lunedì, ottobre 13, 2008


Sono giorni di sintesi.
Due, tre righe di corsa, per dirvi che ci sono, ma che non ce la faccio a trovare il tempo di mettermi lì a raccontarvi.
Sono giorni di battaglie campali contro i bidelli, col mio scudo e ronzinante.
Di spettacoli meravigliosi, come i canti di pace di Moni Ovadia e Falsal Taher.

E stamattina a Camogli c'era un sole tiepido che sembrava mi volesse fare un regalo.
Sono giorni che è partito il count down finale del Festival della Scienza .
Mille millanta tasselli, davvero.
Mancano dieci giorni e tutto quello che abbiamo fatto per la nostra mostra è accumulato nella mia anticamera.
In anticamera c'è una macchia d'umido.
Che si allarga incessante.
Se la legge di murphy è scienza esatta, è lo è, mi crolla l'intonaco sulla mostra la mattina prima dell'allestimento.
Io speriamo che me la cavo.
Oggi è arrivato il primo scrocchinquilino dell'anno.
Dorme nella stessa stanza della mostra accumulata e dell'intonaco precario.
Forse sarebbe un atto misericordioso, da parte mia, pagargli l'ostello.

Ma c'è una cosa che si impone, in questa sintesi degli ultimi giorni.
Sabato ho portato il mio amico Jp - regista dall'animo lombardo, dalla tensione baudeleriana, dalle idee all'assenzio, dai sottotitoli brechtiani - a mangiare i frittini di pesce sul molo al tramonto.
Ci siamo seduti in silenzio, e io lo guardavo, il mio amico Jp, con quella faccia un po' così, quell'espressione un po' così.
E a ogni totanino.
A ogni sciabordìo.
E a ogni panissa.
A ogni gabbiano all'orizzonte.
La sua tensione milanese, le sue rughe metropolitane si distendevano, sul molo, fino a quando i muscoli gli si sono rilassati così tanto da riuscire anche a sorridere.
Gli caduto il lifting del milanese.
Ed è in quel momento che io e la mia città ci siamo sentite importanti.

1 commento:

Anonimo ha detto...

E lo siete.