CRISI TOTALE
C’è una sola persona che sa quanto io stia male in questo periodo, e questa persona è Stakanov.
Che passa le sue serate ad ascoltare il mio delirio al telefono. Che ha raccolto abbastanza delle mie lacrime da riempirci un lago alpino e renderlo un’attrattiva turistica, che sa già che piangerò, dopo tre minuti di telefonata, quando inizia ad incrinarsi la voce.
Perché io in questo periodo ho una malattia autoimmune, come i casi irrisolvibili del dottor house. Non c’è medicina, non c’è cura. Non a breve.
Stakanov, quando poi perde la pazienza, dice Non ti basta mai, qualsiasi cosa faccia non è abbastanza.
Io penso anche che lui ci metta del suo a non fare abbastanza, ma è vero anche che non mi basterebbe comunque.
Sono una tossica dell’affetto.
Mi attacco alla presenza di Stakanov come ad una dose, e un week end mi dà sollievo, un week end tagliato bene.
Ma poi, l’assenza. La lontananza. Per un po’ vado avanti a metadone – messaggini, telefonate.
Poi, non basta neanche quello.
E esco di testa.
Se voi non avete mai visto un tossico dell’affetto non lo potete immaginare, cosa sia il mio uscire di testa.
E’ come trainspotting.
E pur di avere la mia dose di affetto faccio qualsiasi cosa.
Tipo spaccare il vetro di una macchina per prendere l’autoradio.
Tipo rubare i soldi della pensione della nonna.
Cose così.
Cose che poi ti senti in colpa.
Cose che lo sanno tutti che sei stato tu, e comunque non avresti voluto farlo.
Ma non ce la fai, non ce la fai a resistere.
Io sono così. Gli spacco le palle sulle assenze, sui ritardi, sulle distrazioni, sui weekend mancanti, su quelli stanchi, sulle scelte, sulle piccole cose.
E poi mi ucciderei.
Mi staccherei la lingua e la farei alla griglia il sabato sera.
E mi scuso, mi scuso tantissimo.
Ma poi, alla crisi d’astinenza successiva, è di nuovo uguale. E’ l’argenteria, la cassaforte, le sterline d’oro.
E lui di nuovo ascolta, per ore, la mia crisi, il mio malessere, subisce i miei furti affettivi e poi accoglie le mie scuse, le mie centinaia di scuse.
Credo che nessun altro avrebbe resistito quanto lui.
E’ il recordman della sopportazione.
Solo Stakanov sa quanto sto male. E comunque neanche lui lo sa.
C’è poi da dire che la storia con Stakanov, per altri versi, non aiuta.
La trama è quella di una tossica innamorata di Muccioli.
Perché lui non è che non sia vero che non c’è, che è assente, che è in ritardo, che è distratto, che manca i week end, che è stanco, che sceglie altro, che ha altre cose, migliaia di altre cose.
E’ proprio verissimo, e anche lui lo dice.
Ma ecco, se io mi fossi disintossicata, sarebbe un’altra vita, sarebbero assenze diversi, pesi diversi, magoni diversi.
Invece così, è come se mi rubasse le dosi e le nascondesse nei posti dove non posso trovarli, finchè non decide che è il momento di concedermi una bustina di affetto.
Ma il problema, è ovvio, non è lui.
Non è lui per niente.
Ed è per questo che io mi ostino a non lasciarlo.
(inspiegabilmente lui si ostina a non lasciare me).
Questo è un outing.
E’ l’outing del giovedì notte alle 2.42, dopo l’ennesima, violentissima crisi d’astinenza.
Dopo un pianto solitario appoggiata al frigo.
L’outing dice che sto malissimo, e non c’è niente di razionale.
Indipendentemente da quello che Stakanov può fare, ma anche ognuno di voi, io mi sento fottutissimamente sola, fottutissimamente triste, fottuttissimamente di merda.
Mi sento abbandonata, e vi giuro che non c’entra niente che sia vero o no.
Ma soprattutto non lo dico mai a nessuno - solo a Stakanov, che è l’eletto della sopportazione - anche se ci incontriamo per sbaglio e io mi sto grattando la guancia. Quelli che intuiscono, intuiscono. Ma io non lo ammetto neanche dietro a precisa domanda.
Lo dico solo a lui, da mesi, nel modo sbagliato.
A voi vi dico che il problema è che lui lavora troppo, tutto lì.
L’outing è per dire, a Stakanov, ma anche a chiunque stia leggendo, che ogni cosa carina, ogni gentilezza, ogni tenerezza, ogni inclusione, in questo momento è il mio metadone.
E ogni assenza, ogni esclusione è una fitta di dolore. Anche quando sono io che scappo, per non rubarvi l’autoradio.
E ci sarà, ci sarà il momento della disintossicazione.
Ma per adesso rubo le pensioni, le sterline d’oro e anche le dentiere.
Conosco un rigattiere degli affetti.
Scusatemi, tanto. Sono fuori controllo.
Stasera scappo dal Tenero Regista Jp.
Che sa come coccolare le mie crisi.
Poi torno.
E ci riprovo.
Ma starò ancora male, tantissimo, e a lungo.
C’è soltanto che adesso lo ammetto, che è un problema mio.
Che passa le sue serate ad ascoltare il mio delirio al telefono. Che ha raccolto abbastanza delle mie lacrime da riempirci un lago alpino e renderlo un’attrattiva turistica, che sa già che piangerò, dopo tre minuti di telefonata, quando inizia ad incrinarsi la voce.
Perché io in questo periodo ho una malattia autoimmune, come i casi irrisolvibili del dottor house. Non c’è medicina, non c’è cura. Non a breve.
Stakanov, quando poi perde la pazienza, dice Non ti basta mai, qualsiasi cosa faccia non è abbastanza.
Io penso anche che lui ci metta del suo a non fare abbastanza, ma è vero anche che non mi basterebbe comunque.
Sono una tossica dell’affetto.
Mi attacco alla presenza di Stakanov come ad una dose, e un week end mi dà sollievo, un week end tagliato bene.
Ma poi, l’assenza. La lontananza. Per un po’ vado avanti a metadone – messaggini, telefonate.
Poi, non basta neanche quello.
E esco di testa.
Se voi non avete mai visto un tossico dell’affetto non lo potete immaginare, cosa sia il mio uscire di testa.
E’ come trainspotting.
E pur di avere la mia dose di affetto faccio qualsiasi cosa.
Tipo spaccare il vetro di una macchina per prendere l’autoradio.
Tipo rubare i soldi della pensione della nonna.
Cose così.
Cose che poi ti senti in colpa.
Cose che lo sanno tutti che sei stato tu, e comunque non avresti voluto farlo.
Ma non ce la fai, non ce la fai a resistere.
Io sono così. Gli spacco le palle sulle assenze, sui ritardi, sulle distrazioni, sui weekend mancanti, su quelli stanchi, sulle scelte, sulle piccole cose.
E poi mi ucciderei.
Mi staccherei la lingua e la farei alla griglia il sabato sera.
E mi scuso, mi scuso tantissimo.
Ma poi, alla crisi d’astinenza successiva, è di nuovo uguale. E’ l’argenteria, la cassaforte, le sterline d’oro.
E lui di nuovo ascolta, per ore, la mia crisi, il mio malessere, subisce i miei furti affettivi e poi accoglie le mie scuse, le mie centinaia di scuse.
Credo che nessun altro avrebbe resistito quanto lui.
E’ il recordman della sopportazione.
Solo Stakanov sa quanto sto male. E comunque neanche lui lo sa.
C’è poi da dire che la storia con Stakanov, per altri versi, non aiuta.
La trama è quella di una tossica innamorata di Muccioli.
Perché lui non è che non sia vero che non c’è, che è assente, che è in ritardo, che è distratto, che manca i week end, che è stanco, che sceglie altro, che ha altre cose, migliaia di altre cose.
E’ proprio verissimo, e anche lui lo dice.
Ma ecco, se io mi fossi disintossicata, sarebbe un’altra vita, sarebbero assenze diversi, pesi diversi, magoni diversi.
Invece così, è come se mi rubasse le dosi e le nascondesse nei posti dove non posso trovarli, finchè non decide che è il momento di concedermi una bustina di affetto.
Ma il problema, è ovvio, non è lui.
Non è lui per niente.
Ed è per questo che io mi ostino a non lasciarlo.
(inspiegabilmente lui si ostina a non lasciare me).
Questo è un outing.
E’ l’outing del giovedì notte alle 2.42, dopo l’ennesima, violentissima crisi d’astinenza.
Dopo un pianto solitario appoggiata al frigo.
L’outing dice che sto malissimo, e non c’è niente di razionale.
Indipendentemente da quello che Stakanov può fare, ma anche ognuno di voi, io mi sento fottutissimamente sola, fottutissimamente triste, fottuttissimamente di merda.
Mi sento abbandonata, e vi giuro che non c’entra niente che sia vero o no.
Ma soprattutto non lo dico mai a nessuno - solo a Stakanov, che è l’eletto della sopportazione - anche se ci incontriamo per sbaglio e io mi sto grattando la guancia. Quelli che intuiscono, intuiscono. Ma io non lo ammetto neanche dietro a precisa domanda.
Lo dico solo a lui, da mesi, nel modo sbagliato.
A voi vi dico che il problema è che lui lavora troppo, tutto lì.
L’outing è per dire, a Stakanov, ma anche a chiunque stia leggendo, che ogni cosa carina, ogni gentilezza, ogni tenerezza, ogni inclusione, in questo momento è il mio metadone.
E ogni assenza, ogni esclusione è una fitta di dolore. Anche quando sono io che scappo, per non rubarvi l’autoradio.
E ci sarà, ci sarà il momento della disintossicazione.
Ma per adesso rubo le pensioni, le sterline d’oro e anche le dentiere.
Conosco un rigattiere degli affetti.
Scusatemi, tanto. Sono fuori controllo.
Stasera scappo dal Tenero Regista Jp.
Che sa come coccolare le mie crisi.
Poi torno.
E ci riprovo.
Ma starò ancora male, tantissimo, e a lungo.
C’è soltanto che adesso lo ammetto, che è un problema mio.
6 commenti:
no. non è vero che starai male ancora a lungo. forse non è neanche vero che stai così male adesso, nello stesso modo in cui "non sono vere" le mie mille sfighe di salute. e, come sai, nessuno di noi ha argenteria da rubare, perciò se tu smettessi di scappare con la testa girata indietro - pronta per prendere in pieno il prossimo palo - forse potresti rilassarti un po' e capire qual è il problema. O è proprio da questo che scappi?
E poi sei circondata da una selva di malati di mente che ci sono passati, ah se ci sono passati. E ci ripasseranno. Uff, se ci ripasseranno.
Fai la tua strada. Noi siamo sugli spalti che facciamo il tifo.
(Per te e anche per il Compagno Stakanov)
ogni tanto pensa che anche tu puoi sbagliare, e che se sbagli non succede nulla, che capita, succede.
E lo so lo so che non si può tornare indietro, ed è brutto ma si può migliorare, e se non sarà oggi sarà domani.
che lo sappiamo sei gran donna però non puoi pretendere di esser perfetta..
respira, ogni tanto, e solo ogni tanto che poi cambi troppo, mica ci piace.
E poi dentro di te pensa intensamente "In giappone sono alta, in giappone sono alta, in giappone sono alta.." A me per un paio di secondi da sollievo, poi passa ma meglio che un calcio nel posteriore!
stakanov: resisti e elargisci bustine di affetto. Come ogni buon pusher, anche tu hai il tuo tornaconto
:-)
...
C’è soltanto che adesso lo ammetto, che è un problema mio...
e invece no, è un problema di molti (almeno anche il mio), perchè non è solo quando si muore che si muore soli, è anche quando si vive che si è soli...l'illusione di qualche momento più o meno lungo di felice compagnia è la dose che ci fa credere che la vita sia lì dentro, e poi quando manca si va in crisi di astinenza. Credo che se "serenamente e pacatamente" (...) affrontassimo la vita senza questa pseudo necessità potremmo riuscire a riempirla di momenti più intensi.
...oh, se sono stato contorto o prolisso scusami, l'ho buttata lì di getto, come se stessi parlando ad un'amico/a senza pesare troppo le parole.
grazie ai commenti, grazie alle mail, grazie ai messaggini, agli amici accoglienti e grazie anche ai fidanzati che a volte spostano qualche difficile paletto che sembrava inamovibile
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