lunedì, dicembre 13, 2010


... ma che schifo di paese...

sabato, dicembre 11, 2010



Nei momenti di sconforto.
Quando vado ad alzare o ad abbassare la saracinesca del Circolo Luogo dell'Anima per la terza volta in sei giorni.
Quando diventiamo isterici perchè stanno consegnando i formaggi e non può andare nessuno di noi ad aprire.
Quando faccio le due a lavare i bicchieri.
Quando si parla solo di quello, di quello che non va', di quello che c'è da fare perchè vada.
Quando lavo il cesso, che è una brutta cosa.
Quando passo un'intera serata da sola con il nostro barista albanese a giocare a cirulla invece che essere con gli amici o con Quell'Uomo che mi coccola.
Quando ti sembra che delle cose non importi niente a nessuno.

In quei momenti mi devo ricordare che nel nostro circolo succedono delle cose bellissime.
Perchè è un luogo nostro, che decoriamo con le nostre presenze e con le nostre passioni.
Ed è una cosa rara, ormai, avere un posto dove potersi rifugiare e sentirlo tuo.
Sentire che esiste perchè ci sei tu, che le cose che ci sono o che non ci sono, o che ci saranno, le hai decise anche tu.
Che se le cose non ti piacciono le cambi.
E se ti piacciono, hai sempre un posto dove andare.

Nel pieno sconforto mi devo ricordare che poi succedono delle cose bellissime come ieri sera, che ci siamo trovati a cantare e a suonare fino all'una e mezza, al circolo Luogo dell'Anima.
E io, Quell'Uomo mi ha cantato la prima serenata della mia vita.
Only you, figurarsi.
Che è una canzone che non piace a nessuno dei due.
Ma è capitato, così.
E io ero rossa come una bandiera d'altri tempi, e non sapevo dove guardare.
Però è stato bellissimo.
Io, se penso che ho messo su un posto in questa città dove ci si trova una mezzanotte qualsiasi a sentirsi dedicare una serenata, io penso che sono felice.

E che ho fatto una cosa grande.

venerdì, dicembre 03, 2010



Ho pensato che era la serata giusta per fare un po' di breve e sana controinformazione politica.
Così vi lascio questi pochi dati laconici e depressivi che ho scoperto nel corso di una riunione altrettanto depressiva in cui si dichiarava che la crisi è più forte di noi.
Non si sono cazzi e non ci sono slogan.
Quando un'associazione sociale e culturale incontra una crisi mondiale, l'associazione sociale e culturale è un'associazione morta.
No, non morta.
Fate le corna.
Ma in grossa difficoltà si.

Così, in questa riunione in cui si evocavano i fantasmi dello stipendio di solidarietà e della riduzione delle ore, ho scoperto questi dati.
Nel 1996, Livia Turco ministro, il welfare nazionale aveva un finanziamento annuale di 4 miliardi di euro.
4 miliardi.
Nella finanziaria 2010 la spesa per il welfare è zero.
Zero.
E questa non è la crisi.
Non solo, almeno.
E' un progetto sociale.

E' la teoria del Ministro Sacconi, per il quale il wefare deve scomparire, riducendosi ad una serie di fondazioni ed enti che sostengano l'indigenza con i pasti caldi e i vestiti di seconda mano.
Un progetto alla Dickens.

Delle conseguenze non credo neanche che ci sia bisogno di dire.
Nel senso che può voler dire di tutto.
Vuol dire tagli all'handicap, all'infanzia, ai consultori, agli abusi, al servizio pubblico, agli asili, al sostegno ai migranti.
Nessuno escluso.
Non pensate che non vi riguardi.
Anche se non vi ho citato nell'elenco.
Se vostro figlio è in classe con un bambino con difficoltà comportamentali, pensate che il taglio agli insegnanti di sostegno, non riguardi anche voi?
Se i migranti non hanno sportelli dove andare ad informarsi sui loro diritti, e questo li rende clandestini e quindi precari e quindi ricattabili. Se questo vuol dire che lavoreranno per pochi spiccioli, pensate che non vi riguardi? Che non influenzi il mercato di lavoro?
Se i posti al nido non bastano, non vi riguarda?
Se chiudono i consultori, non vi riguarda? Sicuri, che non vi riguarderà mai?

Io ho parlato con degli insegnanti, ieri.
Che vivono nell'indigenza della scuola italiana e quando spieghi le cause, i tagli, le conseguenze, cascano dal pero.
Come se non li riguardasse.
Come se fossero solo affari degli altri.
Come se fosse una condanna, quella di lavorare di merda, come se fosse il destino dell'insegnante.
Io prima mi incazzo.
Poi provo a spiegare.
Poi me ne vado ribollendo.
E alla fine mi dico che, come al solito, a noi ci ha fottuti il Senso di colpa della Chiesa Cattolica.
Che viviamo di merda per colpa degli altri ma non riusciamo a capirlo perchè, in fondo in fondo, siamo sempre convinti che la colpa sia nostra.