martedì, maggio 22, 2007

VACANZE ROMANE





Il week end è iniziato, com'era prevedibile, con un imprevisto.
Stavo già scendendo a Pisa, direzione orvieto, quando un boicottaggio internazionale blocca il mio Albero di Ulivo alla stazione di Bari. E perde il treno. E mi dice Vediamoci a Roma. E allora io proseguo per Roma con il biglietto sbagliato e il controllore accondiscencendente, perchè in Toscana c'era sciopero e allora, signorì, non le faccio la multa che capisco il disagio.


L'arrivo alla stazione. Il mio, alle 18. Il suo alle 23, con ritardo trenitalia. Nell'attesa sono andata in Vaticano, perchè a Roma faceva troppo caldo e ho pensato che espatriare fosse una bella idea. Infatti lo è stata, che in vaticano alla sera non c'è nessuno, ma in compenso è tutto pulito, che tanto le guardiesvizzere non hanno niente da fare e credo che tirino su le cartacce dei giapponesi con le alabarde. E così mi sono messa a leggere il Manifesto, con San Pietro davanti e le colonne a sorreggere la mia schiena stanca.


Lui che alle 2330 ci scusiamo per il ritardo, si nasconde dietro alla panchina e mi abbraccia mentre io lo cerco con lo sguardo che arriva fino a Ostia.
Poi, Roma di notte alla ricerca di qualcuno con un divano per noi. E alla fine suoniamo al citofono di C., hippie d'età indefinita e passione per la Palestina. E soprattutto con un comodo divano ikea.





Stacco. Scritta nera. Il giorno dopo.


Una serie di flash, con lui che parla in arabo con la sua nipotina di due anni al cellulare sul treno per Orvieto. E tutti tutti che lo guardano e si vede benissimo che pensano Ma che cazzo sta a' fa' 'sto arabo che fa le boccacce al cellulare?
E Orvieto che è una meraviglia, sembra Carcassonne senza turisti.
E io che mi chiedo Ma devo aspettare che arrivi qualcuno da Betlemme per portarmici, in un posto così?
E quindi lo abbandono al suo piano luci in arabo e vado a fare un giro bellissimo e scopro il pozzo di San Patrizio ad Orvieto e quando chiedo Ma come in Irlanda?? La risposta è Ao', ma che Irlanda!? Ad Orvieto, stiamo.





Poi, il momento thriller. La discesa lungo la roccia di tufo alla ricerca della scorciatoia per l'albergo. Buio completo. Stelle e buio. E lui che mi canta la ninnananna araba che parla della notte scura. E io che cerco di imparare le parole. E lui che mi dice che ho l'accetto israeliano. E io dico Non è vero! E lui No, ma mi piace pensarlo.
E all'apice del romanticismo cinque ferocissimi cani, da dietro un cancello, iniziano a sbraitarci addosso. E io che gli chiedo E se saltano? E lui che risponde, Nel caso facciamo come al Check point e gli mostriamo il passaporto.
Non hanno saltato. Per altro, io non ho il passaporto.





Censura. Scritta nera. Domenica.


Sveglia alle settemmezza. Che spegniamo. E riapriamo gli occhi quando l'ora del check out dell'albergo è passato da almeno 90 minuti. Il mio Ulivo palestinese chiama la reception e dice Sorry. E la proprietaria dell'albergo risponde Figuratevi, siete così una bella coppia.
La corsa al treno, mentre la Boss della compagnia gli urla al telefono in arabo Da quando c'è quella lì...! trovando così un punto d'unione tra lo stile ebraico e quello palestinese.


Arrivo a Forte Prenestino. Tutti frikkettoni per un pomeriggio. Con la scoperta che al banchetto antiproibizionista vendono il tiramisù "special". Ma special in che senso? chiede il regista. Special nel senso antiproibizionista. Ah. Per favore, me ne prendi 5 pezzi?


Il momento Taratino, in cui io inciampo su un paletto di ferro e quasi quasi ci lascio un piede.



La preparazione dello spettacolo. Il mio Ulivo palestinese che chiede un cavo per il proiettore e la risposta Eh, il cavo, il cavo. Te lo sai 'ndo sta sto cavo? Eh, neppur'io lo so.
Le nostre ombre appassionate da dietro il telone un minuto prima dello spettacolo, lui che mi fa l'occhiolino durante gli applausi, il nostro film che diventa sempre più melenso.



Scritta nera. Ultimo giorno. Gli spettatori abbandonano la sala. Rimangono solo le casalinghe dalla lacrima facile e le adolescenti in attesa del primo amore.



Tutta una giornata tesa a posticipare le lacrime, a fare i cretini per non piangere, a fare la corsa con le dita sulla ringhiera della scala mobile, facendo ridere tutti i giapponesi. Mettendoci il naso da clown quando l'altro sta per cominciare un discorso serio. Pagando un caffè e restando nel bar a scrivere in arabo sulla mia agenda. A fare le boccacce ai bambini per strada.



E infine Casablanca. Io che piango, lui che Suonala ancora Sam. Questo non è un bacio d'addio è un bacio see you soon, hannun-ti, mio papavero.
Lui che va via dalla Stazione Ostiense mentre io lo saluto con il naso da Clown, le lacrime e una folla di spettatori commossi in attesa, come me, del treno della notte.

Questo è il materiale che ho girato. O lo porto a Cannes, o mi impicco nella doccia.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Oh!
E' una bellissima idea.
()"

lanessie ha detto...

impiccarsi alla doccia?