mercoledì, agosto 29, 2007



SADISMO EDUCATIVO
C'è una certa vena di sadismo nella Comuni-ty che apre ai temi educativi mentre io parto per la mia vacanza palestinese.


Ma, come Gargamella Montessori, ritornerò, ah se ritornerò.






UN ABBRACCIO FORTE FORTE AL CHIMICO

lunedì, agosto 27, 2007


...BASTA CHE TI GIRI, PIRLA!





IL GRANDE SONNO
Se vi guardate intorno, i cinemi sono affollati di mea culpa dei mericani illuminati.
Di mericani che si sono guardati allo specchio e hanno deciso di farci sopra un film.

Fast Food Nation - dispiace dirlo dopo aver sbrodolato davanti ad un Bruce Willis a cui gli anni coronano gli occhi di meravigliose fossette - è un terribile prodotto di quest'epifania mericana.
L'intero film è riassumibile in quattro o cinque concetti, tra cui Gli ambientalisti non sono dei criminali terroristi, Fidatevi, vi giuro che per fare il vostro hamburger si ammazzano delle mucche, il '68 non è la causa di tutti i vostri mali, I macelli non sono cliniche pediatriche, Gli immigrati - dì ggiuro! - sono esseri umani, anche se non parlano inglese.
Una stellina che vomita, a Fast Food Nation. Ma fa innegabilmente parte di questa corrente cinematografica della Psicanalisi Sociale.
In ogni caso rimparmiatevelo, se mai vi venisse in mente di andarlo a vedere per tentare di digerire una bistecca di tofu.

Sicko, invece, che poi è l'ultimo documentario di Michael Moore - che senza barba si allontana ancor più da Bruce Willis di quanto non fosse già umanamente possibile - porta con sè l'innegabile pregio di farci apprezzare l'Europa.
Amerete i colpi di genio - come il viaggio a Cuba per far curare gli eroi dell' 11/9 senza assicurazione sanitaria - e tenterete la fuga davanti alle molte volte in cui Michael Moore dimostra di continuare ad essere fondamentalmente un uomo del Michigan - "a Guantanamo curano PERSINO i pericolosissimi terroristi nemici dell'America!" - ma uscirete tremendamente soddisfatti della vostra qualità della vita.
Niente come Sicko vi farà apprezzare di essere nati da questa parte dell'Oceano.

Particolarmente meravigliose sono le espressioni sinceramente stupite di Michael Moore a contatto con il welfare state europeo. E il meraviglioso imbarazzo degli americani accolti dai pericolosissimi pompieri castristi in pompa magna e retorica. O ancora lo stupore nello scoprire che il cattivo è cattivo solo perchè la CIA l'ha disegnato così.
In Sicko si specchia una Merica con grande necessità di lifting.

Non soltanto per il vergognoso sistema della sanità privata, che mette i brividi. Ma per lo sgomento tremendamente sincero dei protagonisti davanti a tutto ciò che noi riteniamo alla base della nostra vita: il buon cibo come il rispetto per la vita, il vino francese come la scuola pubblica, il giuramento di ippocrate come le coccole ai figli.
Sicko sono i mericani che si guardano allo specchio e scoprono che improvvisamente non ci stanno più, che strabordano ai lati.
Che ci sono repubblicani che rispettano la vita degli altri, in Canada, e socialisti che hanno pianto per i morti delle Twin Towers, a Cuba, e bambini che vengono curati gratis, in Francia.
E ti sembra di doverlo prendere sulle ginocchia , uno di quei mericani, e dirgli Va bene, ricominciamo da capo, dall'ABC della democrazia.

Se veramente di risveglio mericano si tratta, è un risveglio lento e un po' rincoglionito, di qualcuno che ha appena recuperato decine di ore di sonno accumulato.
Fanno una pessima figura, questi Mericani. Come gli italiani nel Padrino. Come gli indiani d'america in Ombre Rosse. Come i nazisti nella Grande Fuga.
Fanno una figura peggiore che in Sacco e Vanzetti.
Ed è così divertente vederli, questi Mericani alle prese con la democrazia, con il pensiero autonomo, con la scoperta dell'altro. E' divertente come quando vedi un documentario sulle giraffe appena nate che tentano di stare in piedi, e irrimediabilmente cadono, per colpa della dannata legge di gravità comunista.
Sono così divertenti che, se non ci pensassero già da soli, bisognerebbe farci un film.

sabato, agosto 25, 2007



L'ETERNA LOTTA DEL BENE CONTRO IL MALE

Per muoversi dalla Palestina serve un Visto. Che poi altro non è che un timbro sul passaporto.
Serve un visto, un controllo dei precedenti penali, un nulla osta dell'ambasciata di provenienza e di quella d'arrivo.
Serve un foglio in tre lingue che dica perchè ci si vuole spostare, per quanto tempo, dove si pensa di alloggiare, chi paga le spese di viaggio e di permanenza.
Per ragioni di sicurezza, ovviamente.

L'attesa per avere il Visto varia, tra i dieci e i quaranta giorni.

Quando, il mese scorso, il mio Ulivo Palestinese vince una borsa di studio promossa dal governo della Perfida Albione, la Perfida Albione stessa medesima si prende in ogni caso il suo tempo per controllare. Venticinque giorni di controlli, che la disciplina Blair non è passata invano e poi c'è la pausa per l'acqua calda delle cinque.
La guerra contro il terrorismo internazionale necessita tempi lunghi.

Mercoledi scorso il Visto e il rapporto della polizia non erano ancora pronti.
L'ulivo palestinese telefona e dice Io devo partire, mi serve il Visto.
Va bene, dicono loro, le facciamo sapere.
Giovedi mattina il visto è pronto e anche il rapporto della polizia, Li venga pure a prendere.

Ma l'Ambasciata della Perfida Albione dista decine di chilometri e altrettanti checkpoint, così l'Ulivo Palestinese dice Vengo domani, che oggi ormai è tardi.
Ah no, mister, sorry, ma domani è venerdi e noi chiudiamo perchè siamo in plaestina, sabato chiudiamo perchè ufficialmente siamo in israele, e domenica chiudiamo perchè siamo inglesi.
Ma lunedi è tardi, dice l'ulivo palestinese, io martedi devo essere in Giordania.
Venga oggi, risponde con aplomb il britannico, ma noi tra mezz'ora chiudiamo.
Non ce la farò mai, risponde disperato l'Ulivo Palestinese.
Non si preoccupi, sir, se non arriva in tempo le lascio il passaporto al supermercato sotto all'ambasciata, alla cassa tre.

Ecco.
I controlli nell'era nel consumismo.
E così adesso lo sapete, quando ci sono gli attentati, come hanno fatto i terroristi a passare le frontiere, a beffare i servizi segreti internazionali, ad ottenere un passaporto pulito per smerciare kalashnikov.
Hanno fatto un salto al supermercato.

giovedì, agosto 23, 2007

Vivaldi Four Seasons - I Musici 1988

Come colonna sonora di Vico Dolcezza, in questa settimana comunitaria fatta di amici e chiacchere notturne, si è imposto Vivaldi

lunedì, agosto 20, 2007


AUTUNNO!

La pioggia, nel cortile di vico dolcezza, è un'orchestra di soli timpani.
Le gocce risuonano sull'ardesia delle finestre, sui braccioli della Poltrona Solitaria, sui sacchetti di carta dimenticati, sulle mollette, sui bordi dei vasi. Scivolano sulle foglie, si accumulano tra le piastrelle.
Un coro di percussioni leggere.
Più Benjamin Britten che un saggio di Capoeira.
E il suono cambia, quando le gocce cadono su altre gocce e poi sulle pozzanghere.
E nel cortile si concentra tutto l'autunno che andavo aspettando.
L'acqua tenta una sortita dalla finestra piccola e io la fermo prima che la musica si diffonda sotto il mio letto.
Mi addormento con l'orchestra sinfonica londinese nel mio cortile.
L'orchestra smonta gli strumenti e io mi sveglio con un terribile torcicollo.
Ma passo la giornata a convincermi che non ci sia alcuna relazione causa-effetto tra la mia gioia autunnale e i miei reumatismi.


giovedì, agosto 16, 2007


PARCHEGGI GIAPPONESI

I nipponici, me ne dispiaccio, arrotolano tutto il mio inconscio razzista su una pinza e me lo estraggono dalla bocca, come un dente del giudizio.
Io che la multiculturalità e la bellezza delle differenze, con i giapponesi faccio fatica.
La cultura nipponica sta alla Nessie come il cus cus ad un bergamasco.
Per anni ho pensato che il sushi mi avrebbe liberato dai miei blocchi fatti di fumetti di cui non trovo l'inizio e film di cui non riesco a pronunciare gli attori.
Piace a tutti, il sushi.
Piace a tutti da morire, il sushi.
Piacerà anche a me, il sushi.
E una sera, finalmente, mio fratello Paolino mi porta a mangiare il sushi. E io i nipponici continuo ad odiarli preciso preciso come la sera prima.
Poi ci torno un'altra volta, e va meglio. Forse perchè avevo fatto galleggiare il sushi in un fiume giallo di salse.
Anche se, devo dirlo, in fondo i giapponesi li trovo geniali, con questa cosa del sushi. Sono arrivati in occidente, con le loro valigie piene di salmone a fettine, dopo che i cinesi avevano già distrutto il mercato. Quando cibo asiatico faceva rima con topo. Quando ormai l'Asia al ristorante erano i punti per portarti a casa un orrido vaso in porcellana, insieme al riso alla cantonese, numero 12. Ma i giapponesi sono arrivati, hanno aperto le valigie, hanno tirato fuori salmone e foglie di bambù e si sono inventati il peggior rapporto quantità-prezzo dopo la nouvelle cousine.
E ha funzionato.
I giapponesi sguazzano nel capitalismo.
In ogni caso, finisce che ieri, dopo un pomeriggio di spostamento mobili, venticinque cambi di idea al secondo, non me la sentivo di portare l'Imprevedibile Rivoluzionario - puntualmente arrivato dalla ValdiSusa per regalarmi gli ammenicoli di un computer e finito a montare un fouton con gli attrezzi sbagliati - al ristorante asiatico di serie topo. Così mi viene in mente il sushi bar.
Ed è lì che ho rivoluzionato la mia idea di Giappone. Perchè ho scoperto il tapirroulant di cibo. E mi sono divertita come una pazza, ad aspettare il cibo come le valigie all'aeroporto.
...e per stare dietro alle mie banane fritte che non arrivavano mai, e venivano intercettate nelle cucine per essere sostituite con orride gelatine color ogm, facciamo tardi.
Usciamo per ultimi e troviamo la macchina chiusa nel parcheggio. Che ci guarda solitaria da dietro un'inferiata semi chiusa.
L'Imprevedibile Rivoluzionario mantiene insperabilmente e carinamente la calma, e io parto alla ricerca della guardiagiurata. Che dice Si signorina dieciminuti e arrivo. E ne lascia passare quindici per dimostrarci, come del resto era vero ed evidente, che avevamo torto.
Poi arriva ad aprirci.
L'Imprevedibile Rivoluzionario, nel frattempo, trovata la saracinesca mezz'alzata, striscia come un indianaGions delle valli e sposta la macchina fino all'uscita, per guadagnare tempo.
E stiamo lì, a fare le chiacchere come a SanVittore. Lui dentro, io fuori.
La GuardiaGiurata arriva e dice che Guai all'Imprevedibile Rivoluzionario che era strisciato sotto la sbarra come un IndianaGions delle valli, violando così una proprietà privata. Adesso lui ci apriva, si, ma noi stavamo rischiando di fargli perdere il posto di lavoro.
Noi diciamo in coro Ci scusi, mai avremmo pensato di mettere a rischio il posto di lavoro di nessuno, si figuri, scemi noi che non abbiamo visto l'ora tra una banana fritta e una difficile digestione.
Perchè questa, rincara la GuardiaGiurata indifferente alle scuse, è ProprietàPrivata. E se voi lasciate la porta aperta a casa vostra io mica entro.
Per inciso, io c'è una cosa che odio più dei giapponesi. E sono le risse. Le risse tra maschi, poi, con tutti quegli ormoni che volano prima delle sberle. E così cerco di prevenire il peggio, sorridendo e dicendo Certo, ha ragione ci scusi ma...
Nel frattempo, anche l'Imprevedibile Rivoluzionario, Imprevedibile, manteneva una calma invidiabile, al di là delle sbarre.
Ma la Guardia Giurata invocava la polizia, i carabbinieri, il giudice, la sua famiglia e i suoi bambini con il padre disoccupato perchè noi eravamo passati sotto una saracinesca alzata in un parcheggio vuoto con le luci accese. Alla undiciemmezza. E se mi licenziano è colpa vostra, diceva accarezzando la pistola con aria distratta.
Lì ho iniziato a pensare che alla fine una rissa poteva anche essere una buona idea, ogni tanto.
Così, per digerire il sushi.
Invece poi l'istinto di sopravvivenza ha disegnato sorrisi di scuse sulla mia bocca, come mi succede sempre anche con le ragazzine dei callcenter Che lo so, sai, che fai un lavoro di merda.
E con le GuardieGiurate è uguale, anche se hanno una pistola che intimorisce più di un'offerta speciale.
E alla fine ci apre, la GuardiaGiurata, ancora invocando il Signore e la SantaTrinità in difesa della proprietà privata.
E io mi chiedevo, ma che proprietà privata se qui dentro è tutto asfalto, e l'unica cosa di valore è una macchina. Nostra. Punto interrogativo.
Ma la domanda galleggiava lì, tra il salmone e il wasabi, senza il coraggio di una risata disarmante: perchè licenziare un lubranotto per non aver difeso quattro piloni d'asfalto da una Cenerentola ritardataria? Qual'è il senso di una proprietà privata vuota e aperta? Perchè difenderla? Ma siamo stati zitti.
E ci siamo scusati ancora.
E abbiamo detto altre trenta volte Ha ragione lei, anche se non era proprio vero.
E siamo filati via, chi verso un ritorno a casa, chi verso tre ore di sonno.
Perchè la storia insegna che è difficile discutere di marxismo con chi porta una pistola nella fondina.


IL BATTITO D'ALI DI UNA FARFALLA SUL LAGO DI COMO...

Ci si aspetterebbe dalla sottoscritta tutto un lungo racconto del campeggio piovoso sul Lago di Como a raccogliere le forze come i mirtilli.
Io, fossi in me, me lo aspetterei.
E invece decido - in netto contrasto con il nessiedna - di tenere per me il cestino della raccolta, i frutti del lago.

Si analizzino però i risultati, di questi lunghi respiri di vento lombardo, se in poche ore di lavoro e di aiuto prezioso e Imprevedibile, a cavallo del ritorno cittadino, l'ingresso scatoloso di vico dolcezza si è trasformato in un ampio spazio vitale che verrà inaugurato oggi con una torta allo yogurth sperimentale.
Se la bolletta che mi attendeva minacciosa nella cassetta della posta si è poi rivelata meno cara di una bottiglia di vino bianco.
Se il parquet è venuto pulito senza sforzo.
Se le misure, per una volta, le avevo prese giuste. E adesso ho due divani per gli ospiti. Due. Che secondo le medie abituali del sovraffollamento delle Case Immaginarie, vogliono dire come minimo sei ospiti. E come massimo, centinaia.

E una ridarella-corbezzolo davanti al cibo scorrevole del sushi bar, che mi ha fatto perdonare ai nipponici persino l'invenzione del finto rumore dello sciacquone nel bagno, per tacer dei manga.
E lo scrocchinquilino che si palesa dopodomani.
Persino una carezza al cugino dudley che azzecca la prima sottrazione con prestito della sua vita.

L'Hocus Pocus della Val d'Intelvi.

venerdì, agosto 10, 2007



Non si puo' godere a fondo dell'ozio se non si ha una quantita' di lavoro da fare. (Jerome k. Jerome)


...e quindi - con la casa che è un unico enorme scatolone, il tavolo che è un unico grande ingombro, il materasso verticale, e migliaia, migliaia di sacchetti e sacchetini da liberare dalla loro complessità incasinata - domenica parto.


Un giorno. Forse due. Forse tre.
Per ovunque.
E poi, se ancora mi va, torno.

giovedì, agosto 09, 2007


COME DARIO FO.

L'idea è quella di candidare l'ikea al Nobel.
Tutti, i Nobel.
Il Comitato Sostenitore si è riunito ieri, tra il repato bagno e il reparto camere da letto, mentre stracciava il record olimpionico di 9 ore di permanenza continuativa nel negozio.

Seguono le brevi spiegazioni da sottoporre al Re di Svezia:

Candidiamo l'ikea, innanzitutto, al Nobel per l'Economia, per l'innegabile ed evidente influenza dei pacchi piatti sulla difficile gestione dell'economia familiare.

In secondo luogo candidiamo l'Ikea al Nobel per la pace: sociale, familiare, dell'animo. Ma non per quella dei sensi.

Candidiamo poi l'Ikea al Nobel per la Chimica, con particolare menzione al reparto camere da letto e al reparto cucine. E per aver creato i pasticcini verdi di marzapane.

Segue il Nobel per la Fisica: perfette equazioni per stabili geometrie in piccolissimi spazi.

E il Nobel per la medicina: antidoto meraviglioso contro la depressione, un pomeriggio all'Ikea come alternativa sana al prozac.


Ma già immaginiamo i seri scientisti in doppiopetto scandalizzarsi per una candidatura così poco ortodossa, opporsi alla consegna di un Nobel popolare, preferendo premiare studi su molecole impronunciabili, reazioni chimiche marziane, l'opera di pacificazione di Henry Kissinger.

Ed è per questo che noi umanisti, meno legati al dogmatismo e aperti alle nuove correnti, chiediamo con forza la candidatura del catalogo Ikea al
Nobel per la Letteratura: perchè - queste saranno le parole del Re di Svezia alla cerimonia - come la bibbia in ogni cassetto del comodino, il catalogo ikea soggiorna in ogni bagno, illustrando a parole e a immagini la rivoluzione quotidiana del cambiamento.


mercoledì, agosto 08, 2007



A PROPOSITO DELLA SINDROME DEPRESSIVA CHE VI HO SCARICATO ADDOSSO IERI...


...non posso che citare il Poeta:

"Scrivi le tue preoccupazioni
e poi deprimi i tuoi amici leggendole ad alta voce"


(da "Isaia, il piccolo libro della Tristezza")


martedì, agosto 07, 2007



LA SINDROME DELLA PRECARIETA'

Il tempo libero mi fa venire il mal di testa.
E la nausea.
E non digerisco più neanche l'insalata mista.
L'amica E dice che c'è l'influenza in giro, che l'hanno presa sia il chimico che il punto g. e che allora forse non è la sindorme del ferragosto vuoto.
Quasi mi dispiace, però: mi ero affezionata all'idea di un'allergia al tempo libero.

C'è che mi odio in questo mio ciondolare tra gli scatoloni alla ricerca di un mago merlino che torni da Honolulu e che con un solo movimento della bacchetta e una canzone che non ho imparato mai, metta in fila tutte le teiere, le tazzine e i piatti e li faccia danzare fino alla credenza.

Ho bisogno di un letto, di una cassettiera e di decidere come gestisco i miei spazi.
E odio quando tutto è una metafora.
Provo a convincermi che mi manca solo la materia prima, e che una volta portati a casa i mobili, tutto verrà da sè, tutto Hocus Pocus.

Ma più che l'ikea adesso sogno una macchina, perchè sono tre giorni che mi è venuta la voglia di una scappata in svizzera con la scusa delle sigarette indiane. E il treno no, perchè poi mi devo trovare un posto dove dormire e non solo non ci sono i soldi, ma poi non è quello di cui ho voglia. Ho voglia di una macchina e di un autoradio come quella che avevo montato nella mia r4, così bassa che toccava il ginocchio destro quando il piede rimbalzava sul pedale troppo duro.
Perchè ho ricominciato a scrivere per il teatro, tra uno scatolone vuoto e uno semiaperto, tra il sacchetto delle lenzuola da lavare e quelle a cui trovare un posto nell'armadio così alto che ci vuole o una scala o un fidanzato.
E io quando scrivo, non so, mi viene voglia di svizzera.
Sto sognando il parco di ginevra.

E poi riatterro tra gli scatoloni e mi dico che non ci sarà nessun mago merlino, e non è il momento dei viaggi, adesso, è il momento delle scatole.
Perchè poi il premio di una casa che sta in piedi saranno tutti i micro viaggi che vogliamo fare con l'ulivo palestinese: meno di un mese, nessie, meno di un mese.

Ma lo stesso sogno il parco di ginevra, e mi addormento alle due con la stanchezza di un anno che spinge sulle tempie.
Questa precarietà che mi mordicchia dai lati, anche quando non lavoro, soprattutto quando non lavoro, soprattutto quando potrei gestirmi e non so gestirmi tutto questo tempo libero, tutto questo agosto che non so cosa ci faccio qui.

lunedì, agosto 06, 2007



TENETEVI LIBERI! IL THERMOS DA CORTEO ATTENDE IMPAZIENTE DAL TERZO RIPIANO PROVVISIORIO DELLA CUCINA DI VICO DOLCEZZA.

A ottobre in piazza

L'attuale governo non ancora ha dato risposte ai problemi fondamentali che abbiamo di fronte, per i quali la maggioranza degli italiani ha condannato Berlusconi votando per il centrosinistra. Serve una svolta, un'iniziativa di sinistra che rilanci la partecipazione popolare e conquisti i punti più avanzati del programma dell'Unione, per evitare che si apra un solco tra la rappresentanza politica, il governo Prodi e chi lo ha eletto.
Occorre fare della lotta alla precarietà e per una cittadinanza piena di tutte e di tutti la nostra bussola.
Noi vediamo sette grandi questioni. Quella del lavoro: cioè della sua dignità e sicurezza, con salari e pensioni più giusti cancellando davvero lo scalone di Maroni e lo sfruttamento delle forme «atipiche», e con la salvaguardia del contratto nazionale come primario patto di solidarietà tra le lavoratrici e i lavoratori. Quello sociale: cioè il riequilibrio della ricchezza e la conquista del diritto al reddito e all'abitare. Quello dei diritti civili e della laicità dello stato: fine delle discriminazioni contro gay, lesbiche e trans, leggi sulle unioni civili, misure che intacchino il potere del patriarcato. Vogliamo anche che siano cancellate le leggi contro la libertà, come quella sul carcere per gli spinelli. Quindi, la cittadinanza: pienezza di diritti per i migranti, rapida approvazione della legge di superamento della Bossi-Fini, chiusura dei Cpt. La pace: taglio delle spese militari, non vogliamo la base a Vicenza, vogliamo vedere una via d'uscita dall'Afghanistan, vogliamo che l'Italia si opponga allo scudo stellare. L'ambiente: ha tanti risvolti, dalla pubblicizzazione dell'acqua alla definizione di nuove basi dello sviluppo, fondate sulla tutela e il rispetto per l'habitat, il territorio e le comuniutà locali. Per questo ipotesi quali la Tav in Val di Susa vanno affrontate con questo paradigma. La legalità democratica: lotta alla mafia e alle sue connessioni con la politica e l'economica.
Nessuna di queste richieste è irrealistica o resa impossibile da vincoli esterni alla volontà della maggioranza. Il fallimento delle politiche di guerra dell'amministrazione Bush si sta consumando anche negli Stati uniti, i vincoli di Maastricht e della banca centrale europea sono contestati da importanti paesi europei, l'andamento dei bilanci pubblici permette delle scelte sociali più coraggiose. Ma siamo consapevoli che per affrontare tutto questo occorre che la politica debba essere politica di donne e di uomini - non solo questione maschile - e torni a essere partecipazione, protagonismo, iniziativa collettiva.
Per questo proponiamo di ritrovarci a Roma il prossimo 20 ottobre per una grande manifestazione nazionale: forze politiche e sociali, movimenti, associazioni, singoli. Chiunque si riconosca nell'urgenza di partecipare, per ricostruire un protagonismo della sinistra e ridare fiducia alla parte finora più sacrificata del paese.


Gianfranco Bettin, Lisa Clark, Tonio Dell'Olio, Antonio Ferrentino, Luciano Gallino, Pietro Ingrao, Aurelio Mancuso, Lea Melandri, Bianca Pomeranzi, Gabriele Polo, Rossana Praitano, Rossana Rossanda, Marco Revelli, Piero Sansonetti, Pierluigi Sullo, Aldo Tortorella, Nicola Tranfaglia


OTTIMI RISULTATI

Non mi sono arresa senza combattere! Stamattina era un bel giorno per lottare contro questa faccia non mia che mi hanno appiccicato addosso venerdi.
Che mi guardo e mi chiedo chi sono.
E se mi rispondo è peggio.
Così mi sono armata di coraggio e volumizzanti e appena sveglia ho immerso questa mia testa da menopausa nell'acqua fredda, così da tramortire i miei capelli invecchiati precocemente.
Ancora tutti colanti d'acqua, li ho poi affogati in un litro di shampoo per capelli ribelli.
Ho strofinato, sfregato sciacquato e risciacquato, senza farmi commuovere dalle urla agonizzanti.
Ho strofinato il tutto nell'asciugamano di spugna fino a tramortire ogni singola cellula. Ho spruzzato il volumizzante per capelli morti, ho fatto una prima passata con il phon.
Ho spruzzato la cera liquida e ho fatto la seconda passata, mentre iniziavo a sudare copiosamente.
Ho dato i giri con la spazzola tonda grossa, poi con la spazzola tonda piccola.
Ho fatto come i parrucchieri, quando prendono le punte con due dita e tirano, tirano, con la classe di un Michelangelo che vede il David in un pezzo di marmo.
Solo a quel punto ho osato guardarmi allo specchio.
Sembravo Ringo Starr in Sgt. Peppers.

Ma non mi sono demoralizzata.
Ho virato verso sinistra la frangetta nè lunga nè corta e l'ho fissata con la mollettina hippy dai petali bianchi.

Adesso, sembro Ringo Starr in Sgt. Peppers con una mollettina hippy dai petali bianchi.

venerdì, agosto 03, 2007



V PER VENDETTA

Io mi presento puntuale tutte le mattine alle otto e mezza.
Saluto, cerco il sacchetto con il libro delle vacanze, acchiappo il Cugino Dudley per il braccio mentre cerca di defilarsi tra phon e spazzole tonde.
E parto a passo di marcia verso la biblioteca.

Nel tragitto rido del suo prendermi in giro perchè non ho un telefoninofico una macchinafica una motofica gli occhialifirmati le scarpedidolce&gabbana.
Lo faccio sedere e inizio a lottare con il suo Ho sonno Ho caldo Ho freddo Mi compri le caramelle Io questo a scuola quest'anno non l'ho fatto Come faccio a fare le addizioni con numeri piu' grandi del dieci se ho solo dieci dita?
Gli faccio fare le pause relax, lo faccio andare in bagno anche quando so che è una scusa, faccio finta di credere alla sua ennesima bugia. E in cambio ottengo pezzetti della sua attenzione, riesco a farlo ridere su una filastrocca stupida, ottengo progressi nel lessico e nelle doppie.
Mi ascolto sorridendo l'ennesima storia sui suoi cinque pittbull. Mentre dentro darei una mano per un'accetta affilata.
Gli spiego che in biblioteca si fa silenzio e riesco a farlo parlare ad un volume normale.
Accetto qualche "Ci ho detto" in cambio di qualche parolaccia in meno.
Baratto una pagina in piu' di libro in cambio di una pausa alla ricerca del gatto della biblioteca da accarezzare.
Gli spiego per la quinta volta la differenza tra unità e decina. Rido del fatto che lui mi dica Con te si che capisco, maestra! e poi sbagli di nuovo.

Poi, lo porto a prendere il gelato.
Gli insegno a dire Grazie, Permesso, Per favore.
Ad aspettare il suo turno.
A prendere solo due gusti anche se si, lo ammetto, un gelato con 55 gusti sarebbe piu' estetico.
Gli regalo il mio cono.
Lo faccio sedere sui gradini della Cattedrale e gli impartisco la prima lezione di Rispetto dell'altro dopo che ha apostrofato come Brutto ladro un ragazzo che chiedeva l'elemosina.
Gli apro un culo tale, la volta che gli scappa detto Negro, che poi non apre bocca fino al negozio.
Lo prendo in giro per come cammina con le scarpe firmate e lo minaccio di comprargli quelle con i tacchi a spillo, per la postura.
Gli pulisco la bocca sporca di gelato.
Lo faccio arrampicare sul leone di marmo.
Ascolto tutta la trama di Transformers.
E gli sto simpatica, senza capire perchè.
E ottengo progressi innaspettati.
Adesso, ad esempio, sa usare le h.
E, quasi, legge in italiano.

E dopo tutto questo sudore. E questo sangue. E questa fatica.
E dopo che tutte le mattine mi sveglio con la ferma convinzione di stare contribuendo ad allevare un mostro.
E dopo che limo i canini la mattina in bagno, che crescono alla ricerca del suo sangue supponente.
E dopo che sorrido, addirittura.
E dopo che mi dicono Oh, ma con te è un angelo!
E dopo...
SUA MAMMA MI SBAGLIA IL TAGLIO.

E mi trasforma in una cinquantenne divorziata. In partenza per un villaggio turistico a Cuba.
In una punk che ha finito il gel.
In una prof amica dei giovani.
In una sopravvissuta alle discoteche del '93.
In un "prima e dopo". E io sono il Prima.

Così, la settimana prossima, quando andrò dal Cugino Dudley, gli bacchetterò le dita, gli farò fare le aste sul quaderno, gli urlerò ma cos'hai tra le orecchie, eh? eh? Certo non un cervello! Gli butterò il gelato per terra o la schiaccerò con le scarpe. Gli dirò Ma lo sai che i tuoi non ti volevano? Gli dirò Tanto sei stato adottato. Gli dirò Non troverai mai una donna da sposare perchè nessuna ti vorrà. E se verrai su gay, peggio che mai, agli uomini faresti schifo, con tutta quella ciccia. Gli dirò Sei talmente scemo che prenderai il diploma insieme all'operazione alla prostata. Gli ucciderò i cinque pittbull. Pagherò un serial killer di bambini viziati perchè ne faccia la sua vittima preferita. E mi mangerò le mentine senza dargliele Perchè sono mie.

E sarà solo un piccola, piccola vendetta, rispetto al mio orrido taglio da menopausa.

giovedì, agosto 02, 2007



PEZZETTI D'INFANZIA

"...Io appena arriva dicembre ci mando una lettera a Babbo Natale. E ci chiedo un televisore nuovo. Grande così. cinquantappollici. Un televisore al plasmon".

(Il cugino dudley in una delle sue più memorabili interpretazioni)

mercoledì, agosto 01, 2007



FUORI LEGGE

Un'ottima ragione per traslocare sono i libri.
Perchè i libri, per qualche fenomeno che i fisici non notano spesso ma gli umanisti si, si duplicano come le cellule nei pigri anni trascorsi nella tua libreria.
Ovviamente, per il fenomeno fisico inverso, le librerie non si ingrandiscono mai, perlomeno mai in proporzione.
Così, noi avidi lettori proviamo a mantenere un certo ordine, e iniziamo sempre con il piede giusto. Ieri, ad esempio, ho passato un sudoso pomeriggio a cercare un ordine logico che separasse i romanzi dai saggi e i saggi dalla letteratura per l'infanzia ma ad esempio un saggio di propp dove lo metti? Ho almeno cinque risposte possibili e nessuna mi sconfinfera: finirà a reggere il tavolino che traballa.

Tutti noi avidi lettori iniziamo così, dopo i traslochi: spolveriamo lo scaffale e poi cerchiamo una logica che permetta non solo di appoggiare il libro in un suo luogo definito ma anche, addirittura, di ritrovarlo.
Spesso ci ripugna l'ordine alfabetico, ma quello d'altezza fa così tanto ossessivocompulsivo che poi ci arrendiamo all'orrido abc.
Poi ognuno ci mette del suo a complicare le cose. Io personalmente, tanto perchè le cose ordinate non mi vengono mai, confondo i nomi coi cognomi e Mark Twain lo metto sotto la M.
Ma vengo da una famiglia che tiene la Sacra Bibbia nel reparto Fantascienza, ho le mie parziali scusanti.

Per tutti, in ogni caso, passa il tempo e si accumulano i pomeriggi da Feltrinelli.
E l'avido lettore si scopre geometra degli spazi: accumula libri in verticale, in orizzontale, in seconda terza quarta fila. Monta mensole negli angoli, accumula i libri fuori misura sotto la scatola del risiko, rinuncia alle pentole e piazza volumi sul fenshui in cucina e hugo pratt in bagno.
I più fortunati hanno un garage.
I meno fortunati hanno un garage umido.

Chi si era lasciato convincere da librerie molto desaign, molto Cioè i libri fanno parte dell'arredamento, molto Tre volumi a mensola di cui uno leggermente in bilico, cede velocemente alla billy nera e vende le mensole trendi su ibei a milanesi tristi che leggono Cohelo.

I molto artisti, invece, impilano libri per terra e sulla cima della torre sbilenca appoggiano il telefono.
I disordinati, più semplicemente, impilano libri e sulla cima dimenticano un bicchiere o il portacenere.
La caduta del bicchiere con il fondo di caffè raggrumato dal tempo coincide solitamente con un nuovo trasloco all'orizzonte.

L'avido lettore sceglie a questo punto una casa più grande, investe in librerie, in mobili d'angolo, in comodini capienti e primi tre mesi - o tre anni, dipende dall'avidità e dall'istinto accumulatore - sopravvive in una seppur precaria catalogazione dewey.
Poi, di nuovo, il processo osmotico dei libri ha la meglio.

Questa è la premessa per la gente normale, a suo agio nel cosmo.
Io, invece, nel mio trasloco da via glutei sodi a vico dolcezza ho quadruplicato lo spazio per i libri. Sono passata da due librerie a otto. E da sabato a oggi non ho comprato un singolo piccolo minuscolo libro nuovo. Neanche uno.
Ma, sebbene le scatole di mia moglie immaginaria siano ancora chiuse e io debba ancora aprirne quattro, più quella della Tesi, mi è rimasto libero soltanto uno scaffale e mezzo della libreria più piccola.
A quattro giorni dal trasloco.

Io ve lo giuro che non lo so come faccio, ad annullare tutte le leggi della fisica. In particolare quelle che neppure esistono.