lunedì, febbraio 11, 2008

SANTA MUTUA

Un giorno di mutua per riprendermi dal week end febbricitante mi sembra un ottimo punto di partenza per iniziare veramente con I Post della Depressione, ovvero Quello che rischiamo di vederci togliere da altri cinque anni di governo berluska.
Titolo.

IL MAESTRO MAGRO, OVVERO LA SCUOLA E GLI ITALIANI

Provo ad aggiornarvi al volo sulla situazione attuale.
Molto semplicemente la scuola italiana non ha una lira. Siamo il paese europeo, mi sembra insieme al portogallo, che investe la più bassa percentuale di PIL nell'educazione e nei servizi sociali. 
Esistono delle ragioni storiche per questo.
Quel geniaccio di Tullio De mauro nel suo libro bellissimo La cultura degli italiani disegna una panoramica storica interessantissima che qui ve la menerebbe tantissimo. Vi butto lì però che la scelta di mantenere un paese dal bassissimo profilo di scolarizzazione ha a che fare con gli equilibri Nato ma, soprattutto, con l'influenza della chiesa nell'educazione italiana.
E qui la faccio un po' più lunga, mentre mi sorge il dubbio che non riuscirò proprio no ad esaurire questo argomento in un post solo.

La Costituzione, voi sapete bene, si è scritta grazie ad una meravigliosa capacità di equilibrio da parte di tutti. Tradotto vuol dire una suddivisone delle aree di influenza.
Gli articoli della Costituzione legati alla scuola e all'educazione sono stati oggetto di scambio tra il Pci che, per formazione operaista diffidava degli intellettuali e sottovalutava l'importanza della scuola, e la Dc che cercava di difendere a spada tratta il ruolo di supremazia della Chiesa nell'educazione.
Risultato: abbiamo ottenuto la dicitura "Scuola laica" grazie all'incapponimento soprattutto di Nilde Iotti e Marcello Marchesi che erano in commissione, ma anche il mantenimento di una grandissima influenza della Chiesa e soprattutto di tutte le organizzazione cattoliche sulla crescita e l'educazione.
Mi rendo conto che detta così è una semplificazione. Lo è. E' tutto più complesso. Ma, per dio, questo è un blog! 
Allora, alla situazione già nei decenni problematica - scuola dei signori contrapposta a scuola dei contadini (Barbiana, I care, ricordate?), divario tra nord e sud, analfabetismo, povertà, diffusione dei dialetti...- si è aggiunta, soprattutto nell'ultimo decennio, la scomparsa di una formazione culturale extrascolastica. 

Perchè la scuola in Italia ha fatto schifo sempre, mica adesso.
Però in compenso avevamo delle cose.
Avevamo, fortissima, una tradizione culturale contadina che è andata perdendosi, ovviamente, con la scomparsa dei contadini.
Valga anche per la cultura operaia che era meno radicata, ma sicuramente importante.
E avevamo, tranne in molte zone del Veneto guarda un po'..., una spinta alla scolarizzazione ("tu non devi fare come me, tu devi studiare per diventare qualcuno").
La scomparsa di queste due culture extrascolastiche (e aggiungiamoci tutto quel fiorire di autoformazione degli anni '60 e '70) e della spinta alla scolarizzazione sono fra le cause prime di quella che potremmo definire Una situazione deprimente.
Ma per fortuna, direte voi, ci sono i pomeriggi e i week end.
Allora titolo.

SE DIO VUOLE NON C'E' SOLO LA SCUOLA

Non mi azzarderei mai a dire che la cultura la fa soltanto la scuola.
Infatti è proprio perchè così non è, che ci siamo salvati per decenni. 
Ma alla scomparsa delle culture popolari si è aggiunta la scomparsa dei luoghi di aggregazione.
Tradotto vuol dire che la gestione del tempo extrascolastico ormai può essere fatta soltanto in luoghi adatti, perchè per strada ti investono.
E il capitolo sull'extrascolastico attuale si riassume facilmente. 

Esistono due grandi settori che si dividono attualmente l'extrascolastico dei bambini e degli adolescenti: lo sport e la chiesa cattolica. Mi si dirà Non tutta la chiesa cattolica è il pastore tedesco. Mi si dirà meglio gli scout della play station. E un po' è anche vero. 
Ma questo non nega che la settimana tipo di quasi tutti i bambini e gli adolescenti italiani (parlo soprattutto dei bambini di città) si divida mediamente in due giorni di allenamento, uno di catechismo (che dura sempre di più, mi dicono), due di scout o di Acr o altre varie ed eventuali organizzazioni cattoliche. E il resto, dicono, è soltanto noia e shopping.
Il che dimostra, peraltro, la lungimiranza della Dc nelle scelte. 
Hanno occupato tutta l'Europa e l'Africa e a noi, scemi, lì a difendere l'Oceania e la Kamchatka.


A questo punto quant'è che leggete di cose menosissime? Tantissimo.
Vorrete mica tirare le fila di questa situazione deprimente proprio adesso che non ne potete già più?
E' decisamente tardi per iniziare veramente il post sulla scuola.
Facciamo che questa era un'introduzione.
La depressione vera la rimando a domani.

domenica, febbraio 10, 2008


IN UN WEEK END DI FEBBRE ALTA....

...e delirio, ho ricevuto un bellissimo vaso di primule gialle virtuali.
Che sono le più belle di tutte le primule gialle del mondo.

mercoledì, febbraio 06, 2008


IL QUARTO STATO

Scusate, posso cambiare idea?
Per una volta...non abituatevi.

Ho pensato che c'è una cosa più utile che possiamo fare, parlando di elezioni. Invece dei discorsi generali, generalisti, la paura, il fascismo, la destra che avanza, l'aborto minacciato, lo schifo e la puzza.
Perchè queste cose secondo me le sappiamo. Lo sappiamo che è questo che stiamo rischiando.
E se non lo sappiamo l'amica E lo ha spiegato benissimo e possiamo andare lì a farci un'idea generale.

Io credo che dobbiamo concentrarci sul particolare.

Credo che sia necessario pensare ai rischi che corriamo noi, nel nostro piccolo, se ci troviamo cinque anni di berlusconi, di nuovo, ancora.
Come esseri umani, certo. Come donne o uomini. Come uomini o donne di sinistra, ma anche no, nel caso.
Ma anche cosa rischiamo, ognuno nel suo, come educatori, come teatranti, come ambientalisti, come mamme, come papà, come studenti, come fotografi, come musicisti, come figli, come scrittori, come chimici, come futuri genitori, come futuri anziani, come attuali precari, come tutto.
Quali rischi corriamo?
Perchè il problema, è ovvio, non è mai se ti cancellano il 25 aprile. E' sempre se ti proibiscono la memoria.

Quindi questa è la mia timida proposta, alternativa ai tre post che avevo scritto ma che non pubblicherò. La proposta è che si pensi a noi stessi, elettori, cittadini e poi tutto il resto. Ci pensiamo, veramente, e ci chiediamo, cosa ci toglieranno? Quali ostacoli metteranno alla costruzione di una vita così come la stiamo faticosamente costruendo?
Ognuno per sè.
Che diventi un manifesto programmatico, nel senso di programma di resistenza quotidiana.
Io prenoto, ovviamente, il post sull'educazione e la scuola.

Una volta che ci saremo chiesti, e avremo analizzato, e scritto della conservazione del nostro mondo, potremo anche stamparne, eventualmente, dei fogli a ciclostile.
Ma anche no, alla fine, anche che rimagano qui, le nostre analisi, per resistere nel futuro ma anche per conservare le tracce del nostro presente.

INTRODUZIONE

Abbiamo tre mesi per abituarci all'idea.
E sono pochissimi.  

Siamo tutti incazzati come delle lontre acide, con il governo Prodi. 
Perchè, diciamolo, è andata malissimo. 
Ci ho pensato su, a questa nostra delusione. E non credo sia soltanto una delusione perchè i PACS, perchè l'Afghanistan, perchè la Tav e il Dal Molin e il precariato e il femili dei. 
Io credo sia andata malissimo perchè questo governo è stato il governo della scarpa sinistra.  

Nessuno sperava nella Risata che li avrebbe seppelliti. 
Qualcuno veramente sperava che avremmo fottuto confindustria, con un governo che stava su per il voto di Ciampi? 
Ma avevamo sperato almeno in piccoli stralci di sogno. Una percentuale di bellezza nella bruttezza della realpolitik. Anche piccola, la percentuale. 
Ma anche quella niente, tutto uno spartirsi le cose, un passare dall'altra parte, uno strizzare l'occhio da bruno vespa, tutto un dimenticarsi di noi. Come se non esistessimo.
Tutti impegnati a concentrarsi sul PIL, e il rilancio dell'economia, e l'equilibrio di Ceppaloni.
Proprio come i mariti che sono troppo stanchi quando tornano dal lavoro.
Io credo che questo governo ci sia pesato così tanto perchè si è dimenticato di noi.  

Avremmo voluto almeno un mazzo di rose al compleanno.

E a questo punto abbiamo due possibilità. 
Divorziare o tentare di salvare il salvabile.  

Per la prima volta nella mia vita ho sinceramente pensato di non votare. 
Io, che ero più parlamentarista del parlamento. 
Ho pensato veramente che basta, ma perchè, perchè ostinarsi a combattere con le armi spuntate? 
Poi ci ho pensato un po' di più. 
Anche aiutata dal fatto che quando è un periodo pieno di cose belle, è anche più facile sorridere alle bruttezze, è più facile anche cercare il canto delle balene. 
E mi sono detta che ci sono almeno tre buone ragioni per votare, ad aprile. 
Votare quella Cosa rossa che un nome peggio non glielo potevano trovare. 
Forse solo Caccola verde o Suocera petulante erano più repellenti.  

Tre buone ragioni, che poi vanno sotto il titolo di 
1 - La regola del boxeur (ovvero Che vincano, ma che vincano ai punti, per dio)
2 - In fondo a sinistra (ovvero, Trova le differenze tra Prodi e Bertinotti)
3 - Scuola, sanità e altre quisquilie (ovvero E' veramente preferibile uno stronzo ad uno stupido?
Corollario: ti pensi anarchico e ti scopri BeppeGrillo (ovvero La sottile linea rossa del non voto)  

Tre buone ragioni e un corollario per altrettanti post. Ben consapevole, per altro, che per ognuna di queste buone ragioni se ne potrebbero trovare altrettante per decidere che il week end migliore per pulire la cantina è proprio quello del 14 aprile. 
Que si apra la discussione.  

Poteva anche andare peggio. 
No.
Potrebbe anche andare peggio. 
Si.

martedì, febbraio 05, 2008

C'E' DEL GENIO 2
...Sto preparando un post in tre tempi sulle elezioni in aprile.
Non vedete l'ora, eh...

lunedì, febbraio 04, 2008

DISCORSI & LOMBARDIA






"Nessie, io lo so a che volume pensi, tu.
I tuoi pensieri creano una scossa tellurica nella stanza"

(JP, l'uomo che apparrirà a Carmelo Bene)
THE BFG - the big friendly giant


venerdì, febbraio 01, 2008



LETTURE DA AUTOBUS


Sto leggendo un libro sull'industria del Porno.
E' un'indagine sociologica bellissima sull'influenza del porno nei rapporti di coppia, nell'immaginario collettivo maschile, in quello femminile. Sull'industrializzazione del sesso, sulla confusione tra erotismo e pornografia e, ovviamente, sul marketing.
E' un librone nero, si chiama Pornopotere.
Le interviste fatte dall'autrice sono, come dire, esplicite.

Io lo leggo sull'autobus.

Sugli autobus ci sono due categorie di persone sedute: quelle che leggono e quelle che sbirciano le letture degli altri.
Io, tutte le volte che mi dimentico il libro, spero di captare le letture altrui.

In questa settimana di Pornopotere, ho preso l'autobus quattro volte. Tre volte i vicini hanno buttato l'occhio sui numeri e le percentuali, e hanno distolto lo sguardo. Robe noiose, avranno pensato.
Ma ieri l'occhio del vicino è caduto sul titolo in neretto "pornostar, amanti e mogli"
Il vicino mi ha guardata. La faccia era quella di uno che si chiedeva in quale delle tre categorie rientrassi.
La quarta categoria, quella della lettrice curiosa, non deve averlo sfiorato.
Moglie deve averlo escluso dalla mancanza di anello.
Rimaneva la pornostar e l'amante.
Mi ha sorriso viscido.
Io l'ho guardato malissimo.
Lui ha abbassato gli occhi.
Io ho contuinuato a leggere.
Lui ha escluso la pornostar.


giovedì, gennaio 31, 2008

LAVORARE STANCA

Stamattina, al lavoro più bello del mondo, due ore di corso di formazione specifica.
L'argomento è: modellamento palloncini.

mercoledì, gennaio 30, 2008



SI, SCIAINI, DACCI ANCORA DELLE SODDISFAZIONI!


Grazie, amanti delle ricerche onlain, per essere capitati anche questo mese a decine sul mio blog cercando disperatamente aiuto per il controllo degli sfinteri dei vostri figli (si fa ancora la cacca addosso a 15 anni, cacca addosso a scuola). Non avere consigli da darvi mi riempie di gioia.


Grazie per avermi chiesto se esistevano veramente i mohicani. Credo di si, per lo meno ad Hollywood.

Gogh il robot d'acciaio forse era un pittore pazzo olandese che ad un certo punto si taglia un orecchio. Ma non si fa nulla perchè, appunto, d'acciaio. E robot.

Gesù attraente! spero sia una bestemmia. Tipo Madonna Calamita! per capirci...

Grazie anche per il meraviglioso Scritte cinesi che vanno guardate con gli occhi a mandorla, troppo bello per rovinarlo con un commento.

Ma soprattutto grazie grazie grazie della fiducia con cui mi chiedete Come si organizza una rivoluzione.

Pronti col taccuino?

Capitolo primo: organizzare le masse.


lunedì, gennaio 28, 2008


ANCHE CHATWIN SBAGLIA. E IO DI PIU'.

Mi ricordo soltanto che ero innamorata da togliere il fiato.
Ma anche a rileggere le lettere, adesso, non è facile ricordarsi il come e il perchè.
Cosa mi toglieva il fiato, di lui? Erano gli occhi neri, i capelli lunghi, il modo in cui suonava il basso, la scelta dei fiori da regalarmi, la musica che ascoltava, il portarmi in giro per zone di Genova di cui non sapevo il nome?
E lui, perchè innamorarsi di me, che dovevo ancora tornare a casa a mezzanotte? Che mi sono venute le coliche alla prima notte in albergo, che volevo andare allo Zapata dove lui si annoiava a morte. E anch'io mi annoiavo, e ci volevo andare lo stesso?
Cos'era successo? Perchè fidarsi l'uno dell'altra? Perchè aspettarmi fuori dai cancelli della scuola mentre io okkupo? Perchè sedermi su una moquette intrisa di umido e muffa soltanto per sentirlo suonare?
Chi eravamo, quando ci siamo innamorati? E cosa eravamo quando lo siamo rimasti per sei anni, e forse qualcosa di più?
Io non ho neanche una mezza stupida risposta.
Non sapevo perchè lo amavo. Ma lo amavo così tanto, così tanto da non avere una risposta e da dimenticarmi anche la domanda.

Ma adesso che non sono più innamorata, e le domande sono riaffiorate, è arrivata una delle risposte.
E' arrivata in una sua mail notturna, una mail bukowski.
Dice Lo sai, vero, che hai scritto delle cazzate?
Si, lo so,
Dice Lo sai che non è che sempre hai le risposte per tutti, che le cose le sai meglio tu degli altri?
Si, lo dovrei sapere.
Dice Ogni tanto anche Chatwin ha torto.
Si?
Dice Lo sai che potevi anche evitare di sputtanarmi agli occhi del mondo?
Si.
Non dice ma si capisce: Lo sai che era la volta buona per non sapere più niente l'uno dell'altra, come si perde di vista un compagno di scuola?
Si, e non sapevo come fare a evitarlo.
Dice E lo sai che non ti odio, per questo? 
Pensavo di si.
Dice No, non ti odio.

Allora io dico che un pezzetto di risposta ce l'ho.
La risposta è che ci siamo tenuti a galla per sei anni uno con l'altra.
Nei nostri casini, nelle nostre insicurezze, nelle nostre vite che erano così distanti da incontrarsi. In tutte le cazzate che abbiamo fatto, continuamente. E anche nei dolori, che sono stati così tanti, anche se facciamo sempre finta di no. Io, faccio sempre finta di no.

Ci siamo costruiti un mondo tutto nostro e visto che era un'idea bellissima, ce ne siamo affezionati.
Ogni tanto Chatwin ha torto.
Io molto più spesso.
Ma se mi hai scritto dopo un'alba che era il poster di un ristorante cinese da asporto, innanzitutto vuol dire che avevamo costruito un mondo così bello che non riesce a distruggerlo neanche la più grossa delle cazzate.
E le cazzate sono un'arma di distruzione di massa.

E poi vuol dire che ci sei.
Hai detto niente, in un momento così.
Grazie

LA GRANDE DEPRESSIONE...

Ventotto giorni dall'inizio dell'anno e ne stanno succedendo di ogni.
Tira una generale aria di depressione.
Sembra che anche il nostro umore stesse su con i voti dell'Udeur.

venerdì, gennaio 25, 2008

Quasi sempre, in politica, il risultato è contrario alle previsioni.
François-René De Chateaubriand

giovedì, gennaio 24, 2008



IL GIARDINO SEGRETO


Io oggi vorrei questo.
Vorrei che facciamo saltare un muro, come hanno fatto a Gaza.
Ma dall'altra parte non voglio che ci sia l'egitto. Perchè ho scoperto a Torino che gli egiziani non sono più quella cosa di faraoni: volevano uccidermi perchè mangiavo i falafel nel pomeriggio del ramadan con un palestinese, e io non voglio morire con un falafel in mano.

Vorrei che oggi noi tiriamo giù un muro e dall'altra parte c'è tutto un paese da costruire, da dargli un nome, da tirare su da zero. Voglio un paese come le scatole dei lego con i pezzi sparsi, senza le istruzioni.
Vorrei che ognuno di noi si portasse dietro una valigia con dentro le cose che gli sembrano fondamentali.
Una sola, limite venti chili come negli aeroporti, altrimenti finisce che facciamo solo una copia dell'Italia, ma con più alberi.
Ci mettiamo lì in fila, con le valigie, sfondiamo il muro, ma poi veloci veloci lo ritiriamo su, prima che ci rovinino il segreto.

Poi, una volta che l'avremo costruito, il nostro paese segreto, litigando tantissimo ma senza dimenticare la tenerezza, solo allora butteremo giù tutti i muri che lo circondano, in un'unica esplosione senza rumore e senza polvere, e faremo vedere al resto del mondo il nostro paese nuovo.
Saranno tutti i benvenuti, come alle feste di paese. Se si troveranno bene, diventeranno cittadini, rispettando le regole che avremo deciso, e aggiungendone altre che tireranno fuori dalle loro valigie, se lo riterranno necessario.

Se poi non saranno capci di rispettare il nostro paese, noi glielo regaleremo: che lo trasformino come pare a loro...Lo riempano di Ceppaloni, di Mastella, di Senatori che urlano le parolacce, di fabbriche chimiche e di centrali nucleari. Che si portino dietro le play station e i film di bollywood, se vogliono. E anche Rete4, se non ne possono fare a meno. Che costruiscano pure una San Pietro con il balcone per il papa.
Se è questo che vogliono, noi glielo regaliamo, il nostro paese.

Perchè noi non ci affezioniamo ai luoghi.
Noi ci affezioniamo alle idee.
Glielo regaleremo, sfonderemo un altro muro, e cominceremo da capo.

mercoledì, gennaio 23, 2008



OTTO VON BISMARCK E IL PESCE PERSICO

Ci siamo cascati tutti, ieri, a parlare di politica.
Che paese di merda e tutta quella serie di cose.
Io mi sono pronunciata a favore di un governo tecnico.
Più volte, l'ho ripetuto: che ci mettano qualcuno della Banca d'Italia come al solito. Meglio delle elezioni, in questo momento.
Ho difeso a spada tratta l'idea di un governo tecnico, tra un pesce persico e uno yogurth.

Poi, prima di dormire ci ho ripensato su.
Mi sono data alla realpolitik, mi sono detta.
Sant'iddio, sto invecchiando.
Aiuto!

martedì, gennaio 22, 2008

C'E' DEL GENIO...

lunedì, gennaio 21, 2008





Il verbo leggere non sopporta l'imperativo
(Daniel Pennac)




Se avessi una scuola tutta mia io la riempirei di librerie e scaffali.
Scaffali bassi, non più di un metro e due mele, ma lunghi, lunghissimi. Li farei scorrere nei corridoi, fermarsi davanti ad una porta e ripartire subito dopo. Sarebbero scaffali colorati e quelli rosa shocking sarebbero pieni di libri. Ogni due o tre stanze, nella mia scuola che sarebbe grandissima, ci sarebbero dei cuscini morbidissimi, o delle panche dure, o delle sedie di legno, o dei divani avvolgenti o delle poltrone fagiolo, perchè ogni libro ha la sua posizione, e ogni lettore la sua comodità.


Nel programma della mia scuola grandissima sarebbero previste le ore di noia.
Le ore di noia farebbero parte del Piano Formativo, perchè è nella noia che ci si ingegna.
E nelle ore settimanali di noia, - la quarta ora del mercoledi, la seconda ora del venerdi - qualche studente inizierebbe a curiosare, iniziando magari dallo scaffale più basso - quello con i formati tascabili - o da quello più in alto di tutti- quello con i libri fuori formato.
Ci sarebbero i romanzi e i racconti, le poesie e le filastrocche, ma anche i libri fotografici e quelli tattili, le riproduzioni dei quadri e i libri grafici, perchè non di sole parole è fatta la letteratura.
E una volta scelto il proprio libro, ben sapendo che il diritto supremo del lettore è quello di poterlo lasciare a metà, lo studente sceglierebbe il suo posto per cominciare la lettura.
Sicuramente troverebbe un insegnante, avvolto dalla poltrona fagiolo: le ore di noia sono valide anche per gli adulti. Sono fondamentali, per gli adulti. E obbligatorie per gli insegnanti.


Nella mia scuola ideale, le ore di noia sarebbero paradossalmente le ore meno noiose della settimana scolastica.
Ci sarebbe un regolamente condiviso in cui si spiega che l'unico fine dell'ora di noia è quello di combattere la noia stessa, senza disturbare gli altri.
I libri sarebbero soltanto una delle armi per il combattimento, ma la creatività troverebbe spazio anche in altri scaffali, magari viola mirtillo o verde pisello. Ho delle idee per gli scaffali viola mirtillo o verde pisello, ma non nel post di oggi.

Per quanti riguarda gli scaffali rosa shocking dei libri, sicuramente non ci sarebbe nessuna separazione tra i libri da adulti e quell da piccoli.
Che sia il bambino a scegliere se Steinbeck lo prenderà di nuovo in mano tra dieci anni e che adesso è il momento di Non piangere cipolla, Favole al telefono o la Pimpa.
Ma in tutte le stanze ci sarebbero i biglietti con i consigli di chi si è annoiato prima, di chi ha trovato l'antidoto in un Giro del mondo in 80 giorni o in Una torta in cielo o davanti al caminetto delle Piccole donne. Che sia facile trovarli, i libri, ma che sia anche facile capitare nello scaffale sbagliato, per scoprire magari che era quello giusto.

E ci sarà poi il momento, ognuno il suo momento, in cui si affonderà nella poltrona fagiolo anche nelle ore non previste, un giovedi pomeriggio o un sabato sera.
Combattere la noia significa anche non averne più bisogno.

Perchè il compito della scuola è quello di creare degli spazi obbligatori, ma limitati da muri di polistirlo, fatti apposta per essere buttati giù con piccole picconate di crescita.

giovedì, gennaio 17, 2008



Ci sembrava che fossero i giorni giusti, per appenderlo sul citofono di Vico dolcezza...
I DIALOGHI SURREALI DI VICO DOLCEZZA



Mia moglie: "ma com'è che è fatto questo Oscar Pistorius?"


Il coniuge dell'attrice bionda:"ha delle protesi di carbonio a forma di esse al posto dei piedi"


Mia moglie: "quindi ad un certo punto lui finisce e diventa liberty?".

mercoledì, gennaio 16, 2008



LETTERA APERTA

C'è che ad accumulare fidanzati come soprammobili svaroschi poi capita che ti tocca fronteggiare impensabili emersioni di ricordi. Sempre nei momenti meno indicati. E comunque sempre tutti insieme, per quella legge fisica dell'esponenziale negativo. Che poi è l'unica legge fisica che capisco, insieme alla Legge di Giordano Bruno, quella che allontana i papi dalle università con semplici equazioni democratiche.

Così tra l'altro ieri e oggi ne sono emersi ben tre, di ex fidanzati, via messaggio grazieadio, come i fantasmi dei natali passati, presenti e futuri.
Avrei preferito che no.
Innanzitutto perchè ci si lascia quando non si ha più niente da dirsi, solitamente.
Quindi, caro ex fidanzato, figurati se ho tenuto qualcosa in disparte da raccontarti via messaggio due, tre, quattro anni dopo.
Tre anni in 160 caratteri. E' ancora meno che dieci anni in poche frasi.
Caro ex, pensi forse di essere stato fidanzato con Indro Montanelli?

Poi anche perchè a volte il passato è così bello che passi.
E guardando in faccia i ricordi dei miei ex fidanzati non solo è bello, che passi, ma direi che è istinto di sopravvivenza. La mia, di sopravvivenza.

Ho risposto al primo, di messaggio.
Mi sono stupita al secondo.
Al terzo mi sono detta che forse si erano messi d'accordo.
Qualcosa come il club delle prime mogli.

Forse invece è l'anno nuovo che spinge alla rimembranza.
Io scrivo al mio partigiano di riferimento e loro scrivono a me.
Ma io, scusatemi, non ho proprio niente da dire.

E se invece sono messaggi da secondo fine, della serie caffè, chiacchere, collezione di farfalle e finiamo a letto, a maggior ragione no grazie.

Cari ex fidanzati, ho già i miei bei casini con il presente. E altri mica da ridere con il passato recente. Vi sembra che sia il momento della collezione di farfalle?
Mi sto aggiustando la vita, e mi piacerebbe sapere che lo state facendo anche voi.
Perchè con qualcuno più che creare un rapporto abbiamo veramente corso la gara delle insicurezze.
Ma questo era difficile dirvelo in 160 caratteri, e allora ve lo dico qui.

Cari ex fidanzati, voi non lo sapete e forse non ve lo aspettavate, quindi è giusto essere chiari.
Lanessie Scrooge è un anno che ha deciso di smettere di sentirsi Tiny Tim con la polio ad una gamba e la sfiga all'altra.
Lanessie si sta costruendo piano piano dei luminosi natali futuri.
Ha già ottenuto un piacevole natale presente.
E, soprattutto, non ha nessuna intenzione di ricadere nei fantasmi dei natali passati.

SORPRESA!

Ieri il papa.
Oggi mastella.

...Fu così che l'Italia si svegliò un mercoledi, scese dal letto, e guardandosi nello specchio del bagno si riscoprì meravigliosamente anticlericale.

martedì, gennaio 15, 2008

MEGLIO FISICI CHE CATTOLICI



CROLLANO LE CERTEZZE PIU' DEI MURI

Tre certezze nella vita, avevo.
Primo che non capirò mai le regole del rugby.
Secondo che non sarò mai il cigno bianco del lago dei cigni.
Terzo che non soffro di mal di denti.

Altre cose si, le soffro. E mi mangio le unghie. E tendo ad ingrassare sui fianchi. Persino le calorie delle unghie mi vanno a finire sui fianchi.
Quindi non è che non le ho, le mie sfighe.
Ma quella no, la mancanza di sofferenza dentale era motivo di vanto e rilassatezza.

Persino nella mia adolescenza autolesionista, quando cercavo gratificazioni nei bignè, quando lo zucchero si scavava tunnel di collegamento tra i molari di due fazioni opposte, io non soffrivo.
Mi ero fatta l'idea che i miei nervi si fossero suicidati ad un certo punto e che tutto fosse finito.

Poi, ieri.
Minestrone col riso, eh, mica torrone e mele caramellate.
Una fitta ininterrotta per ore a quel dente in basso, non l'ultimo quello prima.
Eolo, credo si chiami. O Mammolo.

A questo punto le possibilità sono due.
Primo: all'interno del dente stanno scavando il tunnel del San Gottardo, e per farlo hanno usato un'atomica e il tnt di Buggs Bunny, e anche i prodotti diserbanti di Bhopal, e i miei nervi si sono risvegliati, sono usciti dalle loro tombe e adesso devo ucciderli con un paletto nel cuore.
Ma se questo è quello che sta succedendo, il mio dentista è quantomeno miope, altrimenti stupido.
Perchè mi ha controllato il mese scorso e ha detto Tutto a posto.
E il tunnel del San Gottardo è una questione lenta, seppur inesorabile.

Oppure.
La seconda ipotesi è che non sia una carie, ma la crescita del dente del giudizio che smuove tutti i miei nervi morti.
A questo punto sarebbe anche l'ora.
In ventisei anni non si sono mai fatti vedere.
Ho i denti del giudizio con la sindrome di Peter Pan.

Io spero che sia questa seconda ipotesi.
Perchè sarebbe un buon segnale per il 2008, intanto.
Poi, metti che sarei la prima a cui i denti del giudizio cambiano in meglio quelli già esistenti.
Magari poi sorrido dritto.


E poi, forse, se divento adulta e giudiziosa, è la volta che capisco le regole del rugby.
Il cigno bianco, invece, quello mai.







lunedì, gennaio 14, 2008

L'ASSASSINO E' IL MAGGIORDOMO

Mi è arrivata una lettera perentoria.
Devo presentarmi all'ufficio Nuclei Investigativi giovedi mattina.
Lo so che è per il cambio di residenza, ma voi non ditemelo: oggi ho voglia di sentirmi Miss Marple.

venerdì, gennaio 11, 2008

...E GLI OCCHI GUARDAVANO COSE MAI VISTE...


Mi ha chiamato.

Sto benissimo e sono così contento di aver ricevuto una tua lettera. E' una delle lettere più belle di tutta la mia vita, ha detto.
E tu come stai?, ha aggiunto
Insomma...
Perchè insomma?
Tante cose.
E la nuova casa, sempre con il fidanzato?
Non c'è nessun fidanzato, Partigiano di Riferimento.
Ah, vivi sola?
Con un'amica.
Non sarai mica passata all'altra sponda.
No - dico ridendo - è per dividere i costi dell'indipendenza.
E l'amore? - chiede il mio Partigiano di Riferimento
...
...
Sai, dice lui, una volta ho scritto un libro con una professoressa di italiano delle superiori. Una bella donna, single.
Perchè non ti sei mai sposata, le ho chiesto.
Perchè aspettavo il mio Dante Alighieri, mi ha detto, e non l'ho trovato.

Nessie, oggettivamente non ce n'è di Danti Alighieri in giro - mi ha detto il mio Partigiano di Riferimento - ma non è per questo che ti può permettere di rinunciare alla tua felicità.
...
...

...E poi disse al vecchio con voce sognante, mi piaccion le fiabe, raccontane altre....
SENZA NEPPURE UN TITOLO...



Evidentemente, non è poi così difficile dirmi di no...


mercoledì, gennaio 09, 2008



ED ECCO COM'E' ANDATA, A LONDRA.

Ci sono stati dei momenti in cui volevo strappare il biglietto dell'aereo e non tornare piu'.
Raggomilotarmi a Londra come un verme solitario e trovare il modo di entrare gratis nei teatri, entrare ancora una volta alla Tate Gallery, una passeggiata nel parco, un'annusata all'aria di neve e al fish and chips.
Ungermi le dita ancora una volta negli orridi sandwich, scoprire di nuovo il gelato libanese, che sembra torrone morbido e freddo.
Allungare all'infinito le notti lunghe di sussurri.

Poi dei momenti, il primo minuto del 2008 ad esempio, in cui Londra mi sembrava la succursale di Latina e volevo scappare.
Immaginatevi Latina il venerdi sera con un bus di turisti inglesi capitato li' per caso ed avrete il capodanno londinese.
Non mi sono molto divertita, a capodanno.
Secondo me dovevo fare come tutti gli altri e strafarmi di funghetti allucinogeni.
Ma se poi mi prendeva male, mi trovavo a Latina con un bus di turisti inglesi capitato li' per caso, e io che piango su un marciapiede.
Non me la sono rischiata.
Un po' di noia sovraffollata, ma niente sert.

In tutto questo, poi, l'Ulivo Palestinese.
Sono arrivata ad una conclusione.
Mi ci è voluto un po' di tempo perchè non posso negare che quell'uomo diventi più bello ogni volta che lo vedo. E la bellezza, dannazione, è un altissimo ostacolo tra il pensiero e la razionalità.
Ma alla fine ce l'ho fatta, e ho capito.
Che non eravamo da soli.
C'ero io.
C'era lui.
Poi c'era il suo egocentrismo.
E la sua autoreferenzialità.
E il suo narcisismo.
E' finita che ci si stava un po' stretti, lì in una camera di un Residence Universitario.

Così non è che sia andata male, che abbiamo litigato, che ci siamo insultati o tirati i piatti. Non sono tornata indietro tirando su col naso e strascicando i piedi.
Semplicemente sono tornata indietro come fosse la cosa più naturale del mondo.
Come quando vai a trovare un amico e poi mica ti piazzi sul suo divano un mese, o una vita.
Stai bene, stai anche benissimo ma poi torni.
Ecco, sono tornata.
Non come l'ultima volta che se n'è andato lui e un pezzo me l'ha portato via.
Questa volta ho raccolto tutti gli Horcrux.

E poi la cosa bellissima è che sono riuscita a trasformare il ritorno in una piccola partenza.
Che è una cosa difficile da farsi... ci vuole un pizzico di follia e di attesa, per ottenere queste piccole magie di inizio anno.

martedì, gennaio 08, 2008


CARO PARTIGIANO DI RIFERIMENTO...

Scusate se non parlo di Harry Potter.
Ho cancellato cinque o sei post senza pubblicarli. Forse devo ancora elaborare il lutto.


All'ultima seduta dell'anno con la pissipissibaucologa avevo detto di volere un 2008 con poche cose, ma belle. Non sei miliardi di cose impazzite come mosche nella bottiglia della mia vita incasinata.
E invece è il nono giorno dell'anno e ho già fatto più cose che una casalinga di Liverpool in 25 anni di matrimonio.
Così ieri sera, mentre aspettavo la fine della lavatrice delle vacanze, mi sono seduta, mi sono fatta un the e ho scritto al mio Partigiano di riferimento.
Mi sembrava che fosse un buon modo per non farmi sempre scappare tutto di mano, una volta che le cose finiscono. Avevo bisogno di riallacciare con pezzettini di passato.

E' più di un anno che non ci sentiamo, e chissà come sta, il mio Partigiano di Riferimento.
La penultima volta eravamo passati dal Lei al Tu, con una certa difficoltà da parte mia, perchè è come entrare in confidenza con la storia. Ci vuole del tempo.
Ed infatti io, l'ultima volta che ci siamo parlati, confondevo i pronomi, e lo sentivo sorridere da dietro il suo leggero balbettio.
Il mio Partigiano di Riferimento è un vecchio signore magro che abita a Milano e se ne lamenta con classe, che mi offre l'amaro di rabarbaro quando riusciamo a vederci e che mi riempie di complimenti galanti.
Ha fatto la storia d'Italia, ha costruito le barricate e si è fatto sei mesi di campo di concentramento per comunisti in Svizzera dopo che si è ritirato dalla Val d'Ossola. Ma soprattutto ha inventato un nuovo modo di pensare e vivere la scuola e l'insegnamento.
E' lo spirito santo della mia trinità pedagogica.


E' un anno che non ci sentiamo, forse due da quando ci siamo visti l'ultima volta.
Era rimasto che dovevo fare l'esame di dottorato. E pensava che abitassi con il mio fidanzato. Non so bene quale. Era un'idea che si era fatto lui, che io vivessi con un fidanzato, e non so perchè non l'ho mai smentita. Forse perchè trovavo così tenero che un novantenne potesse augurarti la felicità nella convivenza, che non me la sono mai sentita di dirgli Non c'è nessun fidanzato.
Ieri gli ho scritto che non ha funzionato, la strada del dottorato di ricerca, ma che ho trovato il mio fiore del partigiano e sono così contenta.
Gli ho scritto anche che spero di riuscire ad andare presto a trovarlo a Milano per berci insieme uno Spitz, come lo chiama lui.
Gli ho scritto che spero che stiano bene, lui e sua moglie che l'ultima volta stava combattendo una dolorosissima artrosi. E che mi dispiace tanto non essermi più fatta sentire.

Oggi spedisco la lettera, e spero che stia bene veramente, il mio Partigiano di Riferimento.
Perchè un anno, a novantanni, è come per i cani. Conta sette.

domenica, gennaio 06, 2008



IL PRIMO PENSIERO PESSIMISTA DELL'ANNO.

Prendo la navetta per l'aeroporto del ritorno alle 3 di notte da Victoria Station. Tre italiani cercano di salire senza biglietto
All'immortaccitua, non c'ho più una lira non c'ho, lo voi capì che devo stare all'aeroporto per tornà a Roma e nun c'ho più una lira, a'autista dimmerda.
Sorry Sir, you need a ticket. I've been in Italy, but here it's london, it's different. You need a ticket. E chiude le portiere.
Mentre si scusa con gli altri passeggeri per il ritardo, i romani tempestano di pugni la porta dell'autobus. L'autista chiama la polizia.
Alla fine i romani pagano. C'avevano la lira. E una di loro si chiamava Cassiopea. Tanto per.

Arrivo a Bergamo.
Poi alla Stazione Centrale di Milano, dove faccio colazione.
In coda con me per lo scontrino ci sono tre rumeni. Pagano setteeuroecinquanta per tre caffè e tre brioche piccole.
Bevono il caffè, mangiano la brioche e se ne vanno.
Il barista tira su con schifo le tazzine dal bancone e dice Col lanciafiamme bisognerebbe ammazzarli questi schifosi.

Mi siedo per terra ad aspettare il treno perchè, come già sapevo, a Milano sono sparite le panchine e la sala d'attesa sembra una rosticceria alla vigilia di natale.
Arrivano due poliziotti Signorina non può sedersi per terra. E' proibito.
Scusi, e dove posso aspettare?
Se vuole fuori c'è un mcdonald's.

Il treno parte con venticinque minuti di ritardo. Trenitalia si scusa per il disagio, si è rotto il locomotore.
Arriva il controllore. La gente gli urla in faccia Bastardi, vi dovrebbero licenziare tutti.
Lui passa dritto, occhi bassi.
La gente parla di tasse e rivolte.


E' un esperimento scientifico.
Provate a disabituarvi all'italianità, per qualche giorno.
Una volta tornati, avrete la netta impressione che questo paese ci stia esplodendo sotto il culo.

domenica, dicembre 30, 2007


POSSO CONFERMARE EMPIRICAMENTE
CHE LONDRA E' SEMPRE UNA BUONA IDEA.

BUON ANNO A TUTTI DALLA PERFIDA ALBIONE

mercoledì, dicembre 26, 2007


...E ALL'IMPROVVISO...

Ho un biglietto andata e ritorno per Londra in tasca.
E' il regalo dell'Ulivo Palestinese. Per chiarirci le idee, ha detto.
Torno l'anno prossimo, tra dieci giorni, e non mi sarò chiarita un bel niente.
Ma tanto lo so che ho la vita più incasinata del mondo, perchè ribellarsi a questo sistema delle cose? Prima o poi andrà a posto da sola, come il raffreddore che passa in sette giorni con le medicine, e in una settimana senza.
Per ora mi arrendo all'evidenza: se istituiscono il premio Vita Incasinata, io vinco ma non trovo un momento libero per andare a ritirare il premio.

Così mi sono detta, Echissenefrega se ci capirò ancora meno di prima, dopo questo viaggio.
E mentre facevo la valigia mi cullava il mantra: Londra è sempre un'ottima idea. Londra è sempre un'ottima idea. Londra è SEMPRE un'ottima idea.

lunedì, dicembre 24, 2007

"Prima ancora di uscire dall'infanzia, mi sembra di aver avuto, molto netto,
il doppio sentimento che doveva dominarmi durante tutta la
prima parte della mia vita: quello di vivere
in un mondo senza evasione possibile,
dove non restava che battersi
per un'evasione impossibile"
(Victor Serge)


DI NATALE E UTOPIE...

Mi dicono che dovrei essere più chiara, per quanto riguarda la mia brigata partigiana delle Piccole Cose.
E che dovrei dirvelo che per far parte della Brigata ed ottenere il suo fiore che mi rende più bella, c'è la legge del contrappasso.
Perchè con i fiori del partigiano non si paga mai l'affitto.
E in effetti, si, per fare un fiore del partigiano serve un tavolo, e per fare il tavolo ci vuole il legno, e per fare il legno ci vogliono altri due lavori.
Più il teatro che non rende ma rende sorridenti.
Dicono che dovrei dirvelo più chiaramente che per inseguire i miei sogni pedagogici faccio un sacco di fatica, mentre quando scrivo sul blog sembra sempre che nella mia vita cammino sull'acqua come gesù marinaio.
Non è vero che scivolo sul pelo dell'acqua come le libellule.
Ci sono delle volte come oggi che sono così stanca che persino cucinare il tiramisù di natale mi risveglia la tallonite.

Lo riconosco: delle volte mi viene un po' la voglia di glorificarmi di questa mia stanchezza, di richiedere il riconoscimento da Piccola Martire dell'indipendenza.
Un santino da Maria Goretti del precariato, da Santa Lucia dei sogni futuri.
A volte mi sogno un applauso a scena aperta del comitato centrale che dica Brava, ce l'hai fatta anche questo mese nel sottile equilibrio tra i tuoi sogni, la tua indipendenza, la tua forza fisica e mentale, i tuoi mille rapporti che vuoi salvare dal cestino delle cose che non ci stanno più.
E a dirla tutta, non è che non lo richieda proprio mai, questo riconoscimento, al Parlamento dei miei affetti.
Ma spesso invece succede che mi sembra normale, e so che non sarei capace di fare altro.

Se di colpo - per stanchezza, magari, o perchè mi si attorcigliano insieme tutti i sogni e tirandoli da un lembo ne vengano fuori trasformati in routine, o ancora perchè mi sveglio un mattino e accetto un posto in banca - se di colpo accettassi di posare nella foto col sorriso deficiente, se smettessi di agitarmi perchè non serve a niente, io non mi riconoscerei più. Mi guarderei distrattamente nello specchio del bagno e direi Buongiorno signora!
Zucconeggio ergo sum.

Così, se dai post sembro gesù marinaio, non credetemi - che stanca, eccome, lo sono.
Ma invece un po' anche credetemi, che sono i miei sogni che mi fanno camminare, anche con la tallonite del libraio.

E se sono più bella, in questo 20o7, è perchè più bella è la mia vita, più vicini sono i miei sogni, più belli saranno i prossimi anni, e bellissime sono sempre le amiche che non aspettano la vecchiaia per essere i bastoni morali delle nostre fatiche.

venerdì, dicembre 21, 2007



IL FIORE DEL PARTIGIANO, ORIGINAL.


Mi ci sono voluti ventisei anni per trovare un lavoro dove non fossi obbligata a frequentare dei colleghi.
Perchè i colleghi io me li immagino sempre una cosa brutta. E non è che l'esperienza abbia molto contribuito a farmi cambiare idea, in merito.
Non lo faccio apposta, sono i traumi della mia infanzia.
Due cose mi terrorizzano: il Mutuo e i Colleghi.
E anche il giudice di roger rabbit, ma quella è un'altra storia, è un'altra paura.


Così tre mesi fa, finalmente, l'ho trovato questo lavoro dove, anche se siamo una cinquantina, non c'è neanche un Collega. Semplicemente coabitiamo. E' una specie di creazione collettiva del quotidiano, più che un lavoro.
Ci si divide gli spazi, si fanno i turni per i computer, e certo che ci sono anche le maledette riunioni.
Ma neanche un Collega, neanche un cartellino da timbrare, un orario d'ufficio.
La mia stanza di lavoro ha un armadio dove abbiamo disegnato un grande albero verde con i ritagli delle riviste.
E dentro ci sono le bottigliette vuote per il laboratorio delle maracas.
E dalle altre stanze ci vengono a portare i rotolini di cartone della cartaigienica, per le marionette.
E abbiamo le bombolette da writers sulle scrivanie.
E' in una stanza come questa che hanno inventato questo meraviglioso poster.


Tutto questo, s'intende, mi rende estremamente felice e sorridente e finisce che qui dentro ci vengo anche quando magari potrei non venirci, per le chiacchere, per le idee.
Tipo ora, ad esempio.

E ieri, come in tutti i luoghi di lavoro normali, ieri era la sera della cena di Natale.
La nostra cena di Natale è stata al circolo 8 marzo in cima a Sestriponente, con i vecchietti del circolo che cucinavano, prezzo politico, caffè offerto dal presidente, e discorso in genovese di cui ho capito la metà.
E io che quasi muoio perchè ho starnutito all'improvviso causa pepe e mi è andato un pezzo di arrosto nel naso.
Non so se vi è mai capitato di avere un arrosto nel naso, ma vi assicuro che è una sensazione assolutamente spiacevole.
In ogni caso, giustamente incuranti della mia morte per arrosto, tra il dolce e il caffè tutti i presenti hanno intonato i canti partigiani, che risuonavano tra le pareti in compensato, per ringraziare i vecchietti della cena.


E insieme ai canti, anche le mie idee rimbalzavano tra le pareti di compensato.
Così ho pensato a questo lavoro che esiste perchè dalla Resistenza è nato e ancora adesso lo facciamo crescere, sessant'anni dopo.
Ognuno a modo suo, ognuno con il suo fiore.
Con i migranti o con i burattini a dita, con l'obiezione di coscienza, con gli armadi albero, sdraiati sulle rotaie o seduti davanti ad un computer.
Tra la cena di Natale e l'ammazzacaffè.
Con le bocce al campetto, al torneo di cirulla, al laboratorio di narrazione con gli adolescenti.
Ed è così che mi è arrivata addosso quest'idea, rimbalzata sulle pareti fredde del circolo.
Ho pensato Questo è il mio fiore: sentirmi parte della Brigata Garibaldina "Partigiani delle Piccole Cose".






Ho vinto il premio "Thinking blogger award".
Ringrazio tutti quelli che hanno creduto in me, la mamma, il mio agente.
E ovviamente voi...senza il vostro sostegno non sarei arrivata fin qui.

giovedì, dicembre 20, 2007

...MA C'E' SEMPRE QUALCOSA DA SORRIDERE


"IMMIGRATI, PER FAVORE, NON LASCIATECI SOLI CON GLI ITALIANI!"



(sul muro dell'anagrafe, oggi, andando finalmente a spostare la residenza in vico dolcezza)

AMARISSIMA SOTTOSCRIZIONE, DAL MANIF DI OGGI...



"Come i nostri lettori sanno siamo soliti chiedere soldi per far vivere il Manifesto. Questa volta, però, li chiediamo per un altro motivo. E lo facciamo da "poveri" quali sappiamo d'essre a favore di altri "poveri"; tra simili ci si deve aiutare.
Lanciamo quindi una sottoscrizione a favore dei familiari delle vittime della ThyssenKrupp di Torino, per sostenerli nella loro vita quotidiana e per far fronte alle spese legali per le eventuali cause di risarcimento nei confronti dell'azienda.
L'obiettivo che ci proponiamo è 200.000 euro, non molto in sè, moltissimo per noi.
Lo facciamo senza dimenticare tutti gli altri morti sul lavoro, ma proprio per ricordarli attraverso i caduti torinesi.
Pertanto invitiamo tutti ad invadere di bonifici il conto aperto presso la Banca popolare etica, IBAN IT40 K050 1803 2000 0000 0535 353, intestato a Solidarietà vittime ThyssenKrupp, via Tomacelli 146, 00186 Roma."



LaNessie, nel suo piccolissimo, quest'anno autoproduce i regali di Natale. E versa per la sottoscrizione tre euro per ogni regalino non comprato.

martedì, dicembre 18, 2007


LA TRISTE STORIA DI VITO LA SCIMMIA

Mentre aspetto le vostre proposte luddiste potrei parlarvi di due cose.
La prima è la narrazione della mia vita incasinata, del filo di arianna dei miei rapporti da mettere a posto, degli scivoloni che prendo nel aggiustare le cose della mia psiche.
Come quando sposti le cose dal loro fuori posto e a quel punto non le trovi più.
Ma siete fortunatissimi.
Perchè invece vi racconto la storia di Vito.

Vito è una scimmia.
Di peluche, ma voi non diteglielo, che di traumi ne ha già subìti fin troppi.
Vito è stato abbandonato al Porto Antico in una fredda serata di inizio dicembre.
Giaceva riverso su una panchina, raggomitolato nella sua tristezza e nel suo abbandono, alla mercè delle intemperie.
Consumato, forse per le troppe coccole, forse per le violenze inflitte da una cattiva matrigna.
Io voglio pensare che Vito fosse molto amato da una bambina ma che una matrigna gelosa lo abbia abbandonato al porto antico e abbia raccolto tutte le sue briciole, tornando a casa.
Così Vito si è perso.

Appena l'ho visto, il clochard delle scimmie di peluche, io ho subito pensato all'adozione. Ma mia moglie, la gelida ed insensibile Pimoglie, ha sbuffato ed è entrata in un bar a prendersi un caffè.
Così tutte le pratiche dell'affido sono state portate avanti da me e dal PastoreBattista.

Innanzitutto abbiamo controllato che non fosse un regalo di Unabomber.
Abbiamo controllato vuol dire che il PastoreBattista ha preso Vito in braccio e Vito non è esploso.
Poi, l'abbiamo un po' coccolato.
Abbiamo scritto un biglietto che diceva "Se per caso avete perso una scimmia di peluche, scrivete una mail a questo indirizzo...nel frattempo l'abbiamo adottata noi".
(In realtà la prima versione del biglietto riportava il mio numero di cellulare, ma poi ho pensato a tutti quelli che mi avrebbero chiamato grufolando Mmmmm, mi sono perso...sei tu la mia scimmietta...?)
Abbiamo quindi attaccato alla panchina la seconda versione del biglietto.
A casa, poi, Vito è stato messo in lavatrice e successivamente appeso per le orecchie al filo da stendere.
Ma mia moglie non si è impietosita.
I giorni passavano, Vito sorrideva gocciolando in cortile, ma la Pimoglie non ha tirato fuori neanche un mezzo sorriso di compassione.
Semplicemente ha finto di non vederlo.

Allora io ho pensato che questa scimmia non poteva essere ulteriormente traumatizzata da una madre affidataria assente.
E quindi, oggi, l'ho portato in ufficio.
Il quale ufficio gronda di istinto materno. Nel mio ufficio, il desiderio di maternità passa attraverso la porta, si insinua negli armadi e nella fotocopiatrice. Il mio ufficio è il Lazzaretto delle Madri Potenziali
E infatti Vito è stato accolto dalle coccole e dagli applausi, e subito gli è stata costruita una casetta di cartone tutta per lui, con il suo nome circondato da note musicali.

Adesso Vito è lì, felice, sull'ultimo ripiano dell'armadio vicino alla finestra.
Ma se per caso un giorno incontrate una bambina alla ricerca della sua scimmia di Peluche, scomparsa in un giorno di vento invernale, portatela da noi, che saremo felici di riconsegnare Vito nelle mani sporche di pennarello della sua vera mamma.

lunedì, dicembre 17, 2007


MAIS QUI EST DONC LE GENERAL LUDD?

Me lo tiro dietro dal week end questo dilemma interiore. E finalmente posso chiedervi un coniglio.
Dunque, succede che la Libreria delle Bollette Salate vende tantissimi libri belli. Molti medi. Qualcuno brutto, alcuni orribili. Ma uno, uno mi si rivolta lo stomaco tutte le volte che devo metterlo in esposizione, che devo infilarci dentro il cartellino dello sconto al quindicipercento, e non vi dico quando capita di venderlo o, peggio, dover fare un pacchettino.
E' il libro fotografico sulla repubblica di salò.
Già le foto.
E non vi dico le didascalie.

Così io ho pensato che mi dò al Luddismo.
Quando che capita a me di doverlo vendere o impacchettare, io vorrei fare una piccola azione dimostrativa.
Ma non so quale, e per questo mi servite voi.
Per adesso mi limito ai fiocchetti brutti, alla carta piegata male. Ma diciamo che la differenza con i pacchetti in cui mi impegno è sostanzialmente irrilevante.
Mi ci vorrebbe un'azione luddista poco identificabile: se ci sputo dentro primo mi vedono e secondo poi, quando a santostefano vengono a lamentarsi in cinque, ci mettono poco a capire chi è stato, anche senza esame del diennea.
Ci vorrebbe qualcosa che sembri un problema di stampa o di trasporto.
Ma se strappo una pagina si sente.
Io vorrei qualcosa che il signorfascista che riceve il dono, mentre è lì che se lo sfoglia ci rimane male e dice Ma che schifo di regalo.
Forse un topo morto tra le pagine è un'idea.
Ma anche lì, il topo morto, è difficile farlo passare per un problema di casa editrice.
Una cacca di cane, anche.
Un chewingum, magari uno... ma se lo trovano in tutte le copie è un evidente sabotaggio.
Quindi, bellissimi lettori, anche se è lunedi, spremete le vostre meningi materialiste e datemi un'idea.
Il concorso prevede anche il premio per l'idea migliore: all'eccelsa mente luddista che partorirà il raffinato motivo del mio licenziamento andrà...UNA FOTOGRAFIA DELL'ITALSIDER!
Ricchi premi e cottillons, gentili partecipanti!
Via con le idee...



giovedì, dicembre 13, 2007

VENERDI.
DOPPIO TURNO ALLA LIBRERIA DELLE BOLLETTE SALATE


mercoledì, dicembre 12, 2007


PICCOLE STANZE DI VITA QUOTIDIANA

C'è una cosa che adesso mi renderebbe tanto felice.
Un parrucchiere che si occupasse di me, dei miei capelli viola ma ispidi, strepenati, confusionati.
Dei miei capelli d'angelo, nel senso della pasta.
Vorrei che si mettesse qui, dietro alla mia scrivania, mentre trascrivo questo stupido verbale, mi mettesse la testa nell'acqua tiepida, me la massaggiasse con uno shampoo profumato, mi facesse chiaccherare di ledidiana, del vento freddo, di cosa farò a capodanno e di doppie punte.
Che mi mettesse la cera profumata agli agrumi sulle punte.
Che mi spazzolasse via i capelli dal collo con il pennello morbido da barba, che è una delle gioie supreme della vita.
Che mi trasformasse di nuovo da Hello Spank a Valentina di Crepax.
Che mi dicesse che sono una ME-RA-VI-GLIA.
Che mi dicesse E poi, con quegli occhi azzurri...perchè i parrucchieri sanno come far felici le donne.
E poi mi lasciasse pure al mio verbale, ma profumata, ordinata e femminile.
Questo mi farebbe sorridere tantissimo.

martedì, dicembre 11, 2007


FIUME IN PIENA

Sembra che sia veramente arrivato il momento delle spiegazioni.
Ho iniziato a chiarirmi con qualcuno, e gli altri sono venuti a ruota.
Sembra veramente che non ci fosse nessuno con cui avessi messo le cose in chiaro.
Me compresa, s'intende.

Adesso c'è la fila, spuntano irrisolti dagli armadi e sotto i tappeti, richieste di spiegazione e accuse.
Piano piano sto cercando di spiegare a tutti cosa ho fatto, perchè l'ho fatto. E mi trovo a ripetere Mi dispiace tanto.
Mi sento sommersa dai casini che sono riuscita a creare in ventisei anni. Stanno arrivando tutti a portare il conto.

E' come se qualcuno avesse tolto il tappo dall'ombelico della mia vita precedente.
Ma per ora ce la sto facendo... mi tiene a galla soprattutto la comprensione di quelli a cui finalmente sto chiarendo le idee.
Così questa è una scusa pubblica.
Scusate, decisamente non eravate voi. Era la (mia) situazione.

lunedì, dicembre 10, 2007


LETTERA

Non pensavo che leggessi il mio blog.
Tutti mi dicevano Ma figurati se non lo legge, e io invece pensavo che no.
Ma quel post l'avrei scritto comunque, s'intende, perchè io credo che il blog sia un luogo dove rovesci fuori le idee come albus silente quando le tira fuori dall'orecchio con la bacchetta.
E' il posto delle idee quando nella testa non ci stanno più.
E non si può avere paura delle proprie idee, anche o soprattutto quando sono sbagliate.
Sono contenta se mi dici che no, non ho capito niente della tua scelta dei ravioli.

Continuo a non pensare che tu abbia fatto una scelta lungimirante. Ma non per questo mi sento superiore a te, e mi dispiace se dal post poteva sembrarlo.
Penso che tu sia a volte o spesso un bambino alto un metro e settantacinque. Lo sai che lo penso. Ci siamo lasciati per questo. Se non era per questo io ti sposavo così com'eri, così come sei. Con i fiori d'arancio e gli anelli ti sposavo, sia chiaro. E lo sai perfettamente, questo, perchè rimani l'unica persona di cui io sia stata fottutissimamente innamorata, innamorata da non crederci, innamorata con la voce che si spezza e questa idea fissa della fortuna di averti incontrato.
Ti conosco e conosco il tuo corpo e il tuo profumo da quasi undici anni. E di alcune cose di te non mi sono mai stancata o annoiata.
E questo perchè tu sei e rimani una persona meravigliosa, a tempo indeterminato.

Ma è sulle scelte della vita che non funzionavamo, ed è per questo che adesso non capisco e non condivido la tua scelta.
L'ho scritto perchè era una mia idea, e più che un'idea era una rielaborazione del lutto, e più che una rielaborazione del lutto era ricordarmi perchè ci siamo lasciati andare nonostante io ancora trattenga il fiato quando ti vedo o ti sento.

I ravioli e il post mi hanno permesso di chiarirmi che ci siamo lasciati andare perchè il tuo concetto di libertà e il mio non sono gli stessi, ed è nella libertà che si convive.
L'abbiamo detto più di una volta, che siamo cresciuti insieme ma siamo cresciuti diversi.
Le mie scelte non sono mai state migliori delle tue. Ma le tue faccio fatica a capirle.

Io ti immagino, a guidare alle quattro del mattino. E lo so che sei felice di questo. Lo so che la scelta dei ravioli è una scelta più coerente del negozio figo del centro, con la persona che sei.
Lo so anche che la tua Libertà - con la elle maiuscola, molto più della D di dio - è una libertà solitaria, da quattro del mattino, da moto in corsa e vento in faccia, da solitudine e disobbedienza.
E io, questa tua Libertà, prima l'ho amata e adesso la rispetto.
L'ho amata senza capirla, e adesso senza capirla la rispetto.

Non sono certo io quella che non apprezza le scelte, le decisioni dei bambini.
Trovo siano sempre decisioni affascinanti, e piene di ragioni profondamente sentite e invocate. Non sono certo io quella che dice ai bambini di non sognare perchè poi, fuori, c'è un mondo schifoso ed è meglio imparare da subito a dire Si signore.
Però io credo anche che, per fortuna, le scelte dei bambini non siano lungimiranti, che si fermino tra la narice e la punta del naso: è questo che le rende bellissime: la mancanza di paura.

Non ho mai pensato a te come una persona lugimirante, e questo credo ne sia una conferma. Per chi come me pensa sempre a cosa succederà dopo, questo tuo bruciare la candela dai due lati è inconcepibile.
Ma non ho ragione io, è soltanto il mio piccolo punto di vista.

Così, ti immagino guidare il furgoncino alle quattro del mattino e ti immagino felice, ti immagino più rilassato, meno stanco, più sorridente, più colorato. Tu lo sai che tutto questo mi fa sorridere di riflesso.
E sappi che c'è una cosa, in questa stupida storia, che mi renderà veramente felice: il momento in cui si dimostrerà che, come spesso è successo, avevi ragione tu.

venerdì, dicembre 07, 2007

STASERA A CENA IN VICO DOLCEZZA...











la famiglia






mia moglie




La kGGb e l'esimio consorte





lo zio ashkenazita e la di lui famiglia









la meravigliosa amica E



il finalmente chimico









lo zio partenopeo

d'adozione




Il compagno cachemire e la sua paella





...la mia famiglia ed altri animali...













giovedì, dicembre 06, 2007

GRADITI OSPITI
...un po' di parentame è arrivato in visita da Telaviv
portando regalini, una cugina e le candeline dello Hannukkah.
...
La foto non sono loro.
Ma i cartelli ben rappresentano la mia schizofrenia antisionista.

mercoledì, dicembre 05, 2007



QUE VIVA LA PAGNOTTA


Quasi vincevo le olimpiadi del precariato, ieri.

La radiocronaca racconta di un'ottima partenza con il nuovissimo e natalizio lavoro pagnotta, di cui verrà fornita successiva accurata descrizione.
Ma lo sprint è stato un clamoroso azzardo perchè, arrivata ancora pimpante al secondo lavoro, quello vero, quello che è così bello che non mi pagano, ho poi iniziato a cedere clamorosamente a metà del Terzo Lavoro, il Percorso BambinoMuffa, più o meno all'altezza della lotta dei cuscini.
Consegnato il BambinoMuffa al di lui padre tamarro, proprio nel momento in cui la Moglie Personal Trainer Ipertiroidea già si infilava la giacca in vista del Quarto Lavoro, sono caduta agonizzante come un Dorando Petri qualsiasi e ho rinunciato al workshop di teatro, uscendo così dal medagliere ma conservando le forze fisiche per un mese che si preannuncia metaforicamente intenso.

Alle otto di sera ho mangiato il minestrone e poi mi sono addormentata.
Alle 9 e un quarto.
L'ultima volta che mi era successo credo ci fosse Cossiga presidente della repubblica.
Ma dieci ore di fase rem costante hanno permesso che stamattina fossi di nuovo allegra e scattante, prontissima per il lavoro della pagnotta natalizia: la Libreria delle Bollette Salate.

La libreria delle Bollette Salate, che mi permetterà di evitare il taglio di luce e gas al momento del conguaglio, è un banchetto lungo come un verme solitario che si snoda su e giù per la galleria commerciale del centro.
La libreria delle Bollette Salate nasconde, tra gli orridi libri panettone, anche qualche meraviglia dell'editoria che mi diverto a scoprire mentre sto aggiustando i banchi.
E poi, la libreria delle Bollette Salate è il buco della serratura sul mondo: tutti passano almeno a dare una sbirciatina... gli impiegati di banca e le casalinghe, i muratori e gli autisti dell'autobus, le nonne con i bambini senza un posto all'asilo nido e le donne rampanti con il cambio scarpe nella borsa. Tutti con il tempo per una sfogliata, una sbirciatina, a volte un acquisto.

Dopo due giorni, ho già i miei tipi tipici preferiti: adoro i settantenni che comprano i racconti erotici - Que viva la fantasia! -ma ho anche un certo feeling con quelli che fanno incetta di Gialli per le vacanze di natale e invidio chi può permettersi l'acquisto compulsivo di un libro fotografico da settanta euro.

Le maggiori soddisfazioni mi arrivano però dalle signore con tre figli: perchè, se ho tempo e non c'è la folla da Sindrome Natalizia, posso ascoltare le loro lamentele educative, farmi un'idea dei loro bambini - sempre uno di tre, uno di sette e uno di undici anni, spesso due femmine ai lati e un maschio in mezzo - e poi finalmente consigliare i libri della curiosità, della fantasia, dell'ironia e del piacere della lettura. Brutte Storie della Salani per il maschio, un bel Roald Dahl per la grande e una storia della Pina, la topolina francese, per la piccola.Oppure un volume maxiformato illustrato per la ragazzina, un Guinees dei Primati per il noioso adolescente, un Libro in Tasca per la piccina "Ma mi raccomando signora, glielo legga lei, e faccia le voci dei personaggi!".
E quando ho fatto i pacchetti, con tutta la cura e l'incapacità manuale che mi contraddistingue, intercetto lo sguardo della mamma che mi chiede E per me, qualche consiglio? Ed ecco che ci mettiamo a cercare tra i banchi un libro per mamme stanche, un libro per rilassarsi dopo cena, con i piedi su un cuscino e i tre bambini che finalmente dormono dopo essersi bevuti avidamente gli Sporcelli o La fabbrica di cioccolato.
Mi piace pensarle così, le mamme cariche di sacchetti. Io e il mio immaginario ottocentesco fatto di saghe familiari: una via di mezzo tra i Buddenbrock e le Piccole Donne.

Alla libreria delle Bollette Salate, però, non sono tutte rose e tulipani.
Fonte di tutte le mie ansie sono i resti e i fiocchi sui pacchetti.
Allora io ve lo dico qui, perchè tutti voi andrete a fare le compere di natale, e io voglio rendermi utile.
Ricordatevi di queste due cose:

Prima cosa, che molte persone hanno gravi handicap manuali, quindi per rispetto delle pari opportunità non chiedete fiocchi carini sui vostri pacchetti. Noi Diversamente Manuali riusciamo al massimo a farvi qualche ricciolino con le forbici. E voi, per favore, apprezzate l'impegno.

Ma soprattutto, seconda importantissima cosa, non cercate mai, mai di aiutare la simpatica commessa col caschetto che vi sta dicendo: sono 13 euro e 40. Mai, mai pensare di aiutarla in questo chiedendole Vuole mica cinquanta centesimi?
Questo la manderà inevitabilmente in crisi, dovrà contemporaneamente sommare e sottrarre, si dimenticherà di quanto dovevate pagare, se le avete dato venti o cinquanta euro e comunque si chiederà Ma perchè dovrei volere cinquanta dannatissimi centesimi?

Ricordatevi questa cosa: che le commesse con il caschetto vanno aiutate con bei sorrisi e cifre tonde.


lunedì, dicembre 03, 2007



GIOVEDI

Non ricordo molti film dove sia riuscita a non piangere.
Come una casalinga di Voghera qualsiasi, la commozione facile mi prende sia al cinema che a casa. E me ne vergogno tremendamente.
Sono una persona che piange di felicità, non di dolore. Sempre alla fine, piango, quando si riabbracciano, quando si ritrovano, quando si risvegliano, quando si liberano, quando festeggiano.
Lacrime buoniste, lacrime da lieto fine.
Poi, tutte le volte che ci sono di mezzo dei bambini, piango. Bambini dentro o fuori da una pancia, non cambia molto.
Nei film, sempre.
Ma non solo, perchè mi fa piangere la barilla e mi uccide il mulinobianco. Mi coglie il magone per tutte quelle false pubblicità di famiglie unite, di padri che coccolano i figli dopo la rasatura perfetta, di madri incinte nella macchina nuova superveloce.
Non è che ci credo. Ma piango.
Vergognandomene tremendamente, neanche a dirlo.
Non ho filtro, dannazione.

A teatro invece ho pianto due volte.
La prima è stata quattro anni fa.
Bebo Storti gerarcafascista in Mai Morti, Arena del Porto Antico, tutto esaurito.
Stavano zitti ad ascoltare persino i gabbiani.
Alla fine eravamo annichiliti sulle sedie, non riuscivamo neanche ad applaudire.
Ma nessuna vergogna nel pianto, quella sera, perchè piangevano tutti. Un pianto liberatorio a due anni dal G8, un'elaborazione collettiva del lutto al porto antico.
Erano lacrime condivise e necessarie.
Bebo Storti gerarcafascista in Mai Morti al Porto Antico noi che c'eravamo non ce lo dimentichiamo più. E ci viene ancora il magone a raccontarlo.

Poi, stasera.
Stasera era uno spettacolo sulle madri di plaza del majo. Alla fine i bambini c'entrano sempre, con le mie lacrime.
Quando, schierate davanti alla polizia hanno gridato Fuoco! e sul palco c'erano soltanto gli ombrelli bianchi io, clamorosamente, stavo singhiozzando sulla sedia, sperando di non essere l'unica.
Ma gli altri avevano un magone contenuto. Io, mai. Io sempre l'uragano emotivo, il singhiozzo amplificato, le lacrime calde.
Potrei dirvi che ho pensato alle mie sedute dalla pissipissibaucologa, in quel momento. A quello che le dirò domani, tra le cinque e le sei, di questa mia empatia senza filtro, fastidiosa anche. Se non fastidiosa per me, come minimo fastidiosa per i miei vicini di sedia.
Invece no, singhiozzavo e mi è venuto in mente un discorso grande: ho pensato alla forza delle donne.

Delle lotte delle donne hanno paura tutti.
Noi donne per prime. Le nostre lotte fanno paura agli altri e a volte a noi stesse.
Ma in particolare ne hanno paura le donne che non lottano.
Spesso non ci interessa vincere, capitombolare in una discussione di principio, cercare di scollarci da dosso l'etichetta di passaggio. Se vogliono definirci comuniste, no global, staliniste, femministe, prugne secche, che facciano pure: la difesa dei principi ideali è spesso cosa da maschi.
La lotta delle donne, di alcune donne, è scendere in piazza ogni giovedi e parlare, spiegare, ricucire la memoria che si è persa, che hanno cancellato o stanno cancellando con grande soddisfazione, anche, di altre donne. A volte è semplicemente occuparsi di quello che sembra superfluo, piccolo, inutile.
La lotta come un figlio che a volte cresce, a volte no, e comunque ha bisogno del suo tempo.
A volte ha bisogno di 3000 giovedi in piazza del majo.

In ogni mia lacrima vergognosa, stasera c'era un piccolo pezzo di questo pensiero, dopo una settimana di difesa del mio blog dalle invasioni barbariche.
C'era lo stupore dell'aver scoperto, per l'ennesima volta - io che sono cresciuta in una famiglia con la selezione del fascismo all'ingresso, io che ho scoperto la destra da grande, più o meno insieme al sesso, io che mi stupisco ancora e ancora e ancora e non smetterò mai di stupirmi - che esiste un'anima nera.
Non solo della nessie, di tutti esiste un'anima nera.
Esiste ed è importante saperlo e non dimenticarcelo mai.
Trovare ognuna il suo piccolo giovedi, partorire una piccola lotta che sia una figlia.
Che sia piccola, all'inizio, e che sia nostra, che abbia dentro un pezzettino di noi.
Le daremo un nome, poi che gli altri la chiamino pure come preferiscono. Per fortuna, non ne controlliamo che una piccola parte.
Sarà figlia nostra e come tutte le figlie la indirizzeremo, ma poi diventerà qualcosaltro.
Una lotta che sia una figlia che cresca e che crescendo sia un piccolo pezzo di mondo, nel mondo, per tutti.