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martedì, aprile 06, 2010



Sparire dal mondo, a piccole dosi, non è poi così difficile.

Sono partita, giovedi, con lo zaino che compie quest'anno i 15 anni di vita e i circa due milioni di viaggi, per andare a fare la volontaria al Cirtical Wine di Montaretto, che è una cosa bellissima in un posto bellissimo.
A Montaretto non prende la omnitel, se non in unico punto dietro la chiesa e al bivio con il murales dello sciopero al contrario. Del resto non prende neppure la Tim, la Tre, e poco la Wind. Ci si parla via radio. O a voce, ovviamente.
E un posto solo ha internet: l'ostello.

In compenso, però c'è La casa del popolo, c'è il campetto da calcio Lenin, c'è il campeggio dell'Anpi, c'è il Critical Wine, c'è il pranzo sociale del Primo Maggio, c'è la vista più incredibile, c'è le stelle, c'è i bambini che girano da soli, c'è il calcetto, c'è un sacco di gente meravigliosa. E quindi c'è che è facile arrivare il giovedi e dimenticarsi del resto del mondo fino al lunedi sera.
Durante il Critical Wine ci sono i produttori, i figli dei produttori, i volontari, i musicisti, la gente del paese, i vecchietti, i cuochi, gli aiuto cuochi, i dj, quelli che passano di lì.

Io, quest'anno, ero volontaria.
Ho fatto volantinaggio alle 5 terre.
Sono stata alla cassa a vendere i bicchieri.
Sono stata al bivio a bloccare i milanesi che volevano scendere con il suv in paese.
Sono stata in cucina a lavare i piatti.
Sono stata promossa sul campo da lavapiatti ad aiuto-aiuto cuoco, con un'emozione che neanche quando mi hanno eletta al congresso provinciale.
Ho fatto colazione la mattina con fette biscottate e tajin, davanti al cielo più bello del mondo.
Mi sono scolata sotto il temporale.
Mi sono fatta un mazzo tanto con i piatti.
Ho conosciuto un milione di persone che non vedrò più.
E un milione che vedrò ancora.
Ma soprattutto, sono stata volontaria.
Che è una parola bellissima.
Che è una parola tremendamente fuori moda.
Ma che se dovessi dirvi qual'è la mia parola del 2009-2010, questa parola sarebbe Volontaria.

C'è un senso grande, in questo andare ad aiutare senza guadagnarci nulla, se non, appunto, la condivisione e il divertimento, che la nostra generazione aveva dimenticato.
Tutti impegnati ad arrabattarci dietro la vita, ci siamo dimenticati della bellezza di fare le cose per il gusto di farle.
Parafrasando Benedetto Croce (e De Andrè) credo che la mia generazione si sia ad un certo punto convinta che tutti siano volontari, fino a 18 anni, e che dopo rimangano a farlo soltanto gli eroi e i cretini.
Non è così.
E' un parametro diverso.
Ci sono delle cose, degli eventi, dei luoghi, dei momenti, che non potrebbero esistere senza i volontari.
Il Critical Wine è uno di questi, il Circolo Luogo dell'Anima è un altro, e chissà quanti altri ce n'è.

Il Critical Wine ci va un milione di persone, che parlano, che scoprono un modo diverso di vivere, che parlano con i produttori, che bevono un caffè alla casa del popolo, che aspettano pazienti il turno per mangiare, che ascoltano della bella musica, che semplicemente stanno in un posto bellissimo per 5 ore.
Questa cosa è importante.
In questo mondo di casino e depressione, è una cosa importantissima.

Io, in quatro giorni, mi sono sentita orgogliosa di poter dare una mano ad una cosa così.
Con tutti i limiti, come sempre.
Ma con l'idea precisa che ci sono delle cose che non c'entrano nè con i soldi nè con la fatica, ma c'entrano con la qualità della vita.
Lo scopo comune, l'aiuto, l'ironia, il cazzeggio e la serietà, il senso, la politica. Sono le cose che abbiamo perso, e che a Montaretto si trovano ancora.
Sono cose di sinistra.
Sono LE cose di sinistra.

Io credo che dobbiamo tutti tornare a fare i volontari.
Per noi stessi, principalmente; e, di conseguenza, per gli altri.
Oppure il contrario.

lunedì, marzo 22, 2010


Tornata dalla Svizzera.
Come al solito, ho seminato briciole di cuore tra il Canton Ticino e la Liguria, e adesso che sono tornata mi manca un pezzo.
C'è un filo che mi lega, fortissimo, e devo solo capire come ascoltarlo.
Domani ve ne parlo.

giovedì, giugno 18, 2009

Rubate dieci minuti del vostro tempo per commuovervi un pochino anche voi davanti a quello che eravamo e a quello che ancora siamo.


Non so se raccontarvi prima della triste metafora o della bellissima conferma sociopolitica.
Facciamo la triste metafora, va’, che è veloce, concisa e facilmente comprensibile: le stanze dove si svolgono le riunioni di S e L nei vicoli sono invase dagli scarafaggi.
Scarafaggi grossi, schifosi e incuranti di ogni tentativo di rinascita della sinistra.
Superato il trauma, abbiamo fatto riunione al bar.

Detto questo, se riesco ad evitare di essere traviata dalle metafore, la serata mi ha regalato una collana di notizie confortanti e un singolo cameo di disperazione, che tengo per ultimo.

Una prima notizia confortante è che i voti a Genova per S e L sono stati più o meno nella media nazionale, ma c’è un quartiere dove abbiamo superato il 10%, e quel quartiere è il mio.
Sarà anche una notizia completamente autoreferenziale, però è importante sentirsi a casa in casa propria.
Tra l’altro, lo dico per la Comunety, un altro posto dove siamo andati bene è la zona dell’amica E. e del G punto. Insomma, continuiamo a vivere in un’oasi, e non dobbiamo dimenticarcelo.
Avrete peraltro notato che non sto citando il nome del partito: lo faccio per evitare che i potenziali elettori, cercando su quel libro degli errori che è gugol, finiscano qui invece che nelle pagine tutte carine del sito ufficiale, e per prima cosa si trovino davanti alla triste metafora degli scarafaggi.
Facciamo che questa è l’azione antifascista della settimana.

Ma la vera, vera fonte di gioia in questa riunione al bar è che c’è un gruppo che sta lavorando per aprire un circolo arci nei vicoli, che sia anche luogo di riunioni per S e L, ma anche un circolo con le cose dentro dei circoli, con i tavolini, con le birre, con la musica, con la chitarra.
Per spiegarci, alla riunione, dicevano Diciamo una casa del popolo.
Io a questa cosa qui già mi brillano gli occhi.
Perché è veramente il riassunto di tutta la mia ricerca politica, che da sempre sbanda e che da sempre cerca casa.
E la casa non può essere altro che una casa del popolo.
E’ la conferma sociopolitica di tutto quello che ho sempre pensato e cercato e lavorato per avere.
Il bisogno di un luogo di aggregazione, ma anche di discussione, dalla forte connotazione culturale, un posto dove fare le cose, dove arrivare la sera e trovare le persone per le chiacchiere o per le canzoni, un posto dove fare le cose della politica, del sociale, per i bambini, per gli adulti. Un luogo che sia un contenitore pieno di contenuti.
E tra l’altro, sarebbe affianco a Stavros, perché tutto torna, sempre.
E’ una notizia bellissima.

Ma visto che l’ottimismo e la gioia esondano da questo post, e l’ottimismo non si addice a questi tempi tristi, non posso che chiudere con il cameo di disperazione.
A questa riunione c’erano persone carine, un matto psichiatrico come ad ogni riunione che si rispetti, e uno sfigato cosmico.
Lo sfigato cosmico alla notizia che S e L ha aderito ufficialmente al gaypride esclama Io sono contrario, perché a me fanno anche un po’ schifo, e poi lo dice la Costituzione che lo stato italiano riconosce la famiglia e basta, mica queste cose delle coppie gay.
Noi, gentilmente, fin troppo perché siamo persone carine, gli diciamo Sfigato cosmico, falla finita che dici una marea di cazzate e se vuoi sabato puoi sempre startene a casa.
A quel punto, non so come, il discorso degenera, e qualcuno dice la parola Prostitute.
Al che lo sfigato cosmico dice Ah, quella è un’altra cosa, io con le prostitute ci vado e non ci vedo proprio niente di male, mica è una cosa maschilista.

Allora, Compagni: io questa volta era la prima volta che venivo e ho osservato alcune regole di galateo evitando di macchiare di sangue la vostra riunione.
Ma la prossima volta, io ve lo dico, faccio la settaria massimalista: se lo sfigato cosmico riapre bocca, io mi alzo in piedi, cerco conferme tra i presenti e inauguro la mozione Sprangate nei denti.

sabato, maggio 09, 2009

Se state per leggere questo post di sabato sera, o di domenica, scusatemi: vi rovinerà il week end.
Se invece è lunedi, non mi scuso per niente: vi rovinerà la settimana, ma ce lo meritiamo.

Aggressione all'umanità, siamo all'avanguardia (Alessandro Dal Lago)


Quando qualcuno, affamato, malato o bisognoso, bussa alla nostra porta, dovrebbe scattare un imperativo primordiale al soccorso.
Questo almeno sostengono le mitologie religiose.
L’umanità, prima ancora di un’astrazione filosofica, è l’espressione di questo riflesso. Anche se non crediamo al diritto naturale e tanto meno alla retorica dei diritti umani, soprattutto nell’epoca delle guerre umanitarie, sappiamo che il limite minimo della comune condizione umana è definito da quell’imperativo.
Rinviando i barconi dei migranti in Libia, il governo italiano ha deciso di rinunciare di fatto e di diritto a qualsiasi minima considerazione umana.
O meglio: ha stabilito che la cittadinanza, italiana o occidentale che sia, è il requisito indispensabile perché qualcuno sia trattato da essere umano.
E dunque che abbia diritto a vivere, a essere curato e trattato come una persona.
Tra i migranti respinti senza nemmeno mettere piede sul nostro sacro suolo ci sono persone in fuga dalla guerra, dagli stermini e dalla fame.
Impedendo loro persino di chiedere asilo e riconsegnandoli ai porti d’imbarco, l’Italia li condanna alla detenzione, alle angherie e, come è già documentato da anni, alla morte.
Così nel nome della difesa paranoica della nostra purezza territoriale che accomuna la maggioranza di destra e parti consistenti dell’opposizione, noi rispediamo nel nulla i nostri fratelli, uomini, donne e bambini.
Proprio come, a diecimila chilometri di distanza, in nome della nostra sicurezza, le nostre pallottole uccidono i bambini e le nostre bombe cancellano dalla faccia della terra cento civili in un colpo solo.
A questo punto, non c’è nemmeno bisogno di insistere nelle analisi.
Il quadro appare chiaro.
Dentro la nostra fortezza, norme discriminatorie, che si appoggiano a una cultura trionfante della delazione pubblica e privata, tengono in riga, nell’ombra e nello sfruttamento, gli stranieri di cui abbiamo bisogno.
Fuori, c’è l’espulsione preliminare, concordata con la Libia.
Curiosi ricorsi storici: i nostri ex colonizzati, a suo tempo decimati e rinchiusi nei campi di concentramento di Graziani, si incaricano, in cambio di soldi, contratti e autostrade, di respingere e internare i profughi e gli affamati di un continente. Qui le leggi razziali, rispolverate da qualcuno, non c’entrano proprio.
C’è invece quella linea, profonda come la faglia di Sant’Andrea, che separa il mondo sviluppato dal resto della terra.
In un romanzo di Saramago, la penisola iberica si staccava dall’Europa. Ma ora è questa che scava un fossato incolmabile con la povertà esterna; la Lega è la punta estrema e paranoica di questa cultura del respingimento. E in Italia, ventre d’occidente, non valgono nemmeno le finzioni umanitarie di burocrati e giuristi europei.
Qui da noi, mentre la stampa si affanna intorno ai casi privati del padrone, tutto è divenuto possibile.
Ma ci si sbaglierebbe a credere che la nostra sia un’eccezione.
Dopotutto, il fascismo è nato in una pianura tra le Alpi e gli Appennini.
Oggi, l’Italia è l’avanguardia di un’aggressione all’umanità.

giovedì, aprile 30, 2009



May day may day


Non ho mica capito se e come ci arriviamo, a Montaretto, domani.
Con il treno sovraffollato e la camminata del partigiano?
Con le macchine degli altri?
Con la bicicletta della staffetta?
Ma se c'è una cosa di cui sono sicura, è che andiamo.

E poi, ci fermiamo, a dormire?
Nel campeggio che si chiama il nido del piccino, la tana del tasso, il cestino del coniglio?
In macchina?
Vendendo un rene alle cinque terre?
Ma se c'è una cosa di cui sono sicura, è che ci fermiamo a dormire.

Le tende a Montaretto, campeggio libero, non si può perchè, mi hanno detto i miei inviati all'havana, il candidato di alleanzanazionale sta facendo proseliti dicendo che se vince lui alle comunali, dà fuoco ai campeggiatori liberi, o qualcosa del genere.
E non sia mai che per il mio ponte del primo maggio, io contribuisca a lasciare Montaretto in mano ai fascisti.

Montaretto l'ho scoperto con il critical wine, ma sono in ritardo sul resto del mondo, che ci va da anni.
Io, sulla geografia sono sempre in ritardo: infatti sembra che per il viaggio di quest'estate prenderò un aereo per stoccolma, che era il viaggio che invece dovevo fare l'anno scorso.

Montaretto è un posto dove hanno fatto lo sciopero al contrario per costruire la strada.
Invece di non andare a lavorare, le persone hanno lavorato gratis. Anzi, hanno lavorato per il bene comune, che è una di quelle cose che in questo paese non se le ricorda più nessuno.
Lo sciopero al contrario di Montaretto ci sono i murales a raccontarlo.

E allora, visto che è il primo maggio, e lo sciopero al contrario c'era un signore che si chiamava Danilo Dolci che lo faceva in sicilia, e con lo sciopero al contrario ha costruito una diga, così la gestione dell'acqua non è più stata nelle mani della mafia, basta poco per liberare le persone dal controllo dela mafia, diceva, basta uno sciopero al contrario, visto che è il primo maggio io chiudo questo post con un pezzo di danilo dolci.

Buona festa dei lavoratori.

...c'è pure chi educa, senza nascondere l'assurdo che c'è nel mondo, aperto ad ogni sviluppo, ma cercando d'esser franco all'altro come a sé, sognando gli altri come ora non sono: ciascuno cresce soltanto se sognato.

giovedì, aprile 23, 2009



C'è un mio acuto senso di colpa costante nell'aver smesso di scrivere di politica.
Vado a vedere, e l'ultimo post politico è datato 12 marzo, e non è neppure un granchè.
Ma c'è di peggio, c'è che io adesso compro il Manifesto e leggo le pagine di politica solo se ho finito tutte le altre, compresa l'economia.
Che, voglio dire, allora potrei abbonarmi a Gente.
Perchè non ce la faccio.
Il privato si fa strada a gomitate, ogni volta che mi metto davanti al computer.
C'è anche che quest'anno il mio è un privato ingombrante. Elefantesco. E ingestibile.
Ma c'è anche che, da una parte, non posso negare un mio triste declino nell'insofferenza.
E dall'altra faccio i conti con una felice scelta lavorativa che mi porta a fare politica tutti i giorni, veramente, sul territorio, così il mio dna politico va a rovesciarsi lì, e lascia spazio al privato, nel privato.
Non come prima che mi si confondevano i piani continuamente.

C'è però che vorrei parlarvene ogni tanto, del mio lavoro politico, non solo nelle sue parti divertenti, ma non è facile perchè è un lavoro dei piccoli risultati, è un lavoro da sette passi da formica, quattro passi da gambero.
Ottenere un dialogo tra una ragazzina tamil e un'ecuadoriana, vederle confrontarsi sulla loro cultura, per me è un lavoro politico, è un grande risultato.
Ma poi racontarvelo, quello è difficile.

Perchè, e questo mi sembra il punto, anche noi ci siamo abituati a questa legge dei grandi numeri, ai risultati Ponte sullo stretto di messina, ai risultati Tav, ai Concerti di capodanno, a Quanti eravamo in corteo? seimmmmilioni.
Visibilità, dicono tutti.
Un progetto invisibile non interessa più a nessuno.

Ma io è un mese che mi tengo sul gozzo questa cosa della CGIL che ci ha fatto partire con i pullman mezzi vuoti al corteo di Roma.
Questo è quello che ci succede ad accettare la legge della visibilità: che siamo pochissimi compagni in tantissimi pullman vuoti.
Invece io avrei preferito 30.000 persone che ascoltano un discorso profondo, piuttosto che due milioni ad ascoltarne uno inconcludente.

Allora, adesso che è il 25 aprile, io scrivo questo post di politica e cerco di buttare lì un che fare, anche come risposta all'amica E, anche come incentivo alla Streganocciola che la deve smettere di intristirsi anche per il mondo, se già lo fa per sè stessa.

Io penso che la nostra rivoluzione, adesso, è trovarci i nostri percorsi antifascisti invisibili.
Nel personale, sicuramente, perchè io credo che il trucco di Teresa Noce fosse quello di sentirsi preziosa dentro, preziosa per sè e per la rivoluzione.
E nel politico, poi, che adesso è importantissimo.

Io credo che nessuno di noi dovrebbe passare una settimana senza aver fatto qualcosa di incisivo, seppur microscopico.
L'antifascismo è invisibile agli occhi.
Ognuno deve far passare una settimana, secondo me, arrivare alla domenica, ripensarsi e poi chiedersi Ho fatto qualcosa, questa settimana, per evitare di lasciare questo paese nelle mani di La Russa?
Se si risponde di no, credo dovrebbe sentirsi un po' in colpa.
Se si risponde di si, ha fatto qualcosa di grande.

Vi racconto questa storia, prima di chiudere, anche se ho il dubbio di avervela già raccontata.
Ma magari ve la siete dimenticati.
Ho intervistato un partigiano, l'anno scorso, che mi ha detto Subito dopo l'8 settembre, io sono venuto a sapere di una riunione segreta di antifascisti. Così la sera mi sono alzato e di nascosto da tutta la mia famiglia sono andato là. E quando sono entrato, su una sedia c'era seduto mio padre, in un'altra mio fratello.
Non c'eravamo messi d'accordo, non sapevo neppure che loro fossero antifascisti militanti. Ma ci siamo trovati là.

Ecco, adesso faccio la morale.
La morale è che in quella famiglia, come nella società, era passato un antifascismo invisibile e costante, tutt'altro che sbandierato, tutto il contrario delle adunate in piazza venezia.
Ed è quello che ha vinto.

Quindi, finchè l'ovra non c'è, se non c'è, parliamone.
Ma soprattutto muoviamoci, anche silenziosamente, in bicicletta, se non riempiamo i pullman.
Prima o poi li riempiremo.
Buon 25 aprile.

lunedì, aprile 06, 2009

Emergenza Terremoto in Abruzzo I dati del conto corrente bancario (bANCA ETICA) sono: Iban - IT 32 K 05018 03200 000000128000 Intestato a: Associazione Arci - Emergenza Terremoto Abruzzo



Forse a questo punto Pasqua in Abruzzo.
Sembra che il nazionale stia organizzando per andare giù, io ho chiamato Stakanov, che pensava di aspettarmi a Boscolandia venerdi, e gli ho detto Magari io invece vado all'Aquila.
E lui ha detto Mi vuoi con te?
Così forse ci incontriamo a metà strada, in Abruzzo.



E' tutto il giorno che mi entrano nelle orecchie le banalità sciacalle dei telegiornali, anche se direttamente me ne tengo il più lontana possibile, ma le televisioni parlano dalle case e dai bar. E io mi vergogno un po' di questa italia che ogni tragedia è audience.
Poi però apro facciabuco tutta piena di appelli e di tentativi di organizzazione e mi dico allora che non importa di quanti fossimo a Roma, due milioni e sette, trecentomila.
Importa che, evidentemente, c'è ancora un'Italia che si mobilita, un'Italia che il tetto sulla testa ci è caduto a tutti.



Così io spero di poterci andare, in Abruzzo, perchè il pianoforte suonato a Firenze nella Meglio Gioventù mi è rimasto lì, tra la ghiandola pineale e l'invidia, insieme alla voglia di essere anch'io figlia di una generazione che se succede qualcosa si alza e parte, e poi una volta là magari suona anche il pianoforte.
Va da sè che aspetto di capire se c'è veramente bisogno, non che si parte come per andare al funerale di Woytila. Ma se c'è bisogno, io vado. E faccio quello che so fare, che non è tanto tirar su muri, anche se posso provarci.
Se si parte, io riempo uno zaino di pennarelli colorati.

giovedì, marzo 12, 2009

E' UNA STRADA IN SALITA, COMPAGNI



Con giorni di ritardo abbocco all'amo della Strega Nocciola.
Parlo di politica.
Vorrei dirvi di Top Girl che ha pubblicato l'articolo Quanto sono trendy in militanti di forzanuova.
Ma ho appena parlato con uno Stakanov infuriato sull'argomento e so che il post lo farà lui.
Allora vi parlo della situazione di merda che vedo qui intorno.


Perchè il lavoro più bello del mondo, qui, è un piede nella politica cittadina e l'altro no.
Noi siamo del gruppo che no.
Però quello che succede lo vediamo.

E la realtà è che la sinistra - pd compreso e in testa, qualsiasi cosa esso sia - in questo momento, è sul lettino dell'analista. No, anzi, la sinistra è andata due o tre volte dall'analista, ha capito di non averne la costanza e si è data agli psicofarmaci.
Sbagliando le dosi, per altro.


Signori, siamo nella merda proprio.
Non esiste un punto di riferimento, non esiste un partito, neanche un partito di centro come di fatto è il pd.
Si stanno uccidendo con le lotte intestine, non dite che non ve l'ho detto, il giorno che crollerà la giunta.
E l'unica vera verità è che siamo in questa situazione perchè manca un progetto, manca una mèta, manca qualcosa da proporre al popolo bambino.
Perchè Celestini ha ragione quando dice che il PCI ha venduto il sogno della rivoluzione al popolo bambino per quarant'anni.
Ma è vero pure che anche il partito è un bambino, che nella rivoluzione ci credeva anche lui.
Adesso che non c'è più niente, proprio come i bambini quando si annoiano, non fanno altro che litigare.
E mentre loro, dentro, litigano, fuori aprono le centrali nucleari, costruiscono palazzine nei boschi, legalizzano la caccia indiscriminata e rendono trendy i militanti di forzanuova.


Sono pessimista.
Ma quando parlo con Stakanov al telefono scopro che si può essere più pessimisti di me, basta vivere a Varese.
Allora provo a raccontarvi cosa cerco di fare per conservare un po' di ottimismo.


Io faccio il lavoro più bello del mondo con il preciso scopo di salvare e supportare quelle reti sociali che, da sempre, sono state la speranza del futuro, anche nei momenti di merda, anche nel 1935.
Che sempre tutti si ricordano della fatica dell'inverno del '43, ma il '35 per gli antifascisti è stato peggio, immersi nel consenso dell'Impero.
E' in momenti come quello, come questo, che pensi che non ci siano speranze: almeno, nel 1943, c'era il CLN.

Nel 1935, però, c'erano le reti sociali.
C'erano le società di mutuo soccorso.
C'erano le cooperative, che ufficialmente erano del fascio, ma poi dentro ci capitavano tutti quelli come noi.
C'era l'Unità clandestina.
E, in extremis, c'era la Francia.
Tutto intorno, tutto intorno era consenso, libro e moschetto, ma sopravvivevano delle piccole oasi di antifascismo.

E' lavorando su tutto questo, nei discorsi in fabbrica, nei gruppi universitari, nei campi, che poi sono arrivate le brigate della guerra di spagna.
Ed è lì che siamo tornati a vincere, pur perdendo.
E' così che si fa, si lavora alla base, quando il vertice è fottuto.


Così, anche nei nostri blog, in questo momento, è successo questo.
Niente più grandi discorsi, niente megaprogetti da vertice, perchè il vertice non c'è.
Discorsi piccoli, piccole lotte quotidiane, piccole vittorie.
Ma soprattutto il mantenimento della rete, la nostra.
Io credo che se fuori ci è scappato via tutto di mano, dobbiamo stare attenti a non perdere nessuno dentro alle nostre oasi.
Come la carica dei 101 quando Pongo e Peggy contano tutti, e contrallano che neanche uno dei cagnolini si sia perso nella bufera di neve.
Serrare i cordoni intorno alle nostre reti: neanche uno deve perdersi nella bufera del fascismo di ritorno.


Siamo 101 su 60 milioni, forse.
Non possiamo permetterci di perdere nessuno.

mercoledì, marzo 04, 2009

UN BUON NON-WEEK END, A CHI? A TE! A ME?

E mentre tutt'intorno, in tutto il mondo era mercoledi, a Boscolandia era il week end soffice che aspettavamo da tempo.

martedì, marzo 03, 2009



Tanto per restare in tema, oggi ho spedito il mio Testamento Biologico all'associazione A buon Diritto.
L'ho trovato nell'ultima pagina del Manifesto della settimana scorsa.
Non credo che abbia alcun valore legale, ma non si sa mai, metti che un mattino questo paese si sveglia e si accorge di essere una democrazia...

Se mai vi venisse in mente di compilarlo anche voi, sappiate che fa un po' impressione, ve lo dico subito.
Perchè non è come l'innocuo tesserino della donazione degli organi SI NO che era facile e non si entrava nel dettaglio.
Qui devi barrare delle caselle tipo In caso di coma irreversibile non voglio essere alimentata artificialmente, idratata, sottoposta a dialisi, a operazioni d'urgenza.
Insomma, sono cose che uno se le immagina pure e non è facile barrare tutta una serie di caselle in cui di fatto si dice:
Ti va bene se ti lasciamo morire?
SI
Sicura?
SI
Anche in un modo brutto?
SI
Anche in un modo orribile?
SI

Insomma, fa impressione.
Però io ho barrato tutte le caselle tutte e ho anche nominato la persona che prenderà queste decisioni al posto mio.
Ho nominato mio fratello Paolino.

Intanto perchè non è mio fratello vero, comunque, e questo aiuta. Magari un goccio in meno di sensi di colpa, poi.
E anche perchè è un fottutissimo cinico sadico, che anche io lo sono, ma come lui nessuno.
Non dico che si divertirebbe, ma insomma.
In ultimo perchè mio fratello Paolino è alto magro, fotogenico e intelligente.
E visto che ultimamente ogni volta che qualcuno fa un'azione semplice semplice democratica democratica, tutte le televisioni gli si avventano contro perchè fa notizia, io vorrei che se sul mio corpo si combattesse una battaglia, vorrei che a farne il portavoce fosse mio fratello Paolino.

Che anche se adesso sta a Pavia, sempre che mio fratello Paolino rimane il miglior divulgatore scientifico del mondo, e se BrunoVespa lo ospita sui suoi divanetti, sono tutti cazzi suoi.

lunedì, gennaio 12, 2009



Credo che un ateo sia un interlocutore più interessante, per dio.

(Ermanno Olmi)


So bene che questa frase si può leggere almeno in due modi:

- dio trova sicuramente più interessante un dialogo con un ateo
oppure
- un ateo è un interlocutore più interessante, per dio!


Escluse rare eccezioni, entrambe le interpretazioni sono corrette

venerdì, gennaio 09, 2009


Stasera scrivo con la mia elica di dna ebrea.
Ebrea che era ebreo mio padre, ed era ebreo mio nonno, e suo nonno prima di lui.
E chi dice che l'ebraismo passa da parte di madre non conosce gli ebrei: mezzo dna basta e avanza per comportarsi come il peggiore dei rabbini di Moni Ovadia.
Nella mia elica di dna, c'è dentro anche il mio bisnonno che adesso è nei libri di storia d'Israele, perchè si è inventato l'ebraico moderno e ha collaborato a scriverne il dizionario, lavorando nei primi Kibbutz, quando ancora qui c'era la guerra e lì c'era la Palestina.
E, inevitabilmente, condivido l'elica con tutto il mio pezzo di famiglia che vive in Israele, che non so quanti siano, ma sono tanti, sicuro più che in Italia.

Ora, fino a qualche anno fa i cugini di Telaviv erano piccoli, le volte che ci si vedeva si parlava di musica, si giocava a Uno con i numeri in ebraico e ci si insegnava le parolacce.
Divertente, multietnica, stravagante famiglia.
Poi, inevitabilmente, mi sono cresciuti i cugini.
E quasi contemporaneamente è nato facebook.

Facebook dovrebbero proibirlo alle persone con problemi di scissione della psiche.
Perchè io, su Facebook, sono amica di mio cugino diciannovenne di Telaviv, e sono amica anche del mio ulivo palestinese, non so se ve lo ricordate, ma si che ve lo ricordate.
Così mio cugino ha scoperto l'esistenza del mio ulivo palestinese (che, per fortuna, sapeva dell'esistenza di mio cugino, altrimenti immaginate che casino internazionale...)
Così mio cugino, dicevo, ha scoperto l'esistenza dell'ulivo palestinese e si è anche andato a guardare tutti i miei appelli su Gaza, e le foto che avevo pubblicato e, insomma, ha deciso che era venuto il momento di discutere con me di politica, in inglese.
Io, che mastico l'inglese come una vecchia con la dentiera nel bicchiere, e lui che tra qualche mese entra nell'Intelligence: parcondicio pochina.

Vi risparmio i miei pippotti buonisti e sgrammaticati.
Vi risparmio anche le sue minchiate aggressive in risposta ai miei pippotti buonisti e sgrammaticati.
Vi dico soltanto che avevo intravisto un barlume di speranza quando lui mi aveva scritto "...e sbagli a pensare che agli israeliani non dispiaccia per tutti questi innocenti uccisi...!"
A questo barlume di speranza mi ero aggrappata rispondendo "So perfettamente che per tanti israeliani che sostengono l'attacco, ce ne sono altrettanti che lo condannano".
Ed è qui che lui ha deciso di dimostrarmi il fallimento di Rabin, degli insegnamenti pacifisti, delle speranze nelle nuove generazioni e di un futuro di pace in medioriente.
E' qui che di mio cugino ho pensato Magari l'hanno adottato.
Perchè mi ha risposto: "Non hai capito. Dispiacerci ci dispiace. Ma meglio loro che noi".

Io, pensare che abbiamo mezzo dna in comune prima mi dà il voltastomaco, poi mi fa incazzare, poi mi dispiace, poi penso che è difficile per noi condannare da qui, poi che comunque la famiglia non si tocca, poi penso che sono intransigente, poi che Hamas, santamadonna, poi penso ad un'infanzia in un paese in panico costante e mi viene quasi da pensare Povero cugino.
Ma poi ricevo le lettere del mio ulivo palestinese, e guardo le foto della sua nipotina appena nata, e guardo tutti i reportage di gaza, e non sono pronta a scusare neanche in nome dell'elica di dna.
"Meglio loro che noi" è una frase che fa schifo. Non solo non c'è verità storica, dietro, ma è vomitevole nella forma e nel concetto.

Se ci penso, penso che questa era la frase incisa nella pallottola che ha ucciso Rabin, in ogni orma lasciata da Sharon nella camminata alla spianata delle moschee, nei morti di Shavra e Shatila.
Penso che mio cugino che dice "Meglio loro che noi" sia il migliore dei frutti di una politica miope e guerrafondaia.
Ma sono anche convinta, anzi sono certissima, che il mio bisnonno questa frase non avrebbe mai accettato di scriverla nel suo dizionario.
Qualcuno, forse, dovrebbe dirlo a mio cugino.

martedì, gennaio 06, 2009



Oggi finisce inesorabilmente la lunga parentesi delle vacanze, di noi che ci ostiniamo a mantenere un orologio biologico da bidelli.
Domani torno al lavoro e dicono che nevica.
Io, che al lavoro ci vado a piedi, penso Magari, che nevica.
Poi penso che ho anche la pissipissibaucologa dall'altra parte della città, domani, e allora penso Magari, che nevica, ma stanotte, domani mattina tutto bianco, domani pomeriggio gli autobus funzionano.

La parentesi delle vacanze è stata una parentesi graffa, di quelle con la punta proiettata in avanti, nei progetti del futuro.
Anche se non è proprio l'anno dei progetti, il 2009, diciamo che si spera sia l'anno delle cose che si aggiustano, nel presente più che altro.
Però un po' di ami lanciati, in queste vacanze di natale, quello si.
Lanessie eletta vicepresidente, all'unanimità, della futura meravigliosa associazione didattica.
Un po' di amicizie che si aggiustano, che trovano la loro dimensione, che tentano di trovarla.
Zaini e zaini di nuovi oggetti per rendere Vico dolcezza il luogo del presente.
I soldini già nella busta per la bici nuova.
Ma soprattutto un po' di idee chiare, nella calza della befana, il coraggio di dare le risposte che gli altri si meritano, quello di rimanere sulle proprie posizioni, quello di accettare dei compromessi prima impensabili.

Il 2009, tra le varie cose, si decide finalmente a chiudere la parentesi Stakanov.
Che, a vostra insaputa, vostra di lettori lontani, aveva avuto un lungo sbrodolamento negli ultimi mesi del 2008, e che adesso invece si merita una bella portata in faccia, trascinata dal vento della chiarezza e della sopravvivenza mentale della sottoscritta.
Lanessie inizia il 2009 con lo status di single felice.

Poi, insomma, il 2009 è anche l'anno del G8 in Sardegna e del Gay Pride a Genova.
Allora io penso che ci sia bisogno che il 2009 sia anche un anno politico, di nuovo, che se vado a vedere quando ho scritto l'ultimo post di politica, non avevano ancora eletto Denzel Washington alla Casa Bianca.

Allora queste sono le mie prossime azioni politiche:
Alla fiera dell'est, per due soldi, rinnovo l'abbonamento al Manifesto.
Con la copia del Manifesto, salto su un treno e vado a picchiare Ferrero finchè non gli viene un'idea.
Con l'idea di Ferrero fanno finalmente un partito.
Con un partito fanno opposizione.
Con un'opposizione noi possiamo finalmente essere di nuovo più a sinistra del partito d'opposizione.
Con le nostre idee a sinistra dell'opposizione ci torna la voglia di fare politica.
La voglia di politica si trasferisce anche sul blog.
Poi c'è l'angelo del signore, che al mercato mio padre comprò.

venerdì, novembre 07, 2008

venerdì, ottobre 17, 2008

domenica, ottobre 12, 2008

In corteo alla fine io non c'ero.
ma loro, per fortuna, erano 300.000.

Ho passato un week end bellissimo, bellissimo veramente, ma mi dispiace tanto non essere andata.
Un po' di senso di colpa, un po' di dispiacere.
Così mi sono andata a vedere le foto, per gustarmi la manifestazione almeno in differita.
Se volete vederli anche voi, alcuni di quelli più coerenti di me, li trovate qui.

E un mio personale applauso agli autori del meraviglioso striscione:
RIAPRIAMO IL DIALOGO: VAFFANCULO.

lunedì, ottobre 06, 2008


Allora, io sabato vado in corteo a Roma.
Deciso e sicuro, vado.
E che bello sarebbe che foste in tanti a mettere il dito qui sotto e a venire con me.

Con tutta un'abile manovra sono riuscita a spostare l'animazione che avrei dovuto tenere contemporaneamente, a 800 km  di distanza dal corteo.
Niente bambini: annullati.
Quindi vado.

Le ragioni del corteo, quelle ufficiali, le trovate qui. 
Ma sostanzialmente si riassumono in  LO FACCIAMO QUESTA CAZZO DI PARTITO UNITARIO DELLA SINISTRA, EH? O ANDIAMO AVANTI CON LA POLITICA DEI LEMMINGS?

Ma questo non basterebbe a farmi alzare alle cinque.
La rivoluzione dopo mezzogiorno, per favore.
Quello che mi farà alzare prima dell'alba è sostanzialmente questo.
Che io ho bisogno, fisicamente, di vedere che non siamo solo noi.
Ho bisogno di vedere il pullman da Casalecchio di Reno, posteggiato dietro quello del Vomero, posteggiato dietro i venti pullman da Reggio Emilia.
Ho bisogno del solito pastore tedesco con la sciarpa attaccata al collo e il solito vecchietto che dice "Così non potranno dire che non c'è nemmeno un cane".
Ho bisogno della solita banda.
Ho bisogno degli striscioni bucati per il vento, il solito CheGuevara che svolazza sul Circo Massimo.
Ho bisogno di questo perchè c'è poco che mi piace più nella vita.
Ma anche.
Anche perchè ho bisogno di normalità.
Ad ognuno la sua routine. La mia è questa. Io sto alle manifestazioni come l'impiegato al rintocco delle cinque.
Ho un bisogno, fortissimo, di vedere che ci nascondo, ma che alla fine ci siamo.
Il vecchietto, il cane, le bandiere, il pullman dell'unione studenti, l'arcilesbica con i capelli corti, i migranti della CGIL.
Ho bisogno del mio thermos caffè corretto crema al whisky, con la crema al whisky che la bevo soltanto in corteo, come le lenticchie a capodanno.
Ho bisogno della sosta all'autogrill che sono già in Toscana ed è l'ora in cui di solito mi sveglio.
Ho bisogno che in autogrill, quelli che sono partiti prima, abbiano già esaurito per primo il Manifesto, poi Liberazione, poi L'Unità, poi Repubblica, poi il Corriere della sera, e nella disperazione financo il Riformista. E nella grata rimangono solo la Padania, Libero, il Giornale e il Messaggero.

Ho bisogno di passare tra gli striscioni, senza mai sapere dove ci andremo a mettere finchè non mi innamoro di uno spezzone. A volte perchè cantano, a volte perchè hanno i fischietti, a volte per i bambini, a volte, semplicemente, perchè sorridono.
Nei cortei ho i colpi di fulmine per gli spezzoni, e sempre tradisco: mai fatto un corteo con la stesso gruppo di quello prima. Anche al g8 ho cambiato tre volte in tre giorni.
Ecco, vorrei vedere se ci sono i compagni portuali de Venesia, che al g8 mi hanno salvato la vita e la psiche.
Ho un bisogno fisico di vedere le solite facce che non sono mai le stesse, i bambini sempre piccoli con i palloncini rossi. Ho bisogno di passarci in mezzo, di sentire che non è cambiato niente dallo scorso ottobre: ci siamo, sempre, camminiamo, sempre, nelle stesse strade di roma, sempre, con gli stessi slogan, sempre, che a volte non se ne può neanche più.
Ma sempre, comunque, anche se non si parla più di noi, anche se siamo la polvere extraparlamentare sotto il tappeto della democrazia.

Io, l'11 ottobre, mi fermo in piazza esedra per il solito caffè.

martedì, settembre 30, 2008

BUONE NOTIZIE
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Il gruppo di autoaiuto al manifesto va avanti.
Hanno pubblicato oggi la nostra lettera in cui facciamo outing e diciamo: vi diamo una mano a sopravvivere.
E poi mi hanno scritto, dalla redazione.
Hanno detto, grazie mille, diteci cosa fate, di cosa avete bisogno, grazie. Firmato Il Manifesto.

Io mi sento un pezzettino più utile, oggi, mi sento bene.
Mi sento che faccio qualcosa veramente, non come quelli che poi tutti avevano il fratello partigiano, salito sui monti il 24 aprile.
E, tempo o non tempo, stanchezza o non stanchezza, ho voglia di buttarmi a pesce nell'organizzazione di queste serate di supporto alla libertà di stampa, al diritto del Manifesto a sopravvivere, al nostro diritto ad essere informati.

Perchè oggi, su repubblica.it non c'è una riga sull'assedio razzista a Pianura, ieri.
Però, in compenso, c'è la notizia della birra servita al cavallo in un pub di Jarrow.
Ieri quasi linciano 200 burkinabè a Napoli, l'ultra destra prende il 30% in austria, e Repubblica parla di I love shopping.
Vogliamo mica morire così, tra la padella Berlusconi e la brace Ezio Mauro?

Io mi sento bene, a dire che facciamo qualcosa, e che facendo qualcosa creiamo una rete, allarghiamo la Comune-ty.
Se rispondessero anche soltanto altre cinque persone, al nostro appello sul Manifesto, se dicessero Vi diamo una mano ad organizzare la giornata di finanziamento, sarebbe già una vittoria, sarebbe che siamo in controtendenza rispetto alla società.
Cinque persone, a genova, di solito ci metti sei anni a conoscerle.


A me piacerebbe che si capisse, che dietro alla mobilitazione in favore del Manifesto c'è la nostra piccola Resistenza.
Che non è soltanto il Manifesto, la questione, ma è il trovarsi, l'affezionarsi ad un obiettivo, ottenere una vittoria importante ma anche visibile. Non è la rivoluzione, ma è una battaglia.
Sono le barricate.

E poi, signori, oggi sul manif c'erano le lettere di sostegno di adriano celentano e di gad lerner.
Non possiamo mica correre il rischio di essere superati a sinistra dal molleggiato!

mercoledì, settembre 24, 2008

TREPUNTI TRELINEE TREPUNTI

Innanzitutto ho scritto anche su prospettiva ranocchio. Ieri, ho scritto, ma poi sono fuggita a casa e mi sono dimenticata di dirvelo.
Così questa è la prima cosa.


Poi c'è la seconda cosa, la seconda cosa futile, che ho comprato i bicchieri colorati all'ikea, che mi sarebbero piaciuti di più viola, invece c'erano verdi e azzurri ma li ho presi lo stesso.
E ho anche visto un tavolo con quattro sedie, all'ikea, che costa 99 euro ed è bellissimo. Ma voi non ci state più, se compro quel tavolo, perchè quello è un tavolo da quattro, come ben si poteva intuire dal numero di sedie.
E le mie cene sono sempre da cinque in su, insomma dovrei comprarne due, magari anche tre.
E allora diventano 198 euro, magari anche 297 euro, che non li ho neanche per scherzo. Insomma, non l'ho preso e rimango con il mio tavolo massiccio e ingombrante e bordeaux.
E con un po' di scontento, rimango.


Ma poi c'è la cosa seria, serissima.
Ed è che siamo da capo: al Manifesto ci mancano 4 milioni di euro per sopravvivere.
Si erano messi quasi in pari, poi nella finanziaria hanno tagliato i fondi all'editoria cooperativa e siamo da capo.
Allora io vi conosco che dite Eh, ma insomma, sempre a piangere miseria, che palle, già l'altra volta mi sono sbattutto, ho fatto tutto l'album delle figu e loro sempre lì a dire che chiudono e poi non chiudono mai.
E poi il Manifesto è grigio.

Ecco, io penso che questa spocchia non ce la possiamo permettere.
Perchè lo vedete anche voi come sta andando con la sinistra, che noi dicevano le stesse cose, che non cambiavano mai, che non capivano niente, che erano solo un cartello elettorale e che ben gli sta se la gente smette di votarli, così si danno una svegliata.
E così è andata, e una svegliata non se la danno neanche per ridere.
Perchè quando sei fuori, sei fuori.
Ricominciare da capo mica sono bravi tutti, in particolare non sono bravi quelli che già facevano fatica prima.

Allora a me non sembra che stiamo meglio, dopo la sparizione della sinistra, con tutti i difetti che poteva avere la sinistra, e che li aveva.
Io non mi sento meglio.
E non è che vedo all'orizzonte una bella novità di sinistra, che si sostituisca quella di prima, ma meglio.
Io, all'orizzonte degli eventi, vedo soltanto un mare di merda, per dirla come Altan.
Quindi mi dico che non possiamo permetterci la sparizione del Manifesto.
Anche se io Alias lo uso per asciugare l'acqua della lavatrice che perde.


Quattro milioni sono un sacco di soldi. Quattro milioni di euro, dico.
Questo è il taglio della finanziaria.
Oggi a pagina due e tre, e in prima pagina, il Manifesto dice cosa ha intenzione di fare per sopravvivere.
Vendono la sede di milano, diminuiscono le pagine, lavorano anche la domenica.
Compratelo e leggetelo, oggi, che ve lo spiegano meglio di me, cosa pensano di fare.


Ma io, io come Nessie, ho pensato che faccio una cosa.
Visto che il tavolo pesante, ingombrante e bordeaux continuo ad averlo, e ci state in tanti, io organizzo una Cena a sottoscrizione, che suona vetusto quanto Seguirà dibattito, e quindi mi sembra adatto.
Io cucino i cibini e ci metto le birre.
Voi venite e mettete i soldini nella scatola per il Manifesto.
Poi gli facciamo un vaglia.
E i resti marci dei cibini li spediamo a Tremonti.


Venite?