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martedì, agosto 03, 2010



Se tre traslochi vi sembran pochi...provate vooooi a traslocaaaaar.


C'ho il trasloco nel karma.
Sempre, ma quest'estate particolarmente.
Ho chiuso con la casa delle pulci.
Ho fatto le scatole battendo il precedente record assoluto: 12 ore di lavoro effettivo tra la prima e l'ultima scatola, pulizia della casa compresa.
Abbiamo caricato tutte le scatole nella kangoo, che si dimostra un miracolo della fisica, e le abbiamo trasportate nella loro casa provvisoria.
Poi siamo tornati a casa e siamo svenuti.

Il giorno dopo ho attaccato l'ufficio.
Il materiale di un anno si era accumulato in stratificazioni di difficile comprensione e gestione, obbligandoci al 3000 siepi per raggiungere il computer.
Armi, bagagli e gli inseparabili sacchetti della spazzatura XXL condominio hanno fatto il resto.
Contiamo di finire il repulisti entro domani.
Roba da dilettanti.

Adesso rimane.
Lo sgombero mobili orrendi dalla casa della convivenza.
La pulizia.
Lo stucco.
Il bianco.
Il colore.
Il montaggio mobili nuovi.
Il trasloco dalla casa provvisoria delle scatole.
La messa a posto.
La pulizia definitiva.
Le ferie.

...e noi fare-emo come la ci-i -na e suone-e-remo il campanel. E suonere-e-mo il campane-e-llo stucco e pennello trionferà.

mercoledì, luglio 14, 2010



Tornata stanotte dal meeting antirazzista di Cecina.
Ho trentacinque mail di lavoro a cui rispondere, e scrivo il blog, che tanto i corridoi sono deserti e afosi, io sto sudando sette camicie e un vestito color cartazzucchero, e ricominciare a lavorare non è mai cosa semplice.
Mentre ero via sono successe delle cose bellissime.
Intanto ho ricevuto una mail piena di cose carine da un amico lontano, e devo soltanto trovare il tempo per rispondere.
Ma soprattutto.
Indovinate un po'.
Rullo di tamburi.
Trombe e fanfare.
Trepidazione.
Le pulci sono morte.
Kaputt.
Distrutte.
Arrese.
Sterminate.

Come sempre, uno fa un mese di battaglia, e poi al momento della vittoria non c'è.
Assenza giustificata al 24 di aprile.
Che fossero morte, me l'ha detto Quell'uomo, che è entrato nella casa numero 14 insieme a Colui che tutto può con il suo spruzzino velenoso, e ha certificato la morte definitiva delle bestie.
Il coroner delle Piaghe d'Egitto.
Colui che tutto può con il suo spruzzino velenoso, mi ha mandato a dire di non pulire il pavimento, non ancora, che metti che ne risorge una, una sola, subito affoga nel ddt di ultima generazione.

Ma io non ho nessuna intenzione di pulire.
Io adesso faccio su scatole e scatole e me ne vado.
Il Polpo Paul, l'oroscopo di Breznev su Internazionale, i saldi dell'Ikea e altri inequivocabili e scientifici segnali mi dicono che è decisamente il momento del gran salto.
Casa numero 15: La Convivenza.

Tornare da Cecina, ieri, e sentirsi a casa, non ha prezzo.

venerdì, luglio 09, 2010



Il suono Blog non è mai stato così onomatopeico.
Mi sto sciogliendo, e ve lo scrivo qui, sicura di trovare condivisione e comprensione
Sono puzzolente e sudata come un grasso bluesman della Luisiana, pace all'anima sua.
Sua della Luisiana, non del bluesman.

Ieri sono morta.
Sono tornata dal centro estivo e sono svenuta sul divano.
Morta lì e risorta tipo oggi.
In tempo per l'ennesima disinfestazione dalle pulci.
Pensavate mica che avessi cambiato argomento?

Io mi sono fatta l'idea che la Scienza delle Disinfestazioni sia qualcosa di simile alle Leggende Metropolitane.
Ho un liquido che se lo dai dopo tre giorni le pulci muoiono.
Ho un cugino che gli è bastato l'olio essenziale dell'erboristeria.
Io una volta ho visto una pulce che sembrava il coccodrillo delle fogne di new york.
E tutti a dire che quello prima ti ha raccontato una boiata, lo sanno tutti che quel sistema non funziona.
Prova questo, invece.
Questo funziona sicuro.

E così abbiamo superato la boa del mese di convivenza, disinfestazione dopo disinfestazione.
Ne parlavamo ieri.
Galeotte furono le pulci.
Due decostruzionisti della coppia come noi, non avrebbero mai accettato di dirsi Ok, da adesso si vive insieme.
Avremmo accampato scuse e ritardi e rimandi e Non posso.
Così invece ci siamo trovati.
Volenti o nolenti, un piano b non c'era, non c'erano scuse.
E funziona.
Funziona magnificamente bene.
Belli, stravolti e felici.
Un po' tesi, nel primo periodo, ma sempre meno, sempre meno, sempre meno...

Siano benedette le piaghe d'egitto, se portano alle Tavole della Legge di una relazione felice ma - Signore ti avviso - io non sono così tanto ebrea, e lui non è così tanto arabo: siamo pronti a sopportare insieme soltanto fino alla Moria del Bestiame.

lunedì, luglio 05, 2010



Io credo che mi arrendo.
Riepilogo: due disinfestazioni con lo zyklon b della bayer, con me stessa medesima generale delle forze armate.
Una pulizia generale ed etnica, Generale Cenerentola, con repellenti e alcool.
Due fumogeni - uno tirato dal Generale Mac Chrystal e uno dalla Memoria del 30 giugno.
Tre settimane senza un gatto nè un umano per sfamarsi.

E sono vive.

Vive, vegete e numerose.
Sono entrata con il mio vestito di scena, la tuta da imbianchino usa e getta, e sono stata come al solito ricoperta da questi adorabili esseri del Signore.
Costantino, l'Uomo delle Pulci, dice che a questo punto si arrende anche lui.

Io emigrerei anche subito, che tanto ormai non mi ricordo quasi più la strada di casa, ma la questione è Come portare via le mie cose?
Intanto Come portare via le mie cose e non le pulci?
Ma anche Come stare dentro casa senza essere divorata? Perchè la tuta da imbianchino rende visibile il nemico, ma non previene dai morsi.
E se qualcuno di voi ha fatto un trasloco a luglio, nella sua vita, sa che inscatolare libri con addosso tre strati di vestiti, guanti e cappello non è consigliato dalla bibbia di Gondrand.

Io di traslochi a luglio ne ho fatti parecchi.
Il più famoso, in questo periodo di 9 anni fa, ad una settimana dal G8.
Allora, mi dico, le pulci non possono essere peggio del luglio 2001.
Non c'è stato niente di peggio del luglio del 2001.

La vivo così.
Tipo come se avessi casa in zona rossa e non potessi tornarci.
Ho una tuta bianca, ho degli esseri merdosi che occupano casa mia, ho un padrone di casa ignavo, sono tutta piena di ponfi e graffi ( i graffi sono miei, ma guai a voi se dite che è come la storia della molotov).

Insomma, è come sempre una grande metafora.

Il Signore delle pulci mi ha detto che una soluzione potrebbe essere quella di innondare il pavimento con una sostanza bianca e velenosa.
C'è un attrezzo apposta, per farlo.
Non so, facciamo che ci penso.
Detto fra noi, mi ricorda decisamente troppo un estintore.

martedì, giugno 29, 2010



Cenerentola come il Generale McChrystal.
L'operazione Detersivo storm ha fallito su tutta la linea.
Le pulci sono vive.

Il Disinfestatore capo dice che a questo punto l'ipotesi più credibile è che ci sia un'infestazione dall'esterno.
Lo dicevano, i niomi, che dell'Esterno non ci si può fidare.

Io, ieri pomeriggio, ho azzardato una visita in casa mia per salvare almeno i vestiti che marcivano piano piano in lavatrice.
Per farlo, mi sono comprata una tuta usa e getta da imbianchino e mi sono coperta i piedi con due sacchetti di plastica.
La figlia di Grissom e dell'Omino Michelin.
Le pulci hanno iniziato a risalire le gambe che sembrava giochi senza frontiere del micromondo, ma mi sono salvata da morsi e punture grazie al doppio strato.
Io, come facciano gli entomologi ad amare gli insetti, è il quarto mistero della fede.

Ho fatto andare la lavatrice e intanto ho perlustrato casa.
Le pulci sono inequivocabilmente vive e dappertutto.
Potere del detersivo, Cenerentola capo delle forze armate, sto cazzo.
L'ho manlevata dall'incarico subito, senza neanche il tempo di un'intervista a Rolling Stones.
Attualmente, il capo dell'esercito è una borsa di plastica ermetica con scritto sopra La mia amico.
L'ho comprata dai cinesi, è la mia arma del trasloco quotidiano.

Oggi, alle quattro, tornano i disinfestatori e cercano l'origine dell'infestazione.
Io scommetto sul cavedio.
Ma scommetto dal pianerottolo.
Poi, quando loro ci capiscono qualcosa, vediamo che fare.

lunedì, giugno 28, 2010



Ennesimo D day.
Se era per me, la II guerra mondiale finiva nel 1983.

Sabato, io e Stanley, io e Watson, io e Ciop, siamo entrati nella casa numero 14 per ripulirla dai cadaveri delle pulci.
Erano vive.
Non tutte, ma molte.
No, diciamo, non molte ma alcune.
In piedi in mezzo alla cucina, mi sono scesi dei lacrimoni da nervoso che sembravo un'adolescente con un 3 di greco a maggio.

Poi, però, ho convinto Quell'uomo che l'unica cosa era rimboccarsi le maniche.
Perchè, fino alla terza bomba atomica le pulci erano troppe per tentare qualsiasi cosa, per azzardare una permanenza nella casa numero 14 per più di un quarto d'ora.
Ma sabato abbiamo approfittato dello stordimento e abbiamo lavato, pulito, alcoolizzato, lavatricizzato e affogato ogni angolo della casa.
Quell'uomo ha tirato a specchio la cucina, io ho immerso i pavimenti nell'acqua e alcool, dopo aver passato l'aspirapolvere in ogni angolo e ogni superficie.
E meno male che è un bilocale.
La sera eravamo stanchi come se avessimo fatto la maratona di new york sui ceci, col cilicio.

E adesso chiudo qui e vado a vedere se abbiamo ottenuto dei risultati
A questo punto non scommetto su nulla.
In un momento di sconforto Quell'uomo diceva Se non le ha uccise lo zyklon B, perchè dovrebbe farlo l'alcool?
Ma io ormai sono ottimista, che ad essere pessimisti mi peggiora solo l'umore, e penso che tanto vale accedere un cero a Propp, Santo protettore delle Fiabe.
E nominare Cenerentola, a capo delle mie forze armate, al posto di Truman.
La Storia mi assolverà.

venerdì, giugno 25, 2010



Terza bomba atomica.
E' superfluo sottolineare che neppure quella faccia da culo di Truman ne ha avuto bisogno.
Sono oltre la guerra fredda, siore e siori.
Le pulci stamattina erano vive ma così vive che, passati i cinque minuti in cui io e il pilota dell'Enola Gay siamo rimasti nella casa n° 14 per predisporre la bomba, siamo usciti e avevamo venti pulci a testa, tra scarpe e pantaloni.
Lui le ha uccise con lo scotch di carta a mo' di ceretta, dopo aver acceso la bomba ed essere scappato. Ma lui aveva i pantaloni chiari e le pulci si vedevano chiaramente, in tutta la loro schifezza sanguinolenta.

Io, figurarsi, con i pantaloni neri, le pulci non le vedevo tutte così, eliminate quelle meno brave a nascondersi, sono scappata verso casa di Quell'uomo e mi sono spogliata nuda sul pianerottolo.
No, non è passato nessuno mentre lo facevo, ma vi giuro che in quel momento sarebbe stato l'ultimo dei problemi.
Mentre io mi cacciavo nella doccia, Quell'uomo cacciava tutto in lavatrice. Dovremmo avercela fatta, se è vero che non ho neanche una bolla in più.

Perchè le bolle, mi ha detto la dermatologa, non erano una reazione allergica. Erano proprio i morsi che, a seconda di dove sono, si presentano esteticamente diversi.
Meraviglioso.
Pensare che sono stata sbranata da un numero imprecisato di pulci non inferiore a quaranta non è la mia idea di spiegazione consolatoria. Con tutto che la scabbia sarebbe stata una spiegazione peggiore.
Mi sento l'esplortore delle barzellette, quello che finisce nella pentola dei cannibali.

Comunque domani io e Quell'uomo entreremo nella casa numero 14 come Livingstone e Stanley, come Sharlock Holmes e Watson, come Cip e Ciop agenti segreti, e andremo a contare i cadaveri e a ripulire la casa dalle pulci morte.
E se ne vedo viva anche una sola.
Se anche ne intravedo soltanto una che saltella allegra in direzione dei miei piedi, me ne vado.
Definitivamente.
Ammetto che sono più forti loro e scappo.
La casa numero 14 come il Vietnam per i mericani, l'Afghanistan per i russi, la bolivia per il comunismo internazionale.
Mica siamo tutti Ho chi min.
Io posso anche ammettere di aver perso questa battaglia.
Quindi.
Se domani pomeriggio ne vedo viva anche una sola.
Se anche ne intravedo soltanto una che saltella allegra in direzione dei miei piedi, vorrà dire che, sull'allegra aria di dormono dormono sulla collina, tornerò a casa con il mio corpo avvolto in una bandiera.
Legato stretto perchè sembrasse senza 40 cazzo di merdosi morsi di pulce.
A casa dove, però, non saprei proprio.

martedì, giugno 22, 2010



Sono giorni da farsi il segno della croce con i gomiti.
Giorni che il concetto di sfiga globale assume nuovi, inquietanti significati.
Iniziamo col dire che le pulci non sono morte.
Mai morte.
Vive, vegete e saltellanti, ne vedo una nuova ogni volta che oso mettere piede in casa per recuperare qualcosa di utile alla mia sopravvivenza.
Perchè nel frattempo, ovviamente, sono emigrata.
Mi sono accampata a casa di Quell'uomo con due borse di vestiti, un libro, l'agenda, il ricarica batterie, un nervoso che sembro un pitbull da combattimenti clandestini.
Ogni tanto mi viene in mente che mi serve qualcosa, allora attraverso i vicoli, entro in casa mia come un marines nelle risaie dell'indocina, trovo quello che mi serve e scappo di nuovo.
Ciononostante sono coperta di bolle.
Non di morsi, di bolle.
Qualche morso di pulce tra le dita dei piedi e le caviglie, 47 bolle sparse nel resto del corpo.
Una trentina solo tra le ginocchia e la schiena.
Sembro un videogame degli anni '80.
E non capisco cosa cazzo sia.
Allergia, credo.

Le bolle prudono così tanto, ma così tanto, che stanotte alle cinque e mezzo ero ancora sveglia e lamentosa, così stamattina mi sono messa in malattia e, almeno, ho dormito.
Perchè le bolle, la mattina, prudono meno.

Oggi pomeriggio il disinfestatore mi dovrebbe portare il Veleno Definitivo e domani ho appuntamento con la dermatologa.
Non può piovere per sempre, e anche le pulci si arrenderanno, prima o poi.
E tornero' ad avere un'estetica quasi normale.
La speranza la regalano un tanto al chilo, in periodi come questo.

C'è che uno prima o poi dovrebbe smetterla di pensare di poter disegnare il suo mondo lasciando fuori dalla porta le variabili.
Non era così che mi ero immaginata i primi giorni di una convivenza, non è così che avrei disegnato l'inizio - seppur momentaneo, per ora - di una vita di coppia.
Io che non dormo per il prurito, lui che mi mette la crema al cortisone alle tre e mezzo di notte, appena tornato dall'aver interpretato Quasimodo in Notre dame de paris, a Chiavari.
Io con le mie cose nei sacchetti.
Il mio nervoso da pitbull.
La piacevolezza estetica di un varano di Komodo.
Lui sorridente nello stress.
Insofferente di nascosto.
Non era così che l'avevo immaginata.

Ma non può piovere per sempre, quindi finiranno i pruriti, moriranno le pulci, tornerò in casa mia e ad un'estetica umana.
Prima o poi.

Nel frattempo, però, Trippa e il Gatto Signor Siberia si amano.
Di quell'amore aggressivo da gatto supponente.
Si soffiano, e poi si cercano.
Si coccolano e poi si graffiano.
Gatto Comune di Razza Metaforica.

sabato, giugno 19, 2010



Sabato mattina, casa di Quell'uomo.
La mia, di casa, è stata invasa dalle pulci.
Dopo avere tentato i metodi più blandi, dalla pulizia allo spray no gas, mi sono arresa alla bomba h: una specie di granata che devi innescare al centro della casa e scappare via per 12 ore.
La produce la Bayer, quella dello zyklon B. Sono cose che se ci pensi fanno paura.

Così mercoledi ho preso su armi, bagagli, aceto e gatto signor siberia e mi sono trasferita a casa di quell'uomo, dopo avere lanciato la prima bomba, Hiroshima.
A casa di Quell'uomo vive un gatto.
Trippa.
La gatta più temuta dei vicoli.

Il doppio abbondante del gatto signor siberia.
Femmina.
Territoriale.
Incazzata col mondo.
Soffia e incute timore a tutto quello che non è Quell'uomo.
A me, due volte, non mi ha fatto uscire dalla porta di casa soffiandomi addosso come un cobra frustrato.

Il gatto signor siberia, invece, è un gatto naif.
E' il biancaneve dei gatti.
E' magro.
E' dolce.
E' maschio.
E' tenero.

Io, mercoledi sera, camminavo con il gatto signor siberia nella gabbietta, nel suo sesto trasloco in un anno e mezzo, ed ero un concentrato di ansie e di metafore.
Si sopporteranno, Siberia e Trippa?
Trippa lo ucciderà?
Lo farà a pezzetti e ne esporrà il corpo sul pianerottolo?
Lo farà innervosire e alla fine avrò un gatto con le ansie di woody allen?
E invece.
Invece il signor siberia si è imposto sul gatto trippa senza tirare fuori mai neanche un unghia.

Trippa sono quattro giorni che sibila, miagola, strilla, graffia, corre e ringhia (si, Trippa ringhia). Il signor siberia, invece, non alza un pelo. Mangia dalla sua ciotola. Occupa la sua sedia. Sale sul tavolo. La rincorre per giocare. Le frega le crocchette.
Nelson Mandela.
Ghandi.
Martin Luther King.
Rosa Parks.

Trippa non se n'è ancora fatta una ragione, con l'ottusità cieca dei dominatori.
Ma io neanche, devo dire, che continuo a pensare che domani sarà il sunday bloody sunday.
Ma il gatto signor siberia è pacifico, tranquillo, divertito.
Dimostra la metà della metà della metà delle ansie che dimostro io all'idea di una convivenza con un essere di sesso opposto.
Io e Quell'uomo siamo Trippa tutti e due.
Il gatto signor siberia è qui a dimostrarci la sua superiorità.

E nel frattempo, le pulci?
Le pulci sono sopravvissute a Hiroshima.
La Bayer non è più quella di una volta.
Così ho comprato una nuova bomba H in farmacia.
Nagasaki.
E l'ho fatta esplodere ieri sera.
Dopo pranzo andrò nella casa numero 14 e analizzerò i risultati.
Se la Storia è Storia, questa volta le pulci non dovrebbero aver avuto scampo.
E se la Storia è Storia, nella casa di Quell'uomo, la gatta di un mezzo tunisino e il gatto di una ebrea per metà, nel frattempo, dovrebbero aver imparato la convivenza.
Trippa e Siberia, Arafat e Rabin, nella stessa casa, con equilibrio e condivisione.
Perchè a noi, se c'è una cosa che ci piace, è cambiare i finali della Storia.

lunedì, giugno 14, 2010



Ieri sono tornata in vico dolcezza.
A prendere il mio fouton, il mio materasso del fouton, la mia lampada a canna da pesca.
Ho preso tutto, ed è stato bellissimo riappropriarmi delle mie cose, con un corteo di mezzo chilometro attraverso i vicoli per portarli a casa.
Io ho portato la lampada.
Un Uomo ha portato tutto il resto. Ha fatto il maschio alfa, su e giù dalle scale, e infatti oggi ha la schiena incriccata.

Però, al di là del fatto che adesso ho un vero angolo nessie in casa, che l'amiu mi ha portato via l'orrido divano a fiori con la stessa gentilezza e la stessa soddisfazione degli iracheni il giorno che tiravano giù le statue di saddam hussein.
Al di là del gusto di vedere morire il divano a fiori e risorgere il fouton.
Al di là di questo, c'è questa cosa, secondo me, che quando lasci una casa poi non dovresti mai tornare a vedere che cosa ne hanno fatto le persone che sono rimaste, o che sono entrate dopo di te.
Perchè è spiazzante.
E' come rivedere i bambini della tua classe diventati adolescenti.
E' come la mia alunna che mi chiede l'amicizia su facciabuco con una foto in minigonna e lo status "fidanzata ufficialmente".

Una casa che è stata tua ti aspetti sempre di sapere cosa ci troverai dentro, qual'è il cassetto delle posate, in quale angolo si è accumulata la polvere, cosa puoi fare, cosa non puoi fare.
Ieri ho scoperto che, per esempio, non c'è più neanche un cacciavite, in vico dolcezza. Non una brugola. Non una chiave inglese.
Non me l'aspettavo.
La mia Stanza delle cose da maschio, un corridoio impolverato e pieno di attrezzi, lampadine, chiodi e viti, è diventato il pulitissimo angolo dei saponi. E io e Un Uomo non abbiamo potuto smontare il fouton e l'abbiamo dovuto portare intero.

Però, in compenso, nel cortile di Vico Dolcezza, ci sono dei mobili bianchi da giardino. E chili di piante che sembra il vietnam.
Il mio cortile, sporco e vuoto, è diventato la descrizione iniziale di un libro di Kipling, con i mobili bianchi e vittoriani e le piante con i fiori.
Non è brutto, eh. E' soltanto un'altra cosa, e un'altra casa.

Dal portone verde, che ha ancora il mio cognome sulla cassetta della posta, non cerca più di scappare il gatto signor siberia. Che è ovvio che sia così: il gatto signor siberia vive con me e tutte le sue maledette pulci che se ne fottono del frontline, nella casa numero quattordici.
Però ho aperto la porta, e un pezzetto del mio cervello si aspettava il mio gatto pulcioso e coccoloso. Che invece non c'era.
C'era una buganville.

Io non mi affeziono ai luoghi.
Ci passo in mezzo, ai luoghi. Ci passo, mi fermo, poi cambio.
Non mi affeziono ai muri e non mi affeziono agli spazi.
Io mi innamoro dei tempi, e delle persone.
Però tornare a casa mia e scoprire che ha cambiato carattere è stata una cosa a metà fra il fastidio e l'insofferenza.

E' come un bambino che gli fai fare per anni delle cose bellissime, il bambino più creativo della classe, quello che disegna gli uomini a tre teste e i fiori che fanno il pane, e poi lo rivedi da grande, ed è un ingegnere sistemista.
Che non è che non te l'aspetti, non è che pensi che grazie alle tue attività bellissime, tutti i tuoi bambini diventeranno degli Einstein, delle Margherite Hack, delle Frida Kahlo o dei Neruda.
Però ti sembra uno spreco, ti sembra che non c'entra con lui, ecco.
Per le case è lo stesso.
Un po' per l'ovvio contrasto tra le tue scelte e quelle degli altri.
Ma quello va beh.
Un po' anche, però, perchè ogni casa ha un carattere, e ogni inquilino si illude sempre di averlo colto in pieno, solo lui. Che solo lui può capirla, comprenderla e viverla a pieno, quella casa.
E' la stessa illusione dei fidanzamenti. E dell'educazione.

Così, tornare in vico cioccolatte e vedere la buganville, i mobili da giardino, la credenza con il servizio di piatti, i libri in ordine d'altezza, io non lo so, mi ha fatto l'impressione di un ex fidanzato che si bacia con una donna più brutta di me.
Che è una sensazione precisa.
Un po' di superiorità, un po' di dispiacere.
Quell'idea latente che le cose finiscono con te, che dopo di te il diluvio.
Invece poi non è mai così, ovviamente.
Le case cambiano, gli ex fidanzati si baciano con altre donne.
Arrivano le buganville, spariscono i cacciaviti. E tu torni in un altro tempo, in un altro spazio, con un altro amore, portandoti via il fouton.

venerdì, giugno 11, 2010



Ventitre e quaranta.
Letto sul soppalco.
Portatile.
Caldo.
Un gatto di fianco che ronfa.

Sono tornata a casa un’ora fa dopo quattordici ore di lavoro.
Quattordici e mezza, a dire la verità.
Ma ne ho segnate quattordici, sul foglio ore, che metterci la mezza mi sembrava di far dell’ironia.
La fine della scuola, gli studenti non si rendono mica conto di cosa voglia dire, mentre si tirano l’acqua e la farina.
Per noi vuol dire un’attività per dodici bambini per due pomeriggi di doposcuola a settimana per quattro settimane per nove mesi, circa, da recuperare, riordinare e mettere nel quaderno delle attività.
Quattordici ore di lavoro solo oggi.

Lavorare con i bambini io credo che se non sei un po’ scemo, un po’ folle, un po’ autolesionista e non condisci il tutto con un grande senso di responsabilità, è meglio se fai un altro lavoro.
Perché di tre che eravamo lì stasera a mettere in ordine fotografie ed elaborati, a scrivere l’appendice didattica e a decorare le pagine con i ghirigori, a nessuna ci è venuto in mente che potevamo anche non farlo.
Che potevamo andare a scuola, domani, dare i bacini della Buona estate e poi finirla lì.
Mettere i lavori in una cartellina e via andare.
Neppure quando abbiamo girato intorno alla boa delle dodici ore non stop, neanche durante l’inevitabile crollo post pizza.
Anche quando vedevamo allontanarsi la speranza di poter finire entro le nove, avevamo ben presente il diritto dei nostri bambini di vedere tutto il loro impegno raccolto, trascritto valorizzato e spiegato alle mamme e ai papà. E la responsabilità di essere noi quelli che dovevano custodire il loro lavoro di un anno e, alla fine, darlo indietro. L’importanza di conservare la fiducia in vista dell’anno prossimo.
Per questo lavoriamo con i bambini.
Sceme.
Autolesioniste.
Ma, in compenso, responsabili.
E’ un cocktail micidiale: ne uccide più dei barbiturici.

Così adesso sono a letto, sul soppalco, fa caldo, il gatto è sceso e miagola contro una farfallina della notte più veloce di lui.
Sono stanca come un monatto nella Milano del Manzoni.
Però adesso sono le 23.56 e ho ancora la forza di scrivere.
Qualcosa vorrà dire.
Se avessi fatto quattordici ore di qualsiasi altra cosa, di qualsiasi altro lavoro, sarei una donna depressa.
Invece non vedo l’ora di arrivare, domani, dai miei dodici piccoli ariani, e consegnare i quaderni.
Però.
Lo scolpisco sulla pietra eterna del blog.
Che sia chiaro.
Se l’anno prossimo, che i bambini diventano 22, la ragazza fuori moda lascia tutto il lavoro da fare alla fine, e pensa di avermi di nuovo in questo after hour della didattica, io lo giuro che la impicco ad un lampione e le appendo ai piedi tutto il mio senso di responsabilità e tutta la mia sana follia, per velocizzarne la morte.
Il mio autolesionismo finisce dove inizia quello degli altri.

lunedì, giugno 07, 2010



La misteriosa sparizione dei topi dai vicoli è una cosa bellissima.
E' la notizia più bella dell'anno.
Io giro, torno a casa, passo anche dai vicoli stretti, dai caruggi un metro e mezzo, e non ne vedo più.
Immagino che ci siano, da qualche parte.
Nel ghetto scommetto che ce n'è.
Però la diminuzione è sensibile.
E bellissima.
Quando sono andata a vivere nella casa numero quattordici, il comitato topi d'accoglienza era schierato, festoni, fanfare e code lunghe.
Ho anche pensato, ve l'avevo detto, di comprare una pistola ad ultrasuoni da tenere in borsa per tornare a casa.
Immaginavo l'estate, con i sandali e i piedi scoperti e ignudi, e mi vedevo terrorizzata e saltellante.
Con tutto che l'estate non è arrivata, e oggi ho le scarpe chiuse, come del resto ieri.
Ma soprattutto i topi sono spariti.

In compenso, però, c'è un compenso.
La casa numero quattordici è al primo piano.
Sotto di me, d'angolo, c'è la Stanza dei bidoni.
Che è come la stanza del buco, con la stessa luce azzurra, ma invece che i tossici ci si rifugiano dentro i bidoni della spazzatura, quelli della carta, quelli della plastica e del vetro.

Finchè la finestra della camera dela casa numero quattordici è rimasta chiusa, non mi sono accorta di quanto la Stanza dei Bidoni fosse oggetto di attenzione maniacale da parte degli spazzini.
E' lo struscio degli spazzini, quella stanza lì.
Solo ieri sono passati a pranzo con la macchina pulisci vicolo, a mezzanotte e mezza con i bocchettoni d'acqua, alle sei del mattino con il furgoncino della spazzatura. E qualche genio del male ha buttato via i vetri alle tre.
A ogni passaggio, di questo after-hour della pulizia, mi sono svegliata, ho svegliato Quell'Uomo borbottando e cacciando la testa sotto il cuscino, sono riemersa per il caldo, mi sono riaddormentata.

Quindi, riassunto.
La misteriosa sparizione dei topi.
Non può non essere collegata alla crescita esponenziale degli spazzini e delle loro meravigliose attrezzature.
E di questo, se è una scelta dell'amministrazione, se la sindaco ha deciso di investire nella pulizia dei vicoli, io non gliene sarò mai abbastanza grata.
Però sto perdendo in ore di sonno quello che ho guadagnato in rilassatezza da topo.
In sintesi, sono comunque felice, ma di quella felicità assonnata e un po' rincoglionita da abitante del primo piano.

lunedì, maggio 24, 2010



Pranzo a casa.
Ho una voglia di lavorare, in questo periodo, che mi sento un macellaio vegano.
Aspetto il ponte come neanche i mafiosi a Messina.

Sono tornata a casa a mezzogiorno e mezzo con un tale scorno da 40 ore immersa negli adolescenti, che avevo voglia soltanto di mangiare schifezze.
Un diavoletto sulla spalla, RonaldMacDonalds, mi sussurrava Pastazza unta, Kebab, Pizza con le patatine, Cocacola.
Ma sull'altra spalla è apparso l'angelo della dietologa, con tutta la sua forza d'animo.
Così ho appena finito di mangiare un piatto di fagioli al sugo.
RonaldMacDonalds è un peso piuma, nei combattimenti dell'anima.

Il gatto Signor Siberia si mangia con gusto il suo pollo e carote bio, gentilmente donato dall'Infiltrato all'AlmaNature.
Alla radio Caparezza canta Un vero uomo dovrebbe lavare i piatti, dovrebbe lavare i piatti, dovrebbe lavare i piatti. Che è la canzone della mia storia d'amore.

Stiamo facendo i conti per vedere se ci possiamo permettere Cuba a settembre.
Cuba a settembre è l'idea più bella dell'anno.
Intanto perchè secondo me a settembre non lo dicono ancora, che Fidel è morto e lo fanno sorridere con i fili appesi.
E quindi dovremmo ancora riuscire a scamparci la marea revisionista.
Poi perchè tutta la vita che voglio andare a Cuba.
E ho appena consegnato le mie impronte digitali allo Stato, pur di avere di nuovo un passaporto.
A questo punto, mi si impone l'uso: non sia mai che mi faccio schedare per niente.
E anche.
Che se qui va proprio di merda.
Che ci vendono i fiumi e l'arena di Verona alla Nike, grazie al federalismo.
Che la legge bavaglio ci dobbiamo tutti abbonare a Topolino, per avere qualcosa da leggere.
Che i tagli allo spettacolo, andremo tutti al bagaglino.
Che i tagli alla scuola non avrò più un lavoro, perchè quale progettazione didattica puoi fare se non hai nemmeno i soldi per la carta igienica?
E avanti così.
Se qui è così, Cuba diventa un'idea bellissima e importante.
Perchè posso andare là a raccontare come si vive in una dittatura democratica.
E magari ci danno due consigli.
Di nuovo.
(Companeros, esta vuelta prendes appunti, eh...)

martedì, maggio 18, 2010



Se ti svegli una mattina alle 8, dopo che ti sei addormentata alle 2, ti prepari in fretta e furia e ti precipiti ad una riunione. Scoprendo che non c'è.
Se ti capita d'inverno è una cosa orribile.
Urticante.
Che hai tutto il freddo addosso, e la voglia di piumone, e magari la pioggerellina.
Oppure se ti capita d'estate, di primavera, ma in un posto lontano. Che devi prendere una macchina, un treno, una moto, due autobus, per arrivare. E quando scopri che la riunione non c'era, ormai sei a distanza di macchina, di treno, di moto o di due autobus da qualsiasi alternativa.
E' insopportabile.

Invece oggi.
Che mi sono alzata alle 8, dopo essermi addormentata alle 2, ho svegliato Un uomo che era in recupero ma si è alzato lo stesso, mi sono preparata in fretta e furia, e mi sono precipitata ad una riunione che non c'era.
Ma fuori c'era il sole.
E io ero a chilometri zero da casa mia, da casa sua, dall'ufficio e soprattutto dal centro storico.

Un Uomo è tornato a riprendermi con le acciughe nel sacchetto per la nostra cena.
E ci siamo fatti una camminata nella luce del mattino dei vicoli, fino a casa sua, passando per un caffè al ginseng, per il ferramenta, per le commissioni, per l'edicola.
Chilometri zero, ma un sacco di metri sotto il primissimo sole di maggio, per quest'anno.
Stamattina era la bellezzia dell'errore.

domenica, maggio 16, 2010



Domenica sera, casa di Un uomo.
Fuori i sampdoriani suonano tutti i clacson del mondo, noi siamo appena tornati da un aperitivo su una terrazza bianca affacciata sul mare.
Siamo usciti dalla casa numero 14 alle cinque e mezzo, abbiamo pranzato alle quattro, abbiamo fatto colazione all'una e mezza, ci siamo svegliati all'una.
Alle cinque e mezza, appunto, mentre i primi clacson iniziavano a suonare, noi ci siamo divisi nelle due case per sfamare i reciproci gatti che ci fanno le scenate di gelosia a giorni alterni, e alla fine ci siamo lanciati in motorino, direzione mareggiata.

La terrazza bianca è un posto che appena viene il caldo è inavvicinabile.
Ma adesso, che tirava un vento freddo e maiale, è il posto più bello del mondo.
Perchè Un uomo ha sangue tunisino, ma gli piace il freddo.
Quindi adesso, la terrazza bianca - che un po' sa di Puglia, un po' di Grecia, un po' di Tunisia e un po' di Baltico - è il posto più bello del mondo, con il vento freddo e maiale, sia per me che per lui.

Il tavolino più esposto alla mareggiata era troppo anche per noi, ma abbiamo scelto quello subito dietro, e abbiamo preso un aperitivo montagna russa, con i muscoli tesi a scattare ogni volta che l'onda minacciava di travolgerci.
Però abbiamo vinto e siamo tornati a casa infreddoliti ma asciutti.

Adesso ci sono i Toto nello stereo.
Un uomo canta in cucina mentre prepara il secondo pasto della giornata, in coerenza con la mia curva glicemica.
Il gatto Trippa mi guarda dal letto.
E io mi ritaglio un quarto d'ora di blog per dire che ci sono delle domeniche che ne vale la pena.

martedì, maggio 04, 2010



Ho freddo.
Perchè, ovviamente, i maglioni li ho già messi via tutti, in un raptus domenicale casalingo.
E oggi qui fuori è marzo.

Nella casa numero quattordici non ho traslocato neanche un ombrello, quindi stamattina sono andata alla riunione mensile alla fine del mondo con la sciarpa sulla testa. Ma, come voi razionali avrete già capito, non è servito a molto e sono arrivata bagnata come un grizzly nel fiume, con la stessa grazia, la stessa bellezza e anche lo stesso buonumore.

Adesso, però, sono a casa perchè dovrei lavorare stasera. Educativa di strada dalle 18.00 in poi.
Ma, se dio vuole, appunto, piove e diluvia.
E gli adolescenti, che tutto si può dire ma non che siano funghi o lumache, con la pioggia se ne stanno belli chiusi in casa, rendendo inutile l'educativa di strada delle 18.00.
Così forse oggi pomeriggio sono in recupero di un lavoro serale che non farò.
Meraviglioso governo ladro.

Così adesso digerisco le meravigliose melanzane alla parmigiana di Un uomo, faccio una doccia calda e poi uso questo pomeriggio libero per andare dagli sbirri a dire che mi hanno rubato il passaporto.
Dieci anni fa, me l'hanno rubato.
Ma sembra che per farne uno nuovo devo rifare la denuncia.
Le dodici fatiche di asterix.

A dover scegliere, credo che andrò dagli sbirri che abitano di fronte al circolo Luogo dell'anima. Così, tanto per fare un po' la p.r.
In generale, però, pensare di uscire di casa sotto la pioggia per infilarmi in una caserma non è un'idea che proprio mi renda gioiosa.
E' la sindrome da G8.

Però, oggi.
Con le dimissioni di Scajola.
Di nuovo.
C'è tutto un altro gusto, ad andare in caserma.

domenica, maggio 02, 2010



Due maggio, pomeriggio, tre e mezza.
Ho lavato il bagno, ho messo i maglioni nella scatola dell'inverno, ho messo le lenzuola in lavatrice, ho lavato per terra.
Ho passato in padella i porri e le bietoline con un po' di pepe nero e un filo d'olio, ho aggiunto la ricotta, ho steso la pasta sfoglia nella pirofila.
Devo aspettare che finisca la lavatrice per accendere il forno, altrimenti salta la luce.
Dal computer Capossela canta All'una e trenacinque circa.
Il gatto Signor Siberia guarda fuori dalla finestra come una vecchia pensionata impicciona.
Sono qui. Io e una domenica libera.
Volevo partire, uno dei prossimi week end.
Avevo fatto un sacco di piani.
Sognavo il Marocco o l'Olanda.
Ma ho scoperto oggi che avevo un solo week end scarico, ed era questo.
Volevo essere Philip Fogg e mi ritrovo Cenerentola.
A volte il regista della mia vita infierisce con cinico umorismo.

Credo che dirò al padrone della casa numero 14 che pensavo, alla fine, di non andarmene così presto come avevo preventivato.
E che si mi toglie questa merda di divano a fiori, potrei addirittura pensare ad un contratto per un anno.
Anche se non mi ci stanno già più i libri.
Nonostante non possa farmi il silchepil mentre va la lavatrice.
Questo anche perchè i topi sono scomparsi.
La prima settimana sembrava che il vicolo brulicasse.
Poi sono spariti.
Non so, magari è stato il comitato d'accoglienza.
Forse il freddo li ha decimati.
Forse hanno lasciato il pianeta, subito dopo i delfini e decisamente prima che noi umani potessimo anche solo accorgerci della superstarada che i Vogon stanno per costruire passando attraverso la Terra.
Ma tanto che problema c'è? Mica ci servono i Vogon: abbiamo già la British Petroil.
Comunque i topi non ci sono più.
O, se ci sono, sono ben nascosti.
Così ho pensato di proporre al padrone di casa un accordo: sparisce il divano a fiori, come sono spariti i topi, e io garantisco la mia permanenza per un anno.
Un anno è un sacco di tempo.
Il padrone di casa dovrebbe apprezzare la rarità dell'evento: un'imprevista nessielungimiraza.
Da Philip Fogg a Cenerentola a Simeone lo stilita.
Dice il regista della mia vita che, a trent'anni, si può anche trovare imprevedibilmente comoda persino una colonna.
E sedercisi un pochino su.


mercoledì, aprile 28, 2010

Non sarà certo una rinuncia da guadagnarci il Paradiso, ma volevo mettere agli atti che, pur di trovare un momento per scrivere il blog, non sto lavando i piatti.
Neanche oggi.
Quelli in fondo alla pila sono lì da sabato.
Ma per fortuna sono pochi. Finchè non esondano dal lavello è solo un allarme giallo.

Stamattina, alle 6.30, è arrivata nella casa numero 14 la prima zanzara della stagione.
Io, che non sento mai niente quando dormo, che possono anche ballarmi sulla faccia fred astair e ginger roger senza che io mi svegli, le punture di zanzara, ne basta una che non dormo più.
Così mi sono passata la mattina presto accoccolata con il gatto signor siberia che, come me, un po' sonnecchiava e un po' si svegliava e mi guardava sbuffare per il prurito.
Poi mi sono alzata e sono riuscita comunque ad arrivare in ufficio in ritardo, che sono passata a portare la colazione e il manifesto a 40 centesimi a quell'uomo lì, che entrava all'una, beato lui.

Poi, finita la mia solita collana di riunioni, mi sono cucinata un hamburger bio mentre sfogliavo il catalogo dei premi della coop.
Avrei bisogno di 2000 punti in più per il ricarica batterie solare.
E 6000 punti in più per il silchepil nuovo.
Però mi bastano i punti per fare le donazioni in beneficenza.
Com'è questa cosa che, meno soldi uno ha da spendere, più sceglie di dare i suoi punti in beneficenza?
Dovrebbe essere il contrario.
Tu che spendi 400 euro all'anno ti regaliamo il ricarica batterie solare, che sicuro non te lo potrai comprare mai.
Tu che invece ne spendi 10.000, cosa te ne fai del silchepil? Ne avrai già almeno 4. Facciamo che i tuoi punti li diamo a Medici Senza Frontiere.
Mica dico i premi dell'esselunga, che non danno la maternità alle lavoratrici, figurarsi il silchepil ai consumatori a basso reddito.
Ma alla coop.
No?
Scommetto la testa di Bondi che ci stanno.

martedì, aprile 27, 2010


Ieri, alla fine, il computer si è rifiutato di andare su internet.
E oggi ho saltatellato tra riunioni che neanche Dick Fosbury.
Riusciranno, domani, i nostri eroi, a scrivere qualche riga di senso?

lunedì, aprile 26, 2010


Ero partita con tutto un discorso serio sul senso di comunità regalato da questo week end, tra i prati di Campenave e i balli popolari in periferia.
Avevo già scritto dieci righe, con un'aria da sociologa.
Ma sono le 13.23, alle 14.00 ho un autobus che mi porta da dodici adolescenti in pieno boom ormonale primaverile e ho pensato che non posso essere sociologa in mezz'ora.
In mezz'ora si scrivono cazzate.
Le storie belle, le fiabe così come le storie d'amore o gli articoli di approfondimento, i saggi, i romanzi, hanno bisogno di tempo dedicato. Non si scrivono in mezz'ora o nei week end.
Così, visto che adesso ho solo mezz'ora, scrivo dieci righe stupide come queste.
Ma stasera, che me la prendo tutta per me, prima faccio l'orlo dei jeans, ma se poi mi funziona per caso la chiavetta internet, mi dedico del tempo.
E scrivo un post molto serio e molto divertente, spero.
Come una storia d'amore.