giovedì, novembre 29, 2007



UN PICCOLISSIMO CONTRIBUTO ALLA QUESTIONE SVIZZERA


Il nostro piano oggi è pieno di migranti che aspettano il loro turno per essere aiutati con le Domande del Decreto Flussi.
Io non posso aiutarli con il burocratese, ma sono uscita nel corridoio con tutte le sedie del mio ufficio. Almeno aspettano seduti.
Una signora araba, molto elegante, con un velo ricamato e un libro sottobraccio con una copertina di pelle lucida, mi ha sorriso e mi ha detto Lo sa lei cosa vuol dire emigrare? Vuol dire non trovare mai una sedia per riposarsi un po'...



mercoledì, novembre 28, 2007


C'ERA UNA VOLTA...

Il giorno della mia nascita ci fu una grande festa, al castello.
Tutti furono invitati. Tutti tranne la Strega Nera Carogna della Fogna.
Dopo il banchetto, le tre fatine buone si avvicinarono alla mia culla, mentre gli invitati trattenevano il respiro.
La prima fatina, scuotendo la sua bacchetta magica, mentre l'aria si riempiva del canto dolce degli uccellini mi sussurrò "Ecco il mio regalo, Nessie: grazie al movimento di questa mia bacchetta tu sarai per sempre una meravigliosa testa di cazzo".
Gli invitati sorrisero contenti.
Si avvicinò la seconda fatina e, mentre in aria si libravano mille e mille farfalle mi disse: "Ed ecco invece il mio regalo, Nessie: grazie al movimento di questa mia bacchetta sarai per sempre incapace di nascondere le tue emozioni. Impara a sfruttare questo mio dono".
Gli invitati sorrisero, iniziando a capire con quale massa di problematicità semovente avrebbero avuto a che fare nei successivi anni, ma in fondo contenti.
Già la terza fatina si stava avvicinando alla mia culla quando apparve lei, La Strega Nera Carogna delle Fogna.
Si avvicinò a me e, prima che qualcuno potesse fermarla, urlò
"Non mi avete invitato? Allora questa sarà la mia vendetta: vostra figlia Nessie crescerà testadicazzo, crescerà emotiva ed empatica... ma anche fascista! populista! arrogante!... e xenofoba! Sosterrà che è un dramma che in Italia ci siano più moschee che galere, leggerà Oriana Fallaci, inorridirà davanti ai No global, agli "sfascia tavole calde" e agli "sfascia bancomat" inneggiando a Borghezio, alla pasqua santa e a Ruini leggendo Libero sul tram. E sarà....cattoooolicaaaa.
Ciò detto sparì in una nuvola puzzolente.

Il re, la regina e tutti gli invitati si disperarono e chiesero in lacrime all'ultima fatina di intervenire, di fare qualcosa.
"Purtroppo non posso cancellare l'orrida maledizione - disse la terza fatina ancora sconvolta - ma posso tentare di allontanare l'anima nera che è stata inflitta alla Nessie dalla Strega Carogna della Fogna".
Ti prego, ti prego - dissero tutti - siamo nelle tue mani!"
La terza fatina agitò la bacchetta, e un fantasma nero e puzzolente di olio di ricino e brutti ricordi si levò dalla mia culla e scappò via dalla finestra, tra le urla festanti degli astanti.
Quando gli applausi scemarono, le fatine chiesero la parola e dissero: "Ricordatevi che l'anima nera della Nessie non è stata cancellata, è solo uscita dal suo corpo. Troverà un luogo dove installarsi e si comporterà esattamente così come le è stato ordinato dalla sua creatrice, mantenendo lo stesso nome e magari anche gli stessi gusti estetici della nostra piccola Nessie. Dovete soltanto ricordare - conclusero le fatine - di ignorare per tutta la vita ogni suo tentativo di riavvicinamento e di contatto, perchè anche una sola parola potrebbe risvegliare i terribili fantasmi del passato".

Ciò detto le fatine volarono via dalla finestra, tra gli applausi di chi ben sapeva che il loro intervento aveva salvato la piccola Nessie da una triste vita di odio, paura e schifoso razzismo.
THE END

STARWEY TU HEVEN

In vico dolcezza hanno tolto le impalcature.
Ed è comparso il cielo: fa capolino dopo la curva, come uno spicchio di arancio blu tra le case.
Adesso è tutto più largo e si vedono i colori nuovi dei muri.
La larghezza, nei vicoli di genova si misura con il sistema numerico comunemente detto Principessa principessa quanti passi devo fare.
Senza le impalcature, vico dolcezza misura tre passi da formica, uno da gambero e tre da lepre dei tetti.


lunedì, novembre 26, 2007








APPELLO, SERIO, SERISSIMO.


Lidia Menapace dice che stiamo correndo il rischio, concreto, di scomparire.
Di fare la fine di Nader in 'Merica, di diventare un piccolo gruppo di simpatici rompicoglioni, un pidocchio del partito democratico, una pulce del partitodelpopolo.
Noi, i nostri ricordi di rivoluzione, le nostre illusioni di pacifismo, le nostre rimembranze di welfare.

Uno dei modi più semplici, più veloci per farci scomparire, è quello di non farci più sapere nulla. Che senso ha la sinistra se non c'è più un proletariato, se nessuno lotta più, non lo vedete che siete da soli, che siete una specie in via d'estinzione? Il mondo è a Garlasco, a Cogne, allo stadio e nei salotti politici, dove ci si sorride e ci si dà del tu anche con i fascisti.

Se continuano a dirtelo, che sei da solo, perchè nessuno ti parla degli scioperi dei precari della omnitel, delle vittorie a Termini Imerese, dei cortei delle donne o dei migranti, poi finisce che sei solo davvero, perchè non sai più dove incontrarli, gli altri.

Non è più tempo di censura a inchiostro nero, ci si risparmia direttamente di scrivere.

Non possiamo permetterci questa sparizione delle notizie, perchè in gioco c'è la nostra sopravvivenza.
Una lotta, una discussione, una critica, una manifestazione, uno spettacolo teatrale, un libro, un saggio di cui nessuno parla è come una recita di natale per i parenti.
Per lottare, per discutere, per criticare, per manifestare, per scrivere, bisogna innanzitutto conoscere.

"Cuore" è morto, "Diario" è morto e "Il manifesto" non sta tanto bene.
Io rinnovo il mio abbonamento al Manifesto, quest'anno, non tanto e non solo per ridacchiare delle prime pagine e per il profumo della carta di prima mattina, ma anche e soprattutto come scommessa sul futuro.
Semplicemente perchè non possiamo permetterci di restare soltanto con Repubblica, come non ci possiamo permettere di rimanere soltanto con TopolinoVeltroni.
Se muore il manifesto, anche noi stiamo molto peggio.

Un quotidiano, diceva Pintor, il giorno dopo è buono soltanto ad incartare il pesce.
Difendiamo il giorno prima.










giovedì, novembre 22, 2007


GIOVEDI, NEVE e IMPREVISTI RITORNI

...so già che per un momento sarà pieno inverno...


mercoledì, novembre 21, 2007



PICCOLA CITTA', BASTARDO POSTO (...come promesso...)

Cos'è una città, e soprattutto chi sono i cittadini?
I cittadini, sicuramente, non li incontro quando torno a casa dopo l'una di notte. Le undici, nei feriali.
Topi a parte, io incontro soltanto quelli che non hanno diritto di voto.
Se sei una donna senza macchia e senza paura apparente, qualcuno che cammina con te nei vicoli, tornando a casa, è una garanzia.
Perchè dei cittadini non mi fido molto.
Io credo che se mi metto ad urlare nei vicoli, i cittadini sono quelli che dormono con i tappi nelle orecchie, e per fortuna ci sono i senegalesi e gli erasmus. Che magari sono ubriachi, ma quello che conta è che ci sono. E se sono tanti, è probabile che io non mi trovi mai nemmeno con la necessità, di urlare.

A me, i cittadini non piacciono molto.
Perchè me li immagino sempre con queste radici che affondano nell'appartamento, e arrivano al marciapiede, e si insinuano nei monumenti e nei valori dei tempi antichi che non sono mai come se li ricordano loro.
Qui, i cittadini leggono ilsecoloxix. E basta e avanza, per farsi un opinione.

Mi piacciono molto, invece, quelli che passano, quelli che lasciano le tracce e poi vanno a portare le impronte da un'altra parte, quelli che arrivano con un accento e ripartono con altro. Quelli che a volte si fermano lì, ed è una scelta. Quando ti fermi per scelta - o per scelta non te ne vai - sei un cittadino.

A me questa critica degli studenti che urlano, che sporcano, che consumano, che fanno le feste, che si alzano tardi e ancora più tardi vanno a dormire, mi sembra una critica da circolo della bocciofila.
Perchè una città vive, anche, dei suoi studenti ritardatari, delle sue lingue erasmus, delle sue biblioteche piene. E una città non dovrebbe dimenticarselo, che se non fosse per i suoi cittadini saltuari, avrebbe molte appendici morte.

Ma anche, credo, si dovrebbe insegnare a quelli che passano, a quelli che arrivano con la valigia dello studente, che una città è come un campo.
E se il ricambio, proprio come per i campi, è fondamentale alla sopravvivenza, alla fertilità, è anche vero che un campo non lo si calpesta, non ci si fa sopra il barbecue dimenticandosi poi i bicchieri di plastica e le bottiglie vuote.
Ma soprattutto andrebbe ricordato che un campo va arato tutto, mica soltanto il centro e i locali con la birra nei bicchieri di plastica.
Se è vero che le città si arricchiscono di questi passaggi europei, anche gli studenti dovrebbero arricchirsi, ripartendo con un pezzo di città nella valigia.

Un pezzo di città lo conquisti in tutti i modi del mondo, magari parlando, o prendendo gli autobus piccoli, quelli che viaggiano ancora in dialetto, o ancora mischiandoti ai vicoli, ma anche alle periferie.
E, a volte, anche leggendo il secoloxix, se serve. Tanto tu, poi, puoi rimetterti a comprare il times o le monde.

Sarebbe bello avere delle città così.
Delle città che siano scambi veri e non dei centri commerciali, dei lunghi sabati pomeriggio dei tuoi anni universitari.
Sarebbe bello che tutti fossero cittadini, che decidessero anche loro, per noi, finchè ci sono. E che continuassero a decidere con noi, se si fermano qui.

Una città che sia un porto, un campo, una strada di passaggio e, quindi, una città.

martedì, novembre 20, 2007



GELIDA GILDA

Possiamo tranquillamente affermare, per esperienza diretta e ripetuta, che Vico Dolcezza non si scalda con il riscaldamento della sera.
Bisognerebbe attaccarlo dal mattino, per riuscire a stare fermi senza una piuma sul cappello e una grolla di grappa dopo il tramonto.
Il che spiega, tra l'altro, la bolletta da centoquaranta euro calcolata sui consumi 2006 della nonna Minni.

Ieri.
Serata d'inverno, stanchezza primordiale, solitudine casalinga, film in bianco e nero.
Gilda, il film.
Caloriferi caldi e piedi freddi.
Un sacco a pelo, un maglione rosso che sembra la vestaglia da camera dell'ispettore cluseau, un ulteriore coperta e il the.
Ogni volta che accumulavo abbastanza calore umano, tra i vari strati lanosi e piumosi, ecco che Matusalemme, il computer dell'età del ferro, decideva che la memoria virtuale non bastava, a farmi vedere il film, e bloccava tutto con un gemito rassegnato. Che vuoi farci, è la vecchiaia.
Così, ogni quarto d'ora, un piede poi l'altro piede, appoggiando la tazza in bilico, scostando la coperta e il sacco a pelo, emergevo per far fronte all'ingiustizia tecnologica.
Freddo, freddissimo.
E il the, alla fine, ormai gelato.
Così, è ovvio, il film non mi è piaciuto.
Strano, perchè era in bianco e nero, era del 46, era relativamente lento, c'erano dei vestiti bellissimi e una vaghissima trama noir. E un paio di guanti neri di seta che uuuh.
Forse è che ruotava tutto intorno al monopolio del tuncsteno, che non so nemmeno come si scriva.
Forse è anche che ho capito tardissimo che la ragione per cui Lui odiava Lei era perchè Lei era una gran libertina, che addirittura saliva nella macchina di un accompagnatore ricco, bello e ambasciatore in argentina.
E' mi è sembrata una ragione scema per odiare Rita Hayworth che non ci si crede ad un uomo che resiste a quei capelli, a quelle gambe, a quel sorriso e a quei guanti neri di seta. Nel '46, poi. Dove in Argentina erano tutti nazisti in fuga e Rita Hayworth.
E metteteci anche una punta di invidia, va', immersa dentro il vestito dell'ispettore cluseau.

Ho messo a nanna Matusalemme con la punta acida di quando hai selezionato il film sbagliato nella serata giusta. Come quando lasci un libro a metà e ti dispiace, anche se sai che è Supremo Diritto del Lettore.
Ma poi, a scaldare la mezzanotte invernale, è arrivata mia moglie, mia moglie e la sua meravigliosa incoerenza, mia moglie che scappa dalla coppia ma poi la porta a casa a dormire. Mia moglie nel migliore dei suoi periodi libertini, e proprio per questo così adorabile.

domenica, novembre 18, 2007


MIGNANEGO E NUVOLE, E IL VENTO SUONA LA SUA ARMONICAAAA

Eravamo d'accordo che vi avrei raccontato di quando io e l'amicaE abbiamo rischiato di finire ad Alcatraz per colpa di una nano di Forzitalia.
Eravamo d'accordo con l'amicaE che ve l'avrei raccontato, così poi invece lei vi raccontava di come ci siamo vendicate di lui, ieri in corteo.
Che era un corteo freddo, ventoso e francamente un po' noioso, neanche un ultrà a ravvivarci, neanche un thermos di caffè corretto.
Ma per fortuna ci siamo inventate una vendetta partigiana verso le cinque del pomeriggio. E ve la racconterà l'amica E, io vi dovevo parlare dell'antefatto.

Ma non ve lo racconterò, oggi.
Perchè, oggi, sono finita a guidare nei monti invernali per cercare il teatro dove dovevo lavorare.
E immancabilmente mi sono persa, su per i tornanti dei Giovi.
Ed era tutto un silenzio, tutto un profumo di legna bruciata.
E c'erano le nuvole che sembravano Magritte.
Con la gialla macchinina in prestito, che mi piace guidarla.
Anche se non ci ho mai pensato tanto su.
Ma adesso che ci penso a me guidare piace di molto.
Da sola, soprattutto.
Perchè la verità è che non sono capace, a guidare. Ma da sola non se ne accorge nessuno.

Così, guidavo contenta di molto tra le foglie rosse e i monti incombenti, ho pescato nel cruscotto una cassetta che sapeva tantissimo di anni novanta e ho continuato a macinare curva dopo curva, cosciente della direzione sbagliata.
Poi, insomma, il senso del dovere e la vicinanza di Busalla, che non ha niente di intimista, niente di profumo, niente di Magritte, niente di niente, alla fine ho fatto inversione e sono andata a lavorare davvero.
Ma adesso che sono tornata indietro alla città e alla tecnologia, non esiste nessun nano di forzitalia, nessun corteo.
Esiste solo il profumo della legna e gli alberi rossi dell'autunno freddo.
Alla politica ci ripenso domani.

giovedì, novembre 15, 2007


LA GENTE DELLA NOTTE FA LAVORI STRANI...


Nella mia vita precedente io mi dovevo sposare.
Non eravamo ancora alla discussione sul catering per il rinfresco, la bomboniera di porcellana, il gioco dei testimoni di nozze, ma ci pensavamo sul serio.
Eravamo alla fase Ma come sarebbero belli i nostri figli, con i miei occhi e i tuoi capelli.
Quando ci siamo lasciati io avevo il mio comodino a casa sua, la mia camicia da notte, il ricambio e i miei asciugamani.
Avevamo il servizio di piatti romantico da due e anche un paio di libri miei per le serate d'inverno.
Eravamo cresciuti insieme e pensavamo di continuare a farlo.


Lui tornava a casa con il cappotto nero e i cd in prestito dal negozio che sbucavano dalle tasche.
E li ascoltavamo sdraiati a letto Tu cosa ne pensi? E non eravamo mai d'accordo.
Poi è finita, con coerenza è finita, lo stesso giorno che era iniziata, è finita, sei anni più tardi.



Io sono scappata in Francia, così potevo permettermi di stare male uguale, ma da lontano.
E poi basta, poi io le mie mille storie e lui la sua collega videogioco.
Un dubbio al mese, circa, sull'Avremo fatto bene? E se abbiamo sbagliato tutto? E se io ho confuso la mia voglia di Francia con la fine di un amore?
Un dubbio al mese, poi ogni due mesi. Poi ogni tre.
In questo periodo ero alla fase dubbio con cadenza semestrale.


Ma poi è successo che ci siamo sentiti per telefono.
Ieri.
E ho scoperto che si è licenziato dalla libreria. Così, si è levato di dosso il suo contratto a tempo indeterminato, allo stesso modo in cui si era scrollato via la sua casa da solo ed era tornato da suo papà.
E adesso consegna pasta fresca per conto del suo migliore amico.
Perchè cioè.
La notte.
L'indipendenza.
Gli amici.
La macchina.
MicchiamoGiovanotti efaccioildiggei Nonvadomaiaddormire pirimadellesei


...

...



Tu pensi che sia un maschio, invece è soltanto un bambino alto.

mercoledì, novembre 14, 2007



PROGRAMMI, PER SABATO POMERIGGIO?


Lo Stato (portate un po' di rispetto) ha chiesto un risarcimento di 2,5 milioni di euro per danno all'immagine a carico dei 25 imputati accusati di devastazione durante il g8 di Genova. Insomma, il mondo ci stava guardando e noi abbiamo fatto una bella figura di merda. Il conto, 100 mila euro a testa, è stato presentato dall'avvocato dello Stato Ernesto De Napoli.

Ma allora, se proprio dobbiamo fare i conti, consultiamo alcune voci del tariffario ufficiale.
I finti alberi di limone piantati da Berlusconi per fare bella figura: 100 mila euro.
Le finte molotov portate alla scuola Diaz, la macelleria messicana: 1 milione.
Le chiazze di sangue impastato sui muri: 3 milioni
Le torture di Bolzaneto: 5 milioni (cui bisogna aggiungere la brillante carriera del medico torturatore, 8 milioni)
I carabinieri travestiti da black bloc: 10 milioni
L'ex capo della polizia De Gennaro promosso da Prodi: 50 milioni
Le teste spaccate dei manifestanti a braccia alzate: 100 milioni
Carlo Giuliani non ha prezzo, ma il poliziotto che gridava "l'avete ammazzato voi" si: 200 milioni.

Ridateci almeno questi, perchè il danno (non di immagine) fatto alla democrazia, quello, non si può risarcire.

Luca Fazio, Il Manifesto 27/10/2007

martedì, novembre 13, 2007



BUON APPETITO, WEBER

Oggi sono stata mangiata dall'INPS.
Dopo un'ora di coda, sono stata ammessa nello stomaco della burocrazia con passaporto pluritimbrato, settimo piano quarto ascensore.
Nel viaggio attraverso il tubo digerente mi ha fatto compagnia il Robinson Crusoe degli archivi, il Caronte dei fogli ingialliti.
Ha boffonchiato da dietro una torre di carte ingiallite Che piano?, e poi è scomparso in un momento di distrazione della sottoscritta, impegnata a guardarsi la punta dei piedi.
Al suo posto sono comparse le tre Parche, tessendo il filo del sussidio di disoccupazione, parlando di libri che non riescono a leggere, di scarpe strette, di giacche invernali, di mezze stagioni.
L'unico uomo, che resisteva all'attacco dei succhi gastrici, mi ha sorriso timido, con lo sguardo che rimbalzava dalla punta delle sue scarpe. Ci siamo sorrisi a mezz'aria e poi sono stata espulsa dall'ascensore.
La gentilissima impiegata dell'ufficio 274 bis scrivania a destra attenda il suo turno si è segnata il mio numero di telefono e ha detto che sono un caso difficile.
Niente di nuovo.
Alle undici in punto sono stata vomitata fuori dall'INPS, non ancora digerita dagli ingranaggi della burocrazia. Ancora una volta salva, ancora una volta senza una buona notizia, ancora una volta con questa curiosità ammirata per stomaci così diversi dal mio.

lunedì, novembre 12, 2007

TENEREZZA, INVERNO e LUNEDI






Ognuno ha un compito nella vita
Io, voglio aspettare l'Aurora
(Vladimir Vysotsky)

venerdì, novembre 09, 2007



IL RACCOGLITORE DI FULMINI

Quando abbiamo iniziato il festival della scienza il primo anno eravamo piccoli.
Eravamo studenti, eravamo universitari, eravamo ancora fermi al rum e pera.
Poi sono passati cinque anni e siamo cresciuti tutti.
Qualcuno è andato per età, qualcuno perchè è già dottore.
Ma molti tornano, anno dopo anno. I tossici del festival della scienza.
Alcuni fanno le persone serie tutto l'anno e poi prendono ferie per poter continuare a respirare quell'aria da città europea.
Molti non crescono e bevono ancora rum e pera nelle pause tra un turno e l'altro.
Gli ingegneri sono inconfondibili, nella loro pedanteria. I biologi sono quelli chesi immergono nelle cose. I fisici sfuggono alla comprensione umana. Quelli che fanno un lavoro brutto durante l'anno li riconosci perchè a volte si portano dietro la stessa noia anche in mostra, a volte invece perchè sono una molla di adrenalina comunicativa. Quelli del lavoro brutto li vedi arrivare all'ultimo turno con gli occhi già fissi sulla scrivania che verrà il giorno dopo, e ti dispiace così tanto per loro che vorresti abbracciarli, se non fossi impegnata a mescolare il gelato con l'azoto liquido.

Io ho la fortuna che finalmente faccio un lavoro bellissimo anche quando non c'è il festival della scienza.
E quindi l'ultimo turno di martedi è stato solo un problema di clima, non di lavoro.
Perchè adesso ho capito cosa voglio fare, e soprattutto ho capito cosa ho fatto fino ad adesso.
E vorrei riscrivere il mio curriculum cancellando tutti quei paroloni da lavoro serio e lasciare scritto soltanto che sono nove anni che il mio lavoro è inventare un mondo con i bambini.
Ovunque, dappertutto.

Ho inventato un mondo a scuola, per strada, alla città dei bambini, ai parchi giochi, alle feste di compleanno, nei centrisocioeducativi per bambini tristi e al doposcuola dei bambini ricchi e nei pomeriggi con i bambini allegri. Ho inventato mondi con i bambini anche solo un pomeriggio, o costruendo piano piano una storia che funzionasse su argomenti assurdi, stupidi, noiosi. Abbiamo inventato dei mondi sul corpo umano, su van gogh, su darwin, sulle rane e i girini, sui problemi di matematica e la noiosissima grammatica. Abbiamo fatto i giochi d'acqua agli asili estivi e abbiamo scoperto insieme che cosa sono le energie alternative e che Yves Klein andava in giro a raccogliere i fulmini con una tela bianca sulla due cavalli.
E ci siamo detti Ma perchè prenderlo sul serio, uno così? E poi l'abbiamo preso sul serio, e abbiamo costruito un mondo di filosofia bambina.
Alcuni di questi mondi li ho costruiti al festival della scienza, mentre intorno ruotavano cinquecento persone, cinquecento storie in maglietta bianca e lasciavano le loro tracce, lasciavano che il loro stile si confondesse con il mio.
Ho incontrato mille bambini in dodici giorni, per cinque anni, e non mi sono stancata di raccontare loro la storia della sula dai piedi azzurri che salva il cucciolo dalla fregata o dei fulmini di Klein o di come comportarsi in un black out o ancora delle particelle grasse e quelle magre che non superano le sbarre dei filtri polaroid. E' un mondo nuovo ad ogni turno, come non sono mai uguali le domande e le osservazioni. E' un mondo di cervelli che saltellano, tutti pieni di domande.

Tra una sula e una tartaruga delle galapagos, quest'anno ho trovato un'ora per sdraiarmi sul molo e lasciare che il sole del tramonto mi asciugasse la fatica.
E se ancora non sono riuscita a capire veramente chi sono, ma giuro che sto cercando di capirlo, mi è apparso finalmente ben chiaro cosa voglio fare della mia vita.
E soprattutto è in quel momento che mi sono accorta che è proprio quello che sto facendo.
E' una cosa bellissima.

giovedì, novembre 08, 2007


MATITA ROSSA MATITA BLU


In queste due settimane di assenza, i miei lettori si sono sentiti liberi come una classe in mano ad una supplente stanca.
Così scianistat mi racconta di frequentatori saltuari arrivati al mio blog cercando sexi schop in roma aperti la domenica, telecameri, fila de gente, bela ciau ciau, i gatti cuando giocano,le immaggini più sceme, aeri mecdonald.

Eccolo, il meraviglioso filo rosso della grammatica della fantasia....

mercoledì, novembre 07, 2007

IL FESTIVAL DELLA SCIENZA E' FINITO...

Datemi ancora un paio di giorni
per ritirare la testa dentro casa
salutare gli scrocchinquilini sulla porta
svuotare la cesta dei vestiti da lavare che mi vomita sul pavimento
riprendere un ritmo di vita umano
schiacciare sotto il piede la tristezza.
Poi, torno a scrivere