lunedì, luglio 30, 2007



PROUST? CHI ERA COSTUI...?

Mio nonno era un lampione.
Alto alto magro magro e con il viso luminoso.
Mio nonno lampione mi nascondeva le mentine colorate nella sua casa piena di incongruenze. Una mentina blu sopra le raccolte della Reader's Digest - da cui poi io selezionavo le storie macabre e piene di particolari raccapriccianti sui sopravvissuti agli incidenti aerei e sui preti uccisi dai comunisti, sdraiata sul divano che pizzicava dopo la merenda - una mentina verde nella credenza vicino ai biscotti, una mentina rossa che lasciava il colore sulla lingua al posto della Torre sulla scacchiera.
Con noncuranza il nonno lampione mi diceva Facciamo una partita a scacchi? e poi si illuminava quando io trovavo le mentine colorate.
Ma il tesoro vero, le caramelle incartate - quelle della elah che si appiccicavano ai denti o le gelatine ricoperte di zucchero o ancora i fondant alla menta forte o alla frutta - si accumulava nella scatola di latta con le orrende statue greche su sfondo blu e argento.
Il tesoro era chiuso a chiave della credenza stessa medesima dei biscotti e della scacchiera, ma in alto. Si affacciava da dietro lo sportello dal vetro smerigliato, irraggiungibile nella sua vertiginosa altezza di un metro e sessanta.

La scatola di latta, a dirla tutta, lasciava un vago sapore metallico sulle caramelle, ma il fatto stesso di essere irraggiungibile la rendeva il premio agognato per una vincita a scacchi o per una qualsiasi scusa ricercata con pazienza dal nonno lampione. Un buon voto, un bel compito, un bacino alla nonna, hai tolto il bicchiere del latte dopo la merenda.
Se era il momento della caramella, il nonno lampione apriva la credenza con la chiave, apriva il tappo con le sue mani giganti e poi teneva la scatola aperta, leggermente inclinata, all'altezza della pancia.
Il nonno lampione era alto un metro e novanta, la scatola quindi veleggiava all'irraggiungibile altezza di un metro e trenta. A quel punto, nonostante mi elevassi con tutte le mie forze sulla punta dei piedi, arrivavo a sfiorare le caramelle con la punta delle dita, drammaticamente senza possibilità di scelta.
La caramella che capitava capitava. Io ovviamente cercavo di barare. Tentavo di riconoscere al tatto le gelatine di frutta con lo zucchero sopra, che duravano di meno ma ti obbligavano a sfidare te stessa nel riuscire a non morderle, almeno fino a quando lo zucchero fosse rimasto appiccicato sopra. Al secondo posto le fondant alla menta forte, ma avevano la stessa carta delle fondant alla banana, che invece odiavo, e quindi la pesca alla menta forte era terribilmente rischiosa. Ultime classificate le elah che si incollavano ai denti, anche se poi hanno inventato la versione mentaliquirizia che invece mi piaceva quasi quanto le fondant.

Se ho preso qualche centimetro di altezza, tra la prima elementare e la terza media, credo di averlo preso cercando di allungarmi tutta per pescare le gelatine di frutta.

Il gioco della scatola delle caramelle è finito prima che io fossi alta abbastanza da potermi scegliere la caramella migliore, anche perchè a quel punto arrivavo anche allo sportellino della credenza chiuso a chiave. Ma prese da sola, le caramelle non avevano per niente lo stesso sapore. Si vede che avevano cambiato gli ingredienti.

Quando mio nonno lampione è morto, la scatola ha sedimentato le caramele residue per qualche tempo: le elah mou - che ovviamente erano rimaste lì - si sono sciolte esondando dalla carta e andando a creare una patina informe e collosa sul fondo della scatola.
Mia nonna certosina, a mia insaputa, deve avere scollato un giorno il tappeto mou per trasformare la scatola in un contenitore di bottoni colorati, tutti diversi, tutti bellissimi.
E qui si chiude il cerchio dei ricordi, perchè la scatola di latta dei bottoni è stata chiusa in uno scatolone quando è stato il momento di sgomberare casa della nonna certosina, ed è arrivata nella mia casa nuova in vico dolcezza tra un servizio di piatti con le biciclette e una brocca a forma di gallo: i nonni non erano proprio i campioni del buongusto.

Ieri, quindi, ho trovato la scatola, e l'ho riconosciuta, anche se nascosta sotto le sue mentite spoglie di portabottoni. E mentre le biciclette su sfondo giallo non mi ricordano niente, e possono quindi finire nell'armadio delle stoviglie dell'uso quotidiano, alla scatola delle caramelle alte devo trovare un uso e un posto d'onore.
Innanzitutto traslocherò i bottoni, perchè non le si addicono.
E niente caramelle per ora, che il sovrappeso delle gelatine alla frutta ancora pesa sui fianchi.
Ma la scatola aspetterà il ritorno all'utilizzo in bella vista - con orrore di mia moglie artista che storcerà il naso davanti alle statue greche su sfondo blu - in attesa del momento in cui lasciare il suo sapore metallico su caramelle di terza generazione.

venerdì, luglio 27, 2007



IL DITO PIU' LUNGO DELLA MIA MANO E' IL MEDIO, QUELLO DELLA SUA E' L'INDICE.

Con il mio vicino del piano di sotto di via glutei sodi ci siamo odiati al primo sguardo.
La sindrome di Paperino e Anacleto.
Anacleto Macrì, del resto, è facile odiarlo. Tanto per cominciare, è un basso uomo viscido. In prepensionamento. E' uno di quegli uomini che non ha fatto figli perchè poi toccava rifare il letto.
Anacleto Macrì faceva l'impiegato, ma ad Hollywood gli avrebbero dato la parte di uno di quegli avvocati dei padrini. O di un giudice con il cuore troppo vicino al buco del culo.

La casa di Anacleto Macrì è fatta esattamente come la mia, stessa metratura, stessa disposizione. E, sono pronta a scommetterci, stessa muffa sulle pareti.
Ma con un arredamento che sembra quello di Barbie casa di bambola. L'ho visto una volta, assolutamente per caso, fermandomi sul pianerottolo a controllare se avessi preso le chiavi e sbirciando all'interno.

La moglie è di Anacleo Macrì ha un solo giorno di libera uscita, il mercoledi. Il resto della settimana è segregata all'interno, tra pizzi, merletti, divani in similpelle e parabola.

Anacleto Macrì è anche un Adoratore Burocratico.
Scrive lettere, attacca fogli in ascensore, lascia messaggi nelle cassette della posta e, in mancanza di materiale cartaceo, suona alla porta con sguardo lubrico e sorriso diabolico.
"Buongiorno gentile vicina, sono l'inquilino del piano di sotto...".
Ti conosco, dannato Anacleto Macrì, ti conosco. Cosa non va questa volta? Ho osato portare un sacchetto in ascensore sono tornata a casa dopo mezzanotte ho attaccato la lavatrice nelle ore non previste dal regolamento ho buttato le briciole sul tuo terrazzo ti ho coperto il sole con le mie lenzuola oppure - ed è la tua lamentazione preferita - ho di nuovo fatto cigolare il letto?

Un pomeriggio d'autunno mi ha attaccato vilmente in ascensore.
Io, lui, la moglie in libera uscita, tre sacchetti della spesa.
Buongiorno.
Buongiorno.
Primo piano. Silenzio, io cerco le chiavi nella borsa. Loro mi guardano.
Secondo piano. Dannazione le chiavi le trovo subito. Mi concentro sul cellulare.
Terzo piano. L'ascensore si ferma. Le porte si aprono. E prima di uscire Anacleto Macrì mi sorride e mi dice "Sa, signorina, il suo letto andrebbe decisamente oliato...!".
E esce, lasciandomi nel più completo imbarazzo. Ha sfruttato gli ultimi secondi dell'incontro e li ha sfruttati bene, il bastardo.
E io ho perso per ko tecnico in ascensore.

Così io, per amore del buon vicinato, l'ho anche oliato il letto. Ma, dannazione, a volte si metteva a cigolare anche quando dormivo da sola. E lui e la moglie non perdevano occasione per picchiare sul soffitto.
Avrebbero potuto, invece, cigolare anche loro, così da disturbare il russo scappato da Breznev al piano di sotto, che avrebbe fatto cigolare il letto per svegliare la coppia con il cane al primo piano e che, cigolando, avrebbe tentato di svegliare la coppia di morti viventi del piano terra. A quel punto senza risultato, ma creando tutta un'orchestra di letti cigolanti in via glutei sodi.
Invece no, al minimo accenno Anacleto Macrì per due anni ha picchiato sul soffitto e sul muro, per poi trapanare alle otto del mattino per ripicca.

Ho sempre pensato che Anacleto Macrì esagerasse, con questa cosa dei cigolii del mio letto ikea.
Un po' cigola, mi dicevo, ma mica tanto. Non tanto da svegliare qualcuno, ecco.
La sindrome di Paperino non mi faceva accettare la realtà.
Se non si sveglia mia moglie nella stanza di fianco, mi dicevo, vuole sicuramente dire che Anacleto Macrì si lamenta soltanto per avere qualcosa da fare nelle sue lunghe notti frustranti.

Poi stamattina, la vigilia del Santo Trasloco, armata di brugola ho smontato il mio letto ikea di ferro battuto.
E ho scoperto che le gambe della spalliera sono, come dire, tranciate a metà dall'interno. Come, non so, come se qualcuno le avesse ripetutamente forzate.

Ho paura che al tribunale dell'Inquisizione del Vicino Rumoroso, questa si chiamerebbe una prova.
E che il dannato Anacleto Macrì vincerebbe la causa.

mercoledì, luglio 25, 2007



COFFEE AND TEA

A chi si fosse distratto, vorrei ricordare che il mio attuale fidanzato di lavoro fa il Patch Addams dei Campi Profughi.
Per altro non solo dei campi profughi, se è vero che una delle mie scintille di passione è scoccata mentre lui mi raccontava di quando andarono a fare uno spettacolo vestiti da clown nel reparto tumori infantili dell'ospedale di Ramallah e poi uscirono - lui e il suo regista - e si chiusero in macchina a piangere per due ore.
Il Patch Addams di dove capita.
La sua foto su emmessenne lo ritrae con tutta una massa di riccioli plasticosi e un naso da clown mentre fa il cretino in una scuola materna di Betlemme.
Se cerchi il suo nome su google immagini non c'è una volta che sia vestito non dico normale, dico umano.
Riassumendo, il mio attuale fidanzato di lavoro fa il cretino. Di primo lavoro, intendo, non di secondo come un sacco di altre persone che conosco.

Per superare questi mesi di distanza, nella famosa notte romana di tutte le mie lacrime sui binari, il mio Patch Addams palestinese mi ha regalato uno dei suoi nasi da clown, che adesso è l'unica cosa rimasta appesa al mio muro traslocante, come un pomodoro spiaccicato su un chiodo.
Inevitabilmente, quindi, non è facile prendere le cose sul serio, con lui.
E la cosa mi fa un gran bene, che se mi si lasciasse fare, io sbatterei la testa contro un muro per due giorni, per vedere cosa c'è dentro. Con lui è una meraviglia cadere sul morbido.

Così, in questo giorni di attesa consolare, io mi preoccupavo e mi rodevo e mi impensierivo. E lui invece si ammazzava di piscina, prove teatrali e guardava film anni '50 insieme a sua madre. Film con Sophia Lauren, come dice lui. E se parlava del consolato lo faceva imitando l'accento orrendamente british e rispondendo "coffee and tea" a qualsiasi mia domanda.
Ha questa capacità di non innervosirmi, con questo suo ridere di tutto, che neanche io me la spiego, a dire la verità.

Poi, ieri, mi arriva un suo messaggio che dice "Ha chiamato il consolato, brutte notizie, non ho vinto la borsa di studio".
Io, che agonizzavo nel letto dopo una mattinata in cui non solo avevo fatto tutte le commissioni insieme, ma le avevo fatte con le scarpe sbagliate, subito mi prende l'animo della Giovanna D'arco e corro giù per via glutei sodi e per il meraviglioso e caldissimo e sovraffollato ghetto genovese, alla ricerca di un internet point.
Per tirargli su il morale, penso, perchè come tutti i clown, se gli viene la tristezza escono le lacrime anche dal fiore sul bavero della giacca.

E mi risponde triiiste, deeepresso, Guarda, non ho voglia di parlarne, come vanno gli scatoloni?
E io che a quel punto non so cosa dire, che ho fatto tre chilometri sotto il sole per consolarlo, e lui non vuole farsi consolare e degli scatoloni non mi importa niente, c'è solo quella fottutissima spada di Damocle che sta affettando le possibilità future.
E allora insisto e dico Dimmi cosa ti hanno detto.
Ci tieni proprio? sempre con la voce moooolto deeeepressa
Si che ci tengo, cazzo. Dei fottutissimi inglesi stanno strappando a morsi l'autunno del nostro contento e tu non mi vuoi neanche raccontare com'è andata?
Niente, mi hanno chiamato - dice lui, la voce quasi rotta dal pianto - e mi hanno detto Buongiorno è il Consolato inglese, parliamo con l'ulivo palestinese? ...Siamo molto spiacenti, ma lei ha vinto la borsa.
E scoppia a ridere, l'imbecille.
E ride tantissimo, il coglione.
E io ci metto cinque minuti a capire, che l'ostacolo della lingua e quello della depressione mi bloccano l'ironia.
Ma quando ho capito, prima l'ho riempito di insulti.
E dentro di me mi dicevo Perchè perchè, Nessie, non puoi innamorarti, che so, di un dottore, di un ingegnere, di un impiegato di un lavoro senza lati ironici?
Ma poi è venuto da ridere anche a me, quando ho scoperto che veramente il Consolato aveva deciso di fargli lo scherzo e gli aveva detto Siamo molto spiacenti...ma lei ha vinto la borsa.
...e poi sono stati di nuovo scatoloni, ma con tutto un altro animo, tutto un animo coffe and tea.

martedì, luglio 24, 2007




VELOCI AGGIORNAMENTI IN VOLO RADENTE SULLA MIA ESISTENZA.

Trasloco sabato.
Scatoloni dappertutto, e comunque meno del dovuto.
La casa è una foresta amazzonica di oggetti casuali.
Ho pensato bene di leggere l'ultimo Landsdale fino alle duedinotte.
Di conseguenza, alle cinque sentivo i rumori dell'Uomo Cobra e di Big Fat in ingresso.
Sabato, a darmi una mano, chi c'è c'è chi non c'è non c'è. Però un sacco non c'è.
E il Consolato, for god's sake, latita.

lunedì, luglio 23, 2007



IL GIORNO PIU' LUNGO

La storia d'amore tra me e il mio Ulivo Palestinese è, per usare un termine da Parco della Vittoria, ipotecata.
Tutta una gran quantità di spade di Damocle pendono sulle nostre teste intercontinentali: dalle più semplici da risolvere - black out e check point che impediscono saltuariamente la comunicazione - alle più deprimenti - un mese e mezzo per ottenere un visto, seicentoeuro di biglietto amman-milano.
Ma di tutte le spade di Damocle, una è la più affilata e la più pericolosa; una tra tutte, è la spada che potrebbe tagliare in due pezzi composti una sciarpa di seta fatta planare in slowmotion, come nei film giapani. Quella e solo quella spada, potrebbe permetterci di pagare il 10% dell'azione ipotecata, passando dal Via senza finire sulla Tassa Patrimoniale. Sul manico di quest'arma da Sandokan è incisa l'inquietante parola Borsadistudio.

Perchè il mio Ulivo Palestinese, ad ottobre, se vince la Borsadistudio, vola a Londra per un anno.
Londra è sempre un mare di mezzo, ma è già lo stesso Continente.
Non ci sono check point a Londra.
C'è un aeroporto intero, a Londra. Anzi tre. Quello palestinese, di aeroporto, non esiste più dalla seconda intifada.
Londra c'è il Low Coast.
Londra c'è una stanza indipendente nel Campus.
Londra, senza borsa di studio, sono 15.000€ per un anno di specialistica.
S'intende, senza borsa di studio il mio Ulivo Palestinese non si trasferisce proprio da nessuna parte, alla faccia del Vola solo chi osa farlo.

E oggi è il giorno delle Risposte.
In atesa di una telefonata del Consolato al mio Ulivo Palestinese, dopo un mese e mezzo di suspence, come nei quiz mericani quando mettono la pubblicità prima della risposta definitiva.
E poi la sciarpa di seta della nostra storia bloccherà lo slowmotion oppure verrà tagliuzzata in minuscoli tocchetti colorati, perfettamente simmetrici alla nostra delusione.

sabato, luglio 21, 2007



ADESSO BASTA!

Il momento preciso in cui ho scoperto che non bastava aver fatto il partigiano per essere compagno è stato quando mi hanno proposto di lavorare per l'istituto storico della Resistenza con un contratto co.co.pro. 3,45 euro l'ora. Sei giorni a settimana. Niente ferie. Niente mutua. Raggiungibile 24 ore su 24. Trasferte un paio di volte al mese.
Poi, hanno fatto presidente della Repubblica Napolitano, tanto per non farmi venire il dubbio che l'unico partigiano stronzo l'avessi beccato io.

Ci sono rimasta male, lo ammetto, che i partigiani per me erano Con ostinato rigore, e poi me li scopro Difensori dell'ordine costituito. La solita biancaneve, la solita idealista.
Però la Resistenza è una cosa seria, e il fatto che a difenderla e a parlarne rimangano soprattutto pochi ex senatori votati al partito democratico e al centralismo, non ne diminuisce il valore. Fa un po' tristezza vedere il 25 aprile ridotto a corone di fiori e gagliardetti, ecco, quello si. Ma dietro l'Anpi, oltre le corone di fiori c'è tutta una storia che ancora non è stata raccontata, ed è la storia dei partigiani che poi non hanno fatto nè i senatori nè i presidenti della repubblica. Quella è la storia della resistenza che mi ci piace a me. Quella è la storia che andrebbe raccontata. Una storia in cui l'eroismo sia l'eccezione. In cui non è l'eroismo a fare la Resistenza, è fare resistenza che è eroico.

Gli istituti della Resistenza in mano agli ex senatori centralisti che propongono contratti capestro sono un gran bello ostacolo a questo tipo di narrazione, perchè ricercano il martirio cristiano nei morti partigiani. Perchè sono intrinsecamente convinti, in modo tremendamente luterano, che il fatto stesso di essere sopravvissuti sia una colpa.
Non è un bel modo di raccontare la Resistenza alle nuove generazioni.
Ma c'è da dire che, da ieri, in Veneto va molto peggio.
A Verona, infatti, hanno pensato che gli ex comunisti, per quanto lavati nell'arno, fossero un rischio per la società, che i Ds fossero una cosa di sinistra.
E così il sindaco vice sceriffo Tosi ha proclamato Largo ai giovani! e ha fatto assumere tali Andrea Miglioranzi e Lucia Cametti all'istituto storico della Resistenza di Verona.
Il signor Miglioranzi è stato selezionato grazie ad un curriculum di tutto rispetto: è infatti noto ai più per essere autore di simpatica e sgarzula canzuncella che così recita: "Tu ebreo maledetto/che ti arricchisci sulla pelle degli altri/ che speculi sulla gente/ sulla gente che non ha niente./ Giudeo senza patria/ e con un solo credo/ il dio denaro/ trovarti è stata dura/ ma con i tuoi soldi non fai più paura/".
La sopraccitata canzuncella risponde al nome di Gesta Bellica, ed è intonata dall'omonimo gruppo di cui il Miglioranzi è membro.
Lucia Cametti, meno pretenziosamente, è una neoeletta di AN.
Non è dato di sapere lo stipendio orario base nel contratto d'assunzione. Ma mi viene così da pensare che non sia 3,45€.

Polverone di reazioni, il presidente della comunità ebraica sconcertato, la sinistra veronese che organizza un corteo.
E poi il meraviglioso commento dell'ex assessore ulivista: "Bizzarro che due esponenti della destra entrino nell'Istituto, ma significa che riconoscono il valore della Resistenza".
Che è un po' come dire Peccato che le talpe mi devastino l'orto, ma credo che lo facciano per aiutarmi nella semina.

Io credo che questi signori fascisti siano più intelligenti di come li vogliamo disegnare.
Perchè stanno spostando il limite.
Io credo e spero che, alla fine, questi due giovani fascisti che si riferiscono a Priebke chiamandolo "il capitano", si riesca a cacciarli dall'Istituto.
Li metteranno in minoranza, li metteranno a fare fotocopie di foto di lapidi, sposteranno le lettere delle tastiere dei loro computer, attaccheranno Bandiera Rossa ogni volta che timbrano il cartellino.
Però intanto, anche se li licenziassero, anche se scappassero con l'esaurimento nervoso, avrebbero ottenuto il risultato di aver spostato il limite.
Perchè se alla prossima assunzione entrerà in istituto uno dell'UDC, nessuno ci farà caso. Siamo sopravvissuti ai fascisti - diranno - cosa vuoi che faccia uno dell'UDC?
Questo è, spostare il limite.
E' parlare così tanto da fascisti, che se poi uno parla da borghese sembra uno di sinistra.
E' che se tutti dicono Culattone, poi chi dice Frocio è un democratico.
E' che se tutti sparano, chi picchia è un moderato.
E' che se tutti violentano i bambini, chi violenta una donna è un galantuomo.

Penso che il limite vada fissato.
Bisogna farci le barricate, per bloccare il limite.
Con le sedie, i materassi, le macchine. Con i cortei, le idee, i blog.
Bisogna scavare le trincee, e se cercano di spostare il limite, bisogna bloccarli come sul Carso.
Bisogna iniziare a fare qualcosa. O continuare.
Io c'ho un rigurgito antifascista, se vedo una talpa nel mio orto, sparo a vista.

venerdì, luglio 20, 2007



CINICI SI NASCE E IO, MODESTAMENTE, LO NACQUI.


Le sere dell'estate non si sa mai come passarle.
Le cene casalinghe con gli amici non tirano più, da maggio in poi, che il cielo pastello delle nove ti chiama dalla finestra.
I locali chiudono, e se non chiudono sono pieni di aria condizionata e sudore.
Le spiagge si affollano, e una chitarra e uno spinello non è più tanto una buona idea: lo fanno tutti e sembra la catena di montaggio dell'adolescenza.
I locali che hanno i tavolini fuori fai la coda per sederti; e poi hanno finito le birre buone Se vuoi mi è rimasta la Beck's.
Scarseggia l'originalità, nelle sere dell'estate.
Il cinema ti guardano storto.
Le scalinate a fare le chiacchere, ti assalgono le zanzare e i pancabbestia.
Le sagre non si posteggia, hanno finito il vino e c'è l'ultimo piatto di ravioli.

Le sere d'estate sono una lotta all'idea originale.
E io di solito soccombo.

Ma per fortuna questo venerdi ci hanno salvato la serata.
Nessuna necessità di brainstorm depresse del Ci vediamo alle novemezza e poi?
Perchè tutti noi della comunity andiamo all'Annuale di Piazzalimonda.
Musica, amici e cotillons.
Tutti lì, da cinque anni.
Nessun bisogno di messaggini sul telefonino, di appuntamenti che poi non ti trovi.
Sappiamo già chi saremo, quanti saremo.
Conosciamo chi salirà sul palco, e quanti applausi dopo il minuto di silenzio.
Piazzalimonda il 20 luglio ci salva la serata come vedere i Blues Brothers in gruppo e fare a gara a chi sa più battute a memoria.
Ci divertiamo un sacco, in piazzalimonda, con quel pizzico di supponenza contro quelli che sono arrivati dopo, che le cose le hanno viste alla tivù.
Sorrisi, applausi, contegno e serietà.
Il Manifesto e Diario noi che c'eravamo. Repubblica quelli del comunismo postumo.
Le chiacchere che non c'entrano, un occhio a quanto siamo invecchiati nelle rughe degli altri.
Il solito asfalto rovente. E sempre Bella Ciao.
Poi un aperitivo e la frase E anche per quest'anno...!
Una serata che serve da contrasto. Che ti viene da pensare Che bello è, essere rimasti vivi.

giovedì, luglio 19, 2007


ALLE QUATTRO DEL MATTINO HO APERTO GLI OCCHI
HO PENSATO MALEDIZIONE C'E' MENO ARIA CHE SU VENERE
E POI HO PENSATO
CAZZO NE SAI TU, DELL'ARIA DI VENERE
E CON QUESTO PENSIERO MI SONO RIADAGIATA NEL MIO STESSO SUDORE
E MI SONO RIADDORMENTATA

mercoledì, luglio 18, 2007



IL MIO SANTO PROTETTORE

Ci sono quelli che il loro santo protettore è Padre Pio.
Vorrei dire però che questi Adoratori di Sangiovannirotondo dimostrano soprattutto poca competenza in quella che è la regola base dei pubblici concorsi: fai sempre domanda nel luogo dove nessuno voglia mettere piede.
Secondo la stessa semplice legge, affidarsi ad un padre pio oberato dal lavoro risulta poco funzionale: si rischia di aspettare un paio di mesi anche solo per un ambo su tutte le ruote.
Meglio affidarsi a misconosciuti santi: San Camillo, per dire, o Santa Anacleta. O san Babila.
Io, personalmente, mi rimetto a San Giuseppe Garibaldi.

Intanto perchè un santo protettore in camicia rossa fa pandant con me stessa.
E poi è un bell'ometto, senza buchi nelle mani o corone di spine, quei santi alla Quentin Tarantino.
San Giuseppe Garibaldi mi ha salvato tre volte, seppur si ostini a non regalarmi mai neppure il numero vincente della lotteria di quartiere.

La prima volta, a dire il vero, mi ha salvato Anita.
Affascinata, con fascino da adolescente, da questa donna che cavalcava incinta al nono mese tra l'italia da unire, avevo una fotocopia di un suo quadro attaccato con la coccoina sul diario di terza media.
La fotocopia si staccò davanti agli occhi esterrefatti del mio professore di arte, che mi regalò un ottimo in pagella a discapito della mia globale incapacità grafica.
Piccolo minuscolo miracolo, s'intende, utile neanche a rendere beata la famiglia Garibaldi. Ma conosco gente a cui accendono ceri per molto meno.

Dieci anni dopo - un periodo di latitanza preoccupante in cui credo abbia provato a non far cadere il muro di berlino consigliando Cossutta sul da farsi - San Giuseppe Garibaldi mi ha salvato all'esame di dottorato.
Uno scritto sui collegamenti tra la spedizione dei mille e la lotta partigiana mi ha proiettato nell'olimpo dei pretendenti alla borsa.
Poi, insomma, forse gli altri avevano anche le immaginine di qualche San Camillo Benso Conte di Cavour o San Generale Cadorna - qualcuno cioè di molto ammanicato ma poco richiesto - e hanno passato anche l'orale sotto lo sguardo protettore e conciliante dei loro Santi Dirigenti.
Il mio santo, lo devo ammettere, a volte si distrae. Ma è per questo che ci intendiamo alla perfezione.

Adesso San Giuseppe Garibaldi mi ha strizzato l'occhio per farmi ottenere un laboratorio museale con i bambini della materna, per tutto l'anno prossimo.
Che, sinceramente, mi viene meglio della lotteria di quartiere.
Perchè un santo sa quando è il momento di farsi vivo, di picchiettarti sulla spalla e dirti: sono qui e farò una cosa, una cosa sola, per te, ma sarà la cosa di cui hai assolutamente bisogno.

Quindi, San Giuseppe Garibaldi, io accendo qui sul mio blog un cero a imperitura memoria della salvaguardia della mia psiche, dell'allontanamento della mia depressione, del raggiungimento di uno scopo, di cinquanta euro ogni prenotazione delle scuole materne alla mostra su di te.
E proclamo: GIUSEPPE GARIBALDI, SANTO SUBITO!

martedì, luglio 17, 2007



NON MI AVRAI, DANNATO RICHELIEU!

Va un pochino meglio, grazie.
Non tanto perchè siano cambiate le cose, ma perchè fondamentalmente riesco a tenere il grugno per troppo poco tempo.
La mia personale scolopendra della tristezza trotterella via in ventiquattrore, normalmente.
Poi ritorna, all'improvviso, ma diciamo che per ora ha svoltato l'angolo.
Il grugno della nessie è un grugno che passa via veloce, molto veloce se tra me e la scolopendra si inseriscono la pissipissibaucologa, un arrosto di coccole e un fidanzato insperabilmente attento e capace di saltare con un balzo le barriere dell'orrida chat intercontinentale.

Non che stia meglio, ecco.
Diciamo che sono in stand by.

Così, approfittando della pausa sorriso, ho fatto un piano d'azione che prevede una cena per me sola me stessa medesima, ma buona.
Che io se sono da sola, pranzo a tocchi di grana e yogourt mentre mi chiedo Del resto, perchè dovrei cucinare?
Invece stasera ho la verdura biologica, e il riso bianco e nero e faccio anche un salto alla coop a prendermi un frutto dell'estate, vedrò quale annusando tutto il reparto.
E cucino con le spezie buone mentre canto fossati a squarciagola, nel mio combattimento corpo a corpo con il vicino che passa da Tiziano Ferro alla Pausini.
E assolutamente non mi farò prendere dalle ansie lavorative come tutte le sere, che mi piazzo davanti al computer e penso Devo scrivere, o davanti all'armadio e penso Gli scatoloni!

Niente aperitivo sociale, niente film, niente internet point in lacrime.
Un libro, le zucchine biologiche e un duello con l'estate del nostro scontento.

lunedì, luglio 16, 2007




Quando comincio a fantasticare di viaggi improbabili e partenze improvvise.
O inizio a pensarmi colpita da un fulmine che diciamo mi deformi quel tanto da obbligarmi in ospedale a non fare un cazzo per mesi, ma coccolata da frotte di infermiere e amici lontani.
Quando tiro i pacchi alle cene con gli amici, quando rimango in casa senza fare niente, quando guardo ammuffire uno yogurth nel frigo.
Quando mi viene il dubbio che sarebbe meglio essere Paris Hilton, con un cervello in meno ma un conto in banca in più per mollare tutto e scappare, che tanto poi c'è sempre un albergo che ti aspetta da qualche parte, ed è tuo.
Quando mi aggrappo alle discussioni di politica agli aperitivi per non piangere sulle fette di salame.
Se i fischi degli ecuadoriani quando passo mi rendono felice invece che incazzata.
Quando mi mancano le parole per dire le cose, e se le trovo mi si bloccano tra le costole e le tonsille e rimangono lì a produrre magoni e singhiozzi.
Quando inizio a guardare tutto quello che hanno gli altri.
Quando vorrei essere un condannato a morte della resistenza.
E mi aumenta la fobia dei topi.
Quando rimando tutte le decisioni, tutte, e se ce n'è una che devo prendere per forza, non la prendo.
Se al telefono recito la parte della donna felice.
E mi alzo prima della sveglia.
Se a cena recito la parte della donna felice.
Quando non chiamo la gente per non sentirmi dire le cose che so già.
Quando penso che è l'estate che mi uccide ed è solo una scusa.
Quando la pissipissibaucologa va in ferie tra due sedute.
Per un mese e mezzo.
Il mese e mezzo peggiore.
Quando anche chi mi vuole coccolare mi dice Ci aspettiamo tanto da te.
E le taglie dei jeans cinesi annullano la mia Prospettiva 42.
Se non voglio guardarmi nelle cabine di prova.
Quando mi faccio la ceretta per tre ore, come se ogni pelo dimenticato fosse un pezzo della mia tristezza, come se fossi un Sansone triste.
E yahoo cancella tutta la mia posta dell'ultimo anno.
Se tutto quello che voglio è una vasca con tantissimo bagnoschiuma a 5000 chilometri da ogni forma di vita.
Quando il nuovo film con Willie Smith che rimangono solo lui e il cane sulla faccia della terra dopo la catastrofe nucleare, ci metterei la firma, e ammazzerei anche il cane.
Quando penso, davvero lo penso, che era meglio se mi andava di fare l'ingegnere, nella vita.
E che un posto in banca, alla fin fine.
Quando piango davanti a una webcam.
Quando ho capito che il mondo non finisce il 25 di settembre e che gli ultimi tre mesi invece l'ho pensata così, come un santone di una setta con due adepti.
E che mi sto aggrappando alla speranza che con l'ulivo palestinese sarà una delusione, perchè mi sento più pronta a una delusione che a una felicità mancata.
Quando vado avanti a granite e brioche.
E soprattutto quando mi aggrappo al blog come alla bottiglia del naufrago o dell'alcolista.
Quando queste sono le cose che faccio, sto veramente di merda.

venerdì, luglio 13, 2007



UN PASSO INDIETRO PER NECESSITA'...

La mia parrucchiera ha un figlio che sembra il cugino di Erripotter.
A sua parziale discolpa, c'è da dire che il bambino si annoia.
Perchè a volte, quando le scuole sono chiuse, la mia parrucchiera se lo porta in negozio, dove l'alternativa è viziarlo oppure fargli raccogliere le ciocche di capelli con la scopa.
Io mai l'ho visto raccogliere i capelli.
Però la mia parrucchiera è simpatica e anche intelligente, e secondo me suo figlio sembra il cugino di Erripotter perchè oltre che simpatica e intelligente la mia parrucchiera non se l'aspettava questo figlio, e poi invece le è arrivato. Maschio, per di più.
Le è un po' scappato di mano, ecco.

Al mio ultimo taglio di capelli, parlando della mia condizione attuale di semi disoccupata e della prospettiva di un autunno del '29, mi sono offerta per l'aiuto nei compiti del cugino Dudley.
Nei week end.

La data d'inizio è domani e già sono qui a scartabellare il mio libro delle ricette per bambini viziati.


Ricetta numero 1: Okey bambino, mettiamo le cose in chiaro. Il coltello dalla parte del manico ce l'ho io.
Controindicazione della ricetta numero 1: non sono d'accordo pedagogicamente. E se poi il bambino si lamenta la prossima volta mi trovo un taglio da ultimo dei Mohicani.

Ricetta numero 2: Okey bambino, vedi di non costringermi a tornare da tua mamma con le tue orecchie in una mano e i tuoi denti nell'altra...
Controindicazioni: nessuna, denuncia a parte.

Ricetta numero 3: Okey bambino, la matematica la odio anch'io. Facciamo solo gli esercizi divertenti tipo le parole crociate illustrate...
Controindicazione: chi è il bambino, qui??

Ricetta numero 4: Vuoi studiare oppure vuoi finire a fare l'aiuto parrucchiere tutta la vita, eh?!?
Controindicazioni: non so, eh, ma non mi sembra la frase migliore in questo contesto.

Ricetta numero 5: Okey bambino, abbiamo 3 ore da passare insieme. Possiamo fare i compiti la metà del tempo e l'altra metà divertirci. Oppure lamentarci tutto il tempo di quanto siano noiosi i compiti e non avere più la forza neanche di arrivare alla gelateria.
Questo è il metodo che preferisco, detto anche il bastone e la carota.

Domani, quindi, novemmezzo del mattino, che neanche lo sapevo che esistevano di sabato,la nessie armata di santa pazienza pedagogica, bastone, carota e soldi per il gelato affronterà Dudley Dursley, senza macchia e senza paura.

Secondo voi, con cotanto presupposto didattico, quanto posso chiedere all'ora?

giovedì, luglio 12, 2007



LA MIA CASA E ALTRI ABITANTI

Gli sgrafignoli di Via Glueti Sodi sono incazzatissimi.
Solitamente impegnati a farmi sparire le cose, con notevole predilezione per gli occhiali e le lenti a contatto, adesso sono decisamente in rivolta.

Non essendo stupidi, gli sgrafignoli di Via Glutei Sodi avevano intuito un'imminente partenza della sottoscritta, avendo spesso dovuto nascondersi velocemente allo spostamento di un mobile o all'apertura di una cassetto dove tutto sostava immobile da mesi.
Spero di non aver distrutto inavvertitamente le loro piccole casine costruite con stuzzicadenti e cotone, impilando scatoloni, ma non credo perchè agli sgrafignoli io sto molto attenta.
E infatti, la nostra coabitazione è andata avanti senza incidenti per quasi due anni.
Anche quest'ultimo periodo di evidente devastazione non aveva intaccato la nostra routine parallela: io sopra, loro sotto il pavimento.

Ma poi, l'imprevisto.
La futura inquilina è venuta a vedere casa, a prendere le misure, a guardare il panorama, a dire questo mobile lo sposto, questo lo dipingo.
A me è simpatica, la futura inquilina, che ha un contratto per vendere olio e nei ritagli di tempo fa la psichiatra infantile.
Ma agli sgrafignoli, evidentemente no.
Così hanno iniziato a farmi i dispetti mentre non ci sono.

Mi accendono le luci che ho spento, mi fanno fulminare le lampadine, mi socchiudiono il freezer che così si riempie di ghiaccio nevoso, mi bucano la lavatrice riempiendo la cucina di acqua saponata, mi fanno gocciolare il bidet di notte, mi fanno sbattere le persiane.

Io non mi arrabbio, che appoggio sempre la lotta dei piccoli popoli, ma non so cosa farci, per quanto mi senta in colpa.
Via Glueti Sodi cambierà proprietario comunque, al di là dei loro tentativi di rivendicazione sindacale.
Però mi dispiace, che non approvo ma comprendo la paura del cambiamento.

Così stamattina, sul tavolo della cucina ho lasciato un piattino con le briciole dei biscotti e qualche stecchino nuovo nuovo e anche qualche cotton fioc pulito, che secondo me a loro sono utilissimi.
E anche un paio di confezioni di lenti a contatto, che mi sembrano merce ricercata, tra gli sgrafignoli.

E poi prenderò da parte la psichiatra infantile, e suggerirò un approccio morbido, con i miei sgrafignoli.
Le dirò Sono sgrafignoli realisti: facili alla rivolta ma altrettanto facili al trattato di pace.

mercoledì, luglio 11, 2007



A PROPOSITO DI INCONSCIO...

La mia pissipissibaucologa, quando smetto di andarci, le chiedo se me la posso tenere come zia.
Perchè ci sono delle volte che si comporta da pissipissibaucologa com'è nel suo ruolo, e quelle volte lì non mi viene in mente per niente che potrei tenermela anche fuori orario.
Sono la maggiorparte, queste volte in cui si comporta da persona seria, e succede anche che esco di lì che penso Va beh, non so se c'ho tutta questa voglia di tornarci a farmi del male.
Poi ovvio che ci torno e anzi mi viene una certa apnea nei week end.

Ma se il dubbio mi viene che sono lì, seduta su una sedia nera un po' design anni settanta, a volte alla mia pissipissibaucologa spunta fuori questo animo da vecchia zia. Un attimo, un sorriso di sfuggita, una sigaretta accesa e poi spenta nel vasetto portacenere di porcellana, una risata, una piccola innocua parolaccia.
E io rido e mi rilasso e mi mancano solo i pasticcini.
Poi si torna a lavorare, eh, che in tutta questa minestra della psiche ne galleggiano di tutti i colori, ma quel sorriso da the mi aiuta a non bloccarmi lì, come se dalla minestra avessi appena tirato su col cucchiaio un uovo di struzzo e me lo fossi ingoiato tutto crudo.

Quando capita questo momento del the e pasticcini, io mi dico che il transfert me lo sto facendo tutto, e per fortuna che è una donna e mica neanche tanto bella, che se mi capitava un pissicologo quarantenne brizzolato chissà cosa mi veniva fuori.
E sono contenta che mi venga l'idea della zia e non dell'amante, perchè mi sembra freudianamente più innocua.

Io poi lo so perchè ride, quando ci sono io.
Perchè prima di me nel suo studio arriva con passo molle una ragazzina tutta depressa nella sua estetica dark e io mi sono fatta l'idea che la pissipissibaucologa stia lavorando per salvarla dal suicidio, e secondo me non è granchè divertente.
E dopo di me, invece, ci va una coppia di sessantenni che non mi fanno molto ridere, e secondo me non fanno ridere tanto neanche la pissipissibaucologa, che sospira quando è finita la mia ora e comincia la loro.
Gli altri giorni, poi, la pissipissibaucologa lavora in ospedale.

Così io già lo pensavo, ma anche lei me l'ha detto che con me si fa delle risate; ma me l'ha detto in un modo carino, eh, mica per distruggermi, mica come qualcosa che non si prende sul serio.
E poi, senza preavviso tra un pasticcino e l'altro, arriva sempre una bella frustata sui ricordi rimossi, che mi lascia lì annichilita.
Proprio come farebbe una vecchia zia.

martedì, luglio 10, 2007





...TRA MEZZ'ORA HO IL DENTISTA

lunedì, luglio 09, 2007



BILDUNG E TRASLOCHI

Io e mia sorella Eisentstein siamo state tirate su a comunismo e traslochi.
Tralasciando il superfluo, vi parlerò della profonda influenza dei traslochi sulla mia formazione.

La cartina dei miei spostamenti prevede una nascita al porto, una prima infanzia allo stadio, una seconda infanzia sotto il Forte, una veloce passaggio al quartiere dei folli, un'adolescenza al confine della borghesia, un volo radente sull'aristocrazia, un ritorno al borghese oltrecortina.

Poi, ottenuta l'indipendenza, sono passata dall'appartamento depressivo con il Marines irlandese e la Seppia Molisana al pacs con mia moglie in Via glutei sodi.

...tra i nidi familiari e gli appartamenti indipendenti, ci sono stati anche il bianco alle pareti del fidanzato, i traslochi degli amicici, l'erasmus col letto fatto di cassette della frutta. Necessarie parentesi tra brevi momenti di quotidianità.
Una bildung di scatole e pomeriggi all'ikea.

E adesso soffia di nuovo il vento dell'est: via Glutei sodi vomita scatoloni in tutti gli angoli, risuona di scotch da pacchi e profuma di pennarello indelebile.
Il frigo è miseramente vuoto, manca persino il caffè.
I mucchi di polvere sono spuntati addiittura in camera di mia moglie, una donna un viakal, una volta spostata l'opera omnia di Pasolini.
Camera mia cerca di mantenere un'apparente normalità, che il casino ha il pregio di nascondere il vuoto.

Posso finalmente sfogare le mie malinconie sfogliando libri che avevo perso, inscatolando pentole che non stavo usando, spolverando Edgar Lee Master e Incoscio, i peluches che tutto sanno.

Prendo le misure del letto, della stanza nuova, sfoglio cataloghi ikea, immagino cuscini per terra e angoli arabeggianti che non farò mai.
Progetto salvia e rosmarino nei vasi, libri in cucina, incensi nella stanza creativa.
Immagino una connessione ad internet che risolva le mie malinconie e strutturo spazi ospitali per gente di passaggio.
Creo, distruggo, riprogetto in attesa del giudizio universale dell'amicizia, il week end in cui si dimostrerà chi mi vuole abbastanza bene da sudare sotto venti scatoloni di libri e un mobile dal peso specifico ignoto alla scienza.
Sorrido felice alla casa che si svuota, ad un'altra che si trasforma.

In attesa del comunismo, ho imparato ad accontentarmi.

giovedì, luglio 05, 2007



HO DORMITO TRE ORE

mercoledì, luglio 04, 2007



MA CON CHE GENTE MI TOCCA DI LAVORA'

Un'ora e mezza ci ho messo oggi a prepararmi per la conferenzastampa.
Alla fine però, mi mancavano solo gli uccellini di biancaneve che cinguettavano intorno alla testa.
Testa, per altro, fissata con un aumento del buco dell'ozono per mantenere la piega.
E, signori, il rossetto.

Tutto bene, tutto liscio, tutti gli oratori ad orare, tutti gli intervenenti ad intervenire.

Poi, il rinfresco: moscato caldo e smangini pretenziosi.
E i dialoghi.
Tra cui questa chicca tra due orrendi esemplari della specie PoliticantiDellaRiviera. Pantaloni arancioni e scarpe dritte in punta, come qualcuno a cui abbiano mozzato il naso col machete.
Camicia bianca, giacca, reiban.
E le palpebre laterali, come i varani di komodo.

Meno male - dice il primo varano all'altro - che i concerti sono agratis.
Ah si - risponde il secondo rettile - altrimenti non veniva nessuno
Perchè sai cosa odio? - chiede la grande lucertola arancione - gli ignoranti!
Peggio - conclude sanguefreddo - gli ignoranti straccioni!

...ma secondo voi, esimi visagisti delle dive, una cintura esplosiva si intona al mio bustino nero e alla mia gonna a papavero?

martedì, luglio 03, 2007



UN INVESTIMENTO SUL FUTURO...

L'amicaE si trova a fare i conti con l'esercito degli insegnanti precari, e io respiro di uno strano sollievo, sapendo di non essere in coda anch'io soltanto per essere stata licenziata prima: Siamo stati molto fortunati ad avere lei, Maestra Nessie, mi ha detto il direttore il 9 giugno, sarà così gentile da venire a consegnare le pagelle fuori stipendio?
Sono stata così gentile, e poi basta, finito il rapporto di lavoro con la scuola da centomila gradini.

Ma cinque anni di frequentazione di scuola pubblica, hanno prodotto un certo sguardo raffinato nel saper distinguere e classificare il mondo degli insegnanti precari.

La maestra precaria - di professori non m'intendo e ho smesso di preoccuparmene con la maturità - innanzitutto è donna.
Nelle graduatorie genovesi esiste un solo maschio, faceva la mia scuola superiore e ci picchiavamo nei corridoi perchè lui faceva il saluto romano quando passavamo. Così, per tranquillizzare eventuali genitori alla ricerca del primo zaino e del primo astuccio.

La maestra precaria, in secondo luogo, generalmente non ama i bambini.
Però è terrorizzata dagli adolescenti, e quindi ha scelto il male minore.
Le maestre precarie del sottogruppo Preferirei lavorare in un canile, non si interessano alle dinamiche di classe e urlano per ottenere silenzio durante la spiegazione. Frontale, ovviamente, niente discussioni per favore.

Il sottogruppo rivale è quello delle maestre precarie Oh, i bambini io li a-do-ro... Sono facilmente riconoscibili perchè dalle loro classi rimbomba Il coccodrillo come fa, il ballo del qua qua e shakira, mentre loro saltellano al centro classe con tutti i banchi spostati contro il muro. Questo sottogruppo è generalmente odiato dai bidelli.

L'abbigliamento, poi, aiuta il lombrosiano scolastico che voglia farsi un'idea dell'insegnante già al primo sguardo.
L'abbigliamento delle maestre precarie si divide tra "moda caritas" e "pandant pitonato". Difficile confondersi.

Un sottogruppo del sottogruppo Moda caritas è quello delle insegnanti Tavor.
Perchè piova sul bagnato, questo folto gruppo di insegnanti depresse, obese e malvestite spesso accetta ruoli da maestra di sostegno. E' facile trovarle sedute su una sedia in corridoio con di fianco il bambino in carrozzina mentre dicono Ma di chi è questo bel bambino???eh eh eh? di chi è?

Per non deprimervi troppo, interrompo il cahier de doléances per dire che qualche volta c'è, una maestra intelligente. Ma sono quelle che al Centro per l'Impiego ci vanno prima, o dopo.

Esiste poi un repertorio di frasi tipiche della maestra precaria.
Tra queste spiccano:
- Io non vorrei sembrare razzista, ma è proprio vero che i genitori latinoamericani non si interessano dei figli.
- Ci vorrebbe proprio un progetto multidisciplinare ma come si fa, non c'è mai tempo.
- Ancora un incontro con la psicologa? Mi chiedo proprio a cosa servano...
- Certo, se avessimo un direttore, invece che una scimmia ammaestrata...

E via così, dritti verso la formazione delle nuove generazioni.

Non soltanto macchie di sugo nell'anima, quindi, ma vere e proprie frustrazioni che si rovesciano in quello che è rimasto uno dei pochi posti con prospettiva indeterminata in Italia.
Questa scuola è il prodotto dell'emigrazione interna, del taglio dei fondi, della precarietà diffusa.
Certo, bisognerebbe fare una selezione all'ingresso. Ma come?
Domenico Starnone,sempre lui, a cui regalo la chiusa del post, su questo argomento dice una cosa molto semplice.
Dice, per giudicare un insegnante bisogna guardare i suoi bambini.

lunedì, luglio 02, 2007



LODE ALL'ATEISMO

Sono la donna affascinata dal pellegrinaggio quanto può esserlo l'orso yoghi da un picnic della Lega per la Macrobiotica.
Con le religioni ho un pessimo rapporto, ma se proprio devo andare a vedere cos'è la cosa che mi infastidisce di più, i pellegrinaggi obbligatori stanno ben in alto nella mia top ten dell'Odio per l'oppio dei popoli.

Così ieri notte, nel mio pellegrinaggio tra le mecche degli internet point, mentre cercavo disperatamente un totem dotato contemporaneamente di connessione, webcam e microfono, sono crollata nel più profondo degli ateismi.

Perchè, insomma, il dio delle storie a distanza le aveva fatte veramente tutte questa settimana, per destabilizzarmi: un computer rotto, un ulivo palestinese bloccato a hebron, un black out del mossad, una connessione saltata, un messaggio Dobbiamo parlare e poi 48 ore di attesa. Aggiungi un pizzico di premestruo, una chimica frizzante, un trasloco, una conferenza stampa, e otterai inevitabilmente un profondo relativismo nessiano.

La conseguenza dell'improvviso ateismo si è rovesciata sugli avventori dell'internet point La Mecca della Storia a Distanza.
Sono entrata senza neanche togliermi le scarpe - che ne venivo appunto da un pellegrinaggio serale tra boicottanti connessioni - mi sono lanciata nella cabina del telefono, con tutto il mio discorso in testa, già tutto in inglese, già tutto pronto, Ok, si, dobbiamo parlare, ma non stasera che gli Dei sghignazzano dall'olimpo del nostro pellegrinaggio intercontinentale, stasera no, stasera mi racconti la storia della buona notte e io torno a casa sorridendo, e domani, domani ci saranno tutte le connessioni del mondo per dirci Ce la faremo, ancora un mese e mezzo.
Tutto pronto, sulla punta della lingua.
E quando lui ha risposto Halo, habibtee , io sono scoppiata a piangere come una cretina, con tutto il mascara che colava sulla faccia, e gli adepti della Mecca della Storia a Distanza che guardavano preoccupati, e lui che cercava di capire e chiedeva Ma perchè piangi? E io, singhiozzante, i'm just before my period.... E nel fiume di lacrime e sudore - che il confessionale era una scatola di plexiglass in fondo ad una stanza senza finestre - le due signore africane nelle scatole contigue mi sorridevano come a dire Dura l'emigrazione, eh...

domenica, luglio 01, 2007

MESSAGGIO CRIPTICO ( E CHIEDO SCUSA A TUTTI GLI ALTRI)


C'è che se tu vedi una spider, lì dov'è posteggiata una seicento rossa, non è un problema di miopia, è una questione di chimica.