venerdì, giugno 15, 2007



CON QUELLA FACCIA UN PO' COSì QUELL'ESPRESSIONE UN PO' COSI'... IL SABATO DEL G8


E' finita che, dopo essere scappati per due chilometri a piedi il più lontani possibile dalla polizia che stava caricando lo spezzone di Emergency in corso sardegna, siamo finiti a casa della mia amica zapatista.
E abbiamo stappato sei bottiglie di fragolino.
Così, per quegli scherzi strani che fanno la memoria e l'istinto di sopravvivenza, io adesso il sabato del G8 me lo ricordo con quel profumo lì, di vino casalingo.
Sotto il nostro appartamento
camminavano stanchi ed impauriti tutti quelli che erano riusciti a superare la curva di Corso Italia prima della carica, che erano riemersi dalla galleria di Brignole dopo la carica, e che avevano pensato come noi che non fosse una grande idea rimanere lì, incastrati tra i black block e la polizia.
E come noi avevano iniziato una biblica risalita del monte, senza avere nessuna vaga idea di destinazioni possibili e vie di scampo, mentre in piazza martinez, ai piedi del monte, era tutto un focolaio di cassonetti e caroselli della polizia.


Così abbiamo iniziato a fare su e giù da casa a strada da strada a casa, portando acqua e mappe di genova per spiegare ai tedeschi, agli inglesi, ai napoletani, ai romani e anche ai genovesi dove passare per tornare al Campo Carlini, a riposarsi, possibilmente integri.

Mi ricordo vagamente di coppie col cane, di sudori mischiati, di crolli nervosi e di facce sgomente.
Benissimo mi ricordo di una ragazza con la canottiera bianca tutta insanguinata: le avevano strappato il piercing all'ombelico e il volontario del Social Forum aveva finito l'acqua ossigenata.
Mentre l'amica zapatista correva a prenderla al piano di sopra, io ho chiesto alla ragazza Dove dormi? Alla Diaz, mi ha risposto. E io, mappa in mano, le ho spiegato come arrivarci. Perchè la conoscevo benissimo, la Diaz: era la mia scuola superiore.

Piano piano la gente ha cominciato a diminuire e noi ci siamo rintanati in casa a discutere di stato di polizia dietro alle bottiglie di fragolino, con questa idea che comunque fosse finita. Un morto e centinaia di feriti era quello che avevamo pagato, ma era finita.
Era buio quando i genitori diessini dell'amica zapatista ci hanno caricati in macchina per portarci a casa. Il togliattiano al volante decisamente brillo, così come noi, stretti nei sedili posteriori. Un telefonino in tre, quello del Fidanzato, che continuava a squillare: Tutto bene, dove siete, ci siete tutti?

Genova, la sera di sabato 21 luglio 2001 era come un cassetto dimenticato durante un trasloco.
Non ricordo di aver incorciato nessuna macchina, nessuna. Nessuno a piedi. Nessuno alle finestre. Ma in strada scricchiolavano le bottiglie di plastica e i volantini, qualche cassonetto ancora bruciava. E poi cumuli e cumuli di vetri. E le scritte sui muri, rosse, nuove, ancora gocciolanti.

La macchina scivola, la notte di sabato 21 lugliom, tra le strade morte e attraversa due quartieri. Poi imbocca la rotonda di piazza Tommaseo e supera due curve. Siamo quasi a casa, ormai.
Il fragolino influisce sulla guida del togliattiano, che invade pericolosamente la corsia opposta. Ma tanto non c'è nessuno da investire.
E poi, la curva. E dietro la curva, improvvisamente, decine di camionette e poliziotti e scudi e manganelli, tutti sulla strada.
La moglie del togliattiano urla, noi ammutoliamo, il Fidanzato afferra il telefonino. Quasi investiamo un finanziere, e la moglie del togliattiano strepita: Ci manca solo questa!
Il togliattiano rallenta. Cinque coppie di occhi che guardano dritti per non guardare ai lati, per non incrociare lo guardo di chi ci dirà: Scendete dalla macchina.
Invece passiamo. Tra due ali di polizia che guardano da un'altra parte.
Guardano la scuola Diaz, che si nasconde dietro la curva.

Arriviamo a casa e neanche il tempo dei baci, è il tempo delle telefonate.
Qualcuno urla E' un colpo di stato.
Mia madre dice Andiamo via
Andiamo via dove?
Andiamo via, se è un colpo di stato andiamo via.
Telefonate, urla, cosa sta succedendo?
Sempre un solo telefonino disponibile, avvisi di chiamata, Cosa cazzo sta succedendo?
Non era un colpo di stato, alla fine.
Era una mattanza cilena. Era una Macelleria Messicana. Era la polizia italiana. Era Fini in Caserma a dare gli ordini.

Due mesi dopo, sui caloriferi della mia scuola c'era ancora il sangue rappreso.

2 commenti:

e.talpa ha detto...

Poiché su questo blog so che si può bestemmiare: mi ricordo di una ragazza con la canottiera bianca tutta insanguinata: le avevano strappato il piercing all'ombelico e il volontario del Social Forum aveva finito l'acqua ossigenata (..) io ho chiesto alla ragazza Dove dormi? Alla Diaz, mi ha risposto. E io, mappa in mano, le ho spiegato come arrivarci. Perchè la conoscevo benissimo, la Diaz: era la mia scuola superiore.
Cristo santo.

Per togliere un po' di pathos, non sapevo dei genitori diessini, posso approfittare per mandare un saluto all'amica zapatista? E non sapevo che poi ci fossi tornata, nella scuola.

lanessie ha detto...

e dov'è la bestemmia? :O)