domenica, maggio 02, 2010



Due maggio, pomeriggio, tre e mezza.
Ho lavato il bagno, ho messo i maglioni nella scatola dell'inverno, ho messo le lenzuola in lavatrice, ho lavato per terra.
Ho passato in padella i porri e le bietoline con un po' di pepe nero e un filo d'olio, ho aggiunto la ricotta, ho steso la pasta sfoglia nella pirofila.
Devo aspettare che finisca la lavatrice per accendere il forno, altrimenti salta la luce.
Dal computer Capossela canta All'una e trenacinque circa.
Il gatto Signor Siberia guarda fuori dalla finestra come una vecchia pensionata impicciona.
Sono qui. Io e una domenica libera.
Volevo partire, uno dei prossimi week end.
Avevo fatto un sacco di piani.
Sognavo il Marocco o l'Olanda.
Ma ho scoperto oggi che avevo un solo week end scarico, ed era questo.
Volevo essere Philip Fogg e mi ritrovo Cenerentola.
A volte il regista della mia vita infierisce con cinico umorismo.

Credo che dirò al padrone della casa numero 14 che pensavo, alla fine, di non andarmene così presto come avevo preventivato.
E che si mi toglie questa merda di divano a fiori, potrei addirittura pensare ad un contratto per un anno.
Anche se non mi ci stanno già più i libri.
Nonostante non possa farmi il silchepil mentre va la lavatrice.
Questo anche perchè i topi sono scomparsi.
La prima settimana sembrava che il vicolo brulicasse.
Poi sono spariti.
Non so, magari è stato il comitato d'accoglienza.
Forse il freddo li ha decimati.
Forse hanno lasciato il pianeta, subito dopo i delfini e decisamente prima che noi umani potessimo anche solo accorgerci della superstarada che i Vogon stanno per costruire passando attraverso la Terra.
Ma tanto che problema c'è? Mica ci servono i Vogon: abbiamo già la British Petroil.
Comunque i topi non ci sono più.
O, se ci sono, sono ben nascosti.
Così ho pensato di proporre al padrone di casa un accordo: sparisce il divano a fiori, come sono spariti i topi, e io garantisco la mia permanenza per un anno.
Un anno è un sacco di tempo.
Il padrone di casa dovrebbe apprezzare la rarità dell'evento: un'imprevista nessielungimiraza.
Da Philip Fogg a Cenerentola a Simeone lo stilita.
Dice il regista della mia vita che, a trent'anni, si può anche trovare imprevedibilmente comoda persino una colonna.
E sedercisi un pochino su.


giovedì, aprile 29, 2010


"...perchè, in questa storia d'amore, sembra che giochiamo al pampano randomico"
(Quell'uomo. Due del mattino di settimana scorsa)

mercoledì, aprile 28, 2010

Non sarà certo una rinuncia da guadagnarci il Paradiso, ma volevo mettere agli atti che, pur di trovare un momento per scrivere il blog, non sto lavando i piatti.
Neanche oggi.
Quelli in fondo alla pila sono lì da sabato.
Ma per fortuna sono pochi. Finchè non esondano dal lavello è solo un allarme giallo.

Stamattina, alle 6.30, è arrivata nella casa numero 14 la prima zanzara della stagione.
Io, che non sento mai niente quando dormo, che possono anche ballarmi sulla faccia fred astair e ginger roger senza che io mi svegli, le punture di zanzara, ne basta una che non dormo più.
Così mi sono passata la mattina presto accoccolata con il gatto signor siberia che, come me, un po' sonnecchiava e un po' si svegliava e mi guardava sbuffare per il prurito.
Poi mi sono alzata e sono riuscita comunque ad arrivare in ufficio in ritardo, che sono passata a portare la colazione e il manifesto a 40 centesimi a quell'uomo lì, che entrava all'una, beato lui.

Poi, finita la mia solita collana di riunioni, mi sono cucinata un hamburger bio mentre sfogliavo il catalogo dei premi della coop.
Avrei bisogno di 2000 punti in più per il ricarica batterie solare.
E 6000 punti in più per il silchepil nuovo.
Però mi bastano i punti per fare le donazioni in beneficenza.
Com'è questa cosa che, meno soldi uno ha da spendere, più sceglie di dare i suoi punti in beneficenza?
Dovrebbe essere il contrario.
Tu che spendi 400 euro all'anno ti regaliamo il ricarica batterie solare, che sicuro non te lo potrai comprare mai.
Tu che invece ne spendi 10.000, cosa te ne fai del silchepil? Ne avrai già almeno 4. Facciamo che i tuoi punti li diamo a Medici Senza Frontiere.
Mica dico i premi dell'esselunga, che non danno la maternità alle lavoratrici, figurarsi il silchepil ai consumatori a basso reddito.
Ma alla coop.
No?
Scommetto la testa di Bondi che ci stanno.

martedì, aprile 27, 2010


Ieri, alla fine, il computer si è rifiutato di andare su internet.
E oggi ho saltatellato tra riunioni che neanche Dick Fosbury.
Riusciranno, domani, i nostri eroi, a scrivere qualche riga di senso?

lunedì, aprile 26, 2010


Ero partita con tutto un discorso serio sul senso di comunità regalato da questo week end, tra i prati di Campenave e i balli popolari in periferia.
Avevo già scritto dieci righe, con un'aria da sociologa.
Ma sono le 13.23, alle 14.00 ho un autobus che mi porta da dodici adolescenti in pieno boom ormonale primaverile e ho pensato che non posso essere sociologa in mezz'ora.
In mezz'ora si scrivono cazzate.
Le storie belle, le fiabe così come le storie d'amore o gli articoli di approfondimento, i saggi, i romanzi, hanno bisogno di tempo dedicato. Non si scrivono in mezz'ora o nei week end.
Così, visto che adesso ho solo mezz'ora, scrivo dieci righe stupide come queste.
Ma stasera, che me la prendo tutta per me, prima faccio l'orlo dei jeans, ma se poi mi funziona per caso la chiavetta internet, mi dedico del tempo.
E scrivo un post molto serio e molto divertente, spero.
Come una storia d'amore.

venerdì, aprile 23, 2010



Ma ditemi voi se è possiamo lasciarla da fare a Fini, la rivoluzione, a cavallo del 25 aprile.
Io sono un po' inorridita, di tutto questo applaudire davanti ad un gioco di potere tra post fascisti.
Proprio in questi giorni.
In questi giorni in cui in ogni piazza dovrebbe risuonare Il piave mormorava...
(Ah ah ah. Battuta. Che non fa ridere per niente).

Però stamattina.
Che mi sono presa una mattina libera, dopo due settimane da farsil il segno della croce coi gomiti, dopo un pomeriggio in autostrada tra genova e savona cercando di recuperare il vino bianco per il Circolo Luogo dell'Anima mentre due macchine andavano a fuoco in galleria, prima di un week end fatto di tre concerti tre e turni al bar della periferia, dopo notti insonni, dopo una telefonata isterica della zia della mia ragazzina preferita, dopo un laboratorio a scuola inventato sul posto, dopo sogni deliranti e pianti irrefrenabili dalla pissipissibaucologa.
Però stamattina.
Che mi sono presa una mattina libera.
E fuori pioveva e dentro, invece, era la più lunga delle colazioni a letto.
Però stamattina dicevamo, con l'uomo che devo anche decidere come chiamare in queste righe, dal momento che ormai è ospite costante di questo blog, nonchè della casa numero quattordici. Insomma.
Stamattina.
Che mi sono presa una mattina libera e lui non lavorava.
Nella più lunga delle colazioni a letto dicevamo che, alla fine, succederà questo.

Fini farà tutto un partito dove finisce la destra, il centro e la destra del pd.
Noi a quel punto candidiamo vendola, con la sinistra e quel che rimane di sinistra nel pd.
E non vinciamo mai più.
Qualcosa del tipo loro al 70% e noi quel che rimane.
Torniamo alla prima repubblica dei momenti bui.
Loro che governano e noi che facciamo l'opposizione.
Un'opposizione forte, pressante, lontana dal governo ma presente nelle coscienze.
Con pochi risultati legislativi ma una spinta forte dal basso.
Dicevamo, con quell'uomo, che è così che andrà e che una volta ci sarebbe sembrato un programma ben triste in cui sperare.
E stamattina, invece, quasi quasi ci sembrava una buona idea.

martedì, aprile 20, 2010



E così, siamo sopravvissuti anche al Congresso Nazionale.
Abbiamo eletto un presidente che nessuno lo sta a sentire quando parla, un presidente che lascia il carisma sul comodino quando esce la mattina, ma che almeno non dice delle cose stupide.
Sempre che qualcuno riesca a stare sveglio abbastanza da accorgersene.
Abbiamo eletto un presidente che dimostra che non siamo per il leaderismo, ecco.

Per il resto, è stato un congresso bellissimo, io mi sono divertita un sacco, che sembrava di essere il patto Molotovribbentrop, con tutti gli accordi in corridoio, le riunioni divise, le mozioni.
Sembrava uno spettacolo teatrale.
Sembrava il Parlamento.

In tutto ciò, però, ho saltato per la seconda volta di seguito il week end e quindi sono qui che sono quindici giorni che lavoro e sono vitale come una panissa in una friggitoria alle sei di sera.
La casa ha accumulato la polvere in mia assenza, il frigo è vuoto e sconsolato, il gatto signor siberia è costretto a mangiarsi il riso con le zucchine e il pesce perchè tanto non c'è altro, c'è poco da lamentarsi.
Sono stanca di una stanchezza primaverile, ma come se fossero due anni che è primavera.
Due anni che la primavera non ha bussato, è entrata sicura e io ho smesso di dormire.
E' un momento che mi iscriverei ad un corso di massaggi soltanto per avere una buona scusa per addormentarmi su un parquet con qualcuno che mi fa pressioni sulla schiena.
Che andrei persino in Islanda, per scappare dalle scadenze.

Con tutto che ho un uomo che mi aiuta in ogni cosa, che mi viene a prendere, che mi lava i piatti, che mi cucina mentre mi faccio la doccia, che mi stende i vestiti, che mi ritira la roba se piove.
Non me lo ricordo come facevo, prima.
Questo uomo dice che io sono Bill Clinton e lui Monica Lewinsky ma giura che non tiene nessuna vestaglia nel freezer.
Io, Bill Clinton e Monica Lewinsky preferirei di no, ma è vera una cosa.
Che mi sento come se la mia vita avesse invocato l'impeachment.



mercoledì, aprile 14, 2010


Si sta come in Primavera in un ufficio pre-congresso nazionale

martedì, aprile 13, 2010

giovedì, aprile 08, 2010

Ho scritto di mensa, di iscrizioni e diritti su prospettivaranocchio.blogspot.com

martedì, aprile 06, 2010



Sparire dal mondo, a piccole dosi, non è poi così difficile.

Sono partita, giovedi, con lo zaino che compie quest'anno i 15 anni di vita e i circa due milioni di viaggi, per andare a fare la volontaria al Cirtical Wine di Montaretto, che è una cosa bellissima in un posto bellissimo.
A Montaretto non prende la omnitel, se non in unico punto dietro la chiesa e al bivio con il murales dello sciopero al contrario. Del resto non prende neppure la Tim, la Tre, e poco la Wind. Ci si parla via radio. O a voce, ovviamente.
E un posto solo ha internet: l'ostello.

In compenso, però c'è La casa del popolo, c'è il campetto da calcio Lenin, c'è il campeggio dell'Anpi, c'è il Critical Wine, c'è il pranzo sociale del Primo Maggio, c'è la vista più incredibile, c'è le stelle, c'è i bambini che girano da soli, c'è il calcetto, c'è un sacco di gente meravigliosa. E quindi c'è che è facile arrivare il giovedi e dimenticarsi del resto del mondo fino al lunedi sera.
Durante il Critical Wine ci sono i produttori, i figli dei produttori, i volontari, i musicisti, la gente del paese, i vecchietti, i cuochi, gli aiuto cuochi, i dj, quelli che passano di lì.

Io, quest'anno, ero volontaria.
Ho fatto volantinaggio alle 5 terre.
Sono stata alla cassa a vendere i bicchieri.
Sono stata al bivio a bloccare i milanesi che volevano scendere con il suv in paese.
Sono stata in cucina a lavare i piatti.
Sono stata promossa sul campo da lavapiatti ad aiuto-aiuto cuoco, con un'emozione che neanche quando mi hanno eletta al congresso provinciale.
Ho fatto colazione la mattina con fette biscottate e tajin, davanti al cielo più bello del mondo.
Mi sono scolata sotto il temporale.
Mi sono fatta un mazzo tanto con i piatti.
Ho conosciuto un milione di persone che non vedrò più.
E un milione che vedrò ancora.
Ma soprattutto, sono stata volontaria.
Che è una parola bellissima.
Che è una parola tremendamente fuori moda.
Ma che se dovessi dirvi qual'è la mia parola del 2009-2010, questa parola sarebbe Volontaria.

C'è un senso grande, in questo andare ad aiutare senza guadagnarci nulla, se non, appunto, la condivisione e il divertimento, che la nostra generazione aveva dimenticato.
Tutti impegnati ad arrabattarci dietro la vita, ci siamo dimenticati della bellezza di fare le cose per il gusto di farle.
Parafrasando Benedetto Croce (e De Andrè) credo che la mia generazione si sia ad un certo punto convinta che tutti siano volontari, fino a 18 anni, e che dopo rimangano a farlo soltanto gli eroi e i cretini.
Non è così.
E' un parametro diverso.
Ci sono delle cose, degli eventi, dei luoghi, dei momenti, che non potrebbero esistere senza i volontari.
Il Critical Wine è uno di questi, il Circolo Luogo dell'Anima è un altro, e chissà quanti altri ce n'è.

Il Critical Wine ci va un milione di persone, che parlano, che scoprono un modo diverso di vivere, che parlano con i produttori, che bevono un caffè alla casa del popolo, che aspettano pazienti il turno per mangiare, che ascoltano della bella musica, che semplicemente stanno in un posto bellissimo per 5 ore.
Questa cosa è importante.
In questo mondo di casino e depressione, è una cosa importantissima.

Io, in quatro giorni, mi sono sentita orgogliosa di poter dare una mano ad una cosa così.
Con tutti i limiti, come sempre.
Ma con l'idea precisa che ci sono delle cose che non c'entrano nè con i soldi nè con la fatica, ma c'entrano con la qualità della vita.
Lo scopo comune, l'aiuto, l'ironia, il cazzeggio e la serietà, il senso, la politica. Sono le cose che abbiamo perso, e che a Montaretto si trovano ancora.
Sono cose di sinistra.
Sono LE cose di sinistra.

Io credo che dobbiamo tutti tornare a fare i volontari.
Per noi stessi, principalmente; e, di conseguenza, per gli altri.
Oppure il contrario.

giovedì, aprile 01, 2010



Io mi sento che questo paese è il bicchiere mezzo vuoto.
Perchè qualcosa c'è, sul fondo, se guardi bene controluce.
Sacche di resistenza, pensieri sparsi, piccole speranze, bagliori di intelligenza.
Però c'è che tutte queste cose insieme sicuramente non riempiono il bicchiere, e che anche a guardarle uno non riesce comunque ad essere ottimista.
No, ottimista proprio non mi sento.
Penso che cinque anni di Cota in Piemonte non serviranno a svegliare la gente, ma a renderla soltanto più aggressiva, più incazzata, più stronza e autoreferenziale.

Ma non è che c'è qualcuno che lo vuole, questo nostro nord?
Piemonte, Lombardia, Veneto. Non è che c'è qualche acquirente interessato, non so, l'Austria?
Non è che possiamo fargli votare di nuovo l'anschluss?
Facciamo una lista di quello che ci dispiacerebbe vedere andare via.
Ad esempio, secondo me, ci teniamo Brà e lo Slow Food. Ci teniamo gli aironi del Ticino. Ci teniamo Ca' Foscari, i fiori di Loto di Mantova, il Salone del Libro, il Festival della Letteratura. I Valdesi, anche, ce li teniamo. E la Litizzetto. Ci teniamo Paolo Rossi, Dario Fo, Gino e Michele. La biennale di Venezia. Paolo Conte, non so, forse glielo possiamo lasciare. Ci teniamo Capossela. Il Davide Van De Sfroos mi sa che glielo lasciamo e poi io mi prendo i dischi d'importazione. Compriamo un souvenir del duomo di Milano prima di chiudere le frontiere. Ospitiamo tutti i No Dal Molin e le loro pentole. Il circolo arci La Scighera. Il museo del cinema. L'originale del Quarto Stato. Qualche bottiglia di dolcetto, da nascondere come i sigari cubani a Miami. I bradipi dell'oasi di sant'alessio. Il lago di garda.

Tutte queste cose le salviamo prima dell'annessione.
Tanto sono cose che a loro non interessano.
Ma gliene lasciamo altre.

Possono tenersi la polenta, la Bagna Cauda, le gondole, le radici cristiane, Magdi Allam, la Stampa, la Fiat, il giardinetto davanti a casa, i turisti giapponesi, le borse di Prada, i centri commerciali, i cinema con lo stesso film in sei sale diverse, malpensa, le classi separate, la sanità privatizzata, le tangenti dell'Expo, gli stadi delle olimpiadi invernali, la tav, i poligoni vicino a Padova, Gentilini, Formigoni, la Moratti, il figlio di Bossi, Cota. Le centrali nucleari e gli ogm.
Gli lasciamo Brunetta, anche se non l'hanno voluto neanche loro, ma per punizione.
Gli lasciamo la memoria corta, il razzismo, la cocaina, Salò, Via Bettino Craxi martire, la Tyssen Krupp. Queste cose gliele lasciamo tutte. Che non si dica che siamo egoisti. Gli lasciamo Milano 2, Milano 3. Voghera e Max Pezzali. Laura Pausini e Massimo Boldi. Gli lasciamo le ronde, ovviamente, i gratta e vinci, gli studi televisivi e CL.
E, guarda, sono pronta a lasciargli anche il Cenacolo, se giurano che se ne vanno.

Poi, magari, ci andiamo in vacanza.
Tra qualche anno, passaporto alla mano, andiamo a vedere come si sta nello stato federalista del nord italia.
Ci mangiamo la bagna cauda, polenta osei e una bottiglia di dolcetto con lo stesso gusto di un gulash in ungheria.
E magari scopriamo che stanno bene, così.
Che si sono tenuti quello che interessava a loro e non sentono la nostra mancanza, nè la mancanza di quelli che sono scappati da noi, nella Repubblica Ligure della Val D'Ossola.
Magari scopriamo che stiamo tutti meglio, con loro annessi all'austria e noi di nuovo in un paese dove la cultura e la socialità sono i metri di paragone della vita.

Quasi quasi lo popongo a Bersani: se non possiamo più credere nella rivoluzione, almeno possiamo credere all'anschluss.

mercoledì, marzo 31, 2010

...più delle idee che vanno a morire
senza farti un saluto
di una canzone popolare
che in una notte come questa
ti lascia muto...
è una notte in Italia, se la vedi...

domenica, marzo 28, 2010

venerdì, marzo 26, 2010

-signurì,scusi se glielo chiedo,ma la vedo lì che legge il manifesto. Ma la puntata di santoro di ieri su quale canale è che la davano? - credo solo su sky,sa. Perché la rai l'ha censurata. - già. Che disastro,che disastro,quest'italia. Ma sa cosa le dico,signurì, che se la prossima volta,invece del souvenir del duomo,ci tirano la madonnina,ma tutta intera,quella d'oro,io poi posso anche morire felice.

mercoledì, marzo 24, 2010


Dice gli svizzeri che Il Cisalpino l’è mea un treno svizzero.
Dice che è qualcosa in compartecipazione italiana, e si vede.
Ma per me, salire sul Cisalpino a Milano Centrale, è come il detective di Roger Rabbit quando entra a Cartoonia, come Dorothy che passa dal Kansas al Paese di Oz.

Milano Centrale io, questa volta, l’ennesima volta, ci sono arrivata su un regionale venticinque minuti di ritardo, con i sedili rotti e lo sporco da carbonio 14.
A Milano Centrale, questa volta, l’ennesima volta da quando hanno tolto le panchine perché così non ci dormono i barboni, tutta l’umanità era un piedi in attesa che il tabellone partorisse gli orari.
A me, l’umanità in piedi in attesa a Stazione Centrale, sempre mi ricorda la foto scattata a piazza Venezia il giorno dell’entrata in guerra.

A Milano Centrale c’erano dieci ragazze vestite di bianco che regalavano la cocacola light. E soltanto intorno a loro si potevano individuare dei rari sorrisi. Perché tutto il resto, invece, questa volta, l’ennesima volta, era solo nervoso, urla e telefonini.
Il caffè costa un euro e venti, il cappuccino due euro, l’edicola non dà informazioni. Al piano terra è sorto un centro commerciale, con gli stessi negozi della fiumara, con le stesse vetrine, con le stesse offerte.

Esco per cercare un bancomat.
Metto la testa nell’edicola.
Tra i giornali sono appoggiati tre passerotti.
L’edicolante alza lo sguardo da Libero, caccia via i passerotti, mi dice Uccelli di merda. Ma qui devono venire, a rompere i coglioni?
Poi mi indica il bancomat. Che ha cinque sportelli.

Quando torno in stazione il Cisalpino è sul binario.
Supero cinque ragazze tristi alte tre metri e venti, accompagnate da altrettanti cinquantenni firmati GianfrancoFerrè e salgo sul treno.
Dentro cambia il setting.
E’ come tuffare la testa sotto l’acqua mentre i vicini danno una festa.
Dentro al Cisalpino tutti parlano a voce bassa.
Anche gli italiani.
Anche quelli di Como, per dire. Quelli che magari prima avevo visto sbraitare al telefono mentre stringevano la borsa al passaggio di tre ragazze rom.
Però lì si adeguano al contesto.
Un contesto di gente che legge, che mette la vibrazione al telefono, che parla piano, che guarda fuori dal finestrino.

Allora io mi dico che il setting è tutto.
Il setting, in Italia, in questo momento, è inospitale, è brutto, è sporco, è depresso, è claustrofobico.
Capisco che il mio amore per la Svizzera ha tanto a che fare con la possibilità di pensarsi e collocarsi in uno spazio accogliente. Se vale per gli ospedali, per le classi, per gli asili, per gli uffici, per i centri commerciali. Se tutti lo dicono, che si sta meglio, si produce di più, in un posto bello. Se vale per i negozi, perché non dovrebbe valere per i paesi?

E così arrivo a Mendrisio.
E dico Ho fatto un viaggio meraviglioso, sul Cisalpino.
Ma va? - mi rispondono – pensa che il Cisalpino funziona così male che le ferrovie Svizzere hanno accostato un treno che fa la stessa tratta, da Chiasso a Zurigo. Ma pulito e in orario.

martedì, marzo 23, 2010

...e resto solo coi pensieri miei...


Vi dico cosa vorrei stasera.
Vorrei non aver lavorato undici ore.
Vorrei capire perchè il signor siberia non mangia.
Vorrei il teletrasporto.
Vorrei affacciarmi dalla finestra e vedere il trenino del monte generoso.
Vorrei essere tornata a casa trovando l'uomo della mia vita che mi ha cucinato una cena succulenta senza carboidrati.
Vorrei non avere mangiato un minestrone tiepido mentre vi invitavo agli eventi del week end al Circolo Luogo dell'anima.
Vorrei di nuovo essere ad accendere un camino per sedirmici davanti a leggere Paolo Nori.
Vorrei non avere lavorato un'ora di più per ascoltare uno sbirrio che si vantava dei suoi progetti di riqualifica urbana a pagamento.
Vorrei avere un buon film da vedere stasera.
Vorrei non essere seduta su un divano polveroso a fiori piazzato qui dal mio padrone di casa.
Vorrei che non mi facevano più paura i topi.
O almeno vorrei essere capace di fare come mi ha detto la mia amica ChiaraSvizzera, che arrivo all'imbocco del vicolo, faccio un urlo di battaglia, tiro la stellina di supermario e sono immune dalla fobia fino al mio portone.
Vorrei capire se davvero stanno avviando alla prostituzione una delle mie ragazzine, come ipotizzano i servizi sociali e vorrei capirlo in fretta.
Vorrei confondere più spesso CasorateSempione e ArsagoSeprio.
Vorrei comprare un sacco di vestiti primaverili.
Vorrei Sinistra e Libertà al 65% nazionale, settimana prossima.
Vorrei un antivirus prima che questo portatile esploda.
Vorrei dei grattini sulla testa, un massaggio alla schiena, un bagno caldo.

lunedì, marzo 22, 2010


Tornata dalla Svizzera.
Come al solito, ho seminato briciole di cuore tra il Canton Ticino e la Liguria, e adesso che sono tornata mi manca un pezzo.
C'è un filo che mi lega, fortissimo, e devo solo capire come ascoltarlo.
Domani ve ne parlo.

martedì, marzo 16, 2010


Elezioni regionali.
Scrivo adesso questo post, lunghissimo, così avete il tempo di rimuginarci, dire che non siete d'accordo, scatenare il dibattito e avere ancora il tempo di andare a votare.

Inizio col dire che meno male che non abito in Lombardia.
Se abitavo in Lombardia col cazzo che scrivevo questo post, perchè io Penati non lo votavo neanche se l'alternativa era Goebbels. E la prossima volta gli sgomberi dei campi rom li fa fare alla lega. Se ero in Lombardia mi toccava votare Agnoletto e Rifondazione Comunista. L'avrei fatto, ma sicuro non avrei scritto un post per convincervi.

Se abitate in Puglia, invece, beati voi. Non servo certo io a convincervi a votare.
Già vi vedo, sorridenti e radiosi in attesa che controllino il vostro documento per poter andare a votare Vendola. E non ci vorrà la settimana enigmistica per trovare le differenze con noi che voteremo Burlando, la Bonino, la Bresso...

Però adesso la smetto di fare l'invidiosa e vi racconto le cose sul serio.
Intanto vi racconto come funzionano, queste elezioni regionali, che se mi si elegge Commissario Politico, poi io i ruoli li rispetto.

Funziona che ci sono dei candidati presidente con dei partiti che li sostengono.
Si può votare solo il candidato presidente, il candidato presidente più un partito (anche disgiunto: un candidato di c.sinistra e un partito di c.destra, ma perchè mai dovreste farlo?), o ancora il candidato presidente, un partito e una preferenza, tra i nomi in lista. La preferenza e il partito non possono essere disgiunti.
Esempio.
Prendiamo il Lazio.
Potete votare la Bonino e basta.
Potete votare la Polverini e basta.
Potete votare la Bonino e i Verdi.
Potete votare la Bonino e la Lega.
Potete votare la Polverini e i Verdi.
Potete votare la Polverini e la Lega.
Potete votare la Bonino, i Verdi e Angelo Bonelli (sono andata a vedere, eh. Non è che so a memoria i capolista dei Verdi).
O ancora la Bonino, la Lega e Di Biagio Arianna.
E, infine, la Polverini, i Verdi e Angelo Bonelli.
La Polverini, la Lega e Di Biagio Arianna.
Questa è la teoria. Sono stata abbastanza neutra?

La pratica.

La pratica è che io sostengo fortemente Sinistra e Libertà, a queste elezioni.
Anche a quelle prima, a dire il vero.
Ma la degenerazione di Rifondazione, la volta scorsa, non era così evidente. Dopo i cartelloni con le scarpe fetish e gli uomini in mutande, invece, io veramente non concedo più nulla, a quel partito. Non la lungimiranza, non la proposta alternativa, non la difesa dei diritti. Non mi fido più. Mi dispiace, che è un pezzo della mia storia, ma mi sembra veramente che rifondazione sia cascata mani e piedi nella malattia infantile del comunismo, che è l'invidia.

Sinistra e Libertà, invece, più li conosco più mi sembra che siano persone che è tutta la vita che fanno politica, nei modi più diversi.
Quelli dei movimenti, quelli delle associazioni, quelli del volontariato, quelli dei movimenti ecologisti, il popolo viola, il popolo arcobaleno, l'acqua pubblica, ateiagnostici, no nucleare, coordinamento precari, ricercatori... Mi sembra che siano persone che hanno sempre fatto la politica dal basso e che adesso si rappresentano e autorappresentano in un partito. Che è il modo sano in cui nascono i partiti, secondo me.

Allora, in merito alle Regionali, ecco il mio pensiero.
Non è vero che tutti sono uguali.
Lo diceva anche De Gregori, che è solo un modo per convincerci a restare chiusi dentro casa quando viene la sera.
Dipende se tu guardi la persona o la coalizione.

Noi abbiamo un sistema che ci impone di guardare i leader. Burlando e Biasotti. Bonino e Polverini. Il candidato di destra del Piemonte che non so chi è e la Bresso.
Se la vedi così, e loro vogliono che noi la vediamo così, certo che le differenze sono minime.
Ma cosa pensiamo, che uno arriva a fare il candidato presidente in regione, a capo di una coalizione di partiti e partitini senza essere un uomo moderato e intrallazzone?
Tra Biasotti e Burlando la differenza non è poi molta.
Ma la coalizione è un'altra cosa.
Tra un assessore alla scuola della Lega e uno di Rifondazione, tra un assessore all'ambiente di Forza Italia e uno dei Verdi c'è comunque un abisso.
Perchè non è il leader che decide, alla fine.
Questo lo fanno credere perchè è più facile arrabbiarsi con una persona che con una coalizione. Così poi ti cambiano la persona e tu ti illudi che sono cambiate le cose.
Ma noi siamo persone intelligenti.
E secondo me è il momento che la smettiamo di pensare quello che vogliono farci pensare.

Questa è la mia linea politica (Lombardia esclusa):
alle regionali si vota, si vota il candidato di centro sinistra e - all'interno della coalizione - si vota a sinistra. Secondo me Sinistra e Libertà, ma se preferite anche Rifondazione.
Si dà una struttura forte e di sinistra alla giunta.
E poi si presidia, sempre.
Non che se li votiamo poi dobbiamo starcene.
Ma chi se l'è inventata questa cosa? Chi l'ha detto che se li votiamo gli diano carta bianca? Se lo dite ad un padre costituente gli viene un infarto.
E comuqnue sono sempre dell'idea che parlare con uno stupido assessore del Pd non sia comunque come parlare con un idiota della Lega.
Con tutto quello che penso del Pd.

Infine, per quello che riguarda la Liguria.
Sinistra e Libertà ha fatto una scelta, in Liguria.
Si chiama sostegno esterno.
Vuol dire che appoggia Burlando, ma nei contenuti.
No al nucleare, acqua pubblica, risorse alla scuola, salario minimo.
Se Burlando ad un certo punto decide che le cinque terre sono il posto ideale per una centrale nucleare, Sinistra e Libertà esce dalla giunta.
Io credo che questa sia una posizione politica non solo condivisibile, ma anche di grande forza.
E di coerenza. Io mi sento tranquilla a votare e a far votare Sinistra e Libertà, come si diceva una volta senza imbarazzarsi.

E così finisco il mio pippotto politico dicendo che questa è la mia opinione e il mio voto.
Ma che soprattutto la democrazia è una roba a cui stare dietro.
Come gli affetti, come le amicizie.
Non è facile. E' complicata, la democrazia.
Altrimenti non sarebbe così affascinante.

lunedì, marzo 15, 2010



Casa numero quattordici.
Ci sono.
Ho dormito ieri per la prima volta sul soppalco, con un uomo che mi ha fatto i grattini sulla testa fino all’ultimo granello di veglia, e poi se n’è andato, tirandosi dietro la porta sulla mia ricercata solitudine.
Oggi ho passato la domenica a svuotare i miei trenta scatoloni di vita. Mi mancano soltanto quelli della cucina.
Ho fatto la prima spesa al supermercato sotto casa.
Ho preso il primo caffè al bar.
Aspetto martedi per la presentazione ufficiale in edicola.
Ho una casa che tutto sommato, a 30 ore dal trasloco, è molto più vivibile di vico dolcezza negli ultimi due mesi.
Ho posto per tutto, e qualcosa ancora avanza.
Nei prossimi giorni devo mettere in ordine rigoroso i libri, che sono il piccolo spazio alla mia compulsività ossessiva. Per genere, per autore, per formato.
Stamattina, prima del supermercato, avevo il frigorifero di uno yuppie: torte salate cucinate dalla mamma vino bianco e spumante. Adesso ho il latte, le uova, i sapori, l’insalata e un avanzo di brie lasciato dall’uomo dei grattini, che oggi è tornato a cucinarmi un pranzo da Famiglia Italiana, mentre io svuotavo scatole e piantavo chiodi, alla faccia delle differenze di genere.
Adesso che è mezzanotte di domenica, ho la colonna di pulp fiction bassa bassa, un silenzio meraviglioso, nessuno che torna, nessuno che si sveglia per andare in bagno e mi passa dietro la schiena strofinandosi gli occhi e bofonchiando Ancora sveglia?
Quando sono andata a vivere da sola per la prima volta, sei anni fa, ho passato le prime notti guardando film fino alle 6 del mattino.
Ho visto Novecento di Bertolucci, tutto, tra mezzanotte e le sei di un giovedi notte.
Avevo ventidue anni, vivevo con dei coinquilini orribili – La Seppia, Il Marines e La Camionista – e guardare i film fino alle sei del mattino senza che nessuno mi chiedesse nulla mi sembrava la più grande delle sperimentazioni di libertà. Ero una studentessa universitaria sotto tesi. Potevo permettermi di spegnere il telefono per non accettare le supplenze che mi facevano pagare l’affitto, se avevo guardato tutti i film con Gian Maria Volontè fino all’alba.
Potevo non sentirmi in colpa ad alzarmi alle tre, cucinarmi un purè con la carne macinata e mettermi a scrivere di Scuole e Partigiani.
Adesso che ho sei anni di più è solo mezzanotte ma è il momento di spegnere il computer, salvare il post che pubblicherò domani e andare a dormire, che domani ho le mie ragazzine.
Ma vado a dormire con questa splendida sensazione di solitudine avvolgente. Una sensazione che si impara ad apprezzare soltanto ad un certo punto, dopo le Seppie, i Marines, le Camioniste, le Mogli e le Ragazze fuori Moda.

mercoledì, marzo 10, 2010


V.M.18


- Cioè e quindi ce l'ho detto che, porcattroia, mica che mi poteva trattare così, la stronza, la rottinculo. Ce l'ho detto Oh prof, cazzo vuoi, cosa pensi che non c'ho i cazzi miei più importanti da pensare che stare dietro alla tua merda di lezione del cazzo?
-oh, minchia, cioè, che coraggio. Io mi cago nelle mutande, a parlare ai prof. Che poi, boh, magari è perchè sono una femmina, cioè, non so, però proprio cioè mi trovo con le mutande sporche di mmmerda a parlare coi prof.
-No, minchia, cazzo dici? Devi averci coraggio, devi averci. Io prima o poi ce lo dico. Ci dico Prof, se non la pianti te lo infilo nel culo finchè non c'hai un'altra spina dorsale.
- Ah ah ah minchia Gian, sei troppo fico. Cioè, veramente che ce lo andresti a dire alla prof?
- Oh, cazzo, porcodddio, certo che ce lo andrei a dire. Cazzo mene?
- No, infatti, cioè, basta con sta cosa che ti caghi nelle mutande davanti ai prof. Cioè, sono dei rotti in culo sfigati di merda. Non si meritano altro che sprangate nei denti.

(4 adolescenti tra i 13 e i 15 anni sul 18 barrato).

martedì, marzo 09, 2010

...ho lavorato 11 ore...

domenica, marzo 07, 2010



Ho un'ora di solitudine casalinga prima di dover raccogliere ogni forza residua e andare a lavorare.
Ho quindici scatole pronte per il trasloco.
Ho un metro quadrato di pluriball sul pavimento, con cui gioca il gatto Signor Siberia, dimostrando che il pluriball è irresistibile per ogni essere vivente.
Ho un congresso alle spalle dove sono stata eletta nel comitato provinciale, con mia grande sorpresa.
Ho un uomo con cui è bello svegliarsi la mattina.
Ho Petra Magoni che canta Colour cafè nel computer.
Sei giorni di distanza dal mio bilocale.
L'acqua per la pasta sul fuoco.
Un inverno che non passa, fuori dalla finestra.
Un presidente della repubblica che ha fatto l'ennesima porcata, dopo il sostegno all'invasione dell'ungheria, e la TurcoNapolitano.
Il Manifesto della domenica dimenticato in ufficio cinque minuti dopo averlo comprato.
Un appuntamento per chiarire chili di dinamiche improbabili.
Un letto da smontare, un credenzina da riparare, un permesso ztl da chiedere ai vigili, un gatto che in questo momento mi cammina sulla tastiera.
Una voglia di scrivere che ha prodotto questo inutile post.
Una previsione di viaggi che mi porterà, in un mese, in Svizzera, a Roma, a Montaretto, ai seggi elettorali.
Un post in cantiere per spiegare a chi volesse un po' di quelle cose delle elezioni che non si sanno mai, tipo le preferenze e le soglie di sbarramento.
Una lavatrice da fare, una domenica che vorrei abitare sull'oceano per andarlo a vedere grigio e gigantesco, con il cielo che c'è oggi. Un mare come quello tra San Sebastian e Santander.
Un'offerta di viaggio in barca a vela.
Una gatta che mi odia, un gatto che mi coccola.
Un calcolo veloce della mia vita accumulata, in trentacinque scatoloni.

giovedì, marzo 04, 2010



Quando un'associazione va a congresso, tutti i suoi dirigenti sono perdonati per assenze e latitanze grazie alla formula magica "Scusatemi, è che siamo a congresso".

Ho un sacco di ragione per essere latitante da questo blog.
Ma, invece che produrmi in spiegazioni vi dirò soltanto Scusatemi, è che sabato c'è il congresso.
(salacabula megicabula bum!)

Ci vediamo lunedi.

lunedì, marzo 01, 2010

1 marzo 2010
Sciopero degli stranieri

venerdì, febbraio 26, 2010




Ho finito i coupon di abbonamento al Manifesto.
Mi rimangono solo due striminziti bigliettini azzurri per i prossimi due sabati, Manifesto + Alias, e poi basta.
Quest'anno non ce la faccio.
L'abbonamento annuale costa poco meno di metà del mio stipendio.
Per tre anni ho investito i risparmi, ma questa volta c'è il trasloco, l'aumento dell'affitto, l'aumento della pissipissibaucologa.
Per la prima volta in tre anni non ce la faccio.
Però, insomma, le solite cose: il diritto all'informazione libera, il sostegno alla redazione, la bellezza di passare dall'edicola ogni mattina, vauro, i titoli in prima pagina, robecchi, la norma rangeri, i fondi di polo, le monde diplomatique in italiano, la barba al palo.
Non ce la faccio, ma non ce la posso neanche fare a smettere.
Allora lancio un appello. Prima qui e poi direttamente con una lettera al Manif.
Io l'abbonamento annuale non ce la faccio, che sono 330 euro tutti insieme.
Però mezzo si. 165 euro ce li ho.
Quindi, visto che l'abbonamento semestrale non esiste, lo scrivo qui che:
CERCO LETTORE APPASSIONATO
MA COLPITO DALLA CRISI.
OFFRO META' COUPON
PER UN 2010 DI ANTICORPI INFORMATIVI.



Se mi rispondete, fino a settembre ce la sfanghiamo.
E poi chissà.
O'miracolo.
A'rivoluzione.
O'aumento di stipendio.
Chissà.
A settembre ci ripensiamo.
Adda passà 'a nuttata.

mercoledì, febbraio 24, 2010

Perchè gli ebrei suonano il violino e non il pianoforte?
Hai mai provato a scappare con un pianoforte in spalla?

Di nuovo cambio casa, e di nuovo cambiano le cose.
Trasloco numero quattordici, in ventotto anni.
C'è un bilocale che mi aspetta e una nuova coinquilina per la Ragazza Fuori Moda pronta a subentrare in vico dolcezza.
Ho quindici giorni per fare le scatole, le valigie e il trasloco.
Sarete come sempre i miei amici carini, che si terranno liberi, sabato 13 marzo, per le mie solite scatole, i miei soliti libri, le mie solite valigie di vestiti, il mio violino metaforico? Il mio nomadismo può contare, come al solito, su di voi?

Sono contenta come se la casa me l'avessero regalata.
Invece è una scelta importante, è una scelta che mi costa, tra affitto e bollette, la metà esatta del mio stipendio.
Però è una casa tutta per me.
Per me e il gatto signor siberia, ovviamente.
Niente più mutande altrui sullo stendino, niente più Sei in casa? Niente più chiavi che girano nella porta quando avresti solo voglia di silenzio, di pensieri e di gestione del tuo casino. Niente più scarpe numero 39 vicino alle mie, turni delle pulizie, niente più Ma la spesa non dovevi farla tu? niente Scusa, dove sei? Sono uscita senza chiavi.

Sarà la Quattordicesima Casa, ma sarà comunque provvisoria, perchè continuo a cercarne una da comprare, inevitabilmente la numero Quindici.

Chi non ama i traslochi non può capire l'adrenalina nomade che mi si scatena nella pancia all'idea del cambiamento.
Mi avessero detto che dovevo andarmene domani e fare tutte le scatole in una notte, non mi sarebbe dispiaciuto per niente.
Perchè c'è che cambiare casa come cambiare umore è un post it per la memoria: le fasi della mia vita sono scandite dalle case che ho cambiato perchè il setting, come diciamo noi operatori didattici quando vogliamo fare i fighi, è importante.
Un setting dev'essere accogliente ma anche coerente. Vico dolcezza è stato un setting coerente con me per un paio d'anni. Poi ha smesso di esserlo.

Questa Casa numero Quattordici, invece, è coerente con la Nessie numero ventotto.

Di questa Casa numero Quattordici:
La prima cosa che mi viene in mente è che non dovrò più fare salite.
La seconda è che sono pericolosamente vicina al locale delle birre delle coccole e dei panini unti.
La terza è che ho un soppalco bellissimo.
La quarta è Speriamo che il Signor Siberia non impazzisca per la mancanza di spazio esterno.
La quinta è che non dovrò più portarmi la spesa per chilometri arrivando a casa con le mani che tremano.
La sesta è Dove metto la bicibellula?
La settima è C'è qualcuno che mi offre un secondo lavoro?
L'ottava è Quali libri mi porto, e quali lascio in attesa della casa numero Quindici?
La nona è Quante volte sbaglierò strada, le prime due settimane?
La decima è Tornare dal Circolo Luogo dell'Anima in bici, in dieci secondi netti.
L'undicesima è la vicinanza con il Molo in Primavera.
La dodicesima è Cosa appendo ai muri
La tredicesima è che le soluzioni provvisorie sono le mie preferite.
Ma, soprattutto, la quattordicesima è questa meravigliosa sensazione di assoluta indipendenza.

lunedì, febbraio 22, 2010



Sto uscendo con due uomini.
In modi e in termini diversi, ma abbastanza da poter osare un confronto.

Uno è l'Uomo Ideale.
E' bello. E' molto bello.
E' ricco di famiglia.
E' un vero intellettuale di sinistra.
E' l'uomo che si potrebbe presentare ad una nonna e garantirsi la sua approvazione imperitura.
E' gentile.
E' interessante.
Ve l'ho già detto che è bello?
Ha prospettive di carriera.
E saprebbe ripararmi un computer così come una grondaia.
E io, con lui, mi annoio.
Mi annoio a morte.
Esco con lui e non so cosa dirgli.
Lo ascolto parlare ed è come essere ad un collegio docenti.
Non c'è modo di fare una battuta perchè è di quegli uomini che ti fanno sentire inadeguata a ridere.
Di quegli uomini che ti guardono e sembrano dirti Cazzo ridi, in questo mondo di merda?
E' un uomo che non avrei il coraggio di dirgli che mi piace saltellare per casa cantando Gennaro Cosmo Parlato o la Mannoia o un vecchio Guccini o Victor Jara, perchè è un uomo da Coltrane e Bjork.
E chi glielo dice che Fitzcarraldo mi ha fatto schifo? Che lascio salire il gatto sul tavolo? Che devo lavare i piatti da sabato?

Invece l'altro.
L'altro non sarebbe piaciuto a mia nonna.
Ma, del resto, chi sarebbe piaciuto a mia nonna?
L'altro è tutto un non. Non è bello, non è ricco, neanche di famiglia, non è un uomo da debutto in società, decisamente. Non è un uomo che mi viene di pensare da passarci la vita.
Ma mi fa ridere.
E sa come si parla ad una donna.
E mi fa le sorprese, mi porta al cinema come se fosse la cosa più desiderabile del mondo, e mi asciuga le lacrime.
Mi cucina una cena di antipastoprimosecondo squisitamente senza carboidrati. E' un uomo che sa come accarezzare la mia dieta.
Mi compra il pesce per il gatto.
Mi canta le ninnananne con la sua voce incredibile.
Mi parla in tre lingue.
Mi ripete continuamente quanto io sia incredibilmente bella.
Ogni tanto se ne va via, quando è a un passo dall'invasione dei miei spazi.
Mi chiama Biancanessie. E a volte Amore, ma con la leggerezza di un intercalare.
E poi ha scoperto che a Maggio non costa niente portarmi in un posto del mondo dove non sono mai stata.
Allora ha preso ferie. E mi ha detto di pensarci quanto voglio, a questa ipotesi di viaggio. Che lui, però, intanto faceva in modo di esserci, se alla fine io avrò voglia di partire.

Io, non so, sarà che sto emergendo dall'apnea Omm della Tempesta.
Che non mi potevo mai aspettare niente.
Che per vederci ci voleva l'agenzia di viaggio.
Che mi sentivo in colpa a chiedergli di esserci.
Che qualsiasi cosa potesse essere vagamente lungimirante era spaventoso per lui come per me una pantegana nel bagno. Che dopo tre anni di storia se avessi provato a proporgli, a febbraio, un viaggio a maggio gli sarebbe venuta una sincope.
Che non faceva che ripetermi che comunque, magari, lui poteva anche scegliere di partire, mica era sicuro che fosse ancora qui, domani.
Che siamo arrivarci a chiamarci amore con la lentezza e la pesantezza di un libro di Moccia.

Io in questo momento mi sento coccolata, mi sento desiderata e divertita da un uomo improbabile.
Per quelle cose della vita che ogni tanto si riarrotolano su sè stesse.
Io, dell'omm della tempesta, sono stata perdutamente innamorata e mai felice.
Adesso non sono innamorata, ma sono felice.
E penso che sia esattamente quello che mi ci vuole.
Mi sento come quando ti invitano a ballare il liscio alla festa dell'unità, che non sai dove guardare dalla vergogna ma in fondo ti diverti da morire. E poi ti fanno fare anche il caschè e ti manca il fiato e inizi a ridere come una scema, sulla pista del liscio.

E le evidenti differenze con l'Uomo Perfetto non fanno che rinforzare la mia tesi che la borghesia e il suo modello hanno capito ben poco della felicità.

venerdì, febbraio 19, 2010


Mentre tu sull'amor di Petacci
t'affannavi a dar fiato alle trombe
sull'Italia cadevan le bombe
e Vittorio calava i calzon.

I calzoni li hai calati
anche tu nello stesso momento
ti credevi di fare un portento
ed invece facevi pietà.

Ti ricordi la fuga ingloriosa
con il re verso terre sicure
siete proprio due sporche figure
meritate la fucilazion.

Noi crepiamo sui monti d'Italia
mentre voi ve ne state tranquilli
ma non crederci tanto imbecilli
da lasciarci di nuovo fregar.

giovedì, febbraio 18, 2010


Se volete aumentare il vostro grado di pessimismo
provate a passare un freddo pomeriggio a raccogliere le firme
per una lista elettorale di sinistra.

mercoledì, febbraio 17, 2010






La combinazione raffreddore devastante, linea adsl e prima serata del festival di sanremo mi ha fregata.
Ho provato a resistere: alle 8 di sera mi sono cucinata il minestrone e me lo sono mangiata guardando Il vizietto, con il naso colante e tutto il pavimento coperto da moccichini schifiltosi.
Sanremo mi ero dimenticata anche che ci fosse.
Ma Il vizietto è finito, io non avevo sonno, la casa era silenziosa e i miei amici su facciabuco non facevano che commentare il festival.
Come resistere?
Ho ceduto a rai.it

Una volta di più, voglio emigrare.
Perchè vedere, nella stessa serata, l'inno all'ignoranza di Cassano, la canzone di Emanuele Filiberto di Savoia e quella di Povia contro Peppino Englaro, non lo so, non ho lo stomaco.
Non ci sono abituata.
Biancanessie, come mi chiama qualcuno in questo periodo.
Io credo che per resistere ad un tale schifo, uno debba prepararsi il terreno giorno per giorno.
Io invece leggo il Manifesto.
E la gioia di vedere la giuria demoscopica dimostrarsi più a sinistra del governo prodi, e cacciare via il principino e il suo insulto alla democrazia, non è una gioia tale da coprire il disgusto.

Ero davanti al computer che annaspavo, mentre Pupo (pupooooo) ed Emanuele Filiberto si divertivano a rovesciare la storia sul palco dell'Ariston, e come sempre in questi casi, mi è apparso lo sguardo sconcertato del mio Partigiano di Riferimento che mi dice Vede, Vanessa, ci sono cose che se uno non ha visto morire i suoi compagni sui monti, non lo capisce il dolore che si prova...

Io vorrei scrivervelo, il testo della canzone di Emanuele Filiberto.
Emanuele Filiberto di Savoia.
Perchè dire solo Emanuele Filiberto è come dire Pupo, i Pooh, i Nomadi.
Troppo facile.
Emanuele Filiberto di Savoia.
Vorrei scrivervelo, il testo, perchè diventerà il nuovo inno di forza nuova, ad esempio.
E dobbiamo saperlo riconoscere, se lo sentite canticchiare in un vicolo buio, o nella suoneria di un telefonino.
Ma anche perchè è un tassellino del puzzle.
Della distruzione di questo paese e della mia voglia di scappare lontano.

Io credo sempre nel futuro,
nella giustizia e nel lavoro,
nell’equilibrio che ci unisce,
intorno alla nostra famiglia.

Io credo nelle tradizioni,
di un popolo che non si arrende,
e soffro le preoccupazioni,
di chi possiede poco o niente.

Io credo nella mia cultura
e nella mia religione,
per questo io non ho paura,
di esprimere la mia opinione.

Io sento battere più forte il mio cuore
di un’Italia sola,
che oggi più serenamente
si specchia in tutta la su storia.

Sì stasera sono qui per dire al mondo e a Dio,
Italia amore mio.
Io non mi stancherò di dire al mondo e a Dio,
Italia amore mio.

Ricordo quando ero bambino,
viaggiavo con la fantasia,
chiudevo gli occhi e immaginavo,
di stringerla fra le mie braccia.
Tu non potevi ritornare
pur non avendo fatto niente,
ma chi si può paragonare
a chi ha sofferto veramente.

Sì stasera sono qui per dire al mondo e a Dio,
Italia amore mio.
Io non mi stancherò di dire al mondo e a Dio,
Italia amore mio.

Io credo ancora nel rispetto,
nell’onestà di un ideale.
Nel sogno chiuso in un cassetto,
e in un paese più normale.

Sì stasera sono qui per dire al mondo e a Dio,Italia amore mio.

sabato, febbraio 13, 2010



Pigiama.
La sveglia ha suonato un quarto d'ora fa e la casa senza la Ragazza Fuori Moda, che è via per un mese, vuol dire alzarsi, dare al Gatto Signor Siberia la sua razione di pescerisozucchine, mettermi una coperta sulle spalle e decidere che faccio colazione prima di ogni altra cosa, scrivendo.
Fuori piove sui miei vestiti stesi ieri sera mentre mi cascavano le dita dal freddo.
Ma farebbe veramente troppo Anziano che guarda i lavori in corso, parlarvi del freddo, della pioggia e dei miei vestiti stesi, ed è per questo che vi parlerò di Bertolaso.

Stilare una graduatoria degli italiani che mi fanno più schifo, occuperebbe almeno tutto il week end e parte della settimana prossima, però, anche così, sono sicura che Bertolaso si piazzi nei primi posti, in questa classifica da Alta Fedeltà.
E mica da adesso, io Bertolaso lo odio.
Adesso è la celebrazione della schifezza, ma quello che ha potuto Bertolaso sulla protezione civile e, in generale, sull'attivazione dal basso di fronte alle emergenza, nessuno prima di lui.

C'è stato un momento, appena dopo il terremoto dell'aquila, che tutti abbiamo pensato Vado a dare una mano.
Qualcosa ci sarà da fare, serviranno due braccia in più, seppur atrofizzate da una vita cittadina.
E invece no.
Cosa pensate, che sia l'alluvione di Firenze? Il terremoto in Irpinia? - hanno prontamente detto - Qui le cose si centralizzano, miei cari, così garantiamo l'efficienza, l'ordine e la disciplina.
E noi ce ne siamo rimasti a casa.

Adesso ci dicono che invece soprattutto garantivano gli appalti.
Ma va'?

Io credo che lo schifo della Protezione Civile negli ultimi anni non abbia eguali, anche senza appalti e festini.
E' il concetto che è una merda.
Poi, certo, le escort e gli appalti: piove sul bagnato.

Ma il vero problema è la trasformazione dell'aiuto popolare in istituzione governativa o privata.
Il vero schifo è il fatto che Bertolaso sia stato messo lì, tra le altre cose, per tagliare le gambe all'istinto più naturale, quello che dice Se stai male ti aiuto.
L'orticaria me la provoca soprattutto il fatto di essere stata disincentivata in tutti i modi a prendere un treno e andare a dare una mano, in qualche modo.
Questa è la cosa più schifosa di Bertolaso. Peggio delle escort e peggio della camorra. Perchè non è neppure illegale.

Credo che la Protezione Civile in italia, sia una di quelle cose che, se anche sono nate con un senso, adesso bisognerebbe ripensarle e capire tutte le conseguenze che hanno comportato.
La Protezione Civile vuol dire che se vuoi dare una mano devi iscriverti, devi farti gerarchizzare, devi obbedire agli ordini dall'alto, andare dove ti dicono loro, fare le tre scimmiette, nel caso di appalti e corruzioni.
E tutto questo in nome dell'efficienza.

Ma l'efficienza è una gran fregatura.
Io credo dovremmo imparare ad uscire dal tunnel dell'efficienza.
Su quale base siamo sicuri del fatto che un gruppo di persone in condizioni drammatiche preferisca una squadra di freddi efficienti controllati dall'alto, rispetto ad un gruppo caldo di volontari, magari un po' sgarruppati, ma accoglienti, altruisti e attivi?

Io credo che questa vicenda di Bertolaso dovrebbe andare oltre le escort e gli appalti.
Nel senso, che i giudici facciano le verifiche e gli diano i 1000 anni di galera che si merita, ovviamente.
Però la cosa importante di questa vicenda Bertolaso siamo noi.

Se questo cretino immane, questo ignorante dell'emergenza servisse, alla fine, a capire che il mito dell'efficienza è una truffa e serve soltanto alla comunicazione mediatica e a chi vuole lavorare indisturbato sotto la coperta della tragedia, allora io a Bertolaso potrei anche concedere la condizionale.
Se si riuscisse a tornare a De Gregori, alla gente che fa la storia quando si tratta di sceglieree di andare.
Se scoprire che la Protezione Civile adesso è una schifezza, è una struttura da orticaria, è la disattivazione degli anticorpi di un paese, potesse servire ad essere pronti a salire su un treno e andare dove ce n'è bisogno, senza pensare sempre che c'è qualcuno più bravo di noi, che siamo inutili, che siamo incapaci, che non sappiamo fare niente perchè siamo dei semplici cittadini, questo sarebbe un grandissimo risultato.
Se la vicenda Bertolaso servisse a fare aprire un po' gli occhi a quelli che pensano che la produttività sia il metro di giudizio, quando invece la diferenza la fanno le emozioni, quasi quasi Bertolaso potrebbe scendere di un paio di posizioni, sotto Bondi e La Russa.



la meravigliosa foto vincitrice del world press 2010
(una donna che grida durante le proteste a theran)



...e un paio delle più notevoli non vincitrici...

mercoledì, febbraio 10, 2010

Mi è appena arrivato questo messaggio, da una delle mie ragazzine:

L'amore è
-qnd nn respiri
-qnd è assurdo
- qnd t manca
-qnd è bll ank se è immaginario
-qnd è follia
-qnd al sl pensiero d vederlo a cn 1'altro attraverseresti a nuoto l'oceano

Spezza la catena e rimarrai single a vita invia a 5 xsn e se t ne tornano 1t odia 2t vuole bn 3t pensa 4v baciarti 5 t ama. Rinvia.

Il mio pezzo preferito è Qnd è bll ank se è immaginario.
Però la parte più interessante secondo me è il fatto che, se notate, non c'è mai, mai la punteggiatura. Tranne in un punto: 1'altro. Ed è sbagliata.
Meraviglioso.

lunedì, febbraio 08, 2010

IO HO MANDATO QUESTA...


Dice il fante di cuori alla regina:
A sinistra come si arriva?
Fa’ la regina al fante di cuori:
Con più diritti e meno favori










Nichi vendola lancia la campagna delle poesie.
Io, figuratevi, rodariana di formazione, ci sono andata a nozze e mi sono anche cambiata la foto di facciabuco con Poche scorie, via smammare, disse il sole al nucleare.
Adesso, la Fabbrica di Nichi lancia la campagna contributo-poesie: se vi è piaciuta l'idea delle poesie, inviate la vostra a poesia@nichivendola.it.
Io adesso ci penso, alla mia filastrocca, che stamattina sono incasinata es iusgiual e non ci riesco.
Però vi direi, se avete voglia di scriverne una anche voi, magari prima copiatemela nei commenti, che mi date una gioia, come elettrice di sinistra, come amante della letteratura per l'infanzia, come rodariana.

venerdì, febbraio 05, 2010

Ma viva il cinismo, e chi lo sa portare...
Serata di Gioco surreale: la sindrome delle liste.
Categoria "Pezzi di motore":

con la S
Spinterogeno

con la C
Cinghia

con la T
Tappo

Con la U
Ustica.

giovedì, febbraio 04, 2010



L'ho già detto che avere internet a casa è la mia rivoluzione d'ottobre?
Sono scappata dall'ufficio alle 3 e sono venuta a lavorare a casa.
Come potete ben vedere, sto lavorando tantissimo.

Ho messo due torte di mele in forno per il week end del circolo Luogo dell'anima.
Ho mangiato tre pezzi di farinata davanti al computer col gatto Signor Siberia che si rotolava nella disperazione per tentare di convincermi che è un gatto denutrito, triste e affamato.
Non ho ceduto.
Ho cercato su you tube un gruppo che ascoltavo negli anni '90 e che è emerso da un cassetto della memoria stanotte, intorno alle 3.
I Quartiere Latino, roba di 15 anni fa.
Ovviamente li ho trovati, perchè c'è sempre un piccolo nerd che lavora per noi, da qualche parte del mondo, e che passa qualche ora della sua vita a trasferire le cassette della nostra vita su you tube.

Ora che ho creato il giusto contesto mi immergo nella formazione specifica che devo preparare per i miei volontari.
Argomenti: i bambini tiranni, l'educazione slow, leggere ad alta voce in classe e nei contesti informali.

Nel frattempo passa la riforma della scuola superiore.
E io lotto con l'istinto di passare il pomeriggio a leggermela, con il conseguente ovvio pamphlet incazzato.
Per ora, faccio finta che non sia vero.
E mentre lo faccio, i professori di un'istituto superiore di Genova si autotassano per comprare i gratta e vinci, sperando di coprire il rosso della scuola con la vincita.
Io credo che questa notizia sia peggio della riforma Gelmini.
E ce ne vuole.
Quindi chiudo con una proposta.
Propongo di organizzare un pomeriggio in cui ci travestiamo tutti da Maria Montessori, andiamo all'Istituto Odero e consegniamo ai professori del grattaevinci la targa " Primo premio Mostro di Marcinelle per le Proposte Educative".

mercoledì, febbraio 03, 2010


martedì, febbraio 02, 2010



E anche stasera non riesco a tornare a casa a cena.
Sogno un minestrone con la pasta ma mi dovrò accontentare di un kebab da Mazzini, il pachistano.
Non si capisce come diavolo faccia a resistere, la mia dieta. Continuo a dimagrire, nonostante tutto. Forse ho il verme solitario.

La riunione delle 17,30 è iniziata alle 18.15 e terminata alle 19.00.
Alle 20.00 inizia quella dei soci del Circolo Luogo dell'Anima.
Una riunione è una cosa che serve a definire l'ora in cui ti vedrai la volta successiva.
Tra il primo e il secondo tempo avrei potuto correre a casa, aprire il frigo, rimirare il desolante vuoto e scoprire che era già l'ora di mettere piede fuori.
Quindi meglio Mazzini il kebab e il blog. Almeno sono seduta, da sola, nel silenzio.

E' un momento che sto talmente tanto a casa che giro con il deodorante, lo spazzolino le lenti a contatto di riserva e le salviettine struccanti nella borsa.

Gli agenti immobiliari, che sto frequentando con assiduità, mi chiedono Ma non vuole vedere un appartamento anche fuori dai vicoli? Potrebbe trovare delle offerte interessanti.
Io li guardo disperata.
L'unica possibilità di ritorno a casa almeno ogni 15 ore è una distanza massima di 500 metri tra la mia vita e il mio letto.

Io sono contro lo sviluppo sfrenato.
E il commercio delle idee.
E la crescita del PIL.
E tutte quelle cose lì.
Ma giuro.
Giuro che se una multinazionale, anche la più squallida, anche la nestlè, la monsanto, la microsoft, la united fruit, la union carbide, l'esselunga.
Giuro che se una multinazionale mette in commercio la passaporta, io divento capitalista.


Mercatino del biologico. Nel pieno della passeggiata domenicale passiamo che i banchetti sono quasi tutti smontati. Il produttore di salumi di tonno ci ferma e attacca le chiacchiere con accento basso piemontese.

Che poi, io dico, con i razzisti bisogna essere razzisti.
Io l'altro giorno sono passati gli alpini che girano per i vicoli per farci sentire sicuri. Che fanno la ronda.
E tra questi alpini dei vicoli c'è una ragazza. Bassa. Brutta. E scura.
Allora io li ho fermati e gli ho detto, alla ragazza, gli ho detto Sa, anche io sun stà alpino, Settimo reggimento.
E io c'è due cose che non capisco.
Lei di dov'è? ci ho chiesto alla ragazza.
Di Caltanissetta, mi ha detto lei.
Ecco, io c'è due cose che non capisco. La prima è gli alpini col manganello. La seconda è gli alpini terroni.
Lei mi ha guardato con due occhi così.
Io gli ho dato la schiena, a lei.
Poi mi sono girato, gli ho sorriso di nuovo e le ho detto Come vede, c'è sempre qualcuno più a nord di noi.


domenica, gennaio 31, 2010



Io e il gatto Signor Siberia non ci decidiamo a mettere il naso fuori, oggi.
Lui schifa il cortile, io un giretto in centro.
Ho accettato di declinare un appuntamento all'ora dell'aperitivo, e adesso non ho veramente niente da fare, e me lo tengo stretto.
Ho una ventola dell'aria calda, ho una connessione a internet, un cd con il best of di Bob Dylan, una casa solitaria. Non ho soldi per andare a sbirciare tra gli ultimi saldi.
Mi sento utile a me stessa attivandomi per piccole cose: ho trovato un annuncio di una casa su internet, e ho scritto all'agenzia.
Ho messo a posto la sala.
Però non ho rifatto il letto.
Canticchio The times they are changing...
Ho scoperto un blog che mi piace.
Mi sono preparata un'insalata con la feta, per pranzo.
Ho aperto tutte le finestre perchè la ragazza fuori moda, stamattina, ha cercato di uccidermi con un panino abbrustolito nel microonde.
Ho pulito il bagno, ma devo ancora tirare su le mutande dal pavimento.
Ho fatto i conti del circolo Luogo dell'anima, che ieri si è riempito di persone carine alla prima visita.
Ho invitato un po' di gente a merenda, ma non so chi verrà.

Settimana scorsa ho finito di leggere ...E vinse la tartaruga e ho deciso che non posso soltanto vederla praticata da altri, la vita slow.
Avrei dovuto lavorare, in questa domenica indolente, e non voglio rimpiazzare subito il lavoro con l'iperattività.
Così mi godo l'indolenza lenta.

E infatti, appena decido che mi godo l'indolenza, mentre sono qui che scrivo queste righe della domenica, mi mandano un messaggio per una merenda fuori.
Va bene, esco.
Ma non esco per riempire i buchi, esco perchè mi va di farlo.
Sono le differenze sottili tra le tartarughe e le lepri.

venerdì, gennaio 29, 2010

Mentre mi preparavo per il mio invito a cena del venerdi.
Che è tra dieci minuti e sono in ritardo.
Mentre mi preparavo, ho avuto un'illuminazione davanti allo specchio.
Che non è una scusa, è un'illuminazione.
Ho pensato che in effetti dietro un matto c'è sempre un villaggio.
E se il villaggio è il posto dove è nata la Lega.
L'amore ai tempi della Lega.
Non ci si può mica illudere.
Non avrei dovuto illudermi.
Perchè scegliere l'amore è sostanzialmente un'attività improduttiva.

giovedì, gennaio 28, 2010

"...toccandosi le mani ognun di loro
cerca il vicin chi sia.
Se i calli suoi non vi segnò il lavoro
quella è una man di spia».
(Olindo Guerrini, Primo Maggio)
Citata dal Manifesto ieri.
Mi è piaciuta troppo per dover aspettare quattro mesi prima di pubblicarla.

mercoledì, gennaio 27, 2010


In forno cuoce la torta di mele.
E' il mio contributo alla cena di Natale del mio ufficio, che si terrà tra un'ora.
E con questo avete capito tutto dell'ufficio più bello del mondo.

Con le ricette io sono la figlia di andy warrol e di un'autistica.
Se c'è una cosa che mi viene bene, la replico all'infinito fino a quando non mi stufo.
Poi trovo un'altra ricetta da appendere sul frigo, e ricomincio da capo.
Sperate che non mi focalizzi mai sulla pizza con l'ananas.

Visto che è il giorno della memoria, però, a parlare di torte di mele nel forno mi sento scema (e schifosamente cinica).
Ma pensare di mettermi a parlare della banalità del male, dal momento che ci siamo immersi fino al collo, peggio che mai.
Allora mi rifugio nei nanetti di vita vissuta.

C'è stata una volta che ero una studentessa a scienze dell'educazione.
E avevo una professoressa di storia contemporanea progredito che era una nota etilista.
Mi presento a dare l'esame il 27 gennaio, con una curatissima tesina sulle attinenze tra la partecipazione popolare nella Resistenza e al G8 di Genova.
Tiè.
Eravamo in cinque, a dare l'esame, perchè la storia contemporanea, agli studenti di scienze dell'educazione, piace quanto un riccio tra l'alluce e l'indice.
Io ero la seconda.
La prima, tremante come un budino - perchè gli studenti di scienze dell'educazione emettono da soli il 58% del pil di ansia del paese - si siede davanti all'etilista.
La quale, come in una barzelletta, dice Signorina, prima domanda: che giorno è oggi?
....giovedi?
Si, si, che giorno del mese...
Aaaah, 27 gennaio.
E il 27 Gennaio è...
...
è...
...
è il giorno....
E' il giorno della memoria! (gli studenti di scienze dell'educazione guardano i telegiornali. Ndr).
Brava. Perchè il 27 gennaio è il giorno della memoria?
...
...
...
Ah, si. Perchè è il giorno che ci è stato Auschwitz.

Cosa fa questa ragazza, adesso?
La maestra.
Et voilà: la banalità del male.

martedì, gennaio 26, 2010

Ci sono delle volte che le persone entrano nella mia vita in modo strambo, in modo irruento, in modo imprevedibile e a volte anche in modo doloroso, come un intervento a gamba tesa. E poi, in qualche modo, riescono a cambiare questa relazione in qualcosa di diverso. Solitamente in un'amicizia fatta di appuntamenti saltuari e rari scambi di messaggi.
La mia vita è piena di queste persone.
Come se non riuscissi a trovare con loro la giusta dimensione e la giusta distanza nei primi appuntamenti, e avessi bisogno di tempo per collocarle e lasciarle collocare nella giusta posizione all'interno della mia vita.
Stasera, grazie ad una di loro, entrerò di soppiatto all'interno dello spettacolo dei Momix e me lo guarderò tutto da un punto di vista privilegiato.

Anni fa -una vita fa, che andavo ancora in giro con i capelli blu e la kefia - un altro dei miei uomini mal collocati, mi aveva portato a vedere gli Stomp dalla fessura del magazzino del teatro, lasciando ciondolare i piedi sulla testa degli spettatori del palchetto.
Io spero sarà così anche questa volta, perchè gli spettacoli della mia vita li ho sempre guardati da un punto di vista lontano dalle poltrone della terza fila.

Ho guardato lo spettacolo dell'Ulivo Palestinese da dietro le tende rosse del sipario, con lui che correva a baciarmi al cambio scena, ho visto il mio spettacolo illuminata dalla torcia da minatore del kGgB sperando che gli attori si ricordassero le battute. Ho visto gli stomp dal magazzino, appunto. Ho assistito allo spettacolo della mia compagnia teatrale davanti ad una folla improbabile di 10.000 persone per il 25 aprile accanto a Madaski, e agli spettacoli delle Bisbetiche dall'improbabile punto di vista dell'addetto stampa.

Stasera siederò nell'ennesimo luogo improbabile.
Una banale metafora della vita, con il resto del mondo che paga il biglietto per sedersi in poltrona, e noi che ci facciamo confondere dalla vita per entrare di soppiatto e guadagnarci un altro punto di vista.

lunedì, gennaio 25, 2010


...citando i poeti
Basta un niente per sorrideereee