Dice un libro che ho comprato e non ho avuto ancora il coraggio di leggere che i popoli felici non hanno una storia.
Io, nel mio piccolo, in questo momento sono tanto felice, e così ho il blocco della scrittura.
Fa anche tanto la programmazione dei centri estivi che mi succhia via il tempo come una zanzara tigre attaccata ad un'arteria, però mi sento veramente che a raccontarvi le mie tristezze era così più facile che rendervi partecipi della mia felicità.
Perchè la felicità ha nella sua ricetta qualche grammo di irriproducibilità narrativa.
Io, a dirvi che sono felice ci posso anche riuscire, ma senza la dovizia di particolari che merita una bella tristezza profonda, l'esercizio di stile continuo con cui si possono infinitamente rirpodurre le porte in faccia, le depressioni, i momenti Basaglia e tutte quelle fasi di scontento e di inverno che hanno condito questo blog per anni.
Fortuna che ogni mercoledi, precisa e affilata come la mannaia di barbablu, arriva immancabile la domanda della Pissipissibaucologa: E va beh, e poi?
Come dire che a lei delle mie molteplici felicità interessa poco, ma la pago, e come la pago, per scavare oltre il bosco e vedere che c'è sempre un muro dietro al quale perdura l'inverno.
Ma qui sul blog, dove invece ogni tanto è mercoledi ma spesso no, qui il muro del mio inverno adesso sembra lontano, qui mi viene da scrivervi del tramonto visto dalla terrazza sul bosco, delle volpi e delle piume del coraggio, ma poi riesco giusto così, a scrivere i titoli della mia felicità, perchè oltre i titoli c'è il privato e l'irriproducibilità. E lo so che non rende, non emoziona, non diverte, la felicità altrui.
Mica solo il dolore, degli altri, è dolore a metà.
Stakanov - l'omm della tempesta - lo sa di avere ancora il mirino rosso sulla fronte di tutti i cecchini che ben si ricordano i momenti in cui questo blog aveva una storia perchè la nessie era un popolo triste, perchè la porta in faccia aveva liberato contemporaneamente un flusso creativo e una crisi di nervi.
Lo sa, e lo so io, che anche se non sembra sto muovendo i passi della mia storia d'amore Lazzaro come un cronista in indocina, sperando di non fare la fine di Robert Capa.
Lui lo sa che non me lo ricordo solo io quanto sono stata male, e io me lo ricordo benissimo cosa vuol dire saltare su una mina a Boscolandia.
Però c'è qualcosa, c'è una fiducia da 24 aprile, l'idea che anche se possono ancora spararci, se possiamo ancora farci del male, il peggio è passato: adesso siamo capaci di goderci la Liberazione del nostro stare insieme.
Di tutto questo non so cosa passerà nel blog.
Mi dispiace se sarà meno divertente di quando piangevo disperata al porto antico e poi ve lo raccontavo ridendoci su.
Però, non so, mi sembra che sono al primo capitolo di un libro che ho già letto ma che devo ancora scoprire.
E' una sensazione assolutamente meravigliosa.
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