venerdì, febbraio 27, 2009



Ho appena fatto un disastro.
Avevo lavorato una settimana per ottenere una riunione importante con persone importanti in un luogo importante.
L'avevo ottenuta.
E poi.
Ho segnato male l'orario in agenda.
Così, non ci siamo presentati.
Mi sento come Luigi XVI quando gli è venuto in mente che la ghigliottina l'aveva fatta brevettare lui.
Che poi questo è un falso storico, sembra. Tutta quella cosa di Monsieur Le Guigliottine, sembra sia un falso storico.
Diciamo in ogni caso che mi sento come Luigi XVI se gli fosse venuto in mente come ultimo pensiero che la ghigliottina l'aveva fatta brevettare lui.

Poi c'è da capire perchè io questa cosa degli orari sbagliati la faccia mediamente un volta al mese.
Di solito per riunione stupide. Questa volta no.
Ma come dice la mia capa SantaSubito che invece di impalarmi nei vicoli come mi sarei meritata mi ha detto Non importa, prendiamo un altro appuntamento, bisognerebbe capire perchè non solo io faccia così, ma soprattutto perchè io fornisca false informazioni a tutti con una sicurezza che non ammette repliche.
Perchè non è che mi dimentico, che faccio la svagata, così agli altri viene il dubbio, controllano e mi salvano dalla mia valvola di sfogo. Io ci vado giù a gamba tesa e convinco tutti del mio orario sbagliato. Alle 11! E puntuali, eh, che è importante. E poi era alle 10.

Comunque.
Lo sapete già come finirà questo post.
Finirà così.
Meno male che oggi ho la pissipissibaucologa.

martedì, febbraio 24, 2009



Vico dolcezza si è arricchita nuovamente.
Nel cortile interno adesso c'è la cuccia della Bicibellula, portata a casa dalle periferie, dopo lunga attesa.

Stamattina, primo viaggio verso l'ufficio, quasi muoio.
Perchè la Bicibellula è ancora priva di cestino e io avevo il materiale per il lavoro più bello del mondo, il lucchetto della danza del serpente, la borsa e soprattutto me stessa.
Così, a due metri da casa, ero già sbilanciata e quasi frano vicino ai bidoni della spazzatura.
Ma ho puntato i piedi sulla paura della più colossale delle figure di merda e sono rimasta in bilico sulla mia incertezza.
Poi ho trovato un improbabile baricentro e sono arrivata al lavoro più bello del mondo in quarantacinque secondi netti, tutta frizzante e con il trucco sfatto dal vento.

Adesso la Bicibellula aspetta soltanto il cestino per essere pronta alla primavera.
Ci aspettano lunghe biciclettate con l'amicaE verso i posti improbabili.
Purchè piatti.

giovedì, febbraio 19, 2009



Si, dovevo raccontarvi della macchina in comproprietà.
Ma una riunione mi ha ciucciato il cervello dalle orecchie con una cannuccia, e così adesso sono come lo spaventapasseri del mago di Oz.
Non potrei veramente dire nulla di intelligente, oggi pomeriggio.
Così mi concentro al mio massimo, e riesco giusto a produrre questa tranche di vita vissuta:
Stanotte ho fatto gli incubi. Mi sono svegliata sudata e ansimante alle 4 e 12: i giapponesi invadevano la Svizzera e uccidevano tutti. Me compresa.
Giuro.

mercoledì, febbraio 18, 2009



Mi accorgo che è primavera quando inizio a fare i progetti.
Perchè l'inverno mi piace, mi piace tantissimo, non è che una possa vantare un bisnonno che attraversa a piedi la Siberia senza che poi non ne rimangano tracce nel suo dna.
Però l'inverno un po' la progettualità me la blocca, questo devo ammetterlo. E rimango ancorata al passato, come alla linea di Stalingrado, fino a quando non si allungano le giornate.

Adesso che sono tre giorni che c'è il sole, lavatrici a parte, sono riuscita a mettere in cantiere tutta una serie di elaborati progetti mentali.
Intanto dopodomani ospito in vico dolcezza una cena di quelle che costruiscono i ponti verso le novità, ponti meravigliosi come l'arcobaleno del tricheco Dentilunghi, per chi mai si ricordasse Paolo Poli nei C'era una volta...
Che poi, scusate, sono costretta a divagare per una precisazione. Le cassette dei C'era una volta - gialle, con dentro le storie raccontate da Lella Costa, Paolo e Lucia Poli e mille e mille altri, quelle con Gobbolinoooo è il gatto della streeeega, e con C'era una montagna molto grossa che si chiamava testona rossa spaventava tutti a morte ma cambiò poi la sua sorte ingoiò teiera e the e crepò senza dire ahimè, e anche con Dotty e gli orsacchiotti e, appunto, Dentilunghi - le cassette gialle del c'era una volta...non sono per niente quelle che cominciavano con la sigla Di mille ce n'è di fiabe nel mondo da narrar (daaa narrar) venite con me in quel posto fatato per sognar non serve l'ombrello il cappottino rosso la cartella bella per venire con me basta un po' di fantasia e di bontà (eee diii bontàààà).
Questa era la sigla dei 45 giri con le fiabe tradizionali.
I vestiti nuovi dell'imperatore, Il gatto con gli stivali, Cappuccetto Rosso che faceva paura.
Era la sigla d'inizio e di fine delle fiabe tradizionali, quella della cartella e del cappottino rosso.
I C'era una volta avevano solo una musichina, mi sembra, e un din! tutte le volte che si girava la pagina del librino allegato alla cassetta.
Ecco, scusate, ma sempre alle cene dei trentenni c'è qualcuno che distrugge la mia filologia delle scienze delle merendine e confonde le cassette gialle con i 45 giri verdi. Mi andava di precisare.

Torniamo alla vita reale.
La novità più grande di quelle che mi sono pensata - insieme ad una progettazione notturna degli spazi di Vico dolcezza che mi convince tantissimo soprattutto perchè prevede l'ingresso di decine di mensole da libri - è la macchina in condivisione.
Ma ora che ci penso, l'idea della macchina in condivisione meriterebbe un post a sè.
E io ho sbrodolato tantissimo con le fiabe, oggi.
Allora della macchina in condivisione ve ne parlo domani.
Ma sappiate che è un'idea bellissima, e tutta primaverile.

martedì, febbraio 17, 2009

Che bello.
Ciccio Veltroni legge il mio blog.

Ciccio Veltroni, uots abaut dimetterti?

giovedì, febbraio 12, 2009


E' L'ITALIA, BELLEZZA



Negozio di fotocopie. Io e la gentil commessa.

Io: "Salve, vorrei fare 7 fotocopie a colori". E tiro fuori un libro

La commessa: impallidendo "Da un libro non posso fare fotocopie!"

Io: "Ma devo fotocopiare la copertina".

La commessa: "E' uguale. Non posso".

Io: "Ma è un libro fuori commercio".

La commessa: "Non importa, non ho l'autorizzazione. Mi chiudono il negozio".

Io faccio per andarmene

La commessa mi guarda con aria da Mercato Nero: "Se all'uscita non dice niente a nessuno gliele faccio".

Io: "Va bene".

La commessa prende il libro. Fotocopia una volta la copertina. Toglie il libro e me lo ridà. Io lo metto via. Lei fa le altre 6 fotocopie. Me le dà. Me le fa mettere via.

La commessa: " Sono 5 euro"

Io: Le dò 5 euro "Avrei bisogno dello scontrino per il rimborso"

Lei: "Eh, non posso farglielo, lo scontrino. Ufficialmente non le ho fatto neanche le fotocopie.

Io insisto

Lei: "Va bene, ma allora devo aggiungerci il 20% di iva. Sono 6 €"

Io le dò l'euro mancante. Lei mi fa mettere lo scontrino in un sacchetto diverso rispetto a quello dove avevo messo le fotocopie. Esco. Fuori c'è l'Italia.

mercoledì, febbraio 11, 2009

Direttamente da Giaime, il mio amico immaginario...









Questo blog, oggi, sembra il Parlamento.
E mentre voi vi scannavate, io partecipavo ad una riunione con gente che mi urlava nelle orecchie.
Second Life, proprio.
Così, adesso, che qui è silenzio e a voi vi ho zittiti con la potente arma dell'amministratore del blog, parlo d'altro.

Mi ha scritto su Facciabuco il mio professore di psicologia e sociologia delle superiori.
Ed è per una cosa bellissima, che mi ha scritto.
Adesso, allora, vi copincollo la sua lettera, ma sappiate che è una cosa così bella, ma così bella, che oggi avreste potuto anche distruggere tutti i miei carriarmati rossi e invadermi la kamchatka che sarei comunque rimasta
impassibile e sorridente, davanti alla vostra distruzione.

Parlo sempre di te, alle mie classi, per spiegare come funziona l'esame di stato e la differenza con il vecchio esame di maturità. Cito sempre come tu giustamente - e prendendo la legge istuitutiva dell'esame di stato in mano - ti opponesti a chinarti ad una "area di progetto" collettiva, in cui non credevi, e imponesti il valore (anche dal punto di vista dela nuova legge) della "tesina", che avevi più a cuore e che credevi che ti potesse valorizzare appieno davanti alla Commissione d'Esame. Limpido esempio di diritto di cittadinanza. Niente di rivoluzionario, solo un fatto istituzionale, ma in Italia è di per sè quasi un fatto rivoluzionario. Qui la normalità è rivoluzionaria......

martedì, febbraio 10, 2009



Hanno detto i miei adolescenti provvisori, oggi, che quando si è nelle situazioni di emergenza è più facile aiutare gli sconosciuti.
Perchè non ci stai tanto lì a pensare - hanno detto - o li aiuti o è troppo tardi.
Penso sia un pensiero bellissimo e consolante, soprattutto perchè veniva dalla II Guantanamo, la classe di Scilla e Cariddi.
Ed è un pensiero corretto, in fondo, e il G8 qui a Genova ne è la dimostrazione, con tutti i vecchietti che ci hanno aperto le porte di casa.
Però è anche un pensiero falso e lo è soprattutto per le istituzioni.
Non si ringrazieranno mai abbastanza i padri costituenti che hanno fatto in modo che in questo paese di ignoranti retorici non si potesse legiferare sulla base della spinta emotiva.
I passaggi obbligati che il Parlamento è costretto a fare per promulgare una legge evitano sostanzialmente quello che il fascismo definiva Il potere calato dall'alto, il consenso creato dal basso. I limiti del nostro Parlamento ci hanno salvato il culo, questa settimana.
Perchè per le istituzioni, una situazione di emergenza - reale, percepita, gonfiata, che importa? - è la scusa per limitare le libertà ed accentrare il potere. V per Vendetta.

Io sarò pessimista - no, io sono pessimista - ma mi chiedo cosa potrebbe succedere se in questo paese succedesse davvero qualcosa di grosso.
Ci ho pensato domenica, dopo aver letto la Provincia Varese dove puoi trovare termini come "tartufescamente", ma anche giornalisti che sono tornati a scrivere come i cronisti della prima guerra mondiale. Cose del tipo: "...mentre la madre, sola e addolorata, attende la fine di questa storia che troppo a lungo ha pesato sulle sue spalle, segnandola nelle rughe del viso e nel dolore dell'anima...".
Ovviamente la Provincia Varese per dire.

E così ho pensato che se riescono a tuffare il popolo italiano nella retorica della morte e della vita, nella separazione tra buono e cattivo, nel totale distacco dalla vera notizia e nel voyerismo con la storia di una ragazza in coma da 17 anni, cosa potrebbero fare se ci fosse, non so, una Beslan, o un teatro intero preso in ostaggio, o un aereo contro ad una torre?
Di cosa sarebbe capace la retorica, davanti ad un evento veramente tragico, in un paese invaso da Porta a Porta?

Io penso che sia il momento di rispolverare il cinismo, come arma di difesa.
Per essere pronti a non farci sommergere dalla retorica del dolore quando il potere individuerà la prossima vittima da farci piangere.
E lo dico io che piango per Biancaneve e i cuccioli di tigre dei documentari del National Geographic.
Ma sono sicura che solo il cinismo potrà salvarci da questa invaione di dissennatori che vogliono farci diventare tristi per una persona che non conosciamo, che vogliono farci immedesimare nelle vittime sconosciute.
Io non ci sto.
Mi rifiuto di pensare che la scelta del papà di Eluana avrei forse potuta farla io - E allora con che coraggio, eh, con che coraggio accetteresti di staccare la spina di un tuo familiare?! - e mi riufiuto di percepire la violenza dei quartieri della periferia di Roma come qualcosa che riguarda anche me.
Mi riguarda il rispetto e l'affetto nei confronti delle persone che soffrono, ma la loro paura non può diventare la mia, e neanche la loro paranoia.
Dobbiamo tirare fuori le unghie e il cinismo prima di trovarci sempre davanti al dolore degli altri e mai al nostro.

sabato, febbraio 07, 2009

Un pensiero di profonda gratitudine ai padri costituenti, che se mettevano anche solo un paletto in meno ai poteri del Presidente del Consiglio, adesso eravamo ancora piu' nella merda.

mercoledì, febbraio 04, 2009



Mentre tutto il mondo è distratto dalla vicenda di Eluana.
E dal vescovo Williamson che dice che le camere a gas erano luoghi di disinfestazione.
Insomma, mentre tutto il mondo guarda attraverso il buco della serratura di Porta Pia.
Mentre ci sono molte case in meno, e molti campanili in più.
Mentre c'è un'agenzia ansa per ogni metro quadro del Vaticano.
In Parlamento discutono della legge di equiparazione tra Repubblichini e Partigiani.
E già ve lo dico che passerà. E forse passerà con i voti del Pd.
Allora io oggi provo a distrarvi dalle notizie estere con una di politica interna. Una cosa che sono veramente fatti nostri e non fatti loro.
E ve la propongo scritta e spiegata da Giovanni De Luna, che è un grande storico, un grande uomo e un grande intellettuale.

A chiamare gli angloamericani «liberatori» con le virgolette fu la Repubblica di Salò. Poi quelle virgolette transitarono senza soluzione di continuità nella propaganda neofascista, accompagnando il cammino del Msi per tutta la sua storia. E finalmente oggi sono transitate in una proposta che sta per diventare legge dell'Italia repubblicana, campeggiando nelle motivazioni che accompagnano la proposta per l'Istituzione dell'Ordine del Tricolore (presentata il 23 giugno 2008, primo firmatario l'on. Barani).

La sostanza di questa iniziativa è nota: si tratta di varare una sorta di albo d'onore (del tipo di quello che esiste già per i reduci della prima guerra mondiale nominati Cavalieri di Vittorio Veneto) in cui mettere tutti quelli che prestarono servizio militare nelle forze armate italiane tra il 1940 e il 1945, insieme ai partigiani inquadrati nel Corpo volontari della Libertà e «ai combattenti nelle formazioni dell'esercito nazionale repubblicano durante il biennio 1943-1945», cioè i fascisti di Salò.

La proposta è accompagnata da un preambolo affollato da molte altre virgolette. Così, ad esempio, il provvedimento viene presentato come un atto dovuto verso tutti coloro che impugnarono le armi e operarono una scelta di schieramento convinti della «bontà» della loro lotta per la rinascita della patria. Qui le virgolette sono una sospensione di giudizio, la dichiarazione di una sorta di neutrale imparzialità nei confronti della «bontà» delle diverse scelte. Poi però ne arrivano altre, molto più significative.

Leggiamo questa frase: «Nello smarrimento generale, anche per omissioni di responsabilità a ogni livello istituzionale, molti combattenti, giovani e meno giovani, cresciuti nella temperie culturale guerriera e 'imperiale' del ventennio, ritennero onorevole la scelta a difesa del regime, ferito e languente». Qui le virgolette vengono usate per attutite l'impatto di quell'aggettivo, «imperiale», che arriva direttamente dalle profondità più abissali della retorica mussoliniana. Eppure meglio le virgolette dei tanti giri di parole, della reticenza untuosa e ammiccante che attraversa quella frase per mascherare il riaffiorarvi di tutti gli stereotipi più consolidati che popolarono l'immaginario di Salò.

Sembra quasi che si voglia avviare un sorta di gioco perverso per farsi beffe degli avversari di un tempo. Accettiamolo questo gioco e leggiamo quella stessa frase con gli occhi di un repubblichino: lo «smarrimento generale» è ovviamente l'8 settembre 1943; per le «omissioni di responsabilità a ogni livello istituzionale» si intende il tradimento di Badoglio e di Vittorio Emanuele III; «giovani e meno giovani» segnala un'impennata di orgoglio che porta a rifiutare la melassa adolescenziale precipitata nella definizione dei «ragazzi di Salò»; il regime «ferito e languente» ci scaraventa nel cuore dell'autorappresentazione del fascismo di Salò.

Ma è interessante anche il modo in cui in questo atto di pacificazione (il termine è usato ossessivamente e senza virgolette) ci si riferisce ai partigiani, che sarebbero gli «altri, maturati dalla tragedia in atto o culturalmente consapevoli dello scontro in atto a livello planetario, che si schierarono con la parte avversa, 'liberatrice', pensando di contribuire a una rinascita democratica, non lontana, della loro Patria».

Qui, «maturati dalla tragedia in atto» si riferisce ovviamente a un antifascismo giustificato solo dalla guerra, senza altre radici se non quelle della sconfitta militare del regime; la frase successiva («consapevoli dello scontro in atto a livello planetario») ripropone l'immagine dei partigiani che si schierano solo sulla base dei rapporti di forza «planetari», quasi che le loro scelte non fossero patriottiche o italiane.

E infatti, subito dopo, si sottolinea il nesso tra il loro impegno a favore della «parte avversa, liberatrice», e la fine «non lontana» della guerra. Insomma, opportunisti e voltagabbana. I fascisti fecero una «scelta onorevole» quasi che in Italia le divisioni della Whermacht non ci fossero, quasi che la Repubblcia di Salò fosse uno stato indipendente e sovrano, per di più «languente e ferito». I partigiani accorsero in aiuto ai vincitori, certi- tra l'altro- che tutto sarebbe finito presto e bene.

Scusate ma che roba è? Qui non siamo neanche più al tentativo di mettere sullo stesso piano fascisti e partigiani; è stato redatto un manifesto di propaganda della Repubblica di Salò e lo si sta proponendo come una legge della nostra Repubblica.

(Giovanni De Luna, Il Manifesto, o3-02-09)

martedì, febbraio 03, 2009


"...E quando poi, tra tutte le altre delegazioni ufficiali degli stati che si son succedute, rappresentanti dei paesi che hanno avuto delle vittime ad Auschwitz, armeni, croati, ungheresi, francesi, sloveni, maltesi, cechi, serbi, svedesi, tedeschi, slovacchi e altri ancora (l'Italia non era rappresentata), si sono avvicinati due signori, rappresentati del popolo rom, che avevan due cappelli a tesa larga, come si dice, un po' da cow boy, e uno dei due aveva il pizzetto e il codino, e un'aria un po' da puttaniere, e uno si immaginava una Mercedes un po' impolverata che l'aspettava fuori, e vedere la proprietà con la quale quei due stavan lì dentro, era una cosa che riempiva gli occhi, e non ti stancavi mai di guardarli.
E, per esempio, mi viene in mente adesso, c'era un ragazzo partito con noi che aveva una spilla con una croce celtica sullo zaino. E prima di entrare a Birkenau gli han fatto notare che forse non era il caso. E lui ci ha pensato poi ha detto Va bene, la tolgo".

(Paolo Nori, reportage dal Viaggio della Memoria, sul Manifesto di oggi)

lunedì, febbraio 02, 2009



"C'è qvesta storia bellissima di antropològhia, la più bellissima che mi ricordo. C'era in Papua-new Guinea la società delle cinque verità. Tu aveva la prima verità fino a bambino sette anni, poi seconda verità tipo ragazzo dodici anni e poi quinta verità quando tu vecchio, più di quaranta anni. I vecchio più di quaranta anni aspettava tutti insieme in una grota e lì diceva la quinta verità.
Ma una volta c'è terremoto e tutti i vecchio muore dentro la grota.
Adesso in Papua New-Guinea c'è la società delle quattro verità".

(Mio zio da Tel a aviv - raccontata e ascoltata non più di cinque minuti fa)