall'affascinato turista george w. bush.

Peccato, veramente.
E, per le vostre prossime vacanze, meglio una crocera ai Caraibi o un alberghetto a Parigi: la Lonely Planet del 2006, conclude il suo approfondito trattato socio politico sull'Iraq dicendo al turista: "Devi essere pazzo ad andarci".
Chissà come l'hanno presa quelli dell'APT di Baghdad.



domenica, ottobre 28, 2007

OGGI, 28 OTTOBRE, MI SONO SVEGLIATO EEEE...


26 anni, oggi
e per qualche ragione che non ho nessuna voglia di analizzare
mai sentita così bene

venerdì, ottobre 26, 2007



ESPONENZIALE POSITIVO, IN VICO DOLCEZZA

Cresciamo e ci moltiplichiamo, in Vico Dolcezza.
L'apice stanotte, con mia moglie, lo scrocchinquilino d'antan, il torinese perugino, l'uomo dal coming out prevedibile, l'antropologo, il fidanzato dell'attrice bionda. E me, che mantengo un letto singolo barricando la porta con le magliette da lavare.
Abbiamo distribuito le chiavi, e qualcuno di noi entra dal mio armadio, come Narnia.
Ieri, che siamo passati tutti dall'armadio, sono successe le cose più imprevedibili. La mezzanotte ci ha visti a bere the e miele o the e grappa o "grappa senza cosa calda" fissando allucinati una
luce che ruotava incessante alle spalle di un gesucristo impegnato nell'ultima cena.
Per rendere il tutto più marxista, abbiamo appoggiato la figurina di Luigi Longo, che non lo rovina neanche la luce dei cinesi.
Ma forse oggi ci apiccico Lin Piao, che mi va d'essere filologa.
L'amica Raffa, colei che di ognuno conosce il codice fiscale, ha perso i conti dei letti occupati. E ieri mi ha guardato seria dicendomi "senti, se per caso incontri qualcuno che vive a casa della nessie...".
Mia moglie dirige casa come la signorina Rotthelmeier, tutte le sere qualcuno dice Stasera nanna presto, e poi c'è sempre uno scambio di figu da fare, un altro bicchiere, un the, una discussione, un racconto, una confidenza.
C'è il tempo delle delusioni e delle speranze, e il cibo sano non sappiamo che cos'è. Ci sono sempre troppi piatti da lavare e troppe poche ore per dormire. C'è sempre una cosa che ci siamo dimenticati di fare. Ma se si riesce ad essere gli ultimi a cedere al sonno, ci si addormenta conservando nelle orecchie sei respiri diversi che cullano vico dolcezza.

martedì, ottobre 23, 2007

...ALTRO CHE MASTELLA...


Per l'unità delle sinistre
si proponga la candidatura
di Albus Silente
- esimio cittadino, Preside di Hogwarts, rappresentante della minoranza omosessuale, fine pedagogo-
a Ministro della Giustizia

lunedì, ottobre 22, 2007



RADIO LONDRA


Forse ci sono delle interferenze.
Mi sembra che non solo non ci capiamo, ma abbiamo poco interesse a capirci.
E soprattutto mi sembra che stiamo ragionando su dati falsati, come passare la vita a tentare di dimostrare che E non è uguale a Mc4.
A pensarci bene forse era il caso di andare a manifestare per il grosso problema dell'incomunicabilità, piuttosto che per il precariato o il welfare state.

Allora prima vi dico cosa ho visto, a Roma, prima di portare avanti questa discussione che per altro non se ne può più. Così magari vi fate un'idea che non sia quella di repubblikit.
Questo ho visto, a Roma.
Ho visto tantissime bandiere rosse e pochissimi leader.
Ho visto quelli che ballavano con le tarantelle e i disoccupati organizzati di napoli che da soli fanno più casino degli airon meiden.
E pochissimi pensionati che con tutto il rispetto forse era finalmente il caso che facessimo qualcosa senza di loro: c'era la generazione Simpson. Io era da Genova che non la vedevo.
Ho visto tutta la gente che sorrideva perchè eravamo tantissimi e tutti gli striscioni fatti con le bombolette, sul treno, altro che partiti e federazioni.
Ho visti ricercatori precari con addosso la maglietta "io sono metalmeccanico...e tu?" e i metalmeccanici che il camice del ricercatore non gli passava dai bicipiti.
Ho visto congelare i precari dell'Atesia licenziati dalla omnitel.
E il circolo MarioMieli che ballava YMCA.
Soprattutto ho visto che la gente sapeva perchè era lì. Anche se Repubblica dice di no. Anche se la televisione dice di no. Anche se il Manifesto l'ha spiegato ma non l'ha capito nessuno.
La gente è andata in piazza come una volta, ognuno con la sua verità e nessuno che pretendesse di averne una per tutti.
Non c'è stato nessun Diliberto, nessun Mussi, nessun Giordano a dire sul palco Grazie di essere stati qui per noi. Hanno parlato i precari, gli studenti, i migranti, gli attori, gli intellettuali. Noi eravamo lì per noi.
E non ho visto nessuno dire Speriamo che cada il governo. Ho sentito soltanto dire Abbiamo votato un governo di sinistra, questi sono gli argomenti di un governo di sinistra: il lavoro, l'ecologia, i diritti. Questa è la strada verde smeraldo da seguire per essere un governo di sinistra. Ci vuole ogni tanto una tromba d'aria dall'Arkansas, no?

Io che li ho visti, mentre camminavo nel freddo che sembrava Nikolajevka ma non è che mi sentivo tanto un'eroina, poi mi sono letta i giornali e mi sono guardata i siti e ho ascoltato radiocapital e mi sono accorta che non vi è stato detto niente di tutto questo, a voi che non c'eravate, per ragioni opposte ma vostre.
Come quelli che il g8 l'hanno seguito da Rimini e pensavano che fosse un problema di vetrine rotte.
Stanno dicendo quello che vogliono, passano solo i messaggi che vogliono.
Il G. pensa che eravamo là a scambiare figurine, e per il resto boh. E invece è anche scambiando figurine sul treno che ci si scambia le opinioni, che si costruisce il vero Che fare.
Eravamo lì con le nostre storie e i nostri racconti e tutto quello che volevamo era dire cos'era la sinistra per ognuno di noi. E l'abbiamo detto. E non eravamo d'accordo. Ma il bello era quello. Era la minestra di bottoni, che inizia solo con l'acqua ma poi ognuno ci mette le carote, le patate, i fagioli e il bollito e diventa la zuppa più buona del mondo.

In ogni caso è una questione di priorità.
C'è chi mette al primo posto la sua pensione, chi la scuola pubblica, chi le sue montagne, chi il sole dell'avvenire.
Io sempre che provo a mettere al primo posto la coerenza, e spesso non ci riesco.
Però questo corteo era coerente con la mia idea di sinistra ed è per questo che sono andata: l'idea di una sinistra che si prende sul serio ma poi ride, che pensa a sè ma soprattutto agli altri, che pensa che i diritti o sono per tutti o sono per nessuno e che gli accordi con la destra non si fanno.
Questa è la mia idea di sinistra. La mia. Ma, per quel che ho visto, la mia e di un altro milione di persone.
Sapere poi che di milioni di persone con idee diverse di sinistra è piena l'Italia, a uno fa anche piacere.
La zuppa di bottoni non sarebbe tale se, tra una carota e una cipolla, non ci fosse anche qualcuno che ci caccia dentro, appunto, un bottone.


giovedì, ottobre 18, 2007



20 OTTOBRE, UN PASSO DOPO L'ALTRO.

Questa è la mia idea definitiva, in merito al corteo.
Che può anche essere sempre la stessa solita noiosa vetusta Rifondazione.
Che un partito, seppur di sinistra, è un partito un partito un partito, mica la rivoluzione.
Che No tav e Dal Molin ci avranno anche le ragioni loro per non venire, ma io leggo autoreferenzialità mica poco, e un po' mi passa la voglia di morire un'altra volta ad Avigliana, se poi per il mio precariato, per i diritti dei migranti, per il welfare state loro non affittano neanche una sette posti, non dico trentapullmantrenta.
Che Roma d'autunno è sempre Roma d'autunno anche senza i carciofi.
Che una cosa mi spaventa più di questa situazione schifosazza, ed è il vuoto a sinistra di veltroni, anche se il pieno avesse di nuovo la solita vecchia faccia e l'erremoscia di Bertinotti.
E che il treno non è vero che è alle 4emezza. E' alle 6, allora ce la posso fare.

Questa è la mia idea definitiva. Che vado. Io e il kggb, con le nostre doppie da scambiare.

Aggiungo però che un biologo oggi mi raccontava, serio, che per digerire la pizza con la rucola di ieri sera, avrei prima dovuto ingoiare delle cacche di lepre. Per facilitare, diceva.
Io non so, ma mi è tornato in mente scrivendo questo post.

mercoledì, ottobre 17, 2007



I TURNISTI DEL FESTIVAL DELLA SCIENZA

Ottobre, mese delle castagne dell'uva del meraviglioso autunno e degli scrocchinquilini.
Il festival della scienza si avvicina, e quest'anno per noi dura un mese.
Vico Dolcezza rimbomba quindi di accenti e i telefonini trillano per riuscire ad entrare in casa in sei con due soli mazzi di chiavi.
I divani letto sorridono nel sentirsi finalmente utili, e tutti viviamo a turni, come gli operai della fiat.
C'è sempre qualcuno che fa la doccia, qualcuno che dorme, qualcuno che fa colazione mentre qualcun altro cucina la cena.
Il the delle due di notte profuma di verità e aforismi che dobbiamo scrivere subito sul quaderno di vico dolcezza, per non dimenticarceli già dalla mattina dopo. Mia moglie e il Meraviglioso Scrocchinquilino d'antan si comportano come se fossero in seconda media e vengono definiti il Collettivo Forza Panino. Io, il PiemontesePerugino, il Consorte dell'Attrice Bionda, e il Neuropsichiatra siamo quelli del Compagni, dibattito! E fino alle tre ci interroghiamo su Meglio l'ikea o Feltrinelli?
Stasera sono già previste tre teglie di pasta al forno, e gira voce che possa arrivare la figlia di Gianni Rodari a cena da noi.
La spesa prevede carne macinata, sugo, pasta, besciamella e tappeto rosso.

lunedì, ottobre 15, 2007



DICHIARAZIONE DI VOTO

Esimi Compagni del Comitato Centrale Un'Altra Breccia a Porta Pia,

in quanto portavoce di me stessa oggi, 15 luglio 2007, mi dichiaro favorevole alla partecipazione al Corteo del 20 ottobre con le seguenti motivazioni:

- Prima i fascisti a Roma, poi tremilioniemezzo per Veltroni, se sto a casa mi sento male

- Perchè devo scambiare i doppioni delle figu del Manifesto

- Perchè sento il bisogno di contare in quanti siamo, a sinistra del partito democratico

- Perchè la cena al ghetto, dopo, e il thermos col caffè prima

- Perchè non mi piacciono le strumentalizzazioni, ed è proprio per questo che non cambio idea

- Perchè tanto il governo mica cade per noi, cade perchè mastella invaderà la Polonia

- Perchè vado in corteo per dimenticare

- Perchè Roma d'autunno.

Grazie, esimi colleghi. Lascio la parola ai compagni delle altre mozioni.

sabato, ottobre 13, 2007


...all'amica E. , al fratello Paolino, all'amico G. e al Compagno Pastore che sanno come farmi ridere e come farmi star bene. E lo fanno benissimo

...e anche la sorella, e l'amica immaginaria, e la giuly e l'attrice bionda, e il fotografo consorte.

Se non esistessero io non saprei come fare, ad inventarli. Ma ci proverei lo stesso.

giovedì, ottobre 11, 2007



E' FINITA NELL'UNICO MODO IN CUI LE STORIE D'AMORE POSSONO FINIRE: IN MODO STUPIDO.

Vorrei dirvi che è stata una decisione mia, perchè farei una figura migliore.
Ma non lo è stata per niente.
Io che mi aggrappavo all'idealismo, all'utopia, allo spostare il confine degli addii di due mesi in due mesi. E lui che ha costruito giorno dopo giorno la convinzione che fosse tutto stupido, che non servisse a nulla cercarci, telefonarci e sognarci tutte le notti, se la fine era comunque prevista.
Questo succede a stare con un Palestinese, che se decide di farsi esplodere per soffrire di meno, tu ancora devi convincerti che non era colpa sua, era la situazione.
Il mio Ulivo Palestinese ha deciso di fare esplodere la nostra storia d'amore su msn, per smettere di vivere una situazione oggettivamente di merda.
E' una scelta del cazzo e non la condivido.
Ma la democrazia nella vita di coppia non funziona, basta un voto contrario.
E non ho voglia di pensare se fosse una scusa oppure no, tanto che cambia?

Adesso vado dal dentista, a concludere tutta questa marcia autolesionista in bellezza.
Poi mi taglio i capelli, e mi butto nel lavoro: i doppi turni saranno tutti miei.
E il 20 di ottobre sarò riconoscibilissima.
Sarò quella che urla in corteo più forte di tutti, perchè tutto non mi esploda dentro.

mercoledì, ottobre 10, 2007



CROCCANTI DISASTRI
Andava tutto troppo bene in Vico Dolcezza.
Il posto per i libri. I maglioni nei cassetti. L'arrivo delle preziose cucchiarole in legno. Soltanto il tostapane che fa le bruschette di fusibili.
Abbiamo anche due computer, anche se uno dei due per ora è morto.
Mi hanno detto che risorgerà il terzo giorno se però prima cancello tutto e poi tutto ci rimetto dentro di nuovo - come quelle ricette che prima togli le interiora e poi rimetti dentro le interiora per puro gusto sadico. In ogni caso sono ferma al primo passaggio, a quello più schifoso, quello del Tira fuori le interiora, non so come fare. E quindi il computer da solo non risorge. Dev'essere che la trippa mi fa vomitare, dev'essere quello.
Piccole cose, comunque. Tutto il resto benissimo. Persino le tende.

Poi ieri sera torniamo a casa. Io e mia moglie, a braccetto. Salutiamo quelli che ci chiedono Oh scusa ce la comprate unabbirra che quelli del ristorante non cella vendono più oh!.
Gli compriamo una birra. Che l'alcolismo è il loro e i buoni rapporti con il vicinato, invece, in Vico Dolcezza sono importanti, anzi direi fondamentali, anzi direi che magari poi la birra gliela offro proprio, che con una birra ti assicuri una guardia del corpo: I nnemmici dei mmiei amici sono mmiei nnemmici.

Torniamo a casa, quindi, io e mia moglie dopo una birra per la guardia del corpo.
E, tra chiacchere e distintivo, nella stanza di mia moglie, lato armadi, alziamo gli occhi al soffitto.
Che fino alla mattina era...come dire...bianco.
E adesso è...come dire...muffa.
Una perdita, forse la lavatrice della vicina, forse un emorme rigurgito del neonato del piano di sopra.
Ma soprattutto, la crisi isterica di mia moglie, di mia moglie cenerentola, di mia moglie Clarabella, di mia moglie che ha visto scorrere davanti ai suoi occhi
gli operai
i calcinacci
l'idraulico
l'imbianchino
la polvere
il rumore.
La polvere, soprattutto.
E io ho visto scorrere davanti a miei occhi la sua crisi di nervi impellente.
Proverò a consolarla. Credo che il modo migliore sia dirle che l'idraulico che lavorerà su una scala nella sua stanza da letto potrebbe diventare un personaggio fondamentale dei suoi futuri sogni erotici. Butta via...!
Ma non funzionerà, perchè quando mia moglie entra nella cabina telefonica e ne esce trasformata in Super Casalinga di Voghera, non riuscirebbe a distoglierla neanche Sean Penn in tuta da lavoro e chiave inglese.

martedì, ottobre 09, 2007

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