mercoledì, dicembre 30, 2009



PENSIERI SPARSI NELL'ULTIMO POST DELL'ANNO


Il Circolo Luogo dell'anima si prepara ad ospitare il suo primo capodanno: avevamo quaranta posti disponibili e abbiamo 52 prenotati. Sarà un capodanno da Guinnes dei primati, del tipo In sessanta in una cabina telefonica mentre suonano la tromba.
Però l'importante è che stamattina siano arrivate le sambuche, lo zedda piras, gli amari, i passiti, gli spumanti e il vino rosso: siamo ufficialmente pronti.

Dei 52 posti prenotati, una marea sono i miei amicici che sono carini e vengono tutti al Circolo anche se non garantiamo sulla cottura dei tortellini, sulla presenza delle sedie, sul riscaldamento, sul ripieno del pandoro. Perchè siamo un Circolo, mica il FrecciaRossa. Noi facciamo il nostro, lo facciamo come viene e ammettiamo le imperfezioni. E' una filosofia di vita che adoro.

Sono andata nel mio negozio preferito ("le follie intime di P.") e ho comprato un paio di calze che Signora mia. Perchè va bene lavorare, ma capodanno è capodanno. Neanche quell'anno in Val di Susa avevo ceduto agli scarponi.

Mi hanno raccontato che i Circoli a capodanno sono come la Scuola Diaz al G8: fuori dalla porta si appostano l'igiene, i vigili, la finanza, finanche il Bava Beccaris per fare le pulci a noi poveri sfigati. Ammetto che mi è venuta un po' l'ansia. Mi giurate che non proverete ad entrare senza tessera?

Ieri ho letto fino a tardi, come amo fare quando sono in vacanza, e sono finalmente, finalmente riuscita a finire Quasi un'estate di Lia Levi.
E' bellissimo e triste. E' un libro che è una piuma. E' un racconto che si appoggia dritto dritto sul cuore, come il racconto di una nonna.
Io mi sento di consigliarvelo come il libro dell'inverno 2010.

Così, il prossimo post sarà l'anno prossimo.
E di solito a questo punto si scrive di quello che ci si aspetta e di quello che si desidera.
Io, non so, mi sembra che ho già lasciato scorrere fin troppa tristezza con il post delle conserve, e se adesso mi metto a fare l'elenco dei desideri finisce che sembro un libro di Danielle Steel e voi avete il diritto di uccidermi.
Quindi niente desideri.
Li lascio chiusi nei barattoli, tanto non c'è neanche nulla di particolarmente originale.

Io, se c'è una cosa che mi piace da morire di questo capodanno, è che suona per due ore mio fratello. Due ore dico io, lui dice molto meno, ma secondo me poi lo pungoliamo sull'ego e si mette ad inanellare decine di bis imprevisti.
C'è che spero di poterlo sentire, mio fratello che suona, e mi piacerebbe anche fare un pezzo insieme. Anche se lui è un mese che fa le prove ed è bravo, e io non ne ho fatta neanche mezza e sono molto meno brava di lui.
Ma anche in questo, non siamo mica il FrecciaRossa.
Io continuo a pensare a quale canzone vorrei fare con mio fratello domani notte e quelle che mi vengono in mente sono troppo difficili.
Tipo Il bacio sulla bocca di Fossati.
Allora, farò come al karaoke.
Sbircerò nella scaletta di mio fratello e sceglierò la canzone alla mia portata.
Forse.
Se non canto vuol dire che sto affrontando il Bava Beccaris della finanza, sotto lo sguardo dello Spirito Guida Giovanna Marini.

lunedì, dicembre 28, 2009



Se dovessi dire, e lo dirò, alla pissipissibaucologa cosa mi sembra di aver imparato da quest'ennesimo anno di analisi, direi che ho imparato il Piacere del Privato.
La bellezza nascosta di tenere le cose per sè, di scegliere cosa dire e se dire e quanto, dire, di tutto quello che succede.

Paradossalmente tutto questo si lega al buco che siamo riuscite a fare nel tubo di ottone dentro cui scorrono le mie emozioni - dalla testa al cuore, dal cuore alla pancia, dalla pancia alla testa - in un turbinio ininterrotto e invisibile.
Con la pissi abbiamo fatto un buco, in questo tubo, e adesso addirittura succede che in seduta io pianga.
Ci ho messo quasi tre anni ad imparare a piangere.

Non potete immaginare quanta resistenza io abbia fatto per impedire che venisse fatto un buco al mio tubo dei sentimenti.
Ho schierato tutta l'armata rossa sulla linea del confine e ho fatto tripli sei per due anni, per impedire l'accesso alla pissi.
Poi, quando alla fine ha vinto lei - che sarebbe bravissima ai tavoli di Texas hold'em - ho improvvisamente scoperto che la costruzione di una valvola di sfogo dei sentimenti non ha provocato, come immaginavo, un arcobaleno di segreti, ma piuttosto delle piccole conserve di vita che decido se e quando regalare.

Come al solito, sono fuori tempo, fuori luogo e fuori moda.
Che questa è un'epoca a cui si contano i brufoli sul culo. In cui il privato è fuori moda come il comunismo e le tasse.
Ma io sto scoprendo che ci sto bene, con i segreti. Non l'avrei mai detto.

Le conseguenze sul blog, mi rendo conto, ci sono.
Che il Grande Fratello fa più audience.
Però, insomma, uno dei compiti del 2010 è quello di riuscire a scegliere le conserve di vita da spalmare sui post.
Scegliere, che non è la stessa cosa che travasare.

Ho un mare di progetti, per il 2010, e su ognuno di questi pesa l'assenza dell'unica persona con cui avrei voluto condividerli.
L'accettazione della solitudine non è cosa banale, dopo 28 anni vissuti incessantemente in condivisione.
Ma sui tappi delle mie conserve, per ora, non c'è spazio per nessun altro nome che non sia quello dell'Omm della Tempesta, che ha attaccato etichette in tutte le parti della mia vita, prima di farsi buttare fuori.

Il mio cuore di due misure più piccolo, da quando l'omm della tempesta è andato via, è una delle cose che escono piano piano dal buco del tubo.
Una volta non l'avrei ammesso neanche a me stessa, questo dolore.
Invece c'è, e Dicembre è il mese peggiore per la sofferenza.
E anche le conserve migliori sono quelle che hai fatto in primavera.

mercoledì, dicembre 23, 2009


L'ultima cosa che faccio oggi, prima di andare in ferie ufficialmente, è la recensione del film dei fratelli Cohen.
E la scrivo senza leggere quella dell'amica E. così non mi faccio influenzare.
Quindi, ripensandoci, questa è la penultima cosa che faccio.
L'ultima sarà la lettura del blog dell'amica E.

Dunque, non è facile.
Dal film dei fratelli Cohen ho avuto la stessa sensazione del libro che sto leggendo, che si chiama Quasi un'estate ed è un libro di Lia Levi.
Un libro dove non succede assolutamente nulla ma è bellissimo lo stesso. Un libro, tra l'altro, che ho lasciato in tre posti diversi nell'ultimo mese e che quindi non finisco mai.

Ecco, A Serious Man è come il libro di Lia Levi. Non succede assolutamente nulla, nè nel film nè ne l libro.
Ma in entrambi i casi, anche se dimentichi il libro da qualche parte, anche se esci a prenderti i pop corn schiacciando il tasto pausa e poi torni indietro dopo tre giorni, torni indietro senza esserti dimenticata nè i personaggi nè la storia.
Una cosa del tipo Garcia Marquez che può chiamare tutti i suoi personaggi Aureliano Buendìa, e tu, comunque, sai di quale Aureliano Buendìa sta parlando.

Quale sia il senso del film, poi, non saprei bene.
Mi viene da dire una cosa del tipo Una grande metafora dell'ebraismo, ma poi non sono troppo pronta a sostenere questa tesi.
Io so che c'erano un sacco di cose della mia infanzia, in quel film: le canzoni, le feste ebraiche nel tempio, i 33 giri con la Torah, che io quelli non li avevo ma li aveva mio nonno.
E poi c'erano un sacco di cose che non ho sperimentato direttamente, ma che ho ritrovato in mille romanzi e in mille storielle, che gli ebrei hanno questo vizio di essere grafomani e di parlare continuamente di queste loro cose: le mamme, i rabbini, l'autoanalisi.

Ora come ora mi viene in mente che forse era tutto un film su dio e contro dio, come usano fare gli ebrei.
Che gli ebrei hanno questo modo di rapportarsi, che con Dio parlano e pensano sempre che Dio abbia un minuto libero per loro, e che se gli succede qualcosa sia Dio che si è svegliato e ha detto Sai cosa faccio, oggi? Faccio uno sgarbo a Moishele, perchè mi va così. E allora Moishele si incazza, alza gli occhia al cielo e dice Signore, perchè io?
Ecco, a me sembra che il protagonista del film sia uno così, che è stato scelto da Dio per fargli succedere un sacco di piccole e grandi e fastidiose sfighe.

Però, essendo un ebreo americano, non ci pensa neppure che forse dio l'ha scelto.
E chiede in giro Perchè io? Lo chiede a tutti tranne che alla Persona giusta.
Ma i fratelli Cohen lo sanno.
Dio l'ha scelto e sta giocando con lui.
E il film io penso possa essere questo. Dio che gioca con l'americano medio.
E si diverte un sacco.

Ma questo lo dico solo perchè penso che due geni completamente pazzi come i fratelli Cohen, in quanto ebrei possano aver architettato un film come questo.
Perchè uno l'ebraismo da qualche parte lo deve piazzare, è come le lettere dei fidanzati passati.
Puoi fare trenta film e in nessuno di questi far vedere le tue radici ebraiche, se non nei titoli di testa.
Ma prima o poi ti spunta fuori, l'ebraismo.
Io credo che questo film sia un condensato di ebraismo.
Qualcosa del tipo Tutto quello che non avete mai osato chiedere.
E penso che sia un capolavoro narrativo, come Lia Levi che non ti racconta niente ma ti racconta tutto. Come i Buddenbrock.
Detto questo, credo che forse potrebbe capirlo veramente una persona sola.
Un rabbino.

martedì, dicembre 22, 2009

Sono stata rapita dal Circolo Luogo dell'anima.
Niente recensione dei fratelli cohen. Anzi, dirò di più, non riesco neppure a leggere quella dell'amica E.
Recupero domani.
Saluti Yiddish.

lunedì, dicembre 21, 2009

Mentre scrivevo Lo sfogo della pedagogista, Zit ha lasciato un commento.
Chiede lumi sull'ultimo film dei Fratelli Cohen.
Così, proporrei un post a tema, trasversale tra tutti i lettoriscrittori che abbiano visto il film.
Diventate entro domani Natalia Aspesi e scrivete la vostra recensione sul blog?
Poi la lincate qui.
E vediamo se, mettendo insieme tutti i cervelli, riusciamo a capirici qualcosa...


Lo sfogo della pedagogista

Alla fine, graziesignoregrazie, il figlio del figlio di Lui non si è visto.
Però si sono visti 150 bambini.
Sono tutta rotta, come se avessi passato una domenica a scaricare casse al porto.
Il giorno prima ci eravamo guardati negli occhiranocchi e ci eravamo detti Quanti bambini sotto i cinque anni verranno, la mattina?
Una ventina, ci siamo risposti.
Sbagliato: sessanta.

Sessanta bambini, con una media di un genitore e mezzo procapite, fa - calcolato con la calcolatrice - 90 genitori.
90 genitori che si alzano la mattina della domenica, un grado sotto zero, e dicono Portiamo i bimbi in biblioteca.
Che bello.
Che poesia.
Che meraviglia che esistano ancora genitori così.

Entrano in una stanza piccola dove i bambini avrebbero dovuto ascoltare delle storie.
Fanno sedere i bambini.
Si affollano nella medesima stanza piccola.
E appena la narratrice di storie inizia a raccontare, i genitori, novanta genitori, iniziano a parlare dei cazzi loro. A telefonare. A chiacchierare con l'amica a distanza di dieci persone.
Nella stanza picccola, novanta genitori, sessanta bambini sotto i cinque anni, una narratrice.

Ci sono delle volte che perdo completamente fiducia nel genere umano.
Ci sono delle volte che mi chiedo se questa generazione di genitori abbia venduto il cervello al banco dei pegni.

Mi chiedo Perchè alzarsi, imbaccuccarsi, imbaccuccare i bambini, uscire a meno uno, affollarsi in una stanza piccola per poi fare in modo che i bambini non sentano niente, non si divertano, siano avvolti dal casino.
Non tanto per me, che lanciavo fiamme dagli occhi e che li avrei sterminati.
Quanto per loro.

Mi sembra sempre di più che questo paese sia candidato nella sua totalità al Premio Darwin.

sabato, dicembre 19, 2009

Nevicava. E io avevo sbagliato le scarpe




Non c’è modo di scaldare vico dolcezza.
Ieri, dopo aver camminato nella neve al ritorno dell’ultimo Fratelli Cohen, ho pensato che potevo chiudere a chiave in un cassetto l’ansia da conguaglio, e lasciare il riscaldamento acceso – seppur al minimo – per tutta la notte.
Nonostante questo, adesso sono rintanata sotto il piumone, facendo colazione ascoltando blues (I’m a hooooochie coooochie maaaan), senza avere la forza di uscire nel freddo gelo. E il gatto signor Siberia la pensa come me, che ronfa acciambellato accanto al motore del portatile.

Stanotte la neve si è ritirata con la stessa velocità degli italiani a caporetto. Rimangono coperti soltanto i vasi e la bicibellula. Troppa poca per fare a palle di neve e per costruire un pupazzo in cortile.
L’ultimo dei Fratelli Cohen non saprei dirvi di cosa parla. Di ebraismo, innegabilmente. Per il resto, non saprei. Qualcosa che mi ricorda i Buddenbrock ma anche le storielle di Moni Ovadia, un pezzetto di infanzia, una spolverata di woody allen prima maniera, un pizzico di Roth.
Un film da intellettuali di sinistra, comunque. I tre ragazzini dietro di noi, che avevano evidentemente sbagliato sala, facevano le ombre cinesi col proiettore pur di non fuggire.

E poi, è successa una cosa strana.
C’è un personaggio, nel film, che ad un certo punto si mette un cappello e sale su una canoa.
E io dico: “Minchia: l’omm della tempesta!”. E tutti ridono. E in quel momento, nel film, gli sparano.
Ma poi, cinque minuti dopo, il personaggio è vivo.
Allora noi abbiamo pensato che ho fatto succedere una scena del film che l’abbiamo vista solo noi, che ho attivato un’allucinazione collettiva con la mia rabbia.
Se andate a vedere il film anche voi, me lo dite se all’uomo ossessivo con il cappello sparano anche nella vostra versione?

Adesso mi faccio forza, mi vesto e esco.
Devo omologarmi alla massa e fare i regali l’ultimo sabato possibile.
Quando avevo del tempo libero, sempre che li prendevo in giro, quelli degli acquisti l’ultimo sabato pomeriggio prima di Natale.
Ho solo oggi, perché domani vado a lavorare ad una cosa che ho scoperto essere pagata dal figlio dell’uomo che non citerò qui, ma vi lascio il link alla sua foto e vi dico anche che è quel signore con cui Genova diciamo ha qualche conto in sospeso.
Non lui paga, domani; suo figlio.
Ma insomma.
Ho il dubbio di darmi malata.
Si che i soldi li prendo e non li do.
Si che se uno fa l'assessore alla cultura (sic) è ovvio che dia i soldi e che quindi se lavori nella sua città prendi i suoi soldi.
Ma cazzo, parlava del nostro progetto sul comunicato stampa.
Io con la coscienza fatico a venire a patti. E 500€ in quattro sono meno di trenta denari.
Se domani mi tende la mano cosa faccio?
Stanotte ho pensato che se succede, faccio finta che mi stia suonando il telefono e mi allontano.
Mi sembra l’unico modo per riuscire ad evitare la stretta di mano senza far scoppiare un casino galattico.
Ma se avete delle idee migliori avete tempo fino a domani mattina per suggerirmele.

martedì, dicembre 15, 2009

Un post che dovevo scrivere da lungo tempo.
Nel frattempo sto leggendo "Dalla parte dei genitori" di Daniele Novara.


COSE CHE HO IMPARATO DAL LIBRO DELLE LISTE

Una persona famosa espulsa da scuola: Humphrey Bogart (da Yale, per "irriverenza" ed "euforia incontrollabile")

Un distrazione di Stanley Kubrick: In Barry Lindon, ambientato nel 1700, compare un treno a vapore.

5 parti del corpo designate con nomi italiani (l'organo del Corti, Le trombe di Eustachi, Le tube di Falloppio, i Corpuscoli di Ruffini, le cellule di Sertoli).

Alcuni degli eventi storici svoltisi sotto l'effetto dell'alcol: (Il Boston Tea Party, l'assassinio di Lincoln, la battaglia di Little Big Horn, la stesura di Arancia Meccanica).

8 lavori molto curiosi: (frantumatore di ossi, inseritore di stecche, sbiancatore di suole, accertatore del sesso dei polli, annusatore di uova, lavatore di prugne secche, produttore di regine, fiutatore).

Il primo lavoro di Ron Hubbard, fondatore di Scientology: scrivere racconti western

2 organi sessuali che non riposano con i loro proprietari: quelli di Napoleone Bonaparte ("piccoli e palesemente atrofici" ) sono in possesso di un urologo statunitense.
Il pene di Rasputini (33 centimetri abbondanti in erezione, si dice) è stato in possesso di una delle amanti.

Due coppie di proverbi che si contraddicono: L'unione fa la forza/chi fa da sè fa per tre; Pane e noci mangiar da sposi/ noci e pane mangiar da cane.

Una storia bellissima di un terrorista stupido: All'inizio del 1994, in Giordania, un terrorista è entrato in un cinema dove si proiettavano film erotici di provenienza turca. Aveva ricevuto 50 dollari per collocare una bomba, ma non avendo mai visto un film erotico è rimasto incantato. Quando la bomba è esplosa, il terrorista era ancora sedut al suo posto e ha perso entrambe le gambe nell'esplosione.

lunedì, dicembre 14, 2009

O mia bela Maduniiiinaaaa che te brillet de lontaaaaan
tuta d'ora e piscininaaaa, ti te dominet Milan

venerdì, dicembre 11, 2009



Alla fine della giornata, sono andata al Jazz Club.
Senza cassiera che masticava caramelle al mentolo, ma con un clima da Parigi anni '50.
Con tutto, che entrare in un jazz club dopo la legge sirchia, lo senti che manca qualcosa. Un jazz club senza fumo di sigaretta è come il gelato di soia.

Il concerto, ed era giovedi, è cominciato alle 10.30, ha fatto anche una pausa di un quarto d'ora ed è finito all'una. E sono scappata prima dei bis.
Così la domanda che mi ronza in testa in questa mattinata improduttiva è: ma i jazzisti non lavorano? E i frequentatori dei jazz club?
Perchè io, invece, oggi sono la donna più rincoglionita del mondo. Sento la stanchezza che preme sulle tempie, e stasera ho il turno al Circolo Luogo dell'Anima.

Ieri ho aspettato tutto il giorno che le maestre dei 12 piccoli ariani si decidessero ad accorgersi che la scuola pubblica ci sta scoppiando sotto il culo, e quindi dichiarassero di aderire lo sciopero.
Questo le avrebbe fatte salire di qualche punto nella mia graduatoria ( come Calvin & Hobbes "Papà, devi fare qualcosa per migliorare le tue prestazioni..."), ma soprattutto mi avrebbe consentito di non andare a lavorare neppure io, che con un co co pro da educatrice, non posso aderire allo sciopero.
Invece la maestra, al telefono, ha risposto, anche un po' infastidita: "Sciopero? No, no, le lezioni sono garantite...".
Così tra un paio d'ore salirò sul treno con questa fastidiosissima sensazione da crumiro appiccicata addosso e me ne andrò dai 12 piccoli ariani a leggere un capitolo di Matilde, quello dove lei si ribella alla Signorina Spezzindue, la direttrice.
E poi faremo un lavoro sul coraggio e la rabbia.
Insomma, anche da crumiri si fa quel che si può.

Ieri pomeriggio, invece, mi sono concessa il cinema delle 5 con il KGgB.
E' un'idea bellissima, il cinema delle 5.
Credo che diventerà il mio must dell'inverno.
Ho visto Il mio amico Eric, che è l'ultimo di Ken Loach.
Del film posso dirvi
di andare a vederlo
di non aspettarvi chiossà che fotografia e regia e quelle altre cose da cinefili
però aspettatevi una grande storia
un grande messaggio
e soprattutto
un meraviglioso, bellissimo, adorabile Eric Cantona.
Che per chi non lo sapesse, come me fino a un'ora prima del film, è un calciatore svizzero di sinistra che ha giocato nel Manchester United.
Adesso non gioca più e nel film ha una meravigliosa barba incolta e una pancia da uomo alto e muscoloso che ha smesso di allenarsi.
Uno di quegli uomini che non pensi ce ne siano più, esattamente come Ken Loach.
E Invece, poi, a cercare tra le pieghe di un cinema delle 5 del pomeriggio si trovano e ti migliorano la giornata.

domenica, dicembre 06, 2009

giovedì, dicembre 03, 2009

Oggi due post, perchè questo lo dovevo da diverso tempo...
Eugenio Curiel ( 1912 - 1945)


Eroe della Resistenza. Intellettuale, giornalista, fugge dall'Italia a causa del fascismo e delle leggi razziali.
Ritorna però a Milano nel 1939 convinto della necessità di un'azione condivisa antifascista ma viene arrestato e mandato al confino a Ventottene.

Alla caduta del fascismo torna a Milano dove dirige l'Unità clandestina ma soprattutto è a capo di due importantissime sperimentazioni intellettuali e pedagogiche: il giornale La nostra lotta ma soprattutto Il Fronte della gioventù per l'indipendenza nazionale e per la libertà: luogo di incontro e di condivisione per i giovani partigiani di ogni appartenenza, ma soprattutto vero e proprio laboratorio democratico per sperimentare le tecniche costituzionali con le giovani generazioni nate sotto il fascismo.
("...Il Fronte...vuole la partecipazione dei giovani alla vita sociale e politica della nazione sotto il segno della democrazia più larga. Chiede ai giovani di conquistarsi questo diritto mostrandosi i primi nel sacrificio e nella lotta...").
Contemporaneamente elabora anche la teoria sulla Democrazia progressiva, considerata il suo più importante contributo teorico all'antifascismo.

Curiel viene riconosciuto per strada da un delatore il 24 febbraio 1945 e ammazzato immediatamente da una squadra di repubblichini.


Tante idee ma in compenso confuse.
In tutto questo enorme casino emotivo, pratico, pragmatico, esperienziale, poltico, affettivo...
Domani sera primo turno da barista al Circolo Luogo dell'Anima.
Facciamo che vi aspetto?

martedì, dicembre 01, 2009

Ho comprato "La rivoluzione terrestre", il calendario del Manifesto.


Il giorno del mio compleanno, nel 1841, nasce Michelina Di Cesare.

Brigante italiana, ribelle fin da fanciulla, dopo la conquista piemontese del sud italia si unisce ad una banda di briganti contro "i conquistatori venuti a sfruttare i poveri e a rubare le terre".
Muore nel 1868 in un agguato dei bersaglieri, intervenuti in massa a riportare l'ordine.

...e voi, invece?
Che rivoluzionario siete?


lunedì, novembre 30, 2009

Nel week end ho letto solo Il resto del Carlino al bar

Con il metabolismo dimenticato in una valigia a Berlino, la prima cosa che devo fare è ringraziare
tutti voi, Paolino Fede Amber, che siete stati sbranati dal Gatto Signor Siberia nel corso della nostra assenza.
Però, insomma, gli avete salvato la vita. Tutto ciò non vale qualche morsichino sui piedi all'alba?

Stanotte, mentre la Liguria ha pensato bene di accoglierci con il Diluvio Universale, la nebbia, le nuvole basse, il freddo, il vento a centomila all'ora, ci lasciavamo alle spalle un meraviglioso corso di formazione, una regione spettacolare che sono le Marche, una casa come ti immagini quella di Sting sui colli senesi, seppur senza Sting.

E poi, la scoperta che i marchigiani sono i maggiori consumatori di maionese del pianeta terra.
Che uno non ci pensa, a mettere la maionese calvè tra i prodotti tipici delle marche, e invece non c'è ristorante che non appoggi sul tavolo un intero tubetto, che il marchigiano doc spremerà fino in fondo su primi, secondi e, immancabilmente, pizza.
Potevamo non provarla, la pizza Rossini: mozzarella, pomodoro, uovo sodo e maionese?

I marchigiani dicono che una volta provata, non se ne può più fare a meno, che la margherita a quel punto è un'insipida pappetta, che dalla presenza della maionese si distingue la vera pizza gustosa, che solo l'ignorante sceglie il ketchup sulle patatine.
Io, devo dirvi, mi fa un po' impressione.
Ho preferito di gran lunga il vino di visciole, che è una cosa tipo il vin santo, a quattordici gradi, che ci siamo bevuti la notte di sabato mentre guardavamo le stelle all'interno dell'osservatorio astronomico con la cupola rotante.

Poi, si, abbiamo anche lavorato.
Siamo stati dei seri formatori.
Abbiamo allestito la mostra per i visitatori, abbiamo parlato di Feedback, comunicazione della scienza e fasi di Piaget, ma tutto questo nel tempo libero dalla gita Gruppo Vacanze Piemonte.
E al ritorno abbiamo scoperto che siamo stati selezionati per il Festival Europeo di Divulgazione Scientifica.
Magari non svuoto neanche la valigia.
E un pensiero a Merlene Dietrich.

mercoledì, novembre 25, 2009

Nonostante tutto tengo fede:
Sto leggendo Cecafumo (Ascanio Celestini) e Il libro delle liste (D. Wallachinsky e A. Wallace)

Probabilmente perché era il primo pomeriggio davvero da sola dopo mesi.
(La Ragazza fuori moda a Sestri Pizza, nessun appuntamento, nessuno scrocchinquilino).
Sicuramente perché cucire è una di quelle attività a mezzo cervello.
(E l’altro mezzo fa il cazzo che vuole).
Perché il Gatto Signor Siberia è venuto a farsi fare le coccole e si è allungato in tutta la sua improbabile lunghezza.
(Niente come un cucciolo che cresce segna il passare del tempo)
Perché, di tutti i posti della casa, ero sul fouton
(…)
Magari c’entrano anche i Pink Floyd
(Ma fossero stati anche i Persiana Jones, Ivano Fossati o Miguel Bosè probabilmente faceva uguale)
E poi quegli aggiornamenti di stato su Facciabuco, immutati, sbruffoni, grandiosi, allegri
(E perché non lo cancelli da Facciabuco? Non lo so perché).

Insomma.
Mentre ero lì che cucivo l’orlo ai pantaloni, con i pink floyd, un gatto allungato, il fouton, ecco che il mezzo cervello è andato allo status grandioso, sbruffone, allegro dell’omm della tempesta su facciabuco, e la mia rabbia e la mia delusione hanno deciso di traslocare.
E invece di continuare a pesare sulle mani nel preciso impulso rabbioso del Se lo vedo lo picchio, lo picchio fortissimo, in quel momento sono risalite attraverso le dita, l’ago, il filo, i pantaloni e sono andate a depositarsi sullo stomaco.
Lì ho iniziato a piangere.
Come una scema, ho iniziato a piangere.
E il gatto Signor Siberia, alla terza fastidiosa lacrima che gli picchiettava sulla testa, ha pensato, da gatto, di spostarsi più in là.
In quel momento ho iniziato a piangere ancora più forte.

Io lo so che la Pissipissibaucologa oggi mi dirà che è sano che io pianga: Brava Vanessa, che accetta i dolori invece di nasconderli.
Ma a me, invece, a me non va di piangere per un uomo così, che è stato capace di farmi così male con una tecnica da Generale argentino. Un dolore quotidiano fatto di scientifiche mancanze e di sottili cattiverie, sempre come se avesse ragione lui, sempre a farmi sentire in colpa perché chiedevo troppo, perché non mi accontentavo mai.
Io non voglio piangere per un uomo così, perché neanche questo si merita, dopo la dolce tortura quotidiana che mi ha riservato per due anni,
E invece tutta la mia rabbia, di cui ero così fiera, così orgogliosa, tutta quella meravigliosa voglia di spaccargli la faccia se solo mi fosse capitato vicino, quella sensazione da Incontro Protetto che mi inorgogliva, ha fatto un triplo salto carpiato e ha deciso di costruirsi un nido nel mio stomaco.
E fa un sacco di male di più.
Mi fa piangere, e mi fa sentire una bionda scema.

Perché nello stomaco sono depositati anche tutti i momenti belli, che da buon Generale argentino l’omm della tempesta sapeva centellinare; e se la rabbia si mischia ai ricordi, e la delusione alle felicità, è un casino.
Perché quando tutto si mischia, ecco che dal casino risorge la Sindrome di Stoccolma.

E così sono qui che piango su un ricordo, uno, preciso, tra i tanti.
Il ricordo di quando la sera della mia festa di compleanno venuta male, lui non ha voluto uscire con noi, a mezzanotte, perché era stanco, ed era la mia festa di compleanno, e già non mi aveva fatto il regalo, ma ha detto che non usciva perché era stanco.
Quello è il momento in cui ho deciso che lo lasciavo. Proprio in quel momento.
Ma non gliel’ho detto, l’ho solo pensato che lo lasciavo.
E lui, mentre lo pensavo, mi ha preso per mano, mi ha guardato con la sua gentilezza Dottor Jackil e mi ha detto E se invece stasera rimani a casa e facciamo l’amore?
E io gli ho detto di no.
Perché avevo già deciso che lo lasciavo.
Ma soprattutto perché finalmente smettevo di dover scegliere tra lui e la mia vita. Gli offrivo di passare una vita con me, e invece per lui era un’alternativa: o lui o la mia vita. O io o la sua vita.
E allora lì gli ho detto di no.
E poi l‘ho lasciato.

Ma il mio cervello, che è stupido, ha catalogato quel momento tra quelli che non avrei voluto perdere mai, per la dolcezza e la passione, per la forza delle sue mani e per lo sguardo che l’omm della tempesta sapeva buttare sul piatto quando l’occasione lo richiedeva.
Anche se lì per lì ho saputo dirgli di no e uscire, anche se lì per lì tutta la sua dolcezza e tutte le sue mani aumentavano soltanto la mia rabbia, il mio cervello ha messo il ricordo nel cassetto sbagliato.
E per quanto adesso io mi sforzi, la razionalità è rimasta nelle dita, e nello stomaco è finito tutto il resto, nello stomaco è risorta la sindrome di Stoccolma.
La mia razionalità sa che anche quella era l’ennesima prova a perdere: da sola con lui, o da sola con gli altri. Insieme no, non era un’ipotesi contemplata da l'omm della tempesta.
Ma nello stomaco il ricordo del suo sguardo e delle sue mani bruciano come la cosa che non avrei voluto perdere mai, come l’ultimo passo sui carboni ardenti, come l’ultima figurina per finire l’album.

E quindi, scusatemi, niente squadra di softball, oggi.
Devo immancabilmente fare i conti con l’imbarazzante, incomprensibile e dolorosa imbecillità del mio stomaco.

martedì, novembre 24, 2009


Qualche giorno senza scrivere e mi ritrovo con strati di cose di cui parlare, come la polvere sotto i mobili bassi.
E altrettante da fare.
Infatti, sacrificando come al solito il mio cervello al dio del multitasking, sto contemporaneamente caricando le foto dei giorni di lavoro al Circolo Luogo dell'Anima su facciabuco.

Ho letto da qualche parte che le attività in multitasking bruciano chili di neuroni nel cervello di bambini e adolescenti che neanche la ketamina. Forse, visto che ho una vita così, in costante multilivello, forse sarebbe il caso che mi informarsi su cosa stia succedendo a me. Che se finisce che mi brucio come un punkabbestia, allora forse meglio le droghe.

Ho finito Guerra agli Umani e ho iniziato un pippottone di mille pagine di Lucio Magri sulla storia del Pci.
Ma perchè? Chiederete voi. Perchè, perchè, Nessie, soffrire?
Infatti me lo sono chiesto anche io, ho letto l'introduzione e poi sono passata al Libro delle liste, dove scopri le dieci scene tagliate dei film, i personaggi storici con il naso più lungo e i venti seril killer più pericolosi.
La storia del Pci la lasciamo sedimentare qualche giorno sul comodino.

Però, parlando di libri, pensavo ieri, nel mio meraviglioso giorno di recupero, dopo una maschera viso, uno shopping da intimissimi (voi li distinguete il rosa antico dal rosa fumè?), dopo una firma nuova sul contratto nuovo della casa vecchia, dopo la pulizia di una casa che stava marcendo, pensavo ieri, nel mio meraviglioso giorno di recupero bevendomi una tisana agli agrumi di sicilia al bar di Feltrinelli leggendo le Fiabe raccolte da Celestini, pensavo che da adesso in poi, come titolo del post scrivo il libro che sto leggendo.

Perchè intanto mi fa piacere dirvi se è bello, se è brutto, se l'ho lasciato a metà secondo i Dieci Comandamenti del Signor Pennac.
E poi, anche, perchè è uno specchio dell'anima, quello che leggi: se ti sembra brutto, se ti sembra bello, se lo leggi in due ore, se lo trascini come il mantello del Re Cetriolo in un'agonia di pagine. E, per inciso, il libro di Celestini non l'ho mica comprato al Supermercato di Feltrinelli, bensì alla mia piccola libreria preferita che sta al lettore come un cucciolo caldo alla felicità.

E così pensavo a questa piccola novità da blog, mentre bevevo la tisana, leggevo Celestini e mi preparavo spiritualmente alla prima lezione del ritorno della Nessie al Softball.

Perchè si, sono tornata a giocare.
Cioè, giocare.
Diciamo che sono tornata a correre sulle basi nella maniera migliore possibile, e cioè facendomi male ad un piede già dal primo allenamento.
Però, geniale.
E' stato un flashback pazzesco. Lo stesso campo e gli stessi guantoni di dieci anni fa. Lo stesso vento freddo, lo stesso sudore gelato, la stessa vibrazione dolorosa sulle mani quando, del tutto casualmente, riesci anche a battere la pallina.
Per fortuna, però, nessuna vecchia compagna di squadra rimasta uguale o morta per morte un po' peggiore.

Ma la squadra, ah, la squadra è un'accozzaglia meravigliosa di vite improbabili.
Ve le racconto domani, per dare il giusto peso alla cosa.
Vi dico solo che navigo, al solito, nell'improbabilità.
E questa volta mi sono pure tirata dietro il KGgB.

E la foto all'inizio del post?
La foto è la quota di follia del Lavoro più bello del mondo bis.
Venerdi partiamo con una macchina piena di materiali improbabili per portare la nostra mostra al museo di Pesaro.
Tra i materiali, 25 cuscini lasciati ad ammuffire per un anno nella casa di campagna del Pastore.
I cuscini, lavati e centrifugati, occupano adesso il cortile di Vico Dolcezza, sotto lo sguardo critico del Gatto Signor Siberia.
Pesaro.
Macchina.
Venerdi.
Ora che ci penso dovevo prenotare un Car Sharing.
Ovviamente, non l'ho fatto.
Io lo odio, il multitasking: finisce sempre che lascio indietro qualcosa mentre stendo 25 cuscini con le scimmie.

mercoledì, novembre 18, 2009



Tra il cervello e la mano di pestalozziana memoria, la sottoscritta ha sempre preferito il primo.
E guai a voi se ci vedete un doppio senso.
Una creatività teorica e grandemente teorizzata, accompagnata da un saper fare relativo: una brutta grafia, un disordine costante, una lontananza dal trapano e dal martello misurabile in ere geologiche. Parecchie difficoltà con il lego, un po' meglio con la sua versione autistica: il fascistissimo meccano.

Sono stata accompagnata da una delega costante all'agire pratico per quasi tutta la mia vita.
A me sembrava che metterci le idee fosse già abbastanza: che la pratica ce la mettesse qualcun'altro.
Da qualche mese, invece, ho dieci dita che hanno ritrovato la sicurezza in loro stesse. Forse hanno finito l'analisi anche loro.
La mia fricchettona preferita dice che mi sono riconnessa con luoghi della mia anima che avevo sepolto sotto metri di teoria.
Voi materialisti ( col vistro chiodo fisso) prendetela un po' come volete, però è vero che finalmente ho dieci dita che fanno qualcosa di più che scrivere e sfogliare le pagine di un libro.

Ieri, ad esempio, ho dato prova di eroismo pratico.
Ho guidato un furgone. Tutto io, tutta da sola.
Un furgone che non aveva lo specchietto retrovisore.
Che era alto qualche decina di metri.
Che era largo come una portaerei.
Che era pieno di pesantissimi legni: il paradiso del castoro.
E che andava parcheggiato con una manovra difficilissima tra due minuscole macchine.
L'ho fatto.
Ho fatto anche una retromarcia difficilissima, presa per il culo da un intero cantiere di operai.
Si, va bene, ho rigato la macchina entrando nel parcheggio.
Ma poco.
E poi sono macchine del car sharing: la scarsa abilità dell'autista è contemplata nel contratto.

Domenica scorsa, invece, mi sono vestita con una tuta bianca - che era da prima del g8 che non lo facevo più - e ho dipinto di giallo becco d'oca tutta una stanza del nostro nuovo circolo. Tutta da sola, che non c'era nessuno.
Il giallo becco d'oca è uno di quei colori che vedono solo le femmine e gli architetti.
Adesso ho un paio di scarpe giallo becco d'oca e un paio di jeans giallo becco d'oca. Perchè la tuta bianca non serve a ripararsi davvero. Avremmo dovuto ricordarcelo, al G8.
Comunque c'è un'intera stanza del nostro futuro circolo, quello si candidato a diventare il nostro luogo dell'anima, tutta dipinta da me medesima.
E un soffito sul quale ho sparso manciate di colla con una pennellessa per evitare la sfarinatura.
E una cucina ripulita da tutte le sue muffe e da tutti i suoi insetti.
Tutto fatto dalle mie dieci dita risorte.

C'era un capitolo, in centomila gavette di ghiaccio - librone moralmente massacrante sugli alpini in russia - in cui un soldato non ce la faceva più a camminare e chiedeva al Maggiore cosa poteva fare, che il piede sinistro non lo sentiva più. Il Maggiore lo fa sedere sul carro, gli fa togliere lo scarpone sfasciato e il piede è blu.
Allora il Maggiore gli dice di fare penzolare il piede giù dal carro e di farlo fregare nella neve. Piano piano, il freddo e l'attrito risvegliano la circolazione del piede sinistro e il soldato, come si diceva in un altro libro, arriva a baita.

Ecco, io mi sento così.
Che sono su un carro e sto facendo pendere tutte le dita per farle sfregare contro la neve. E loro piano piano si risvegliano e ricominciano a giocare.

martedì, novembre 17, 2009



Non ditelo a nessuno, che sto scrivendo il blog.
La lista delle cose da fare, tra oggi e domani, è lunga come l'attesa del buio nel ramadan. Ma io sfuggo, svicolo e scrivo qualche riga, complice un malumore da cattivo sonno che fa fuggire le colleghe a chilometri dal mio nervosisimo.
Ho passato una notte con i mostri nella pancia, e un gatto che mi guardava incazzoso mentre mi giravo per l'ennesima volta nel letto, svegliandolo ancora e ancora.

Ho una tendenza all'autocommiserazione, quando il mio stomaco si ribella. Invece di alzarmi e fare qualcosa - limone, bicarbonato, diger selz, magnesia, gaviscon, idraulico liquido - rimango a letto a sbuffare contro la malasorte. Finisce che mi abbiocco sempre troppo per trovare la forza di alzarmi in direzione basica, e sempre troppo poco per pensare di avere davvero dormito.

In compenso sto leggendo un libro geniale.
Guerra agli umani di Wu Ming 2.
Un libro scritto apposta per essere pubblicato da Einaudi. Per piacere ai trentenni. Per fare compagnia ad una donna che finalmente le è tornata la voglia di leggere romanzi, dopo mesi a saggi e schiacciamenti di testicoli tra pietre roventi.
Guerra agli umani è perfetto, se siete in un momento di riassestamento dei gusti e di pulizia della vita.

Infine.
La ragazza fuori moda prende sempre City per leggermi l'oroscopo, e io, l'oroscopo, di solito mi distraggo prima che la ragazza fuori moda abbia finito di leggermelo. Quando riesco a stare attenta fino alla fine, di solito è sbagliato.
(Ieri, sul treno, mi sono beccata delle botte di Orrida Materialista dalle mie amiche fricchettone, e così oggi mi va' di tenere alto l'onore, di corrispondere allo stigma).
Comunque, City non ha ragione di esistere sulla faccia della terra, oroscopo compreso.
Però oggi la sua orrenda rubrica "Hanno detto" ha il potere di cavare fuori un sorriso dalla mia faccia ingrugnata dal sonno: "X Factor? Non ci vado nemmeno se mi viene a prendere la polizia". (Franco Battiato).

giovedì, novembre 12, 2009



"Il problema è che sono stati asfaltati i prati e non i preti"
(Vista su Facciabuco)

mercoledì, novembre 11, 2009



Il mio karma, in questo periodo, ha deciso un po' banalmente di ripulirsi con traslochi e muri da ripitturare.
Sto impiegando il mio tempo libero in luoghi altrui, con vico dolcezza un po' immobilizzato nella sua polvere e nel suo pelo di gatto siberia, ma con una soddisfazione pari al più grandioso dei traslochi.

Al di là dell'inscatolamento compulsivo a cui tutta la comune-ty sta partecipando, e in cui trovo spazio per i miei rari lati ossessivi ("Se ho iniziato a inscatolare i fumetti devo finire di inscatolare i fumetti...! Perchè questa scatola è troppo piccola per i fumetti???!!"), anche il lavoro più bello del mondo sta dando una mano al mio bisogno di ordine e pulizia emotiva.

Così ieri sera, alle otto, io e altre dieci persone ci siamo infilati i guanti di lattice, tentando di ripararci dal tifo e della peste bubbonica, e abbiamo iniziato a ripulire un circolo abbandonato a sè stesso da mesi, e che ha solo venti giorni di tempo per tornare a brillare.
Sono spuntati animali, salami dolci marciti nel frigo, bottiglie di vino e muffa, quadri immersi di umidità, polvere, polvere, polvere, incomprensibili sculture, etti di the nero sparso sul pavimento, sculture di porcellana a forma di cane.
Abbiamo riempito 20 sacchi della spazzatura, due scatole di vetro da riciclare, altrettante di carta.
Siamo tornati a casa che sembravamo dei manovali sul treno del ritorno il venerdi pomeriggio.

Ma la gioia indescrivibile di aprire un freezer sbrinato non me la sarei mai aspettata, dal mio karma di due mesi fa.
L'idea stessa che stiamo lavorando per costruire un posto che sia accogliente per noi, ma che lo sia per tutti. L'immenso piacere di riempire venti sacchi di spazzatura urlando E questo cos'è???, la gioia di portare un barattolo con l'aria schifata al primo maschio nei dintorni e dirgli Lo apri tu, per piacere? Secondo me c'è qualcosa che si muove dentro...

Sarà banale, il mio karma, che si ripulisce con i traslochi, ma non l'aveva mai fatto prima.
Avvolgendosi su sè stesso come un riccio triste, rimuginando ferocemente sugli errori commessi, su quello che avrei potuto fare, dire, baciare, lettera e testamento per salvare la mia storia d'amore.
E invece questa volta io lo adoro, il mio karma banale. Che ripulendosi e svuotando frigoriferi marci evita l'autofustigazione e, anzi, si riempie di una rabbia che non avevo mai sperimentato.
Nessun tipo di recriminazione ma un sentimento di rabbia sana e incanalata, a metà strada tra Kill Bill e Million Dollar Baby.

martedì, novembre 10, 2009



Mentre tutta me stessa sembra convintissima di poter fare a meno di moltissime cose e, tra queste, di un fidanzato, il Generale Inverno mi ha suggerito che non potevo continuare a fare a meno di una ventola dell'aria calda per il bagno.

Così la mia vita, da ieri pomeriggio, ha virato verso l'ennesimo grado di felicità, dopo una doccia chilometrica, litri di crema corpo, la maschera capelli e quella viso, il tutto in un gradevole caldino, apprezzato anche dal gatto Signor Siberia, accoccolato tra il calorifero e la porta.
Il fatto che il commesso che mi ha venduto la ventola fosse anche uno degli uomini più carini mai visti nei vicoli, ovviamente, non c'entra nulla con questo grado di felicità.

Tutto intorno, nel frattempo, è tutto un riallacciare i rapporti con chi ho lasciato per strada nel mio delirio emotivo di coppia. Ho scritto una decina di mail in due giorni il cui tono era Hey, hey, hey, ero sparita ma sono tornata.
Ho preso the, cucinato e inscatolato libri con le amiche, e ho scoperto che c'è una sola coppia di nostra conoscenza, di tutte quelle che eravamo, che resiste all'usura del tempo. Tutte le altre esplose, scoppiate, litigate, sparite.
Non è un bel segnale.

Abbiamo fatto le nostre giuste e sacrosante lamentele sui maschi, sui trentenni, sulla società e sul mondo, arrivando alla conclusione che possiamo giusto sperare nella fine del mondo nel 2012.
Confidiamo nei Maya.
E nel frattempo ci impegnamo a dimostrare l'inconcludenza della sinistra, impegnando due settimane a decidere se fare o non fare i lavori di restauro al nuovo Circolo Arci.
Insomma, se la mia attività onirica non si stesse sviluppando come le muffe in vitro, dimostrandomi che la felicità forse è anche di questo mondo, ma non della mia situazione attuale, potrei anche definirmi allegra.
Venerdi c'è l'ennesimo, attesissimo concerto di Guccini.
Vedo se piango su Farewell e poi vi dico come sto veramente.

giovedì, novembre 05, 2009



Vico dolcezza è fatto così.
C'è vico dolcezza che è un vicolo stretto in cima a una scalinata dissestata.
A metà di vico dolcezza c'è un muro da cui spunta un alto albero di melograno.
Di fronte all'albero di melograno c'è un portoncino verde, incastrato in mezzo ad un muro alto due metri e mezzo, forse tre.
Se si apre il portoncino verde, si vede dall'alto un cortile, su cui si affacciano due porte a vetri, che si raggiungono con una breve e ripida scaletta.
Dietro alle porte a vetri, abito io.

Le porte a vetri, a differenza del portoncino verde, non hanno una serratura.
Volendo si chiudono da dentro, ma se si esce non si possono bloccare.
Io le chiudo sempre, però, perchè dalle porte a vetri entrano le lumache e gli scorpioni del cortile, ma soprattutto esce il gatto Signor Siberia.

Ieri notte sono andata a teatro.
Sono tornata che tutto era buio: buio il vicolo, che è saltato il lampione, buio il cortile, buia la casa, che la ragazza fuori moda era a vedere il jazz.
Ma le porte a vetri erano spalancate.
Tenpo di accorgermene, il gatto Signor Siberia è uscito in cortile miagolando disperato, e a me mi si è gelato il sangue.
Ecco, è entrato qualcuno.

Ho acceso le luci del cortile e ho scrutato attraverso le finestre.
Nulla.
Allora ho raccolto un sasso grande, ho preso in braccio il gatto Signor Siberia pensando, se tiro il sasso e il gatto sull'intruso, io scappo. E il sasso e il gatto non si fanno male, cadendo.
Ho respirato tre volte e sono entrata.
Il computer portatile era lì, nessuno l'aveva preso.
E' un computer del 2003, non vale nulla. Ma è in assoluto la cosa più preziosa che ci sia in casa.
Ho fatto un giro per casa, sempre col sasso, sempre col gatto.
Non proprio dappertutto. La stanza degli armadi non ci ho guardato.
Sono entrata in camera, col gatto e col sasso, ho guardato anche sotto il letto e poi mi sono chiusa dentro.

Una decina di minuti dopo è entrata la ragazza fuori moda.
Mi ha bussato e mi ha detto Ma il Signor Siberia è lì con te, che non lo trovo?
Si, ho detto io, perchè...Lei mi ha interrotto: Lo sai? Ieri, questo gatto ha imparato ad aprire le porte a vetri.

mercoledì, novembre 04, 2009



Ho come una sensazione di ritorno alla vita.

Ieri ho fatto uno sciopping così goduto, ma così goduto, che bisognava essere singol per goderselo così.
E' finito il mese da incubo del festival della scienza, è finita la storia con l'omm della tempesta, che è stato un dissennatore delle mie energie anche quando le cose andavano bene, figurarsi quando hanno inziato ad andare male.
Pensare che non devo più incastrare lui in ogni momento in cui non lavoro, vi giuro, è una sensazione di libertà che non avrei potuto immaginare anche solo dieci giorni fa.
Decidere delle mie libertà e dei miei spazi senza tener conto del fatto che lui lavora, no forse non lavora, ma avrà voglia di vedermi? Ma arriverà alle 8, alle 9, alle tre del mattino? E io sarò pronta? Avrò la casa pulita? Avrò fatto il silchepil?E lui avrà voglia di vedere i miei amici? Inorridirà davanti ad una cena della comune-ty? Allora forse è meglio stare soli io e lui. E avrò fatto la spesa? ...credo di sentirmi come Silvia Baraldini dopo la liberazione.

In tutto questo, ci sono mille cose da fare, sempre e comunque.
Quelle che ho scritto ieri, e altre. C'è un trasloco complicato, ad esempio.
Però c'è che mi sento libera di ritagliarmi anche un pomeriggio di sciopping senza quel senso di colpa costante di non stare facendo qualcosa di utile.
Vuol dire anche essere più tranquilla, avere più spazi, e gli spazi godermeli molto, ma molto di più.
Insomma, se vi fa piacere, sono tornata dall'esilio.
E' una sensazione meravigliosa.
Ho rinchiuso i secondini e mi godo le mie ore di libertà.

lunedì, novembre 02, 2009



E' stato tutto così complicato, che non sono neppure riuscita ad avvisarvi che sarei sparita per un po'.
Per giorni mi sono detta che avrei scritto due righe del tipo Hey, sono andata a comprare le sigarette, aspettatemi fiduciosi che torno, ma poi non sono riuscita neppure a scrivere quello.

Sono stata risucchiata nel turbine del festival della scienza, dove avevamo due mostre create dalla mia associazione che hanno visto un'invasione costante di bambini, tipo 2000 bambini in dieci giorni, una di quelle cose che non pensi sia possibile, e invece si. 4000 paia di piedi, altrettanti genitori, centinaia di risposte geniali (Chi ha inventato il cannocchiale? George Clooney! Galileo Galiloia! Archimede Pitagorico!) e di geniali affermazioni (No, perchè lo sai che io a casa ho un cannocchiale potente che sono sicuro, proprio sicuro che sulla luna ci sono i marziani, perchè li ho visti con il mio cannocchiale potente...? ).
E' stato bellissimo, è stato massacrante, è stato pochissime ore di sonno, due scrocchinquilini meravigliosi, è stato serate bellissime, pranzi sul molo, complimenti e soddisfazioni.

E' stato anche che ho lasciato l'omm della tempesta.

C'è una parte di me che vorrebbe usare il blog per cercare di spiegare, a me stessa prima che a voi, cosa siano stati questi 15 giorni con l'omm della tempesta in casa.
C'è una parte di me, invece, che pensa che non è il momento, che magari verranno fuori pezzettini di narrazioni, nei prossimi post, come nei sogni, quando le cose si assestano nei luoghi dell'anima, cambiando forma ma mantenendo il valore simbolico.

Non ve lo racconto, adesso, perchè sarebbe una lamentela da un solo punto di vista, il mio, che poi, insomma, non è neanche così importante.
C'è sostanzialmente che quando una persona ti fa venire l'orticaria facendo le stesse cose per cui prima lo amavi, quello è il momento di lasciarsi.
C'è anche che quando una persona smette di fare le cose per cui lo amavi e si impegna soltanto nell'orticaria, quello fa da disvalore aggiunto.
Così l'ho lasciato, con la stessa irruenza, forse, con cui mi ero innamorata di lui.
Manichea, siempre.

Ora mi tuffo nell'autunno, single e con un sacco di cose belle.
Ho da riaprire un circolo arci, gestione collettiva. Bellissimo.
Ho un'associazione che fa il botto.
Ho un lavoro bellissimo.
Devo cercare la mia casa nei vicoli.
Ho persino un sacco di soldi nel conto. Un sacco di soldi per essere io, eh. Lo dico per l'anonima sequestri. Ma insomma, dei soldini che se trovo la casa posso metterci anche dentro dei mobili, per dire.
Ho da progettare il guerrilla garden a genova.
Ho un appuntamento per proporre un libro per bambini.
Ho una bicicletta con la catena a forma di serpente.
Ho una sorella che si impreziosisce del suo lato sociale.
Voglio comprare un cappotto.

Non avevo bisogno di essere single, per fare tutto questo.
Sarei stata felice di fare tutto anche mentre mi coccolavo la mia storia d'amore.
Ma ci vogliono due cose, per coccolarsi una storia d'amore.
Le coccole.
E l'amore.
Dal momento che con l'omm della tempesta sia le coccole che l'amore ottenevano gli spazi residuali della sua vita, dal momento che alle coccole bisogna saper dare una forma e io non l'ho mai vista, allora va bene così.
Che mi tengo la mia vita piena di cose belle, e mi metto di nuovo in attesa delle coccole e dell'amore.
Del resto, è anche morta Alda Merini.


Non ve l'avevo neppure detto, che non avrei visto un computer per 15 giorni.
Scusatemi.
Ma sono tornata.
Non vedo l'ora di trovare il tempo di scrivervi.
Prima di tutto, ho 144 mail da leggere, però.
A dopo.

mercoledì, ottobre 14, 2009

Aggiornamenti

Comune di Savona: No, signora, non esiste nessun accordo tra i Comuni e Trenitalia. Il suo zaino non può essere qui.

Call center di Trenitalia (35 cent alla risposta, 54 cent al minuto): Le confermo che l'ufficio oggetti smarriti non esiste più. O il personale decide di andare in Comune dicendo di aver trovato il suo zaino per strada a Savona o, glielo dico sinceramente, la cosa più probabile è che lo buttino via.

...chi va dicendo in giro che odio il mio lavoro, non sa con quanto amore mi dedico al tritolo...

martedì, ottobre 13, 2009



Ci sarà un momento, io spero, che le persone si renderanno conto delle conseguenze insopportabili delle Leggi per la Sicurezza.
Non dico le conseguenze quelle più gravi, quelle che avrebbero dovuto far saltare in aria la coscienza di un paese civile: i fermi, i cpt, i rimpatri, le perquisizioni.
Dico le conseguenze più banali, quelle che viene quasi vergogna a lamentarsene, perchè non sono nulla rispetto ai fermi, ai cpt, ai rimpatri, alle perquisizioni, ma che stanno trasformando la nostra vita in un incubo a metà tra la Fattoria degli animali e Comma 22, dove i maiali decidono della tua sicurezza, e le leggi sono follia.
Io ieri ho lasciato uno zaino sul treno.
Scema io, ovvio. Anche un po' stanca, molto stanca. Era il sesto treno in una giornata e i bambini in classe erano stati particolarmente agitati. Ho appoggiato la testa sul sedile a Camogli e poi, non so come, ero a Genova Principe.
Sono scesa al volo e lo zaino è rimasto lì.
Peraltro me ne sono accorta non meno di tre ore dopo.
Ora, nello zaino c'erano i vestiti del week end a boscolandia e un clacson da bicicletta comprato sui banchetti degli ucraini. Niente di fondamentale, però è ovvio che, tra perderlo e ritrovarlo, avrei preferito questa seconda ipotesi.
Così stamattina sono andata in stazione, ho scoperto che l'ufficio oggetti smarriti non esiste più e sono andata al punto informazioni.
Tra l'altro, parentesi.
L'ufficio oggeti smarriti che non esiste più è una cosa bruttissima, a pensarci bene. C'è tutto un immaginario legato all'ufficio oggetti smarriti, che non è solo il posto dove trovi l'ombrello o lo zaino, ma anche il luogo dei ricordi, della memoria. L'oggetto che si perde, si andava a cercare all'ufficio, perchè non era soltanto un ombrello, una borsa, ma era quell'ombrello, quella borsa, che era la tua, che aveva la sua storia e che era importante solo per te. L'ufficio oggetti smarriti è un posto dove le cose hanno un valore al di là del costo.
E' una cosa importante, l'ufficio oggetti smarriti e invece l'hanno chiuso, come i negozi di ricambi per cucine.

All'ufficio informazioni di trenitalia mi hanno spiegato perchè, non esiste più l'ufficio: Qualche mese fa hanno trovato una borsa con della dinamite. Allora l'hanno chiuso. Sa - pausa complice - sono le Leggi Per La Sicurezza.

Allora io chiedo: E quindi? Cosa succede adesso agli oggetti smarriti che non sono dinamite?

Può essere che qualcuno li porti nel Comune dove viene rinvenuto - mi dice il signore verde - per esempio il suo treno fa il percorso Sestri Levante - Savona/ Savona - Sestri Levante; forse il suo zaino adesso è nel Comune di Savona.

Ma, chiedo io, se lo trovano prima che il treno finisca la tratta?

Eh, in effetti, il suo zaino può essere anche a Sestri Levante, a Santa Margherita, ad Arenzano, a Cogoleto, a Camogli, a Recco... Sempre che qualcuno, dal treno l'abbia portato in municipio. Le consiglio di chiamare tutti i comuni della tratta tra qualche giorno.

Ci sarà un momento, io spero, che le persone si renderanno conto delle conseguenze insopportabili delle Leggi per la Sicurezza.
L'acqua sugli aerei, la solitudine, la paura costante, la prevenzione, i tramezzini nel celophane, il divieto di accesso per gli "estranei", le telecamere.
Arriverà quel momento che non accetteremo più che ci rovinino la vita per un pacco di dinamite disinnescata. Non ci faremo torcere la vita per una "molotov scarica".
E quando arriverà, il momento della rivoluzione contro le Leggi per la Sicurezza, io vorrei tanto essere il commissario politico della Brigata Oggetti Smarriti.

giovedì, ottobre 08, 2009

Padri costituenti: grazie per la vostra meravigliosa lungimiranza



Io riconosco: Togliatti (n° 3 prima fila), Luigi Longo ( n° 5 prima fila) Rita Montagnana (n° 8 prima fila) Aldo moro ( n° 2 seconda fila) Andreotti (n° 3 seconda fila), Teresa Noce (N° 1 quarta fila), Pertini (n° 8 quinta fila) De Gasperi (ultimo quinta fila))
Chi mi aiuta nel memory?


Di tutte le vaccate che ha detto ieri il Nano, quella che mi ha dato più fastidio è stata quel "il 72% degli italiani è dalla mia parte".
Innanzitutto perchè 72% è proprio una cifra che fa ridere, è come i saldi a 9, 99€.
Ma soprattutto perchè è offensiva.
Insulta la magistratura, insulta napolitano, insulta il parlamento, insulta la costituzione: niente di meno di quello che mi sarei aspettata da lui.
Ma con quel 72% insulta anche noi, direttamente.

Allora io rilancio una proposta che ho sentito fare ieri su Radio Pop.
Mettiamo di nuovo le bandiere alle finestre.
Scriviamoci BERLUSCONI DIMETTITI
Scommetto che saremmo più del 28%, a farlo.
E a quel punto potremmo anche fare un'aggiunta, in piccolo: 72% sto cazzo.

martedì, ottobre 06, 2009

Avevo scritto tutta questa risposta nei commenti.
Poi mi è sembrata veramente troppo lunga per postarla lì.
Però, prima di leggerla, andate a vedere le osservazioni di Zit e Valeparigi al post precedente, che sono acute e importanti tanto quanto.

Mi viene da pensare che forse molto abbia a che fare con la propria storia personale, con quello che uno ha fatto e visto crescendo.
Io non sono abituata, per storia mia, ad ascoltare il lessico televisivo. Neanche quello "buono" intendo, quello di Santoro o della Dandini.
Per storia mia personale leggo di politica o la ascolto attraverso altri mezzi, di cui il più di massa forse è il teatro.
Ma, ripeto, è la mia storia.
Sono io che non sono abituata alla moderazione classica dei dibattiti televisivi, all'accentuazione dell'enfasi da piccolo schermo. Ho tempi letterari, ho una retorica da tabloid.

Quella di sabato, lo ribadisco, a me è sembrata una manifestazione televisiva.
Televisiva nella scaletta degli interventi, nella scelta dei "testimonial", nel lessico.
Parlare di Marco Biagi come di un eroe, lui che ha portato il precariato in Italia, è una cosa che mi aspetto di sentire a Porta a Porta.
In una nostra manifestazione io mi aspetto dei doverosi distinguo con i brigatisti, ma non certo una glorificazione del personaggio.
Mi dispiace se posso essere stata snob.
Può anche essere che lo sia.
Però, concedetemelo, è snobismo preoccupato.

Non ho visto una massa critica, sabato, ho visto perlopiù una massa incazzata.
E questo già è importante, in un momento come questo.
Ma ho visto applaudire l'adesione alla manifestazione di striscia la notizia come se fosse una cosa divertente.
Io trovo che striscia la notizia abbia delle colpe pesanti sul rincoglionimento di questo paese, e non voglio accanto a me in corteo il gabibbo, che magari si è rotto le palle del Nano, ma comunque presenta Veline.

Non lo so cosa mi aspettavo, Zit.
Ho visto mille piazze intelligenti e propositive, nella mia vita da manifestante. Ho visto manifestare pratiche alternative di vita, ho visto applaudire chi almeno diceva di provare a trasformare il mondo, nei contenuti e non nella forma.

Sabato, invece, ho visto la celebrazione del meglio di ciò che abbiamo nel presente - e Saviano e Marcorè lo sono - ma non ho visto chiedere altro, non mi è sembrato che nessuno chiedesse di più.
Ho pensato questo, sabato: che una volta volevamo il pane e le rose e adesso ci accontentiamo di Ballarò.
Mi dispiace se è snob.
Io più ci penso, più ci sto male.

Detto questo, c'è chi queste cose le ha virate un po' più nell'ottimismo. E' la Strega Nocciola. Leggetela, che il suo discorso dell'Aventino è giusto anzichenò.

lunedì, ottobre 05, 2009



Litighiamo per cose talmente cretine, e per cose talmente importanti, che anche di questa cosa abbiamo litigato, con l'omm della tempesta.
Io alla manifestazione a Roma avrei preferito non andarci.
Credo non mi sia mai successo nella vita, di ripensare ad una manifestazione e dire Era meglio non andarci.
Non al g8, con tutti i lacrimogeni, non al 23 marzo, con quello che poi è diventato Cofferati, non ai girotondi, con quello che è diventata la sinistra, non al social forum, con quello che è diventato Casarini.

Bello Neri Marcorè che legge Tocqville, bello Simone Cristicchi che si candida come nuovo leader della sinistra, bello anche Saviano, che io me ne fotto se si piange addosso, io penso che sia un bravo giornalista d'inchiesta.
Ma la gente in piazza.

Lo dicevo oggi sul treno al ritorno dai 7 piccoli ariani e i 005 nani, che posso anche accettare che uno su tre in questo paese sia berlusconiano. Che un altro sia o leghista o fascista. Ma il terzo.
Perdio, se questo è il mondo, io del terzo vorrei potermi fidare ciecamente.
Vorrei condividere i suoi gesti, i suoi pensieri, le sue lotte, le sue critiche.
Vorrei che sono io, quel terzo, e se non sono io è qualcuno che mi somiglia.
Che mi somiglia almeno in qualcosa, dico, o che come minimo non somiglia agli altri due.
Uno su tre, non chiedo tanto: c'è stato un momento che eravamo la maggioranza.
Invece in piazza a roma mi sentivo dentro a Videocracy.
E mi spaventava rendermi conto a che profondità ha saputo scavare Berlusconi, che anche quell'uno su tre davanti al vippismo china la testa, e si spella le mani per Milena Gabanelli, per Michele Santoro, per Marco Travaglio.
Che sono bravi, che sono seri, che nono sono certo il Gabibbo. Ma che vengono applauditi sostanzialmente per il fatto di essere in Tv, esattamente come il berlusconiano e il leghista applaudono le veline e i loro culi sodi.

Non sono stata bene, in piazza a Roma, e essere aggredita al ritorno sull'autobus da un gruppo di frustrati piddini solo perchè in ritardo, non ha aiutato il mio buonumore.
C'è chi si deprime per gli alpini e le vecchiette sull'autobus, io non c'è niente che mi deprima di più di sentirmi isolata in mezzo a chi dovrebbe essere con me a reggere la diga della democrazia.

Litighiamo per cose talmente cretine, e per cose talmente importanti, che anche di questa cosa abbiamo litigato, con l'omm della tempesta.
Lui non è d'accordo con me.
Non vede nulla di tragico nell'applaudire Santoro come se fosse la salma del Papa. Si è sempre fatto, dice lui, non c'è niente di nuovo sotto il sole.
Invece io ho percepito qualcosa, sabato in piazza, qualcosa di buio, qualche marchio nero tra le nuvole.

Ho sempre difeso l'importanza delle manifestazioni, sostenendo che - al di là delle reali conseguenze poltiche, che a volte ci sono e a volte no - andare in corteo serve a non sentirsi soli, a dire Siamo in tanti, venceremos e tutte quelle cose lì.
Serve all'umore.
Questa è la prima, primissima volta che vado in piazza e mi sento sola.
Circondata da estranei con cui non condivido nulla, nè i modi, nè gli scopi, nè il lessico, nè i miti.
Mi sembrava di essere stata copiata e incollata tra il pubblico di ok il prezzo è giusto.

Non lo so se ho ragione, se esagero, se sono semplicemente abituata bene, come qualcuno che pasteggia a caviale e champagne e poi una sera gli fanno la pasta al sugo.
Ma io sabato mi sono sentita sola.
E per chi intuisce qualcosa della mia vita privata in questo momento, sa che questa era l'ultima cosa di cui avessi bisogno nel politico.

L'omm della tempesta rapito dai ceceni
sul pulman per la manifestazione per la libertà di stampa

martedì, settembre 29, 2009

Se è una giornata così, un po' da naufragio, potete attivare anche voi le libere associazioni musicali e trovarvi ad ascoltare, nella solitudine dell'ufficio, prima questo e poi questo

lunedì, settembre 28, 2009

Alle tre sono scesa.
La bicicletta era sempre lì, intatta.
Il dottore delle bicibellule ha centomila anni.
Ha guardato con occhio esperto prima me, poi la malata, poi di nuovo me: Per una bella siniorina così ce la dò pronta già da giovedì, questa bici.
Sono felice, ma sto sempre da cani.
Magari torno giù e ci chiedo se ci dà mica anche un'aspirina, ci dà, a questa bella siniorina così.


Il mio termometro mente sapendo di mentine.
Mi sento come se ci avessi 45 di febbre e lui dice No, 36.2
E io mi chiedo Ne vuoi sapere più tu di me, dannato termometro, di come mi sento?
Che ho dormito 11 ore e mi sento come ne avessi dormite due, che ho la testa che urla, il naso che cola, le energie nel cassetto, la chiave del cassetto ingoiata dal gatto siberia.
Io oggi ho la febbre, anche se il termometro non è d'accordo.

Ma, nonostante la febbre, dopo due mesi che rimandavo la cosa, ho deciso che proprio stamattina avrei portato la bicibellula dal dottore delle bicibellule.
Per due mesi l'ho guardata, nella sua cuccia da bicibellula, con il cavetto del freno rotto nella notte dei lunghi coltelli, con il cambio che una volta sua due fa stotlonc e la catena salta in aria diventando una fastidiosa appendice monca e penzolante.
L'ho guardata, giorno dopo giorno, rimandando il suo dottore come sto facendo con il mio dentista.
Fino ad oggi.

Ho accantonato il bombardone influenzale e me la sono portata a spinta fino dal suo dottore in sottoripa. Ovviamente ho sporcato i jeans di grasso. Ovviamente ho scontrato mille volte la caviglia sui pedali ululando di dolore, vicolo per vicolo, discesa per discesa.
Per scoprire, una volta in sottoripa, che era lunedi mattina, e il dottore delle bicibellule era chiuso.
Così adesso la bicibellula sosta nella piazza più pericolosa per le bicibellule, come se avessi lasciato un adolescente a casa di Lele Mora. Ma ho fiducia nel genere umano e aspetto le tre per andarla a prendere e portarla dal dottore.
Se me la rubano, spenderò quanto avrei pagato dal dottore per ricomprarla.
Oggi è un giorno che prendo le cose con filosofia, un giorno che ho fiducia.
Dev'essere la suina.

venerdì, settembre 25, 2009

NANETTI SCOLASTICI


"E quindi chi è che faceva le pitture rupestri?"
"Gli uomini preistorici"
"Bravissimi, e poi?"
"Le donne preistoriche"
"Giustissimo, e poi?"
"Gli indiani d'America!"
"Ottimo. E anche qualcun'altro, ma questa risposta è difficile..."
(...)
(...)
"Io lo so, io lo so"
"Dimmi"
"I carabinieri!"

mercoledì, settembre 23, 2009



C'è che mettiamo a curriculum una mente elastica, questo si, cosa che sembra particolarmente apprezzata dai guru della new economy.
Riusciamo a produrre tra i due e i quattro progetti al giorno, tra le nove di mattina e le due di notte.
Abbiamo competenze di allestimenti, di scenografie, di pedagogia, di relazioni col pubblico, con la stampa, sappiamo scrivere, leggiamo pure, riusciamo persino a mantenere delle relazioni.
Festeggiamo i compleanni con le torte in mezzo alla riunione, e riusciamo ad essere a Milano, Torino, Genova, agli appuntamenti, alle convocazioni.
Discutiamo se mettere o non mettere a budget 50 paia di moon boot per trasformare i bambini in astronauti, gestiamo equipe progettuali sul Guerrilla Gardening, inventiamo da un momento all'altra un'animazione su Via del Campo, una maratona di scrittura collettiva, un laboratorio sulla poetica di Hundertwasser.
Siamo tanti, ma neanche tantissimi, siamo un alveare ronzante di competenze sparse.
C'è chi ci mette i disegni, chi ci mette le idee, chi la scienza, chi la lettura.
Ho letto un libro bellissimo e mi è venuta un'idea.
Hai visto quel quadro di Chagall, potrebbe essere d'ispirazione per un laboratorio.
Come diavolo si chiamava il terzo astronauta dell'apollo 11?
E nel frattempo compriamo casa, cerchiamo di tener duro sul blog, negli affetti, nelle attenzioni, negli altri lavori pagnotta, con i figli.
Viaggiamo su mille binari creativi.
Abbiamo dei mesi da incubo, ottobre e luglio, di solito.
Non riusciamo ad andare in ferie fuori stagione, viaggiamo con il calendario scolastico.
Peschiamo all'inesauribile fonte dei nostri interessi, uniti dallo scopo di poter mischiare le competenze in ricette collettive per trasformarle in qualcos'altro.
Siamo i figli di Vissani e Willy Wonka.

La mia pissipissibaucologa dice che tutto il mio desiderio di maternità ha a che fare con la necessità di incanalare la creatività.
E io mi chiedo: cosa ne sarebbe di me, se lavorassi in posta?

martedì, settembre 22, 2009

Mensa


- Io c'ho un televisore grandissimo, grande così
- Io ne ho due, quello in sala è grandissimo
- Io c'ho sky in sala e se voglio sposto la schedina nella tv in cucina
- Io c'ho l'era glaciale 1, 2 e 3, in 3D
- Io c'ho il televisore al plasma
- E, va beh, anch'io
- Anch'io, ovvio
- Io, a casa del mio papà, c'ho la tv in camera e guardo i cartoni animati di notte...
- (...)
- (...)
- (...)
- Io, invece, ho un pesce


(I sette piccoli ariani sono diventati tredici. Sempre tutti biondi. La maggiorparte maschi. La maggiorparte alfa. Tranne Lui: il piccolo gnomo fricchettone).

venerdì, settembre 18, 2009



...Vauro d'annata....


...Vauro sulla notizia.











giovedì, settembre 17, 2009



Quando saltarono in aria i treni di Madrid, Aznar proclamò lutto nazionale e disse che era stata l'Eta.
Non vorrete mica votare quel socialista di Zapatero - disse - che con l'Eta vuole fare gli accordi? L'Eta sono degli assassini, Zapatero è connivente.
Zapatero portò in piazza mezza Spagna e disse che Aznar mentiva sapendo di mentine.
Non è stata l'Eta, disse.
E comunque, non sono stati i socialisti.
Avere rispetto per i morti vuol dire anche non votare quel bugiardo di Aznar.
E vinse.


Io oggi sono infuriata, ho il fumo dalle orecchie e mi chiedo quando è che siamo diventati Gaullisti.
Da quando ci facciamo carico dei morti annullando le proteste e piangendo ai funerali?
Quand'è che abbiamo inziato a pensare che rispettare il lutto volesse dire stare zitti?
Sull'Afghanistan, la stampa e i telegiornali non si censurano certo meno che nei confornti del Nano Malefico.
Ci sarebbe da gridare per la libertà di stampa sull'Afghanistan quanto sull'Abruzzo o sull'interessantissima NoemiLetizia.
Chi parla di Karzai come signore della guerra, degli accordi per il controllo dell'oppio, delle vere ragione della missione italiana, degli accordi internazionali?Chi ne scrive?
Sette morti in Afghanistan per ragioni di cui la stampa non parla mi sembrano già un'ottima ragione per andare in piazza.
Sono infuriata per tre ragioni.
Sono nauseata da questo schifoso concetto dell'Unità Nazionale davanti ai morti. I sorrisi mesti di chi non ha fatto nulla per evitare il lutto. L'Unità nazionale, in questo paese, serve per ritrovare la gente nei bagagliai e poi dire Peccato.

Mi si rivolta lo stomaco davanti al senso comune che davanti alla morte bisogna stare zitti, mentre è proprio davanti alla morte che bisogna alzarsi in piedi, se si è delle persone e non delle beghine.

Sono sbigottita davanti alla totale, totale incapacità politica di questa opposizione, anche quella dal basso, della gente, mica il Pd. Questo essere i rivoluzionari delle strade vuote: arrendevoli davanti ad ogni ostacolo.

Io certo che ci sarei andata in piazza, sabato.
Ci sarei andata anche per chiedere:
Cosa facevano questi signori della folgore in Afghanistan?
Perchè ce li hanno mandati?
Cosa facciamo, in Afghanistan?
Perchè ci rimaniamo?
Perchè ammazziamo la gente e poi ci stupiamo se ci fanno saltare in aria?

La libertà di stampa non è mica solo la libertà di scrivere.
E' anche la libertà di fare domande.

giovedì, settembre 10, 2009



C'è una cosa che si chiama Settimana di Scadenza dei Bandi che se uno nella vita fa un lavoro normale neanche se lo può immaginare che cosa sia.
Credo lo possa immaginare un po' un libero professionista di quelli che devono consegnare i progetti, però in più dovete metterci che non è la tua tavola perfetta, quella che devi consegnare, ma un infinito plico di amazzonia, tutto timbrato, tutto fotocopiato, tutto firmato.
E c'è sempre, sempre una cosa che ti dimentichi.
La terza copia.
La firma.
Il timbro.
E sono i tuoi stipendi di un anno, quelli che ti stai dimenticando se ti dimentichi un timbro.
Così, a turno, l'ufficio del lavoro più bello del mondo sta facendo i turni di notte per cercare di mandare in porto i nostri stipendi del 2010.

Nel frattempo, io ho una vita sentimentale stabile come la mano di papa wojtyla.
Rilassante come un dissennatore.
Confortevole come un caiamano nel letto.
Ottimista come un reparto geriatrico.
Letteraria come un girone dantesco.

Ho un fidanzato che ragiona come un avventista del settimo giorno.
Le sue idee sono quelle giuste e porteranno ad un miglioramento, probabilmente insieme alla venuta del messia, non c'è discussione.
Io che ho già dei problemi con i monoteismi, davanti alla visione messianica del nostro futuro traballo.
Lo sento parlare e penso a Gian Maria Volontè nella Classe operaia va in paradiso, con questa visione del lavoro come riscatto a costo di tutto, a costo anche della vita.
Una visione della vita a tappe, dove prima si sogna e poi si cresce, come se crescere volesse dire annoiarsi, deprimersi, atrofizzarsi.
Discuto e sento tutto il peso di una decisione come un miracolo, come se la vita si dividese in a.C e d.C: avanti Conferma e Dopo Conferma.
Dove non esiste la bidimensionalità, una vita come un disegno rupestre, una cosa per volta, nessun punto di fuga.
Dove sulle mie spalle pesano tutte le sue scelte sbagliate, che adesso chiedono il conto e lo chiedono prima a lui, ma poi a me, che non ho nessun tipo di diritto di intervento perchè sono l'unica, tra i due, a pensare che una vita più una vita faccia sempre una vita, con le conseguenze che si rovesciano su entrambi, anche se le scelte le fa uno soltanto.

Così timbro, firmo e stampo plichi di foresta amazzonica senza aver dormito, senza avere fatto una sola chiacchiera piacevole nell'ultima settimana, senza sapere cosa fare, perchè non condividere le scelte del tuo uomo, comunque, non equivale ad odiarlo.
Pensare che stia facendo una scelta egoista, comunque, non significa pensare automaticamente che allora non conta più nulla tutto il resto.
Mi muovo nella vita con la leggerezza di una palla medica.
Però ho un gatto che la mattina mi riempie di coccole.
Mi sento veramente triste, a sapere che mi sto rifugiando nella pet therapy.