lunedì, novembre 30, 2009

Nel week end ho letto solo Il resto del Carlino al bar

Con il metabolismo dimenticato in una valigia a Berlino, la prima cosa che devo fare è ringraziare
tutti voi, Paolino Fede Amber, che siete stati sbranati dal Gatto Signor Siberia nel corso della nostra assenza.
Però, insomma, gli avete salvato la vita. Tutto ciò non vale qualche morsichino sui piedi all'alba?

Stanotte, mentre la Liguria ha pensato bene di accoglierci con il Diluvio Universale, la nebbia, le nuvole basse, il freddo, il vento a centomila all'ora, ci lasciavamo alle spalle un meraviglioso corso di formazione, una regione spettacolare che sono le Marche, una casa come ti immagini quella di Sting sui colli senesi, seppur senza Sting.

E poi, la scoperta che i marchigiani sono i maggiori consumatori di maionese del pianeta terra.
Che uno non ci pensa, a mettere la maionese calvè tra i prodotti tipici delle marche, e invece non c'è ristorante che non appoggi sul tavolo un intero tubetto, che il marchigiano doc spremerà fino in fondo su primi, secondi e, immancabilmente, pizza.
Potevamo non provarla, la pizza Rossini: mozzarella, pomodoro, uovo sodo e maionese?

I marchigiani dicono che una volta provata, non se ne può più fare a meno, che la margherita a quel punto è un'insipida pappetta, che dalla presenza della maionese si distingue la vera pizza gustosa, che solo l'ignorante sceglie il ketchup sulle patatine.
Io, devo dirvi, mi fa un po' impressione.
Ho preferito di gran lunga il vino di visciole, che è una cosa tipo il vin santo, a quattordici gradi, che ci siamo bevuti la notte di sabato mentre guardavamo le stelle all'interno dell'osservatorio astronomico con la cupola rotante.

Poi, si, abbiamo anche lavorato.
Siamo stati dei seri formatori.
Abbiamo allestito la mostra per i visitatori, abbiamo parlato di Feedback, comunicazione della scienza e fasi di Piaget, ma tutto questo nel tempo libero dalla gita Gruppo Vacanze Piemonte.
E al ritorno abbiamo scoperto che siamo stati selezionati per il Festival Europeo di Divulgazione Scientifica.
Magari non svuoto neanche la valigia.
E un pensiero a Merlene Dietrich.

mercoledì, novembre 25, 2009

Nonostante tutto tengo fede:
Sto leggendo Cecafumo (Ascanio Celestini) e Il libro delle liste (D. Wallachinsky e A. Wallace)

Probabilmente perché era il primo pomeriggio davvero da sola dopo mesi.
(La Ragazza fuori moda a Sestri Pizza, nessun appuntamento, nessuno scrocchinquilino).
Sicuramente perché cucire è una di quelle attività a mezzo cervello.
(E l’altro mezzo fa il cazzo che vuole).
Perché il Gatto Signor Siberia è venuto a farsi fare le coccole e si è allungato in tutta la sua improbabile lunghezza.
(Niente come un cucciolo che cresce segna il passare del tempo)
Perché, di tutti i posti della casa, ero sul fouton
(…)
Magari c’entrano anche i Pink Floyd
(Ma fossero stati anche i Persiana Jones, Ivano Fossati o Miguel Bosè probabilmente faceva uguale)
E poi quegli aggiornamenti di stato su Facciabuco, immutati, sbruffoni, grandiosi, allegri
(E perché non lo cancelli da Facciabuco? Non lo so perché).

Insomma.
Mentre ero lì che cucivo l’orlo ai pantaloni, con i pink floyd, un gatto allungato, il fouton, ecco che il mezzo cervello è andato allo status grandioso, sbruffone, allegro dell’omm della tempesta su facciabuco, e la mia rabbia e la mia delusione hanno deciso di traslocare.
E invece di continuare a pesare sulle mani nel preciso impulso rabbioso del Se lo vedo lo picchio, lo picchio fortissimo, in quel momento sono risalite attraverso le dita, l’ago, il filo, i pantaloni e sono andate a depositarsi sullo stomaco.
Lì ho iniziato a piangere.
Come una scema, ho iniziato a piangere.
E il gatto Signor Siberia, alla terza fastidiosa lacrima che gli picchiettava sulla testa, ha pensato, da gatto, di spostarsi più in là.
In quel momento ho iniziato a piangere ancora più forte.

Io lo so che la Pissipissibaucologa oggi mi dirà che è sano che io pianga: Brava Vanessa, che accetta i dolori invece di nasconderli.
Ma a me, invece, a me non va di piangere per un uomo così, che è stato capace di farmi così male con una tecnica da Generale argentino. Un dolore quotidiano fatto di scientifiche mancanze e di sottili cattiverie, sempre come se avesse ragione lui, sempre a farmi sentire in colpa perché chiedevo troppo, perché non mi accontentavo mai.
Io non voglio piangere per un uomo così, perché neanche questo si merita, dopo la dolce tortura quotidiana che mi ha riservato per due anni,
E invece tutta la mia rabbia, di cui ero così fiera, così orgogliosa, tutta quella meravigliosa voglia di spaccargli la faccia se solo mi fosse capitato vicino, quella sensazione da Incontro Protetto che mi inorgogliva, ha fatto un triplo salto carpiato e ha deciso di costruirsi un nido nel mio stomaco.
E fa un sacco di male di più.
Mi fa piangere, e mi fa sentire una bionda scema.

Perché nello stomaco sono depositati anche tutti i momenti belli, che da buon Generale argentino l’omm della tempesta sapeva centellinare; e se la rabbia si mischia ai ricordi, e la delusione alle felicità, è un casino.
Perché quando tutto si mischia, ecco che dal casino risorge la Sindrome di Stoccolma.

E così sono qui che piango su un ricordo, uno, preciso, tra i tanti.
Il ricordo di quando la sera della mia festa di compleanno venuta male, lui non ha voluto uscire con noi, a mezzanotte, perché era stanco, ed era la mia festa di compleanno, e già non mi aveva fatto il regalo, ma ha detto che non usciva perché era stanco.
Quello è il momento in cui ho deciso che lo lasciavo. Proprio in quel momento.
Ma non gliel’ho detto, l’ho solo pensato che lo lasciavo.
E lui, mentre lo pensavo, mi ha preso per mano, mi ha guardato con la sua gentilezza Dottor Jackil e mi ha detto E se invece stasera rimani a casa e facciamo l’amore?
E io gli ho detto di no.
Perché avevo già deciso che lo lasciavo.
Ma soprattutto perché finalmente smettevo di dover scegliere tra lui e la mia vita. Gli offrivo di passare una vita con me, e invece per lui era un’alternativa: o lui o la mia vita. O io o la sua vita.
E allora lì gli ho detto di no.
E poi l‘ho lasciato.

Ma il mio cervello, che è stupido, ha catalogato quel momento tra quelli che non avrei voluto perdere mai, per la dolcezza e la passione, per la forza delle sue mani e per lo sguardo che l’omm della tempesta sapeva buttare sul piatto quando l’occasione lo richiedeva.
Anche se lì per lì ho saputo dirgli di no e uscire, anche se lì per lì tutta la sua dolcezza e tutte le sue mani aumentavano soltanto la mia rabbia, il mio cervello ha messo il ricordo nel cassetto sbagliato.
E per quanto adesso io mi sforzi, la razionalità è rimasta nelle dita, e nello stomaco è finito tutto il resto, nello stomaco è risorta la sindrome di Stoccolma.
La mia razionalità sa che anche quella era l’ennesima prova a perdere: da sola con lui, o da sola con gli altri. Insieme no, non era un’ipotesi contemplata da l'omm della tempesta.
Ma nello stomaco il ricordo del suo sguardo e delle sue mani bruciano come la cosa che non avrei voluto perdere mai, come l’ultimo passo sui carboni ardenti, come l’ultima figurina per finire l’album.

E quindi, scusatemi, niente squadra di softball, oggi.
Devo immancabilmente fare i conti con l’imbarazzante, incomprensibile e dolorosa imbecillità del mio stomaco.

martedì, novembre 24, 2009


Qualche giorno senza scrivere e mi ritrovo con strati di cose di cui parlare, come la polvere sotto i mobili bassi.
E altrettante da fare.
Infatti, sacrificando come al solito il mio cervello al dio del multitasking, sto contemporaneamente caricando le foto dei giorni di lavoro al Circolo Luogo dell'Anima su facciabuco.

Ho letto da qualche parte che le attività in multitasking bruciano chili di neuroni nel cervello di bambini e adolescenti che neanche la ketamina. Forse, visto che ho una vita così, in costante multilivello, forse sarebbe il caso che mi informarsi su cosa stia succedendo a me. Che se finisce che mi brucio come un punkabbestia, allora forse meglio le droghe.

Ho finito Guerra agli Umani e ho iniziato un pippottone di mille pagine di Lucio Magri sulla storia del Pci.
Ma perchè? Chiederete voi. Perchè, perchè, Nessie, soffrire?
Infatti me lo sono chiesto anche io, ho letto l'introduzione e poi sono passata al Libro delle liste, dove scopri le dieci scene tagliate dei film, i personaggi storici con il naso più lungo e i venti seril killer più pericolosi.
La storia del Pci la lasciamo sedimentare qualche giorno sul comodino.

Però, parlando di libri, pensavo ieri, nel mio meraviglioso giorno di recupero, dopo una maschera viso, uno shopping da intimissimi (voi li distinguete il rosa antico dal rosa fumè?), dopo una firma nuova sul contratto nuovo della casa vecchia, dopo la pulizia di una casa che stava marcendo, pensavo ieri, nel mio meraviglioso giorno di recupero bevendomi una tisana agli agrumi di sicilia al bar di Feltrinelli leggendo le Fiabe raccolte da Celestini, pensavo che da adesso in poi, come titolo del post scrivo il libro che sto leggendo.

Perchè intanto mi fa piacere dirvi se è bello, se è brutto, se l'ho lasciato a metà secondo i Dieci Comandamenti del Signor Pennac.
E poi, anche, perchè è uno specchio dell'anima, quello che leggi: se ti sembra brutto, se ti sembra bello, se lo leggi in due ore, se lo trascini come il mantello del Re Cetriolo in un'agonia di pagine. E, per inciso, il libro di Celestini non l'ho mica comprato al Supermercato di Feltrinelli, bensì alla mia piccola libreria preferita che sta al lettore come un cucciolo caldo alla felicità.

E così pensavo a questa piccola novità da blog, mentre bevevo la tisana, leggevo Celestini e mi preparavo spiritualmente alla prima lezione del ritorno della Nessie al Softball.

Perchè si, sono tornata a giocare.
Cioè, giocare.
Diciamo che sono tornata a correre sulle basi nella maniera migliore possibile, e cioè facendomi male ad un piede già dal primo allenamento.
Però, geniale.
E' stato un flashback pazzesco. Lo stesso campo e gli stessi guantoni di dieci anni fa. Lo stesso vento freddo, lo stesso sudore gelato, la stessa vibrazione dolorosa sulle mani quando, del tutto casualmente, riesci anche a battere la pallina.
Per fortuna, però, nessuna vecchia compagna di squadra rimasta uguale o morta per morte un po' peggiore.

Ma la squadra, ah, la squadra è un'accozzaglia meravigliosa di vite improbabili.
Ve le racconto domani, per dare il giusto peso alla cosa.
Vi dico solo che navigo, al solito, nell'improbabilità.
E questa volta mi sono pure tirata dietro il KGgB.

E la foto all'inizio del post?
La foto è la quota di follia del Lavoro più bello del mondo bis.
Venerdi partiamo con una macchina piena di materiali improbabili per portare la nostra mostra al museo di Pesaro.
Tra i materiali, 25 cuscini lasciati ad ammuffire per un anno nella casa di campagna del Pastore.
I cuscini, lavati e centrifugati, occupano adesso il cortile di Vico Dolcezza, sotto lo sguardo critico del Gatto Signor Siberia.
Pesaro.
Macchina.
Venerdi.
Ora che ci penso dovevo prenotare un Car Sharing.
Ovviamente, non l'ho fatto.
Io lo odio, il multitasking: finisce sempre che lascio indietro qualcosa mentre stendo 25 cuscini con le scimmie.

mercoledì, novembre 18, 2009



Tra il cervello e la mano di pestalozziana memoria, la sottoscritta ha sempre preferito il primo.
E guai a voi se ci vedete un doppio senso.
Una creatività teorica e grandemente teorizzata, accompagnata da un saper fare relativo: una brutta grafia, un disordine costante, una lontananza dal trapano e dal martello misurabile in ere geologiche. Parecchie difficoltà con il lego, un po' meglio con la sua versione autistica: il fascistissimo meccano.

Sono stata accompagnata da una delega costante all'agire pratico per quasi tutta la mia vita.
A me sembrava che metterci le idee fosse già abbastanza: che la pratica ce la mettesse qualcun'altro.
Da qualche mese, invece, ho dieci dita che hanno ritrovato la sicurezza in loro stesse. Forse hanno finito l'analisi anche loro.
La mia fricchettona preferita dice che mi sono riconnessa con luoghi della mia anima che avevo sepolto sotto metri di teoria.
Voi materialisti ( col vistro chiodo fisso) prendetela un po' come volete, però è vero che finalmente ho dieci dita che fanno qualcosa di più che scrivere e sfogliare le pagine di un libro.

Ieri, ad esempio, ho dato prova di eroismo pratico.
Ho guidato un furgone. Tutto io, tutta da sola.
Un furgone che non aveva lo specchietto retrovisore.
Che era alto qualche decina di metri.
Che era largo come una portaerei.
Che era pieno di pesantissimi legni: il paradiso del castoro.
E che andava parcheggiato con una manovra difficilissima tra due minuscole macchine.
L'ho fatto.
Ho fatto anche una retromarcia difficilissima, presa per il culo da un intero cantiere di operai.
Si, va bene, ho rigato la macchina entrando nel parcheggio.
Ma poco.
E poi sono macchine del car sharing: la scarsa abilità dell'autista è contemplata nel contratto.

Domenica scorsa, invece, mi sono vestita con una tuta bianca - che era da prima del g8 che non lo facevo più - e ho dipinto di giallo becco d'oca tutta una stanza del nostro nuovo circolo. Tutta da sola, che non c'era nessuno.
Il giallo becco d'oca è uno di quei colori che vedono solo le femmine e gli architetti.
Adesso ho un paio di scarpe giallo becco d'oca e un paio di jeans giallo becco d'oca. Perchè la tuta bianca non serve a ripararsi davvero. Avremmo dovuto ricordarcelo, al G8.
Comunque c'è un'intera stanza del nostro futuro circolo, quello si candidato a diventare il nostro luogo dell'anima, tutta dipinta da me medesima.
E un soffito sul quale ho sparso manciate di colla con una pennellessa per evitare la sfarinatura.
E una cucina ripulita da tutte le sue muffe e da tutti i suoi insetti.
Tutto fatto dalle mie dieci dita risorte.

C'era un capitolo, in centomila gavette di ghiaccio - librone moralmente massacrante sugli alpini in russia - in cui un soldato non ce la faceva più a camminare e chiedeva al Maggiore cosa poteva fare, che il piede sinistro non lo sentiva più. Il Maggiore lo fa sedere sul carro, gli fa togliere lo scarpone sfasciato e il piede è blu.
Allora il Maggiore gli dice di fare penzolare il piede giù dal carro e di farlo fregare nella neve. Piano piano, il freddo e l'attrito risvegliano la circolazione del piede sinistro e il soldato, come si diceva in un altro libro, arriva a baita.

Ecco, io mi sento così.
Che sono su un carro e sto facendo pendere tutte le dita per farle sfregare contro la neve. E loro piano piano si risvegliano e ricominciano a giocare.

martedì, novembre 17, 2009



Non ditelo a nessuno, che sto scrivendo il blog.
La lista delle cose da fare, tra oggi e domani, è lunga come l'attesa del buio nel ramadan. Ma io sfuggo, svicolo e scrivo qualche riga, complice un malumore da cattivo sonno che fa fuggire le colleghe a chilometri dal mio nervosisimo.
Ho passato una notte con i mostri nella pancia, e un gatto che mi guardava incazzoso mentre mi giravo per l'ennesima volta nel letto, svegliandolo ancora e ancora.

Ho una tendenza all'autocommiserazione, quando il mio stomaco si ribella. Invece di alzarmi e fare qualcosa - limone, bicarbonato, diger selz, magnesia, gaviscon, idraulico liquido - rimango a letto a sbuffare contro la malasorte. Finisce che mi abbiocco sempre troppo per trovare la forza di alzarmi in direzione basica, e sempre troppo poco per pensare di avere davvero dormito.

In compenso sto leggendo un libro geniale.
Guerra agli umani di Wu Ming 2.
Un libro scritto apposta per essere pubblicato da Einaudi. Per piacere ai trentenni. Per fare compagnia ad una donna che finalmente le è tornata la voglia di leggere romanzi, dopo mesi a saggi e schiacciamenti di testicoli tra pietre roventi.
Guerra agli umani è perfetto, se siete in un momento di riassestamento dei gusti e di pulizia della vita.

Infine.
La ragazza fuori moda prende sempre City per leggermi l'oroscopo, e io, l'oroscopo, di solito mi distraggo prima che la ragazza fuori moda abbia finito di leggermelo. Quando riesco a stare attenta fino alla fine, di solito è sbagliato.
(Ieri, sul treno, mi sono beccata delle botte di Orrida Materialista dalle mie amiche fricchettone, e così oggi mi va' di tenere alto l'onore, di corrispondere allo stigma).
Comunque, City non ha ragione di esistere sulla faccia della terra, oroscopo compreso.
Però oggi la sua orrenda rubrica "Hanno detto" ha il potere di cavare fuori un sorriso dalla mia faccia ingrugnata dal sonno: "X Factor? Non ci vado nemmeno se mi viene a prendere la polizia". (Franco Battiato).

giovedì, novembre 12, 2009



"Il problema è che sono stati asfaltati i prati e non i preti"
(Vista su Facciabuco)

mercoledì, novembre 11, 2009



Il mio karma, in questo periodo, ha deciso un po' banalmente di ripulirsi con traslochi e muri da ripitturare.
Sto impiegando il mio tempo libero in luoghi altrui, con vico dolcezza un po' immobilizzato nella sua polvere e nel suo pelo di gatto siberia, ma con una soddisfazione pari al più grandioso dei traslochi.

Al di là dell'inscatolamento compulsivo a cui tutta la comune-ty sta partecipando, e in cui trovo spazio per i miei rari lati ossessivi ("Se ho iniziato a inscatolare i fumetti devo finire di inscatolare i fumetti...! Perchè questa scatola è troppo piccola per i fumetti???!!"), anche il lavoro più bello del mondo sta dando una mano al mio bisogno di ordine e pulizia emotiva.

Così ieri sera, alle otto, io e altre dieci persone ci siamo infilati i guanti di lattice, tentando di ripararci dal tifo e della peste bubbonica, e abbiamo iniziato a ripulire un circolo abbandonato a sè stesso da mesi, e che ha solo venti giorni di tempo per tornare a brillare.
Sono spuntati animali, salami dolci marciti nel frigo, bottiglie di vino e muffa, quadri immersi di umidità, polvere, polvere, polvere, incomprensibili sculture, etti di the nero sparso sul pavimento, sculture di porcellana a forma di cane.
Abbiamo riempito 20 sacchi della spazzatura, due scatole di vetro da riciclare, altrettante di carta.
Siamo tornati a casa che sembravamo dei manovali sul treno del ritorno il venerdi pomeriggio.

Ma la gioia indescrivibile di aprire un freezer sbrinato non me la sarei mai aspettata, dal mio karma di due mesi fa.
L'idea stessa che stiamo lavorando per costruire un posto che sia accogliente per noi, ma che lo sia per tutti. L'immenso piacere di riempire venti sacchi di spazzatura urlando E questo cos'è???, la gioia di portare un barattolo con l'aria schifata al primo maschio nei dintorni e dirgli Lo apri tu, per piacere? Secondo me c'è qualcosa che si muove dentro...

Sarà banale, il mio karma, che si ripulisce con i traslochi, ma non l'aveva mai fatto prima.
Avvolgendosi su sè stesso come un riccio triste, rimuginando ferocemente sugli errori commessi, su quello che avrei potuto fare, dire, baciare, lettera e testamento per salvare la mia storia d'amore.
E invece questa volta io lo adoro, il mio karma banale. Che ripulendosi e svuotando frigoriferi marci evita l'autofustigazione e, anzi, si riempie di una rabbia che non avevo mai sperimentato.
Nessun tipo di recriminazione ma un sentimento di rabbia sana e incanalata, a metà strada tra Kill Bill e Million Dollar Baby.

martedì, novembre 10, 2009



Mentre tutta me stessa sembra convintissima di poter fare a meno di moltissime cose e, tra queste, di un fidanzato, il Generale Inverno mi ha suggerito che non potevo continuare a fare a meno di una ventola dell'aria calda per il bagno.

Così la mia vita, da ieri pomeriggio, ha virato verso l'ennesimo grado di felicità, dopo una doccia chilometrica, litri di crema corpo, la maschera capelli e quella viso, il tutto in un gradevole caldino, apprezzato anche dal gatto Signor Siberia, accoccolato tra il calorifero e la porta.
Il fatto che il commesso che mi ha venduto la ventola fosse anche uno degli uomini più carini mai visti nei vicoli, ovviamente, non c'entra nulla con questo grado di felicità.

Tutto intorno, nel frattempo, è tutto un riallacciare i rapporti con chi ho lasciato per strada nel mio delirio emotivo di coppia. Ho scritto una decina di mail in due giorni il cui tono era Hey, hey, hey, ero sparita ma sono tornata.
Ho preso the, cucinato e inscatolato libri con le amiche, e ho scoperto che c'è una sola coppia di nostra conoscenza, di tutte quelle che eravamo, che resiste all'usura del tempo. Tutte le altre esplose, scoppiate, litigate, sparite.
Non è un bel segnale.

Abbiamo fatto le nostre giuste e sacrosante lamentele sui maschi, sui trentenni, sulla società e sul mondo, arrivando alla conclusione che possiamo giusto sperare nella fine del mondo nel 2012.
Confidiamo nei Maya.
E nel frattempo ci impegnamo a dimostrare l'inconcludenza della sinistra, impegnando due settimane a decidere se fare o non fare i lavori di restauro al nuovo Circolo Arci.
Insomma, se la mia attività onirica non si stesse sviluppando come le muffe in vitro, dimostrandomi che la felicità forse è anche di questo mondo, ma non della mia situazione attuale, potrei anche definirmi allegra.
Venerdi c'è l'ennesimo, attesissimo concerto di Guccini.
Vedo se piango su Farewell e poi vi dico come sto veramente.

giovedì, novembre 05, 2009



Vico dolcezza è fatto così.
C'è vico dolcezza che è un vicolo stretto in cima a una scalinata dissestata.
A metà di vico dolcezza c'è un muro da cui spunta un alto albero di melograno.
Di fronte all'albero di melograno c'è un portoncino verde, incastrato in mezzo ad un muro alto due metri e mezzo, forse tre.
Se si apre il portoncino verde, si vede dall'alto un cortile, su cui si affacciano due porte a vetri, che si raggiungono con una breve e ripida scaletta.
Dietro alle porte a vetri, abito io.

Le porte a vetri, a differenza del portoncino verde, non hanno una serratura.
Volendo si chiudono da dentro, ma se si esce non si possono bloccare.
Io le chiudo sempre, però, perchè dalle porte a vetri entrano le lumache e gli scorpioni del cortile, ma soprattutto esce il gatto Signor Siberia.

Ieri notte sono andata a teatro.
Sono tornata che tutto era buio: buio il vicolo, che è saltato il lampione, buio il cortile, buia la casa, che la ragazza fuori moda era a vedere il jazz.
Ma le porte a vetri erano spalancate.
Tenpo di accorgermene, il gatto Signor Siberia è uscito in cortile miagolando disperato, e a me mi si è gelato il sangue.
Ecco, è entrato qualcuno.

Ho acceso le luci del cortile e ho scrutato attraverso le finestre.
Nulla.
Allora ho raccolto un sasso grande, ho preso in braccio il gatto Signor Siberia pensando, se tiro il sasso e il gatto sull'intruso, io scappo. E il sasso e il gatto non si fanno male, cadendo.
Ho respirato tre volte e sono entrata.
Il computer portatile era lì, nessuno l'aveva preso.
E' un computer del 2003, non vale nulla. Ma è in assoluto la cosa più preziosa che ci sia in casa.
Ho fatto un giro per casa, sempre col sasso, sempre col gatto.
Non proprio dappertutto. La stanza degli armadi non ci ho guardato.
Sono entrata in camera, col gatto e col sasso, ho guardato anche sotto il letto e poi mi sono chiusa dentro.

Una decina di minuti dopo è entrata la ragazza fuori moda.
Mi ha bussato e mi ha detto Ma il Signor Siberia è lì con te, che non lo trovo?
Si, ho detto io, perchè...Lei mi ha interrotto: Lo sai? Ieri, questo gatto ha imparato ad aprire le porte a vetri.

mercoledì, novembre 04, 2009



Ho come una sensazione di ritorno alla vita.

Ieri ho fatto uno sciopping così goduto, ma così goduto, che bisognava essere singol per goderselo così.
E' finito il mese da incubo del festival della scienza, è finita la storia con l'omm della tempesta, che è stato un dissennatore delle mie energie anche quando le cose andavano bene, figurarsi quando hanno inziato ad andare male.
Pensare che non devo più incastrare lui in ogni momento in cui non lavoro, vi giuro, è una sensazione di libertà che non avrei potuto immaginare anche solo dieci giorni fa.
Decidere delle mie libertà e dei miei spazi senza tener conto del fatto che lui lavora, no forse non lavora, ma avrà voglia di vedermi? Ma arriverà alle 8, alle 9, alle tre del mattino? E io sarò pronta? Avrò la casa pulita? Avrò fatto il silchepil?E lui avrà voglia di vedere i miei amici? Inorridirà davanti ad una cena della comune-ty? Allora forse è meglio stare soli io e lui. E avrò fatto la spesa? ...credo di sentirmi come Silvia Baraldini dopo la liberazione.

In tutto questo, ci sono mille cose da fare, sempre e comunque.
Quelle che ho scritto ieri, e altre. C'è un trasloco complicato, ad esempio.
Però c'è che mi sento libera di ritagliarmi anche un pomeriggio di sciopping senza quel senso di colpa costante di non stare facendo qualcosa di utile.
Vuol dire anche essere più tranquilla, avere più spazi, e gli spazi godermeli molto, ma molto di più.
Insomma, se vi fa piacere, sono tornata dall'esilio.
E' una sensazione meravigliosa.
Ho rinchiuso i secondini e mi godo le mie ore di libertà.

lunedì, novembre 02, 2009



E' stato tutto così complicato, che non sono neppure riuscita ad avvisarvi che sarei sparita per un po'.
Per giorni mi sono detta che avrei scritto due righe del tipo Hey, sono andata a comprare le sigarette, aspettatemi fiduciosi che torno, ma poi non sono riuscita neppure a scrivere quello.

Sono stata risucchiata nel turbine del festival della scienza, dove avevamo due mostre create dalla mia associazione che hanno visto un'invasione costante di bambini, tipo 2000 bambini in dieci giorni, una di quelle cose che non pensi sia possibile, e invece si. 4000 paia di piedi, altrettanti genitori, centinaia di risposte geniali (Chi ha inventato il cannocchiale? George Clooney! Galileo Galiloia! Archimede Pitagorico!) e di geniali affermazioni (No, perchè lo sai che io a casa ho un cannocchiale potente che sono sicuro, proprio sicuro che sulla luna ci sono i marziani, perchè li ho visti con il mio cannocchiale potente...? ).
E' stato bellissimo, è stato massacrante, è stato pochissime ore di sonno, due scrocchinquilini meravigliosi, è stato serate bellissime, pranzi sul molo, complimenti e soddisfazioni.

E' stato anche che ho lasciato l'omm della tempesta.

C'è una parte di me che vorrebbe usare il blog per cercare di spiegare, a me stessa prima che a voi, cosa siano stati questi 15 giorni con l'omm della tempesta in casa.
C'è una parte di me, invece, che pensa che non è il momento, che magari verranno fuori pezzettini di narrazioni, nei prossimi post, come nei sogni, quando le cose si assestano nei luoghi dell'anima, cambiando forma ma mantenendo il valore simbolico.

Non ve lo racconto, adesso, perchè sarebbe una lamentela da un solo punto di vista, il mio, che poi, insomma, non è neanche così importante.
C'è sostanzialmente che quando una persona ti fa venire l'orticaria facendo le stesse cose per cui prima lo amavi, quello è il momento di lasciarsi.
C'è anche che quando una persona smette di fare le cose per cui lo amavi e si impegna soltanto nell'orticaria, quello fa da disvalore aggiunto.
Così l'ho lasciato, con la stessa irruenza, forse, con cui mi ero innamorata di lui.
Manichea, siempre.

Ora mi tuffo nell'autunno, single e con un sacco di cose belle.
Ho da riaprire un circolo arci, gestione collettiva. Bellissimo.
Ho un'associazione che fa il botto.
Ho un lavoro bellissimo.
Devo cercare la mia casa nei vicoli.
Ho persino un sacco di soldi nel conto. Un sacco di soldi per essere io, eh. Lo dico per l'anonima sequestri. Ma insomma, dei soldini che se trovo la casa posso metterci anche dentro dei mobili, per dire.
Ho da progettare il guerrilla garden a genova.
Ho un appuntamento per proporre un libro per bambini.
Ho una bicicletta con la catena a forma di serpente.
Ho una sorella che si impreziosisce del suo lato sociale.
Voglio comprare un cappotto.

Non avevo bisogno di essere single, per fare tutto questo.
Sarei stata felice di fare tutto anche mentre mi coccolavo la mia storia d'amore.
Ma ci vogliono due cose, per coccolarsi una storia d'amore.
Le coccole.
E l'amore.
Dal momento che con l'omm della tempesta sia le coccole che l'amore ottenevano gli spazi residuali della sua vita, dal momento che alle coccole bisogna saper dare una forma e io non l'ho mai vista, allora va bene così.
Che mi tengo la mia vita piena di cose belle, e mi metto di nuovo in attesa delle coccole e dell'amore.
Del resto, è anche morta Alda Merini.


Non ve l'avevo neppure detto, che non avrei visto un computer per 15 giorni.
Scusatemi.
Ma sono tornata.
Non vedo l'ora di trovare il tempo di scrivervi.
Prima di tutto, ho 144 mail da leggere, però.
A dopo.