lunedì, luglio 28, 2008

ARRIVEDERCI A PRIMA, O POI


...perchè cinque minuti di ritardo al giorno
sono una vita di ferie...
...SETTE ANNI DOPO SEMPRE QUELLA FACCIA...


Sette anni dopo il G8 siamo tornati tutti a vedere Manu Chao, facendo finta di niente, fischiettando sugli anni che passano.
Gli amici con le stesse intelligentissime infradito, la piazza più o meno la stessa, sempre il Manifesto nella borsa.
Sette anni che non sono nulla, ci dicevamo, se mantieni lo stesso spirito, la stessa critica, la stessa voglia.
Ce lo siamo ripetuti per tutto un pranzo della domenica affollato  e ipercalorico.

Io ho retto per tutta l'attesa fuori dai cancelli e per tutto il primo gruppo, che poi era Kusturica, e ci credo che ho retto, che il suo concerto inizia sempre con l'inno nazionale sovietico e ti senti a casa.
Poi, basta.
Mi è salita un'acidità  di stomaco che volevo morire.
Ben prima di Manu Chao sognavo un alkaseltzer.
Ma negavo l'evidenza chiaccherando con gli amici che spuntavano come pratoline tra la massa sudata.
Una chiacchera, un rutto, a volte due. Ma abilmente nascosti con grazia.
E ostinatamente ignorati.

Quasi a mezzanotte sale sul palco manu chao.
Folla in delirio, adolescenti in assetto da pogo, trentenni in tenuta da rimembranza.
E io, lì, esattamente dopo il primo accordo, inizio a stare male come un gambero in una zuppa di pesce.

Me dicen el desparecido...
Rutto da camionista
Que cuando llega ya se ha ido
Un pugno nello stomaco, fisso
Volando vengo, volando voy
Sudore
Deprisa deprisa a rumbo perdido
Crisi di sbadigli
Perdido en el siglo...Perdido en el siglo
Nessie, vuoi una birra?
Mmmm, no, va'. Prendo una pepsi.

Non serve.
Su Clandestino la gente salta e io vorrei soltanto una tisana alla melissa e un divano accogliente.
Quando parte La vaca de mala leche io ho anche il singhiozzo e mi sento un'imbecille. 
Tequila, sexo, marjuana e bicarbonato, grazie.

Vado avanti tutto il concerto che sembro la copertina di Uomini & camion. 
Quando finisce anche l'ultimo bis, mi incammino a piedi verso casa, che ormai sono le tre ma il pranzo non vuole saperne di digerirsi.
Un passo, un singhiozzo, un passo e una cattiva digestione.

Dopo credo cinque o sei ore di cammino, arrivo a casa.
Passo davanti al chiosco delle angurie.
Discussione delle quattro del mattino (da leggersi con forte accento genovese)
- E te lo dico io, te lo dico, qual'è stato il vero scandalo del G8. Che quelli lì sono venuti qua ad urlare Polizia fascista e tutte quelle robe lì. Te le urli a casa tua, quelle cose, mica qui che sei ospite!
- Belin, giusto. Che se le vadano a urlare in piazza tienammen quelle cose, che se le vadano.

Il mio stomaco e la Storia: di sette anni inesorabilmente più vecchi. 

venerdì, luglio 25, 2008


L'ultima volta che sono stata alle terme, una signora molto fricchettona mi ha lasciato in mutande di carta, mi ha spalmata di olio come un pollo cinese, mi ha chiuso nel bagno turco, poi mi ha immersa nel fango capelli compresi, mi ha impastato come un raviolo di zucca, mi ha obbligata ad una doccia fredda e poi ad una tiepida.

A metà trattamento mi ha concesso un momento di relax con una tisana buonissima.

E poi di nuovo il bagno turco e la doccia, seguiti da tutto un massaggio di crema profumata e, per finire, la signora molto fricchettona mi ha fatto la piega ai capelli, con mille spazzole e duemila specchi.
Mentre mi massaggiava, la signora molto fricchettona diceva che la mia schiena parlava: avevo sicuramente un cattivo rapporto con mio padre.

La sera, a cena, ero bellissima e luccicavo come il dente d'oro dello zingaro Melquìades.

Questa è una richiesta alla reception dell'albergo SaasQualcosa, dove arriverò martedi sera.
Per favore, signori svizzeri del benessere, potrei avere lo stesso identico trattamento, ma senza le fregnacce su mio padre?

giovedì, luglio 24, 2008

In questi giorni
sono produttiva
come un cassintegrato

mercoledì, luglio 23, 2008



...SENZA SOFFITTO, SENZA CUCINA...

Mi ero dimenticata di avere un bidone della spazzatura in cortile.
E' rosa maiale, non è che si mimetizza con lo sfondo. Ma è come le cose ovvie, che le vedi tutti i giorni e poi non le vedi più.
Ci passavo davanti ogni mattina e sempre pensavo che fosse vuoto.
Poi oggi, ovviamente con i pantaloni bianchi, l'ho visto di nuovo.
Forse si era spostato stanotte, così ho potuto notarlo.
E mi sono ricordata che non era vuoto per niente.
Era ripieno da almeno un mese.
E l'ho aperto.

Ora, ve lo dico subito, poteva andare peggio.
Metti che prima di dimenticarmi della sua esistenza ci avevo buttato dentro del cavolo bollito e della carne cruda. Quello sarebbe stato peggio.
Però ve lo dico lo stesso che anche così non è stato divertente.
Blob.

E il blob della spazzatura rosa si va a sommare al resto delle avventure dell'estate: le farfalline nell'armadio della pasta, la morìa di moschini nel bagno di mia moglie, i topi nel vicolo, la cappa di umido in sala, la muffa in camera, la scolopendra in bagno, la lavatrice che perde.
E questo nonostante passi più ore a casalingare in questo periodo di quante ne abbia mai passate nella vita. Tutte sommate, dico. Ho battuto il record.
Ma non basta.
Quella casa è troppo grande per una persona sola.
Quando una persona sola incontra una casa enorme, la persona sola viene sbranata dalle scolopendre.

Non bastano le pulizie, la ventola calda per scacciare l'umidità, i passi pesanti per scacciare i topi.
Ad esempio, sono morte le piante.
Tutte.
Adesso il cortile sembra la death valley.

Ecco, allora in questa fatica solitaria io ci leggo un che di metaforico.
Anche nelle piante morte, ma anche nei girasoli vivi, ci leggo un che di metaforico.
Merdosissime metafore.
Ma vedo ritagli di metafora anche nel mio coraggio, quando ho aperto il bidone, sicura che ne sarebbe saltata fuori l'intera vetrina di un entomologo.
E infatti, qualche ora dopo il bidone, ho usato lo stesso coraggio per dire a Stakanov che basta. Basta mail lacrimevoli, messaggini rincuoranti, post vendicativi.
Basta sentirci. Basta scriverci.
Ho aperto il bidone rosa e ho lasciato che sgattaiolassero fuori le mie paure di perderlo veramente.
Perchè ogni volta è peggio, è stato così per sei mesi.
Sempre lui a mandarmi in crisi, sempre lui a salvarmi.
Adesso basta veramente.
Stasera pulisco il filtro alla lavatrice.

lunedì, luglio 21, 2008



Oggi c'è l'ultima seduta con la pissipissibaucologa.
Poi lei va in ferie e tutti i miei casini rimangono lì, annodati al filo da stendere.
C'è da dire però che dieci giorni non sono passati invano, quello no, e mi sono ricostruita un'estate senza Stakanov. Cecina ha aiutato a fare chiarezza.

Prima le terme, a restaurare il fisico.
Poi l'ecovillaggio di Torri, di fiume, scrittura e freccette.
E infine il Festival delle Narrazioni, a mescolare le carte di Propp.
Un programma fitto, con lo scopo principale di non fermarmi ogni giorno a pensare Oggi sarei stata a Stoccolma.

Perchè gli amici sanno sempre cosa dire. La settimana scorsa la frase principale era E allora, quando parti per la Svezia?.
Non parto.
Come non parti?
Eh no, Stakanov mi ha lasciata.
Cooosaaaa?
Già.
E perchè non vai tu, in Svezia?

Questa è una buona domanda.
Intanto perchè io non penso che fare le cose in due o farle da soli sia la stessa cosa.
Ci sono delle cose che nascono solitarie, ed è bene che lo rimangano.
Ma ci sono cose che nascono in coppia, e dividerle è come bere il decaffeinato.
La Svezia per me era nata in coppia, era una vacanza con quattro gambe.
Ero l'unica, tra i due, a pensarla così, ed è per questo che lui ci andrà da solo, e io invece no.

Ma poi c'è anche la ragione pratica.
Mi hanno detto che con il budget che avevamo preventivato non saremmo sopravvissuti neanche dieci giorni. Me l'ha detto qualcuno che sa di cosa parla. Qualcuno che sa il prezzo di una birra piccola a Stoccolma, che è 10 euro.
Allora io penso che vivere di scatolette di tonno, in due, può anche essere romantico. Da soli, depressi, sconsolati e infreddoliti, è un suicidio.
Ho scelto la sopravvivenza dell'anima e del corpo, per quest'anno.

Gli amici che sanno sempre cosa dire, adesso non mi chiedono più Quando parti? Ma mi dicono Ti meriti di più.
Mi dicono anche Sei dimagrita, tanto per dirmi qualcosa che mi faccia piacere.
Sono carini, gli amici, quando ti coccolano verbalmente.

In ogni caso lo penso anch'io, di meritarmi di più.
E tra le varie cose che penso di meritarmi, c'è un uomo che non vada avanti a sensi di colpa, ma a colpi di senso.

domenica, luglio 20, 2008

DUE STORIE ASCOLTATE CECINA


Prima storia
Molto tempo fa, una famiglia rom dovette, come
 spesso succede, spostarsi da un luogo ad un altro.
Caricò quindi sul carro i pochi averi e i molti figli e si mise in viaggio.
Ma il carro era malandato, il cavallo vecchio e la strada piena di buche. 
Così, dal carro, a volte cadeva una pentola, a volte cadeva un bambino.
Una pentola, un bambino, una pentola, un bambino, una pentola, un bambino...
E' per questo che, oggi, potete incontrare il popolo rom dovunque vi troviate a viaggiare.






Seconda storia
All'indomani della fine della seconda guerra mondiale, alla Germania venne imposto di pagare in termini economici e morali per chi era stato ucciso all'interno dei campi di concentramento.
Ma lo sterminio del popolo rom venne considerato, anche a posteriori,  "operazione di prevenzione alla criminalità".
E' per questo che il popolo rom non ha mai ricevuto alcun rimborso.

lunedì, luglio 14, 2008

... e quella volta che noi due
era meglio parlarci...

sabato, luglio 12, 2008


Lui dice che i segnali c’erano tutti e che io non li ho voluti vedere.
Probabile, viste le mie aspettative per il week end e il fatto che la stanza di vita quotidiana ha poi invece significato sentirsi dire da Stakanov “La coppia mi soffoca. Ti lascio”.
E così mi trovo adesso, che è sabato pomeriggio, e lui se n’è andato con un saluto di schiena, attraverso i suoi quattro zaini di vagabondaggio emotivo, a ripensare a sei mesi che non lasciano traccia di sé, se non nell’ostinato tentativo di costruzione di qualcosa da cui lui scappava.
Sono qui che realizzo, adesso, di non avere neanche una foto con lui.
Sono le cose stupide che rispecchiano meglio la realtà.

La mia stupida ostinazione nel vedere le cose che funzionavano, sempre meno, sempre più circondate nell’assedio delle sue cose da fare.
La mia disperata ostinazione nel pensare che erano le contingenze, era lo spirito padano del lavoratore. E adesso che scrivo piangendo come non ho pianto mai, vedo la realtà come non l’ho mai voluta vedere. Che l’importante era scappare da me.
La mia ostinazione autolesionista, quando avrei dovuto prendere io il coraggio e dirgli mesi fa che non era vita, una vita di assenze e di fughe.

E non importa, non importa che lui abbia passato un’intera notte al porto, con un’alba ad illuminare il mio pianto isterico, a dire che non sono io il problema.
Che anzi, abbiamo ipotecato i suoi casini per sei mesi di fronte alla bellezza del nostro stare insieme.
Non cambia nulla sentirmi dire che l’ansia, che la mancanza di respiro lo prendeva alla gola nelle mie assenze, all’idea di coppia e non alla sua dimostrazione.
Non cambia nulla, nel momento in cui la sua scelta è quella di scappare da me, che forse non sono il problema, ma certo ho collaborato alla sua emersione.

Così ho passato 20 ore ad imbruttirmi nel pianto e nella supplica, per tentare di conservare un’ora di più, una notte di più, la vacanza che sognavo avrebbe messo a posto tutto, dopo mesi di latitanza.

Ma sono stata veramente una pessima analizzatrice della realtà, a non capire che sarebbe stato proprio l’avvicinarsi della svezia, l’idea di quel mese insieme che lui aveva inventato per noi, quando ancora poteva pensarci al plurale senza terrorizzarsi da solo, a farlo scappare definitivamente, inseguito dalle sue paure che non ha mai avuto intenzione di risolvere.
Perché è tanto più comodo, un paravento di irrisolvibilità.

E adesso sono qui, con la sua assenza, con le cose che si è dimenticato, con il cuscino che profuma del suo sonno infantile, e senza neanche un ricordo che possa fissarsi nella memoria come il regalo di una storia d’amore lunga sei mesi.
Tonnellate di scappatoie, di tentativi, di controsensi, di doppi messaggi.
E il suo biglietto sullo specchio.

venerdì, luglio 11, 2008

Finalmente, finalmente.
Due interi giorni di relax con Stakanov.
Niente lavoro, niente distanza, niente di niente.
Un sacco di coccole da recuperare, un sacco di cose da dirci, un sacco di tempo anche solo per dormire nello stesso letto.
Piccole stanza di vita quotidiana.

giovedì, luglio 10, 2008

500 FIRME IN DUE ORE

Quelli già in fila prima che avessimo allestito il banchetto

quelli che Ma l'inchiostro non va via

quelli che Posso farne una anche per mio marito? Ho la delega morale!

quelli che Lascio l'impronta del medio, che è più indicato

quello che fa il provocatore e nessuno se lo caga

quelli che hanno i bambini che non vogliono sporcarsi con l'inchiostro

quelli che nell'inchiostro ci cacciano tutta la mano

quelli che vanno dal prefetto tenendosi per mano,

la mano sporca d'inchiostro.

quelli che non lasciano il cognome, che sono senza permesso di soggiorno,

quelli che passano per caso e si fermano

quelli che si accorgono che, a stare ad un banchetto per la raccolta delle impronte,

si incontra ancora l'italia con gli occhi asciutti nella notte scura.


martedì, luglio 08, 2008

CI VEDIAMO DOMANI?


Ci sono anche le nostre!
Dopo quelle dei bimbi rom e sinti, dopo quelle di Moni Ovadia, Andrea Camilleri, Dacia Maraini, Ascanio Celestini ed altri, anche a Genova ci autoschediamo!

Mercoledì 9 luglio anche Genova, in Piazza De Ferrari davanti a Palazzo Ducale, dalle 16.30 alle 18.30, gli antirazzisti e le antirazziste organizzeranno una "schedatura" pubblica e volontaria, raccogliendo le impronte digitali di tutte le persone che condividono la nostra protesta. Centinaia di impronte che porteremo al Prefetto di Genova con un messaggio:

Siamo indignati! Prendetevi le nostre impronte e non toccate i bambini e le bambine rom e sinti!

Rivolgiamo quindi questo appello a tutte le forze politiche di opposizione, alle forze democratiche, alle associazioni, ai media, ai singoli ai quali chiediamo di aiutarci a fermare questo scempio della vita civile e democratica del nostro paese, in cui il razzismo è ormai pratica di governo.


Arci, Rete Controg8 per la globalizzazone dei diritti, centro ligure di documentazione per la pace, rete laica genovese, Confederazione COBAS Liguria

lunedì, luglio 07, 2008

RIFLESSIONI DI NOTTE N° 2

Alle cinque del mattino di venerdi, con la lucidità dell'alba, ho elaborato un pensiero.
Di fianco a me dormiva il Tenero Regista Jp, uomo dalle problematiche complesse e dalla morbida affettività.
Ho pensato che c'è un criterio nella scelta delle persone di cui mi circondo, delle persone di cui mi sono sempre circondata, di cui amo la presenza e l'amicizia. Un criterio inconscio.
Il criterio è l'anacronismo.

Anarchici da Prima Internazionale, studenti da '68, suffragette ottocentesche, partigiani della prima ora, coerenze da anni '50, musicisti da anni '70, romanzieri alla Zola, teologi luterani, cori da mondine, teatro alla Brecht.
Questi siamo noi.
Siamo il sassolino della memoria nella scarpa della contemporaneità.
Siamo un Quarto Stato eterogeneo.

Scoprire un filo conduttore, una chiave di lettura della Comune-ty, ma anche di chi fa parte della mia vita da lontano - come un Tenero Regista, o un necessario, meraviglioso Zio d'adozione - mi ha dato respiro, dopo una settimana sull'orlo di un baratro emotivo, con i piedi nella palude di una crisi di nervi.

Ho pensato, nella luce di un'alba milanese, che i commenti al mio post soffocante, i messaggi, le mail, gli amici in soccorso, le barelle dell'amicizia, non avrebbero potuto non arrivare, perchè facciamo parte dello stesso quadro, e siamo tutti lì. Quelli più vicini, che ci sono sempre. Quelli un po' più piccoli, nello sfondo, ma che ci sono, comunque.
Basta cercarli, basta guardare bene.
E' un pensiero che dà sicurezza, come un'alba che arriva persino a Milano.
Sapere che ci siete, a modo vostro, a modo nostro.
Todo modo.

E nel mio Quarto Stato eterogeneo, cercato e raccolto in questo week end, non poteva mancare il bambino in primo piano.
Quattro chili di neonata da coccolare, sabato pomeriggio: una pet-therapy.

Sono tornata così tranquillizzata da pulire casa, domenica, anche solo per l'idea di trovarla pulita.
Così tranquillizzata da sopportare anche la devastante notizia che stanno spuntando i ratti in vico dolcezza.
Così tranquillizzata che è lunedi, ma va bene lo stesso.

venerdì, luglio 04, 2008

CRISI TOTALE
C’è una sola persona che sa quanto io stia male in questo periodo, e questa persona è Stakanov.
Che passa le sue serate ad ascoltare il mio delirio al telefono. Che ha raccolto abbastanza delle mie lacrime da riempirci un lago alpino e renderlo un’attrattiva turistica, che sa già che piangerò, dopo tre minuti di telefonata, quando inizia ad incrinarsi la voce.
Perché io in questo periodo ho una malattia autoimmune, come i casi irrisolvibili del dottor house. Non c’è medicina, non c’è cura. Non a breve.

Stakanov, quando poi perde la pazienza, dice Non ti basta mai, qualsiasi cosa faccia non è abbastanza.
Io penso anche che lui ci metta del suo a non fare abbastanza, ma è vero anche che non mi basterebbe comunque.
Sono una tossica dell’affetto.

Mi attacco alla presenza di Stakanov come ad una dose, e un week end mi dà sollievo, un week end tagliato bene.
Ma poi, l’assenza. La lontananza. Per un po’ vado avanti a metadone – messaggini, telefonate.
Poi, non basta neanche quello.
E esco di testa.
Se voi non avete mai visto un tossico dell’affetto non lo potete immaginare, cosa sia il mio uscire di testa.
E’ come trainspotting.
E pur di avere la mia dose di affetto faccio qualsiasi cosa.
Tipo spaccare il vetro di una macchina per prendere l’autoradio.
Tipo rubare i soldi della pensione della nonna.
Cose così.
Cose che poi ti senti in colpa.
Cose che lo sanno tutti che sei stato tu, e comunque non avresti voluto farlo.
Ma non ce la fai, non ce la fai a resistere.

Io sono così. Gli spacco le palle sulle assenze, sui ritardi, sulle distrazioni, sui weekend mancanti, su quelli stanchi, sulle scelte, sulle piccole cose.
E poi mi ucciderei.
Mi staccherei la lingua e la farei alla griglia il sabato sera.
E mi scuso, mi scuso tantissimo.
Ma poi, alla crisi d’astinenza successiva, è di nuovo uguale. E’ l’argenteria, la cassaforte, le sterline d’oro.
E lui di nuovo ascolta, per ore, la mia crisi, il mio malessere, subisce i miei furti affettivi e poi accoglie le mie scuse, le mie centinaia di scuse.
Credo che nessun altro avrebbe resistito quanto lui.
E’ il recordman della sopportazione.
Solo Stakanov sa quanto sto male. E comunque neanche lui lo sa.

C’è poi da dire che la storia con Stakanov, per altri versi, non aiuta.
La trama è quella di una tossica innamorata di Muccioli.
Perché lui non è che non sia vero che non c’è, che è assente, che è in ritardo, che è distratto, che manca i week end, che è stanco, che sceglie altro, che ha altre cose, migliaia di altre cose.
E’ proprio verissimo, e anche lui lo dice.
Ma ecco, se io mi fossi disintossicata, sarebbe un’altra vita, sarebbero assenze diversi, pesi diversi, magoni diversi.
Invece così, è come se mi rubasse le dosi e le nascondesse nei posti dove non posso trovarli, finchè non decide che è il momento di concedermi una bustina di affetto.

Ma il problema, è ovvio, non è lui.
Non è lui per niente.
Ed è per questo che io mi ostino a non lasciarlo.
(inspiegabilmente lui si ostina a non lasciare me).


Questo è un outing.
E’ l’outing del giovedì notte alle 2.42, dopo l’ennesima, violentissima crisi d’astinenza.
Dopo un pianto solitario appoggiata al frigo.
L’outing dice che sto malissimo, e non c’è niente di razionale.
Indipendentemente da quello che Stakanov può fare, ma anche ognuno di voi, io mi sento fottutissimamente sola, fottutissimamente triste, fottuttissimamente di merda.
Mi sento abbandonata, e vi giuro che non c’entra niente che sia vero o no.
Ma soprattutto non lo dico mai a nessuno - solo a Stakanov, che è l’eletto della sopportazione - anche se ci incontriamo per sbaglio e io mi sto grattando la guancia. Quelli che intuiscono, intuiscono. Ma io non lo ammetto neanche dietro a precisa domanda.
Lo dico solo a lui, da mesi, nel modo sbagliato.
A voi vi dico che il problema è che lui lavora troppo, tutto lì.


L’outing è per dire, a Stakanov, ma anche a chiunque stia leggendo, che ogni cosa carina, ogni gentilezza, ogni tenerezza, ogni inclusione, in questo momento è il mio metadone.
E ogni assenza, ogni esclusione è una fitta di dolore. Anche quando sono io che scappo, per non rubarvi l’autoradio.
E ci sarà, ci sarà il momento della disintossicazione.
Ma per adesso rubo le pensioni, le sterline d’oro e anche le dentiere.
Conosco un rigattiere degli affetti.

Scusatemi, tanto. Sono fuori controllo.
Stasera scappo dal Tenero Regista Jp.
Che sa come coccolare le mie crisi.
Poi torno.
E ci riprovo.
Ma starò ancora male, tantissimo, e a lungo.
C’è soltanto che adesso lo ammetto, che è un problema mio.

giovedì, luglio 03, 2008

QUESTO E' IL POST NUMERO 500 DEL BLOG DELLA NESSIE

mercoledì, luglio 02, 2008

LA MIA FATICOSISSIMA STORIA D'AMORE




STAKANOV














LA NESSIE

martedì, luglio 01, 2008

LA PICCOLA SFIGA CI VEDE BENISSIMO


Sono perseguitata dalla Piccola Sfiga.
La Piccola Sfiga, è bene dirlo subito, non è una preoccupante macumba, una nuvola temporalesca ad un metro dalla testa, un rito voodoo con spilloni infuocati.
La Piccola Sfiga è, appunto, Piccola.
Ma non per questo, credetemi, meno fastidiosa.
Anche perchè la Piccola Sfiga ha un modus operandi da serial killer: in costante progressione.


E' martedi, e la Piccola Sfiga ha già fatto capolino due volte, questa settimana.
La prima volta è stato il tipico dramma della cittadina: stavo entrando nella doccia, ignuda e cruda, quando sento Toc!, vicino al calorifero. Abbasso lo sguardo, e sul pavimento si agita una scolopendra gigante, l'incredibile hulk delle scolopendre.
Volevo morire.

L'ho spruzzata col cif.
L'ho annegata nel'acqua ossigenata
E l'ho coperta con il cestino.
Poi, non ho chiuso occhio, sperando che morisse, ma immobile.
Lunedi mattina, ciondolante e stressata, l'amara scoperta.
Sposto il cestino con il manico della scopa, pronta a darle il colpo di grazia, forte della luce del giorno, ma la scolopendra non c'è più.
In tre - io, mia moglie, il suo ospite notturno - abbiamo analizzato il bagno a fondo, ma hulk è sparito.
Non è una buona notizia.
Ricomparirà da un posto innaspettato, nel momento peggiore.
E io morirò d'orrore.


Poteva bastare, c'era già abbastanza sfiga da galleggiarci una settimana.
Ma stamattina saluto mia moglie in partenza estiva e me ne vado con animo casalingo a buttare la spazzatura.
Apro il bidone con la mano sinistra.
Tento il gesto atletico del Lancio ad effetto della spazzatura e con il mignolo della mano destra scontro il bordo del bidone.
Che mi morde, con i suoi denti affilati.
Mi morde tantissimo.
Cazzo di male.

Gocciolando sangue come una foca da pelliccia, mi trascino verso la farmacia, e sporco il pavimento lucido con il mio dna, dalla porta scorrevole al bancone.
Chiedo acqua ossigenata e cerotto e esco a disinfettarmi sul marciapiede, sotto gli sguardi orripilati dei passanti.
Il farmacista mi chiede Ma come ha fatto?
Sono stata azzannata da un bidone della spazzatura.
Ah.

Il senso dell'ironia difetta ai farmacisti.