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sabato, aprile 23, 2011



ULTIMO REPORTAGE

Ultimo reportage.
Domani Quell'Uomo prende due aerei e torna a casa.
Da Lampedusa si è spostato a Palermo, da dove - come ha sintetizzato uno dei poliziotti, riconoscendolo - sta facendo il tour dei CPT.

Le notizie non sono buone.
I tunisini sono divisi in due gruppi: quelli arrivati prima del 5 aprile, che hanno ricevuto il permesso temporaneo, e quelli arrivati dopo, che aspettano l'espulsione.
E mentre i Salvati aspettano il permesso cartaceo girando liberi, i Sommersi rimangono invisibili e chiusi nei centri.
I Salvati, tanto per chiarire fin da subito la vita che li aspetta, lavorano in nero e a giornata nei campi intorno al centro, o come muratori.
I Sommersi non li può avvicinare nessuno.
Ma i Salvati dicono dei Sommersi, che nei CPT la quotidianità è scandita da atti di autolesionismo e da tentativi di suicidio.
E girano voci di cibi corretti costantemente con calmanti.
E di un diciasettenne tenuto in isolamento, in attesa di un compleanno che gli permetterà di essere trattato come un adulto. Cioè espulso.

E mi piace ricordarlo, perchè tendiamo a dimenticarcelo.
Espellere le persone, vuol dire come minimo condannarle a (non) pagare per un'intera vita il debito contratto per venire qui (come massimo, invece, vuol dire rimandarli in braccio alle persone da cui stanno scappando: polizia corrotta, servizi segreti...).
Per quella che si vorrebbe una giovane democrazia, anche se sembra che in Tunisia poco sia cambiato, non si potrebbe immaginare un inizio peggiore.
Un paese dove i maschi giovani tornano, se tornano, portando con sè solo il fallimento e un gigantesco debito, è un paese in cui a rinforzarsi sono soltanto le mafie.

E intanto, qui, a proposito di mafie, noi non sappiamo nulla.
Notizie a spizzichi e bocconi che danno la misura di un paese passivo e disinformato - il nostro, questa volta - dove le notizie non si riesce ad averle neanche andando sul posto.
Di una storia, quella delle migrazioni del 2000, che probabilmente sapremo prima o poi ma non ora.
Perchè ora noi stiamo qui, indignati e forzatamente inattivi, a sentire le stronzate di Giovanardi che dice che l'ikea è anticostituzionale.
Un paese, frontiera del mediterraneo, che si occupa delle pubblicità dell'ikea.
Che voglia di 25 aprile.



giovedì, aprile 21, 2011

QUINTO REPORTAGE INDIRETTO DA LAMPEDUSA

Nel frattempo Quell'Uomo si è trasferito a Palermo per organizzare presidi e monitoraggi nei CPT.
Invitato dai compagni del forum antirazzista e dai soci del Circolo Arci Malussène.
Circolo Malaussène e circolo Belleville. Non potevamo non incontrarci.

Prima di partire per Palermo, Quell'Uomo mi ha mandato le ultime impressioni su Lampedusa.
Il segno distintivo sembra sempre essere la disinformazione e la separazione.
Un ragazzo, scappato dal centro, si è costituito con l'intenzione di fare domanda d'asilo.
I poliziotti gli hanno sequestrato il telefono e il numero dell'avvocato con cui si era messo in contatto e hanno riso davanti alla sua richiesta.
Per fortuna, alcuni membri delle ong aspettavano notizie dal ragazzo e si sono insospettiti per il silenzio.
Così, hanno iniziato a fare domande, ricevendo soltanto risposte elusive.
Ma la situazione si è sbloccata soltanto quando la madre del ragazzo ha mobilitato un gruppo di giornalisti che hanno a loro volta sostenuto la causa, minacciando di parlarne.
La domanda è stata fatta.
Insomma, il quarto potere continua a far paura, finchè ci saranno giornalisti che non si accontentano di un comunicato stampa.

Ma la domanda è la stessa dello scorso post.
E tutti gli altri?
Quelli che la madre è in tunisia, che non incontrano le ong, che non arrivano ai giornalisti?
Tutti parlano di una legge non scritta di Maroni che ha invitato i militari e i poliziotti alla disinformazione e, di fatto, all'illegalità, perchè fare domanda di permesso di asilo, è un diritto.

Quell'uomo parla di un'Ellis Island mediterranea.
Con un sindaco indagato per concussione che è arrivato a scrivere un regolamento comunale che prevede una multa per chi espleta i propri bisogni fisiologici per strada e che contemporaneamente non dispone la presenza di bagni chimici.
Il riassunto potrebbe essere: per pisciare torna in Tunisia!

Insomma, si resiste e si lavora in venti per garantire i diritti ad un solo ragazzo.
Lo slogan del g8 era: siamo il primo movimento che non combatte per sè stessi ma per gli altri.
A dieci anni di distanza, mi sembra da una parte ancora più vero, ma dall'altra ancora più falso.
Perchè garantire i diritti ai migranti significa combattere per loro, ma anche per noi.
Per non vivere in un paese dove un decreto non scritto può bollare un intero popolo come "non degno".
In un paese che decide dall'alto quale popolo ha accesso ai diritti e quale no.

lunedì, aprile 18, 2011


QUARTO REPORTAGE INDIRETTO DA LAMPEDUSA

Ci sono delle cose che si possono raccontare facilmente anche per interposta persona.
Altre è più difficile.
Questa è difficile, perchè alla fine, per fortuna, non è successo niente.

Il niente che è successo è che Quell'Uomo e i compagni del forum antirazzista sono stati portati ieri notte in commissariato.
Prima, era successo un altro niente.
E cioè che, finalmente, era stato concesso loro di parlare con un gruppo di tunisini.
Loro avevano parlato.
In arabo, ovviamente, e questo aveva insospettito alquanto i poliziotti.
Perchè non parlate in francese così capiamo anche noi?
(Da cui si evince la necessità di mediatori culturali per le forze dell'ordine e non nelle, forze dell'ordine).

Insomma, il niente è che Quell'uomo e gli altri ragazzi hanno parlato con i tunisini, li hanno consigliati sulle procedure burocratiche e si sono fatti raccontare da dove venissero e come stessero.
E poi sono andati a mangiare la pizza.

Ma un paio d'ore dopo, il loro appartamento è stato perquisito, alla ricerca di armi e esplosivi, che ovviamente non hanno trovato.
E dire ovviamente, dopo le finte molotov alla Diaz, è un azzardo.
Poi, Quell'uomo e gli altri ragazzi sono stati portati al commissariato.

C'è che ognuno ha dei nervi scoperti.
Dei punti sensibili che è bene individuare, se si vuole davvero fare del male, senza per questo arrivare al dolore fisico.
Per Quell'Uomo, che è nato in Italia con un nome e dei geni tunisini, che ha sperimentato la diversità quando in Italia ancora non c'era la Lega, il nervo scoperto è il razzismo.

Subire un paio d'ore di attacchi e cattiverie razziste da parte di un alto esponente delle forze dell'ordine, è un dolore che non fa tanta notizia.
E' un dolore che è difficile da raccontare, perchè a noi sembra poco.
Dici No, no, non l'hanno picchiato, e sembra che vada bene così.

E invece no.
Non solo perchè il dolore degli altri è dolore a metà.
Ma anche perchè, provate ad essere ingenui, per una volta.
Ad essere ancora democratici con fiducia.
Provate ad immaginare di essere italiani con orgoglio, che è una di quelle cose che sono rimaste soltanto alle seconde generazioni.
Provate a pensare di essere in un paese normale.
E in questo paese normale, un alto funzionario vi sottopone a razzismo verbale per due ore.
Vi dice Peccato che tu abbia la cittadinanza, che non si può togliere o strappare come un permesso di soggiorno, altrimenti ti rispedivamo al tuo paese.
Immaginate che però il vostro paese sia questo, perchè ci siete nati, perchè ne parlate la lingua, il diletto, perchè siete italiani, in tutto e per tutto.

E poi, fate un altro sforzo.
Pensate invece di essere tunisini.
Tunisini al cento per cento. Nati a Sfax, emigrati a vent'anni.
E di trovarvi nella stessa situazione.
Ma senza un avvocato, che invece Quell'Uomo aveva.
E senza tutti i dirigenti nazionali della più grande associazione d'italia che ti chiamano il giorno dopo per sapere come stai e se hai bisogno di qualcosa.
Sentendovi in difetto.
Perchè questa è un'altra delle conseguenze viscide del razzismo: ti fa sentire in difetto, come se fosse una colpa. Anzi, come se fosse colpa tua.
Senza una fidanzata a casa da poter chiamare, che sa dove sei e cosa sta succedendo.
E soprattutto con un permesso di soggiorno, quello si potenzialmente annullabile per mano di chi ti sta accusando senza ragioni.
Pensate a quanto sareste deboli, e ricattabili.
Questo è quello che succede, continuamente.
A persone che non conosciamo e di cui nessuno parla.

Che sia successo a Quell'Uomo lo ha reso una notizia.
Sono arrivati i giornalisti, e i poliziotti, grazie all'avvocato, si sono scusati.
Formalmente e personalmente.
Hanno schiacciato due o tre tasti dolenti, ma poi è finito tutto lì.
Davvero, a raccontarlo, non è successo niente.

Ma credo possa aiutare a riportare le ingiustizie sul giusto piano.
Siamo abituati ad un mondo così schifoso, che diventa un'ingiustizia se ti ammazzano.
A volte se ti picchiano, ma tanto.
Il razzismo verbale è poca cosa.
Ci siamo abituati.
Poliziotti razzisti? Ma dai, che scoperta.

Le ingiustizie non sono soltanto ingiustizie.
Sono la cartina di tornasole di un paese.
Non è successo niente.
Ma è un niente che in un paese democratico non dovrebbe succedere.
Ed è un niente che, per molti, è l'anticamera di un rimpatrio.
Permesso di soggiorno revocato, e via.
Un paese di serie b, dove i diritti sono labili, e la quotidianità violenta.

Io credo che dobbiamo fare una cosa, tra le tante.
Dobbiamo incominciare a riabbasare la soglia di tollerabilità alle ingiustizie.





domenica, aprile 17, 2011


TERZO REPORTAGE INDIRETTO DA LAMPEDUSA

Giornata di passaggio a Lampedusa, un po' perchè è domenica, un po' perchè la militarizzazione si rinforza ogni giorno che passa.
Il circolo intorno al quale si concentra l'opposizione lampedusana - il circolo Askavusa - è stato perquisito, così come il furgone di Alex che io mi immagino come il drugo del Grande Lebowski perchè è un esponente (l'esponente?) dell'associazione Kayak per il diritto alla vita, volontario anche lui a Lampedusa.

Polizia e militari l'hanno trovato a dormire nel suo furgone, l'hanno perquisito, hanno smontato pezzo per pezzo il furgone alla ricerca di armi, gli hanno sequestrato il materiale informativo che aveva prodotto e l'hanno interrogato per ore.
Sono cose che ti fanno ben sperare, per la sicurezza di questo paese.

Del resto, la militarizzazione è ormai tale che anche le associazioni accreditate - Medici Senza Frontiere, ad esempio - sono ormai praticamente tagliate fuori dal supporto alle operazioni di sbarco.
MsF, infatti, ha commesso l'errore di pubblicare un report veritiero sulle condizioni igienico-sanitarie dei centri d'accoglienza.
Ma dove pensano di essere, per parlare liberamente? In una democrazia?

Insomma, a Lampedusa si scopre cosa sta succedendo soltanto dai telegiornali.
Se ne parlano.
I parallelismi con il G8 sono troppo facili. Ma mi sembra che questa assenza di informazione - quella, almeno, nel 2001 abbondava - sia frutto soprattutto della sperimentazione de L'Aquila.
Non succede niente.
Ma come non succede niente? Gli sbarchi, i naufragi, i rimpatri.
Abbiamo detto che non succede niente..
Ma non è vero!
Si che è vero! Tu l'hai visto?
No
Allora non succede.

I lampedusani si adeguano, mi dice Quell'Uomo.
Non si vede più niente, non ci si preoccupa più.

A me, la notizia di MsF che si arrende è la notizia che fa più impressione.
Sembra assurdo che l'impotenza sia maggiore in una giornata qualsiasi in una democrazia occidentale, rispetto ad un intervento in zona bellica.
E questa volta non si può neanche dare la colpa a Bertolaso.

Insomma, non c'è niente da dire.
A Lampedusa si mangia il pranzo della domenica, si discute e ci si stringe, al circolo Askavusa.
A Genova si cerca di tradurre la sensazione di impotenza in un post.
Si fa quel che si può.
Già esserci.
Già parlarne.
Domenica di passaggio.

venerdì, aprile 15, 2011


SECONDO GIORNO

Io oggi non ho visto neanche un decimo di telegiornale.
Sono partita alle 6 per roma e sono tornata adesso, così non so se qualcuno abbia parlato di quello che ha visto Quell'Uomo a Lampedusa.

Quell'uomo ha visto arrivare la nave con ammassati i corpi recuperati in mare.

Tutti lì dicono che i naufragi dichiarati sono soltanto quelli che avvengono in presenza di testimoni. Di tutti gli altri non parla nessuno. E quando si parla di Cimitero Mediterraneo, la contabilità è impossibile.
Una Lampedusana ha detto a Quell'Uomo che ha giurato a sè stessa di non fare più il bagno in mare, da quando ha visto galleggiare accanto a sè due ragazzi morti.
E a questo si aggiunge il sentire popolare degli isolani che dicono di non volere mangiare più il pesce del loro mare, che si nutre di cadaveri.

Io credo che quando la gente si stupisce della forza solidale dei lampedusani - tutti ce ne stupiamo, anche Quell'Uomo - forse sottovalutiamo la forza profondamente umana di essere la frontiera di una tragedia.
Ci vuole la brutalità indegna della Lega, e non solo della Lega, per dipingere gli abitanti di Lampedusa come degli arrivisti preoccupati per il crollo del turismo
La gente ha paura di quello che non conosce. E dell'abbandono.

Io credo che tutti avremmo avuto paura, se avessimo abitato in un'isola abbandonata a sè stessa davanti all'arrivo di qualche migliaio di persone disperate, abbandonate e incazzate.
Io avrei avuto paura.
Ma non di loro. Dell'assenza di uno Stato con la S maiuscola, che intervenga, sostenga e aiuti, i siciliani come i tunisini.
Questo, i telegiornali e i politici si sono ben guardati dal dirlo.

Io oggi ero a Roma.
Dove il rappresentante di un comitato territoriale dell'Arci ha raccontato di aver accolto qualche decina di migranti in un circolo. E la gente aveva paura. Perchè ci hanno insegnato, ad avere paura.
Ma poi il circolo ha tirato fuori un calcio balilla.
I primi adavvicinarsi sono stati i bambini, che hanno giocato con i migranti.
I bambini, che sono maestri di tolleranza.
E poi, a seguire, tutti gli adulti.
E la paura è passata, grazie ad un calcio balilla.

Anche a Genova sta succedendo la stessa cosa.
La paura per l'arrivo di qualche centinaio di persone ha creato allarme e paura, perchè i giornali (un giornale, soprattutto) l'hanno fomentata, e con i giornali, la destra.
Ma gli italiani non sono questo.
Com direbbe quella filosofa di Jessica Rabbit, è solo che ci disegnano così.
Perchè conviene.
E, piano piano, gli italiani aderiscono. Sempre più soli e, quindi, sempre più razzisti.

Lampedusa dimostra che possiamo immaginarci diversi.
Solidali, innanzitutto, e coraggiosi.

Lampedusa è un'isola - mi dice Quell'uomo - che potrebbe essere la Tunisia.
Per l'estetica, per i colori, per il clima, per la cucina, per la cultura e per i tratti somatici degli abitanti.
Quell'Uomo - che è nato qui ma ha passato decine di estati a Kerkena - dice Mi sento a casa.
Questo, i lampedusani, mi sembra di capire, lo sanno benissimo.
Sanno ancora cosa vuol dire la fame, il sogno per un luogo migliore dove vivere, la fatica di una famiglia di pescatori in un mediterraneo che da una parte è stato trasformato in un supermercato e dall'altra in un cimitero.
Ed è in questo, e per questo, che si scoprono e si dimostrano solidali.
Ma anche i lampedusani, piano piano, aderiscono alla narrazione che fanno di loro. E l'isola è spaccata tra i razzisti e gli umani.

Le discussioni sono accese, con il valido aiuto dei militari e dei poliziotti che contribuiscono all'impressione di vivere in un carcere a cielo aperto, in cui sono all'ordine del giorno i trasferimenti con i ceppi ai piedi, dicono sempre gli isolani, e le perquisizioni a sorpresa, come è successo nella casa affittata dall'Arci.

E così, in un giorno triste, segnato da una nave che approda carica di cadaveri e dall'uccisione di Vittorio Arrigoni, l'unico modo in cui possiamo chiudere, è un'invito: restiamo umani.



giovedì, aprile 14, 2011

REPORTAGE INDIRETTO DA LAMPEDUSA n°1

Tre decolli e tre atterraggi e Quell'uomo è arrivato a Lampedusa.
Sceso dall'aereo, un gigantesco striscione bluforzaitalia l'ha accolto con un Benvenuti a Lampedusa!
In realtà, dice Quell'uomo, l'isola sembra genova durante il g8.
All'ora di pranzo non aveva ancora incontrato nessun isolano, ma soltanto poliziotti e militari.

Nella casa dove dorme - una casa affittata dall'arci, che non ha abbastanza soldi per comprare una villa e far sentire i volontari davvero lampedusani - fino a ieri sera dormivano anche due giornalisti free lance che non sono riusciti a riprendere assolutamente nulla di rilevante.

I due luoghi di sbarco sono costantemente presidiati e nessuno può avvicinarsi.
L'impressione che ho io, davanti ai racconti di Quell'uomo, è che la tesi sentita da più parti - e cioè che la crisi di Lampedusa sia stata voluta per giustificare l'allarmismo e spaventare chi dalla Tunisia stava decidendo di partire - sia confermata dal fatto che, adesso, tutto funziona regolarmente.
Se per tutto si intende, ovviamente, il fatto di far sbarcare le persone, metterle nei centri e rispedirle in Tunisia, senza controlli, senza valutazione delle domande di asilo.

L'isola, dice Quell'uomo, galleggia nella diffidenza.
Gli stessi migranti non si fidano l'uno dell'altro, perchè sembra che alcuni mediatori culturali siano di fatto spie della polizia. E che questo sia vero o falso, comunque la voce stessa basta a far chiudere in sè stessi tutti i migranti.
Perchè, fuori dai centri, qualcuno c'è.

Alì, ad esempio, che è scappato e adesso lavora dal Manolorda locale, che io ovviamente non ho visto, ma che mi immagino come un chiosco unto pieno di panini unti e di beck's in bottiglia, unte per osmosi.
Alì aspettava la madre, che è sbarcata ieri, e adesso si chiede come fare, per ottenere un permesso d'asilo, e invoca la croce rossa.
Quell'uomo traduce e si è già innamorato della storia di Alì, come giustamente deve essere.

Perchè insomma, a volerle vedere, Lampedusa galleggia anche sulle storie.
Storie di persone indebitate, di piccoli adulti con il peso di una famiglia sulle spalle, che hanno diverse ragioni per migrare come diverse sono le persone.
Storie che la militarizzazione impedisce di ascoltare, di raccogliere e di raccontare.
Perchè se uno ascolta una storia, poi finisce per innamorarsene. E a quel punto diventa difficile ostinarsi a dire Fora di ball.

mercoledì, aprile 13, 2011




Per ricominiciare a scrivere, dopo mesi di latitanza, ci vuole una grande ragione, o una ragione grande.
Così io avevo dei biglietti in mano per andare a fare una settimana di volontariato con l'arci a Lampedusa, e volevo raccontarvelo qui.

Poi è successa una cosa più grande. Anzi, due cose più grandi, ma qui parliamo solo della cosa grande del gatto signor siberia.
La cosa grande del gatto Signor Siberia è che quasi muore.
Lunedi notte aveva una vescica che era un palla medica e si lamentava troppo anche per essere un maschio.
E così l'abbiamo portato di corsa dal Veterinario Burbero che gli ha datto un'occhiata e ha commentato Ancora cinque ore ed era morto.
Così ci ha messo subito nella condizione psicologica giusta per osservare tutti i tentativi di sturameto - di cui tutti i primi assolutamente inutili - fino a quello definitivo, che ce l'ha salvato.

Salvato momentaneamente, come ci ha tenuto subito a sottolineare il Veterinario Burbero - che poi è anche il Mago della vescica - perchè bisogna anocra vedere se i reni hanno retto.

E così, riportato a casa il gatto signor siberia, addormentato, cataterizzato e con un collare che sembra La Voce del padrone ma con il cane dentro al grammofono, ho deciso che io non ci andavo, a Lampedusa.
E anche Quell'uomo non sapeva se andare, ma non aveva senso.

Intanto perchè andavamo tutti e due - tanto io, se c'è da farsi il culo in una situazione di merda sono felice come una cubista all'Hollywood - ma era soprattutto una cosa sua.

Poi perchè quello uomo è un 2G, come si dice.
Una seconda generazione. Nato qui da una famiglia tunisina, del primo tipo di emigrazione, l'emigrazione borghese di quarant'anni fa. Ma i 2G, sociologicamente, hanno questo. Un'empatia nei confronti del fenomeno migratorio, ben diversa da quelle delle Prime Generazioni. Quelle che, una volta stabilizzate, subito si fanno razziste. Come i calabresi leghisti, a Milano. Come i russi antipalestinesi, a Tel a viv. Come gli italiani che ce l'hanno con i cinesi, i russi, i sudamericani e i polacchi, a New York.

E allora, il mio 2G, che non solo è un seconda generazione, ma è il seconda generazione con il cuore più grande del mondo, da quando sono iniziati gli sbarchi, vuole andare giù a dare una mano.

Doveva essere una cosa che facevamo insieme.
E adesso che è appena partito, che non sarà neanche ancora sul Volabus, a quest'ora, ma, insomma,è partito.
Adesso che è partito a me dispiace tanto che non ci sono anche io, su quel Volabus, e non sarò a Lampedusa a scrivere questo blog da lì, a cercare di raccontarvi tutto quello che non ci dicono.
Mi dispiace ma penso che le Cose Grandi hanno la priorità, anche quando le Cose Grandi non ne parla il telegiornale.
Io, a casa, ho adesso delle Cose Grandi che non ne parla nessun telegiornale, ma io mi sento che ho da stare qui.

A salvare il signor siberia, intanto, che questa mattina alle 6, quando sono andata a vedere come stava, si è accoccolato sulle mie gambe, appoggiando solo la testa dentro all'imbuto e le zampe anteriori.
Ed è stato lì a tenermi stretta con le zampe.
Perchè lui, sul letto, nella notte, non c'era salito, anche se voleva le coccole, perchè in qualche modo lo sapeva che avrebbe fatto la pipì sul letto, e non ha voluto disturbarci.

Allora io mi dico che se un quadrupede di pelo può avere tutta questa attenzione, e se poi il quadrupede di pelo l'hai salvato due anni fa -nato il 25 aprile, trovato il 3 maggio. magro come un alpino tornato a piedi dalla russia - e lui ti ha scelto, se un quadrupede di pelo è una Cosa Grande di cui hai deciso di prendersi cura, rimanere qui era l'unica cosa che mi andava di fare.

E quell'uomo lì mi racconterà tutto al telefono, e io cercherò di scriverlo qui, a testimonianza indiretta.

E quindi, così, mi ritrovo a scrivere dopo tutto questo tempo, che volevo farlo parlandovi di pratiche di resistenza attiva, e mi trovo a parlarvi della pipì di gatto.
Però fidatevi, che ci sono delle volte in cui una bella testimonianza di Resistenza diventa prendersi cura di quelli che sono nati al 25 di aprile.

sabato, dicembre 11, 2010



Nei momenti di sconforto.
Quando vado ad alzare o ad abbassare la saracinesca del Circolo Luogo dell'Anima per la terza volta in sei giorni.
Quando diventiamo isterici perchè stanno consegnando i formaggi e non può andare nessuno di noi ad aprire.
Quando faccio le due a lavare i bicchieri.
Quando si parla solo di quello, di quello che non va', di quello che c'è da fare perchè vada.
Quando lavo il cesso, che è una brutta cosa.
Quando passo un'intera serata da sola con il nostro barista albanese a giocare a cirulla invece che essere con gli amici o con Quell'Uomo che mi coccola.
Quando ti sembra che delle cose non importi niente a nessuno.

In quei momenti mi devo ricordare che nel nostro circolo succedono delle cose bellissime.
Perchè è un luogo nostro, che decoriamo con le nostre presenze e con le nostre passioni.
Ed è una cosa rara, ormai, avere un posto dove potersi rifugiare e sentirlo tuo.
Sentire che esiste perchè ci sei tu, che le cose che ci sono o che non ci sono, o che ci saranno, le hai decise anche tu.
Che se le cose non ti piacciono le cambi.
E se ti piacciono, hai sempre un posto dove andare.

Nel pieno sconforto mi devo ricordare che poi succedono delle cose bellissime come ieri sera, che ci siamo trovati a cantare e a suonare fino all'una e mezza, al circolo Luogo dell'Anima.
E io, Quell'Uomo mi ha cantato la prima serenata della mia vita.
Only you, figurarsi.
Che è una canzone che non piace a nessuno dei due.
Ma è capitato, così.
E io ero rossa come una bandiera d'altri tempi, e non sapevo dove guardare.
Però è stato bellissimo.
Io, se penso che ho messo su un posto in questa città dove ci si trova una mezzanotte qualsiasi a sentirsi dedicare una serenata, io penso che sono felice.

E che ho fatto una cosa grande.

martedì, ottobre 05, 2010



Influenza.
Tempo di mettere piede in una classe piena di minori e mi si sono gonfiate le tonsille che sembrava una finale di sumo in una grotta.
In compenso, convivenza vuol dire stare male in due.
Ma diverso.
Io sono svenuta a letto a mezzanotte e mezza e, nonostante ripetute sveglie, una colazione a letto, due telefonate di lavoro, non sono riuscita ad emergere da sotto il piumone prima dell'una.
Lui non è svenuto. E non ha chiuso occhio.
Una volta che mi sono svegliata leggeva Landsdale.
Un'altra volta giocava a e-cirulla sull'iphone.
Un'altra volta guardava i programmi delle 4 del mattino su rai3.
Un'altra volta coccolava i gatti.
Un'altra volta si era comprato Repubblica all'alba.

Così,va beh, oggi è stata una giornata persa.
E inauguriamo la casa della convivenza sabato.
Con un sacco di cose ancora da fare.
Ma del resto, nel momento in cui abbiamo detto Puliamo i vetri, prima è arrivato il diluvio universale, la calamità naturale, due coccodrilli, un'aquila reale, il gatto, il topo e l'elefante, e poi l'influenza.

Domani sera ho riunione ranocchia.
Dopodomani sera ho riunione Circolo dell'Anima.
Dopodopodomani sera ho turno, al Circolo dell'Anima.
Però.
Però ho tutto sabato per fare quello che Quell'uomo non riuscirà a fare mentre
avrò riunione ranocchia
riunione al circolo dell'anima
e
turno al circolo dell'anima.

Ma so già
che lui pulirà i vetri
farà da mangiare delle cose buonissime
e
comprerà la sabbietta pulita per i gatti

Una donna impegnata senza un uomo meravigliosamente accogliente sarà anche come un pesce senza bicicletta, ma non fa l'inaugurazione di casa.

venerdì, settembre 24, 2010



Mentre invece l'altra coppia - Trippa e il Signor Siberia - non convivono bene per niente.
Loro si che sono il mostro nell'armadio l'uno per l'altra.
Loro si che hanno problemi relazionali, infelicità di coppia, cattiva manutenzione dei rapporti.
Così oggi ho portato il più leggero dei due nel trasportino fin dalla veterinaria.
Il più leggero è Siberia, per ora, se smette di mangiare come un'adolescente depressa.
E la veterinaria ha fatto una diagnosi comportamentale.
Parole sue.
Il risultato è che siamo nella merda.

C'è da dire che lo sapevo già.
Perchè avevo fatto il test dello stress del gatto su internet.
E mi era venuto fuori, come risultato: MADRE DEGENERE.
Il test era così.
Il tuo gatto convive con un altro gatto? si
Si conoscono fin da cuccioli? no
Ognuno ha la sua sabbietta? no, non ci stanno in casa, due lettiere.
Ognuno ha la sua ciotola per la pappa? Si! ( e una! )
Ognuno ha la sua ciotola per l'acqua? No. Pensavo ne bastasse una grande.
Il gatto può uscire dall'appartamento? No. Non possiamo neanche stendere fuori.
Giochi spesso col tuo gatto? Si. Però, in realtà, cosa intendono questi con "spesso"?
Hai fatto un trasloco, recentemente? UN trasloco...?
Avete lavori in casa? Ho ancora lo smalto giallo della porta tra le unghie...

Insomma, veniva fuori che sono una madre degenere.
Che il mio gatto è stressato.
E consigliavano i ferormoni.
Abbiamo comprato i ferormoni.
E ci siamo riempiti di paranoie: Ecco, vedi come siamo...non sappiamo rendere felici i nostri gatti e li nebulizziamo di psicofarmaci!
Poi abbiamo scoperto che i ferormoni sono 100% naturali e ci siamo tranquillizzati solo un po'.

Comunque.
Dalla diagnosi comportamentale è venuto fuori.
Che il mio gatto è stressato.
Ma Trippa di più.
Ah, bene.

Quindi?
Quindi partiamo con tutto un tentativo contenitivo dello stress felino, sperando che basti, sperando di salvare il divano, il letto, i nervi e i gatti.
Perchè altrimenti c'è un'unica soluzione.
Un trasloco.
Io, a Quell'Uomo, non ho neppure il coraggio di dirglielo.

giovedì, settembre 23, 2010



La convivenza non è una faccenda difficile.
Io me la immaginavo tipo mostro nell'armadio.
Che non avrebbe funzionato niente, che tutto sarebbe stato noioso e complicato, la mia vita sarebbe stata distrutta e stritolata dalle esigenze di un uomo viziato, cresciuto in una casa pulita e ordinata.
Che lui sarebbe andato a letto ciondolante sempre prima di me, che l'avrei sentito russare dall'altra stanza e l'avrei visto conquistare centimetri di materasso e fette di piumone.
Che avrebbe lasciato a me la gestione delle bollette, la spesa, i piatti da lavare e la lavatrice da stendere.
Che sarebbe stato un uomo pieno di insopportabili paranoie, di orrende compulsioni: avrebbe avuto i dischi in ordine alfabetico, e mi avrebbe ucciso per la mia costante dimenticanza della custodia nei posti più improbabili.
Che mi avrebbe fatto conoscere e frequentare i suoi orrendi amici.
E che mi avrebbe obbligato alla pastasciutta serale, con tutti i suoi orrendi e controproducenti carboidrati.
Che avrei dovuto trovare gli spazi per le mie cose, litigando con le sue.
Che avrei dovuto sorbirmi sua madre.
Che avrei dovuto scegliere in quale casa passare il natale.
Che avrei dovuto trovare delle mediazioni.
Orrore.
Delle mediazioni!

E invece è tutto estremamente facile.
Intanto, cosa fondamentale, sua madre sono quattro mesi che è in Tunisia.
E suo padre sembra il figlio di Jacques Tati e di Ben Alì.
E la sua famiglia non festeggia il natale.
Non molto, insomma.
Lava i piatti soprattutto lui.
I pavimenti li lavo soprattutto io.
Che mi piace.
Ci piace la stessa musica.
Stendiamo insieme, quasi sempre.
Quando è quasi, vuol dire che stende lui.
Legge le bollette. E le paghiamo quando riusciamo.
Va alle riunioni di condominio.
Lui ci va.
Io invece vado alle mie, di riunioni.
E quando torno dalle mie riunioni mi fa trovare le cose buone senza carboidrati.
Va a dormire sempre dopo di me.
E non si addormenta sul divano.
Solitamente non si addormenta punto.
Fa un caffè buonissimo.
E si autoriscalda, quindi la coperta rimane tutta a me.
Della cucina di sua madre mi sembra non rimpianga nulla.
E neppure della gestione della casa.
Sant'immigrazione.
Abbiamo mischiati i miei romanzi e i suoi tra gli scaffali.
Abbiamo mischiato i gatti.
E mi prepara il pranzo buono nella schiscetta.

Litighiamo.
Certo che litighiamo.
Ma abbiamo questa quotidianità così facile, ma così facile.
Che uno dall'amore si aspetta sempre un milione di aggettivi romantici.
Ma la facilità è una cosa così innaspettata e allo stesso tempo così meravigliosa.

E per chiudere questo post sull'amore non posso non dirvi una cosa che mi hanno raccontato.
C'è questa cosa, di Vianello e della Mondaini.
Che io sempre li ho odiati. Borghesi e populisti. E poi, Sbirulino non lo si può perdonare.
Però c'è questa storia bellissima.
Che ad un certo punto fanno 40 anni di matrimonio.
E Vianello si presenta con una rosa.
E un bigliettino.
La Mondaini apre il bigliettino della rosa per i quarant'anni di matrimonio.
E dentro c'è scritto.
Con simpatia, Raimondo.

Questa è la mia storia preferita sull'amore, in questo momento.

lunedì, settembre 20, 2010



E mentre tutt'intorno era lunedi 20 settembre, qui era venerdi 17.

E' stato un giorno così allucinante che per domani ho preso ferie.
Secondo me l'elenco non rende giustizia, soprattutto perchè devo censurare parti che riguardano potenziali lettori e che creerebbero un'irrimediabile atomica professionale.
Però posso dirvi che non ho chiuso occhio.
Che ho il torcicollo.
Che le scatole si moltiplicano.
Che il gatto signor siberia ha fatto di nuovo la pipì sul divano.
E che l'ho salvato dai miei istinti omicidi in uno sforzo di concentrazione buddista.
Che mi sono appoggiata alla porta appena smaltata.
Ma questa sono io, tipica tipicissima, non la sfiga.
Che i ferormoni da spruzzare in casa per evitare che il gatto signor siberia faccia nuovamente il coglione maschio alfa territoriale costano una fucilata.
Quanto fanno i ferormoni al grammo?
Che per togliere lo smalto dalle mani ho usato l'acquaragia, e l'acquaragia sui graffi dei morsi del gatto brucia tantissimo.
Che **** ***** ****** ****
(questa è la parte censurata. Senza soluzione a pag. 46).

Siamo così scoglionati e così stanchi e così che palle questo cazzo di periodo che non finisce più, vogliamo una vita normale, uscire, sederci su un divano pulito, sapere dove sono i bicchieri, che siamo senza parole.
Io e lui.
Senza parole.
Chi ci conosce può capire la gravità del momento.



sabato, settembre 18, 2010



Sono tornata a casa dal mio venerdi sera da single con una nausea micidiale.
Quell'uomo è ancora fuori. Io volevo fare quella che tornava dopo di lui, Ah si, figurati se ti aspetto a casa, e invece i due fragolini all'aperitivo mi hanno distrutto.
Ho resistito fino all'una e poi mi sono arresa al fatto che non ho più lo stomaco di una volta.
E poi il venerdi sera nei vicoli l'ho sempre trovato a cavallo tra la noia e la chiacchiera giusta. Se hai nausea, il crollo verso la noia è a un passo.
Allora sono a casa che mi faccio le sopracciglia e quando gli occhi mi lacrimano troppo scrivo queste due righe sceme e notturne.

Finirà quest'emorragia del trasloco, tornerò a scrivere con più regolarità.
Attualmente sfogo la mia grafomania in complicati biglietti della mattina.
Del tipo Amore, i gatti sono acciugati.
E di seguito righe e righe di inutili messaggi dell'alba.
Potrei pubblicarli, ma sarebbero poco divertenti.
Sono quelle cose lì dell'amore, che hanno senso solo in due.

Abbiamo montato un mobile pieno di specchi e la camera adesso ha un suo senso.
Tutti quelli che entrano nel nostro casino chiamato Casa della Convivenza fanno l'occhiolino.
E tutti questi specchi?
Eh?
Occhiolino.
Non ve ne bastava uno solo?
Eh?
Occhiolino.

Adesso, voi potrete non crederci, ma siamo riusciti a montare un mobile a specchio lungo tre metri, a lato del letto in una camera 4x2, nell'unica posizione in cui gli specchi non riflettono il letto.
Siamo riusciti ad avere un mobile per cui tutti ci prendono per il culo, senza poterlo usare per nessuno scopo vagamente erotico.
E' come, non so, avere una bambola gonfiabile e usarla come appendiabiti in ingresso.

Quell'uomo, nell'armadio, tiene una maglietta di batman, tra le altre centinaia della sua collezione maschile di magliette.
Per la sua maglietta di batman un bambino nostro vicino lo chiama superman.
Per quei passaggi mentali meravigliosi dei bambini.
L'ultima volta che ci siamo incontrati, con questo bambino, eravamo al concerto di De Gregori e della nonna di Dalla.
La nonna di Dalla, quella che canta Lì dove il mare luscica e tira forsce il vento, un ottava sotto e con la dentiera che si impasta, mentre De gregori si prende la rivincita, che trent'anni fa lui era lo sfigato vicino a Dalla e adesso è l'unico dei due ancora in grado di cantare e io mi immagino che questa tournèè l'abbia organizzata De Gregori, per ripicca, per rivincita.
Come se a Max Pezzali viene un ictus, lo chiama l'altro degli 883, lo sfigato, e gli dice Ritorniamo a cantare insieme?

Il bambino, al concerto di De Gregori e della nonna di Dalla, ha chiamato Quell'uomo: Superman!
Noi siamo andati a salutarlo, e Quell'uomo gli ha detto Sai, adesso che non ci sono più le cabine telefoniche, per noi supereroi è una vita dura.
E il bambino gli ha chiesto
Cos'è una cabina telefonica?

lunedì, settembre 06, 2010



Berlino.
Berlino è una città fantastica.
E' LA città fantastica.
E' Parigi all'esposizione universale.
E' Roma alla dolce vita, senza romani.
E' Firenze dei Medici.
Ogni epoca ha la sua città perfetta, e Berlino è la città perfetta del 2000.

Vedere Berlino in quattro giorni, neanche Philip Fogg.
Abbiamo lasciato indietro le altalene del Mauer Park, il Pergamon, la colazione crucca a nord, lo zoo, la porta di Brandeburgo e soprattutto chissà quanti, quanti cortili, quante gallerie d'arte, quanti negozietti, quanti artigiani, quanti artisti, quante case occupate, quanti negozi di zuppe, quanti negozi di dolci, quanti concerti, quanti spettacoli.
Abbiamo vissuto tutte le ore possibili, in tutti i luoghi dove i chilometri di asfalto ci permettevano di arrivare.
Berlino è una città faticosa.
E' una città che la sera ti puzzano i piedi, uno questo lo deve sapere.
Berlino è una città che non ha centro, ma una rete di metropolitana così perfetta da illudere il turista di poter arrivare ovunque.
Il che è vero, avendo un anno sabbatico di tempo.

Berlino ha meno macchine in circolazione di Cinisello Balsamo e più alberi del Parco Nazionale dell'Abruzzo.
Berlino ha una pista ciclabile di un milione di chilometri, che ti verrebbe da chiamarla Fausto Coppi Strasse.
Berlino ha rielaborato la propria storia che sembra avere fatto un corso di formazione con Nelson Mandela.
Berlino ha una pulizia non maniacale, che è la mia preferita, e dei momenti di umano cattivo gusto, come le decalcomanie della porta di brandeburgo sui finestrini della metropolitana.
Berlino ha un centro culturale occupato che si chiama Cafè Zapata, che è un posto meraviglioso, pieno di vita, di artisti, di musicisti, di musica, di spazi liberi. Che se uno è di Genova particolarmente gli viene da ridere, e un po' di invidia.

Berlino una casa in centro sono 400 euro di affitto.
E intorno c'è Berlino.
E la birra sono 4 euro al litro, il che è pericolosissimo.
Però non è vero che tutti i tedeschi parlano l'inglese perfetto.
Questa è una leggenda metropolitana.
E il currywurst fa schifo.
Ma il cosciotto di agnello è buonissimo.
E i falafell da habibi sono buoni come quelli del deserto del neghev, che mi sa che non molti lettori sapranno di cosa parlo, ma fidatevi, che sono buonissimi entrambi, e quelli di Habibi a Berlino hanno anche il pregio di non essere colonialisti.

Il museo ebraico è una cosa meravigliosa.
Il museo della ddr è divertentissimo.
Dentro al museo della ddr c'era un vecchietto che si è guardato tutto il tg del '75 seduto sul divano nella ricostruzione della casa tipica della Germania democratica, poi è finito il tg e si è visto una puntata di Derrick.

I berlinesi girano con un carrellino attaccato alla bicicletta con dentro uno, due o tre bambini.
E sembrano avere un sacco di tempo libero.
A Berlino ero così di buon umore, che nel centro culturale zapata ho anche visto un topo e non ho neppure fatto un saltino sul posto.
A Berlino abbiamo trovato una festa rastafari dietro alla east side gallery e abbiamo mangiato un piatto ghanese dietro il murales di Brežnev ed Honecker che si baciano.

Berlino.
Try at home.

lunedì, agosto 30, 2010

domenica, agosto 29, 2010




Abbiamo abortito il trasloco.
Prima di arrivare ad ucciderci, è sembrata ad entrambi l'unica soluzione possibile.
Abbiamo annullato il furgone e gli amici e ci siamo concessi una giornata di mare e vicoli in cui Quell'Uomo ha bevuto decisamente troppo caffè.
E al ritorno abbiamo prenotato l'aereo.
Berlino.
Da martedi a sabato.
Abbiamo ricevuto la conferma da swiss air che erano le tre e quaranta del mattino.
Decisamente, troppi caffè.
La nostra guida galattica per autostoppisti sarà "Berlino per squattrinati", scovata dietro michelin, mondadori e Touring club, da Feltrinelli.

Io a Berlino ci son stata
col Paolino
era un po' triste, molto grande, c'era il corteo del primo maggio con la gente con le bottiglie contro la polizia, io che erano passati tre anni dal g8, il panico ancora fresco, non sono stata benissimo.
Anche se è evidente che lo sbirro tedesco, adesso, è altra cosa da quello italiano: ti dà del Lei, per dire.
Però, non so, il g8, il dna, loro che comunque tedeschi sono e restano, il peso della storia non si annulla in un paio di generazioni, io quella notte di bottiglie e camionette, Berlino non me la ricordo divertente.
Bella.
Grande.
Con un sacco di cose, un sacco.
I parchi.
Le cose che funzionano a tutte le ore.
La birra verde e quella rossa.
E le bandiere di Mao a kreuzberg.
Affascinante.
Ma divertente no.

Adesso torno a perdermici per 4 giorni, sei anni dopo.
Che buffo.
Tutto avrei pensato per questa fine estate.
Doveva essere falce & pennello.
Prima doveva essere Cuba.
Poi doveva essere Istambul.
E alla fine è Berlino.
Abbiamo poche idee. Ma in compenso confuse.



lunedì, agosto 23, 2010



Ci vuole ben altro a deprimere la nessie.
Ad esempio la litigata del secolo.
L'ikea è il campo minato delle giovani coppie.
Se poi il lui della giovane coppia si interessa all'arredamento quanto lei alla fisica quantistica, e la lei sono io, è facile intuire la crisi.

La quarta visita all'ikea è stata fatale.
Il problema è che lui è un fottuto razionale.
E io non faccio che dirmelo che questa cosa mi salva la vita.
Perchè è vero che mi salva la vita.
Però la razionalità è una cosa brutta.
Utile, ma brutta.
E soprattutto io non la capisco.

Non lo capisco, un tranquillo ragionamento lineare e razionale.
Io devo aggiungere le variabili, i dubbi, i cambiamenti di idea, le contrapposizioni, le contraddizioni e anche la bellezza della farfalla sul muro, nel mio discorso. Come lui aggiunge l'ingrediente segreto ai suoi meravigliosi piatti.
Sono fatta così.
Io non capisco la sua linea retta tra A e B e lui non capisce la bellezza di un cerchio concentrico a forma di chiocciola che unisce A e B, forse. O forse no.
Però io non mi arrabbio davanti alle sue linee rette. Lui impazzisce davanti ai miei cerchi concentrici.

Il mio metodo è quello di provare a fargli capire che lui e le sue linee rette mi salvano la vita, ma io e le mie linee concentriche gliela arricchiamo.
A me sembra un discorso facile.
Ma forse è come il color glicine, il nervoso pre mestruale e i ponti di madison county. Forse è una cosa da femmine.

Allora, in questo momento di crisi, dove sto scoprendo l'infinita difficoltà di litigare in convivenza. Che vuol dire litigare e poi dividere comunque il letto.
In questo momento di crisi io gli ridipingerei di Giallino Mani di Fumatore le sue pareti, smonterei uno a uno i mie mobili ikea, così belli ma così poco adatti a casa sua, e me ne andrei, portandomi via gatto e cerchi concentrici a forma di chiocciola.
Così mi sento.
Una linea retta tra me e il mio ritorno all'autonomia.

Oppure Quell'uomo impara che si può anche perdere tempo, per arrivare da A a B.
E che le farfalle sul muro sono importanti.
Nè più nè meno dell'olio negli ingranaggi.

lunedì, luglio 26, 2010



L'errore è che non sto tenendo il conto dei sacchi di spazzatura XXl condominio che stiamo buttando via.
Credo che siamo al decimo o all'undicesimo.
E la casa, in tutto, è 45mq.
Cosa, un maschio varie volte single di 42 anni non riesca ad accumulare in un appartamento, potrebbe essere materia d'indagine.

Io vi dico solo che la mia top3 prevede:
Terzoposto: una maschera a gas
Secondoposto: "La vera guerra", R. Nixon, ed. Corno
Primoposto: una tazza con disegnato un camion, con il vetro oscurato tipo argentato, che quando la tazza si riempie, dal vetro oscurato emerge un signore con un paio di occhiali da sole degli anni '80 e una pubblicità tipo Tamoil.

No, la tazza e Nixon non li abbiamo tenuti.
La maschera a gas si, è fichissima.
E i trasferelli degli anni '70 categoria "I beduini", li abbiamo tenuti.
E una gabbia da uccellini uscita dritta dritta dalle Mille e una notte.
E anche il corano in miniatura, metti mai. Lo piazziamo vicino alla tazza di Lady D. Che non è quella della foto, ma insomma, diciamo che il design è simile.

Lo ammetto, mi sto divertendo come una pazza, in questo repulisti dove ho il suo benestare nel scegliere (quasi) tutto quello da tenere e quello da buttare.
Ogni tanto interviene, lui.
Ha salvato Buzzati, il deserto dei tartari, che a me fa schifo schifissimo e mi sembrava non si meritasse il paradiso insieme agli Ignacio Taibo II, ai Pennac, agli Erri de Luca, ai Simenon, agli Izzo.
E invece Quell'uomo l'ha ripescato dall'Inferno dentro cui era piombato insieme a Baricco, Nixon, Brizzi. Insieme a Cucina con fantasia, La Cucina creativa e Antipasti. Insieme al Grande Camelino di peluche, al delfino di vetro, ai quaderni dei conti dell'azienda datati 1993.
Buzzati si è salvato.
Ma il resto non sta passando, attraverso il setaccio della sopravvivenza, in attesa dell'arrivo dei mobili nuovi e delle scatole e scatole dei miei, di libri, che Quell'uomo secondo me non ha mica capito ancora cosa lo aspetta.

In tutto ciò, tra sacco XXL e l'altro, sono ancora chiusa fuori casa, sto ancora aspettando l'ok della disinfestazione per poter fare le scatole e abbandonare definitivamente la Casa numero 14.
In tutto ciò, tra una scatola e l'altra, ho ancora i centri estivi, ho ancora gli adolescemi, ho ancora il riordino dell'ufficio e la progettazione in vista dell'autunno.
Però tutto si tiene magnificamente insieme.
Abbiamo il Quaderno della Convivenza, ci regaliamo i concerti, le canzoni notturne, gli spettacoli teatrali. Scandagliamo tutto quello che di gratuito offre questa città, incredibilmente e meravigliosamente attiva quest'estate, e ci precipitiamo a destra e a manca con un motorino che chiede pietà e restauro.
Lavoriamo 8 ore e ci sembra sempre che quella sia una piccola parentesi, il lavoro, perchè è nelle altre 16 ore che facciamo cose, prepariamo la convivenza, impariamo a sopportarci e a prenderci in giro.
Siamo due insopportabili maschi alfa, ma stupidamente e reciprocamente innamorati.

mercoledì, luglio 14, 2010



Tornata stanotte dal meeting antirazzista di Cecina.
Ho trentacinque mail di lavoro a cui rispondere, e scrivo il blog, che tanto i corridoi sono deserti e afosi, io sto sudando sette camicie e un vestito color cartazzucchero, e ricominciare a lavorare non è mai cosa semplice.
Mentre ero via sono successe delle cose bellissime.
Intanto ho ricevuto una mail piena di cose carine da un amico lontano, e devo soltanto trovare il tempo per rispondere.
Ma soprattutto.
Indovinate un po'.
Rullo di tamburi.
Trombe e fanfare.
Trepidazione.
Le pulci sono morte.
Kaputt.
Distrutte.
Arrese.
Sterminate.

Come sempre, uno fa un mese di battaglia, e poi al momento della vittoria non c'è.
Assenza giustificata al 24 di aprile.
Che fossero morte, me l'ha detto Quell'uomo, che è entrato nella casa numero 14 insieme a Colui che tutto può con il suo spruzzino velenoso, e ha certificato la morte definitiva delle bestie.
Il coroner delle Piaghe d'Egitto.
Colui che tutto può con il suo spruzzino velenoso, mi ha mandato a dire di non pulire il pavimento, non ancora, che metti che ne risorge una, una sola, subito affoga nel ddt di ultima generazione.

Ma io non ho nessuna intenzione di pulire.
Io adesso faccio su scatole e scatole e me ne vado.
Il Polpo Paul, l'oroscopo di Breznev su Internazionale, i saldi dell'Ikea e altri inequivocabili e scientifici segnali mi dicono che è decisamente il momento del gran salto.
Casa numero 15: La Convivenza.

Tornare da Cecina, ieri, e sentirsi a casa, non ha prezzo.

venerdì, luglio 09, 2010



Il suono Blog non è mai stato così onomatopeico.
Mi sto sciogliendo, e ve lo scrivo qui, sicura di trovare condivisione e comprensione
Sono puzzolente e sudata come un grasso bluesman della Luisiana, pace all'anima sua.
Sua della Luisiana, non del bluesman.

Ieri sono morta.
Sono tornata dal centro estivo e sono svenuta sul divano.
Morta lì e risorta tipo oggi.
In tempo per l'ennesima disinfestazione dalle pulci.
Pensavate mica che avessi cambiato argomento?

Io mi sono fatta l'idea che la Scienza delle Disinfestazioni sia qualcosa di simile alle Leggende Metropolitane.
Ho un liquido che se lo dai dopo tre giorni le pulci muoiono.
Ho un cugino che gli è bastato l'olio essenziale dell'erboristeria.
Io una volta ho visto una pulce che sembrava il coccodrillo delle fogne di new york.
E tutti a dire che quello prima ti ha raccontato una boiata, lo sanno tutti che quel sistema non funziona.
Prova questo, invece.
Questo funziona sicuro.

E così abbiamo superato la boa del mese di convivenza, disinfestazione dopo disinfestazione.
Ne parlavamo ieri.
Galeotte furono le pulci.
Due decostruzionisti della coppia come noi, non avrebbero mai accettato di dirsi Ok, da adesso si vive insieme.
Avremmo accampato scuse e ritardi e rimandi e Non posso.
Così invece ci siamo trovati.
Volenti o nolenti, un piano b non c'era, non c'erano scuse.
E funziona.
Funziona magnificamente bene.
Belli, stravolti e felici.
Un po' tesi, nel primo periodo, ma sempre meno, sempre meno, sempre meno...

Siano benedette le piaghe d'egitto, se portano alle Tavole della Legge di una relazione felice ma - Signore ti avviso - io non sono così tanto ebrea, e lui non è così tanto arabo: siamo pronti a sopportare insieme soltanto fino alla Moria del Bestiame.