martedì, marzo 31, 2009

SOUVENIR DA BOSCOLANDIA
Non abbiamo potuto resistere, io e Stakanov, davanti a tale meraviglia al costo di 6,80€
Io l'ho trovato sul tavolo del negozio dell'usato - tra un sale e pepe in porcellana con i trulli e una bambolina in vimini - lui mi ha guardato negli occhi e mi ha detto, romantico: te lo regalo io.
Così, dopo aver cambiato sei treni in dieci ore nel mio zaino - memore dei tempi in cui dormiva sui tram per non farsi arrestare dall'Ovra - Palmiro è arrivato ieri sera in vico dolcezza.
E nella serata ranocchia di ieri sera, come potete vedere, ha subito assunto un ruolo fondamentale nelle economie proletarie della casa.

giovedì, marzo 26, 2009



E che non si dica che non sto facendo tutto il possibile per conquistare equilibrio e benessere.
Giro in bicibellula respirando a pieni polmoni.
Mi faccio una quantità di maschere viso e capelli che neanche la paris hilton dei tempi bui.
Ogni mercoledi, immancabile, la pissipissibaucologa.
Da ieri, anche lo shatsu.
Mangio le fibre.
Tanta frutta, tanta verdura.
Progetto le partenze comunitarie verso la grande manifestazione del quattro aprile.
Ieri sera ho scritto due capitoli del mio libro per bambini.
E Stakanov questo week end mi porta in un posto che sono cinque anni che ci voglio andare e che si chiama la Rasa di Varese.
E poi stamattina ho anche fatto shopping, come le vere femmine quando si sentono giù di morale.
Ho speso soldi che non avevo per tre vestiti adorabilmente inutili. E un paio di orecchini fricchettoni.
Così si fa.
Ho litigato anche con una vecchietta: Signorina, quasi mi investe con la sua bicicletta!
Non direi, signora, l'ho vista.
Avrei potuto spostarmi all'ultimo e lei mi avrebbe investita!
Ma non è successo, mi pare.
Non dovrebbe essere acconsentito girare in bicicletta! E' pericoloso!
Signora, vorrà dire che mi comprerò un Suv.

Quest'ultima cosa mi ha messo particolarmente di buon umore.
Anche la gonna con il pizzo mi ha fatto ben sorridere.
Ma la vecchietta scema di più.
Ho anche fatto la femmina stupida con il signore delle chiavi e dei lucchetti che aveva i bicipiti da manovale pieni di tatuaggi.
Ciao, scusa, mi si dev'essere rotto il lucchetto della catena della bici.
Ah, tranquilla, vieni qui che risolviamo tutto!
Lui contento di fare il maschio alfa con olio e martello, io felice di fare la femmina che le cose non le deve risolvere tutte lei.
(Comunque non l'ha risolto neppure lui. Ho dovuto comprare un altro lucchetto. Però se siete femmine e avete l'ego sotto i piedi, provate anche voi ad andare in un negozio di ferramenta sotto i portici, in bici e con la gonna a fiori. E' l'elisir di lungavita per il buonumore, è).

Quindi, come vedete, ci sto provando.
Ci sto provando talmente tanto che oggi non mi ha infastidito neppure un rappresentante dell'unicef tanto viscido e tanto laido che avrebbe potuto lavorare per la banca mondiale o per la monsanto. Io, pensare che quelli sono i portavoce dei diritti dell'infanzia...
Ma neppure lui ce l'ha fatta a distruggermi.
Perchè ci sto provando e ci sono giorni che ci riesco, ad essere felice.
Oggi, ad esempio.
Nonostante una casa che è un magazzino di passaggio per psichi distrutte.
(ma il plurale di psiche è psichi? oppure psiches?).
Nonostante la traversa per altalene a cui fissarci, come dice il Pastore, appaia lontana in modo sconsolante.
Nonostante un ragno nel letto, che rende l'idea del livello di abbandono attuale.
Nonostante i pianti che mi fanno sembrare Mastro Ciliegia, come dice il Gipunto.

Ci sto provando e ci sto riuscendo talmente, che adesso decido che ancora per un'ora sfanculo Brunetta, evito di lavorare e scrivo pure su Prospettiva Ranocchio.
Tiè.

mercoledì, marzo 25, 2009



Questa è la storia dell’uragano Katrina innamorata di un ossessivo compulsivo.
Si amano, si adorano – l’uragano Katrina e l’ossessivo compulsivo - ma poi, ciclicamente, lei si mette a soffiare e butta giù dagli scaffali tutti i vinili in rigoroso ordine alfabetico di lui, che impazzisce.
Allora litigano, e lei urla Cosa posso farci, è la mia natura! E lui risponde Ma quelli erano i miei vinili! Avevo passato giorni a dividere il metal dal progressive!
Tu non rispetti la mia libertà di muovermi! - strilla lei
E tu non rispetti le mie cose! – ribatte lui
Poi, niente, piangono, si abbracciano, fanno l’amore e si calmano per un po’.
Lui le dice Ti amo per come sei, irruenta e appassionata.
Lei risponde Ti amo per come sei, accogliente e ordinato.
Per alcuni giorni lei sta attenta a muoversi, lui tenta un disordine metodico ma conciliante.
Ma entrambi sanno che finchè non diventeranno una leggera brezza Katherina e un uomo relativamente ordinato, sarà un continuo litigare.

Io e Stakanov siamo così.
Io ansiosa, lui sfuggente.
Se non facciamo progetti sto male io, se li facciamo sta male lui.
Se viviamo alla giornata lui è felice e io soffro, se pensiamo alla vita oltre le prossime due settimane io mi calmo e lui scappa.
Lui si ripara dietro i muri che si costruisce, io metodicamente li abbatto perché ho bisogno di sbirciare tra i mattoni.
Raggiungiamo difficili equilibri precari in cui adoriamo stare insieme, quelle volte che io sto abbastanza bene da stare attenta a come mi muovo, e lui è abbastanza rilassato da poter rinunciare al suo ordine alfabetico.
E in quei momenti è tutto così bello che ci sembra stupido buttare via tutto soltanto perché io sono un uragano e lui un collezionista di dischi.
Ma poi si incrina qualcosa.
Non è mica qualcosa che governi, è la pancia che comincia a parlare al posto tuo. I fantasmi dei tuoi natali passati.
Di solito succede che, all’improvviso, io mi sento sola, lui si sente oppresso.
E allora io mi metto a pensare Ma chi me lo fa fare di stare così male, così tremendamente male. Chi me lo fa fare di vivere alla giornata se pensare ad un viaggio estivo basterebbe a rendermi felice per mesi?
E lui pensa Ma chi me lo fa fare di stare così male, così tremendamente male. Chi me lo fa fare di pensare che ad agosto devo trovare del tempo per lei? Io ho bisogno dei miei spazi, delle mie cose e dei miei tempi.
E queste cose non sono conciliabili.
E’ come la storia che raccontava Paolo Rossi del Gabbiano innamorato del Delfino.

Io non lo so come faremo.
Se lo faremo.
Se aspetteremo la seconda vita, come il Gabbiano e il Delfino che poi diventano una Stella marina e uno Scoglio.
Oppure se semplicemente aspetteremo che almeno uno dei due si metta a posto questa psiche a brandelli.
Oppure non aspetteremo e basta, io rimarrò con i miei progetti e lui con la sua solitudine sociale, ognuno per sé, mancandoci sempre meno fino a non mancarci più.
Fino adesso non è mai successo che prendessimo una decisione definitiva, perché non è facile capire se stiamo scommettendo a nostro favore o contro di noi.
Stakanov mi manca, mi manca infinitamente e continuamente, con tutta la sua distanza da delfino.
Ma sempre di più mi chiedo fino a quando penderà a favore una bilancia che da una parte regge tutte le meraviglie che Stakanov porta con sé, ma dall’altra sopporta un malessere e un’insicurezza che in questo momento più che mai sembrano infinitamente pesanti.

domenica, marzo 22, 2009



Ho vissuto più di tre anni con mia moglie.
Non ci sarei riuscita con nessun altro: negli ultimi tre anni avrei triturato la psiche di ogni maschio che avesse azzardato una convivenza. Ma con mia moglie ha funzionato ed è stata una convivenza impeccabile.
Fa tanto che sono capitate intere settimane in cui non ci siamo mai viste, pur dormendo sotto lo stesso tetto. sapevamo che non eravamo rimaste vedove solo per le reciproche tracce di presenza, piatti sporchi, bigliettini di saluto sul tavolo, vestiti stesi.
C'è stato anche un periodo dove ci vedevamo molto di più, quando avevamo una compagnia teatrale in comune, poi io non ce l'ho più fatta e ognuna ha seguito la sua vita, mantenendo però una copia delle chiavi che aprono la stessa porta.
Mi ricordo una volta sola, che abbiamo litigato, ed è quando le ho cambiato il piumone del letto senza dirglielo perchè il mio era piccolo e in due sotto non ci stavamo.
Credo fosse la prima notte che Stakanov dormiva da me. Ma non sono sicura, forse era un uomo prima.
Comunque, quella volta, mia moglie quasi mi uccide.
Del resto io quasi la uccido quando non si è presentata per il trasloco e il materasso glielo abbiamo portato noi, su per vico dolcezza ad agosto.
Uno a uno, palla al centro.

Abbiamo convissuto in via glutei sodi e poi in vico dolcezza, aggiungendo alla nostra convivenza i suoi ed i miei uomini di passaggio, gli scrocchinquilini del festival della scienza, moltissimi amici sul divano, un paio di fidanzati un po' più seri, una marea di aneddoti in condivisione, uno spettacolo teatrale, una scenografia, i mobili dell'ikea pezzo per pezzo. 
Se ripenso alla Seppia, che è stata la mia prima coinquilina, o alla donna che si faceva frustare a pagamento, in erasmus, penso che mia moglie sia stata la cosa migliore che potesse capitarmi per dividere un affitto. 

Poi, nel pieno delle piogge di questo autunno, lei e il suo ultimo fidanzato decidono di andare a vivere insieme.
Si decide per un trasloco incrociato: la ragazza fuori moda lascerà la sua casa alla coppia e si trasferirà nella stanza di mia moglie.
Si decide per la data del trasloco, e la data è ieri.
Giovedi mia moglie attende il suo uomo in trasferta per iniziare a fare le scatole.
Giovedi lui sparisce. 

Così adesso le cose di mia moglie sono ancora tutte lì, insieme a quelle della ragazza fuori moda che invece sono già arrivate.
Ma soprattutto è lì mia moglie, costretta ad andare via da casa entro la fine della settimana, da sola perdipiù, perchè ormai era tardi per fermare tutto.
Non c'è tristezza che tenga per un padrone di casa. 

Di tutti i modi in cui mi sarebbe piaciuto concludere una convivenza di tre anni, essere la comparsa del Premio della Giuria "Gran figlio di puttana 2009" non era quello che desideravo.
E con tutto quello che questa storia mi smuove, tra l'altro, perchè le similitudini con un uomo che in Svezia alla fine decise di andarci da solo ci sono tutte.
Fatte le dovute proporzioni, spiegazioni, perdoni e comprensioni a posteriori.
Però mi smuove e mi fa stare male.
Per lei, ovviamente, ma anche per me, che trovo conferme dappertutto dei rischi che si corrono a dare fiducia.

Così adesso devo respirare profondo, rimboccarmi le maniche e ricostruire da zero vico dolcezza con la ragazza fuori moda, rendendo il più soffice possibile la partenza di mia moglie.
Ho voglia di progettare e di fare cambiamenti, ma c'è un pezzettino di me che vorrebbe lasciare tutto e trovare una casetta in solitudine, senza malesseri altrui che rimangono a galleggiare nell'aria.
Un pezzettino di me che verrà seppellito dalla voglia di condividere le cose con la ragazza fuori moda, ma che è lì che urla che nella solitudine, almeno, si è sicuri di non sbattere la faccia contro il muro. 

giovedì, marzo 19, 2009



Sono appena stata felicemente promossa a Nerd dell'ufficio più bello del mondo.
Il sito è mio e lo gestisco io.
Ci posso mettere dentro le fotine, le notizie, le cose carine che facciamo.
...i piani per conquistare il mondo.
Ah, ci vuole così poco a rendermi felice.

mercoledì, marzo 18, 2009


Ho dormito.
Tantissimo, ho dormito. Quasi dieci ore.
Sono un'altra donna.
Ma giusto per non lasciarmi l'illusione di benessere per più di un quarto d'ora, stamattina ho dovuto subire il più vile degli attacchi al mio orologio biologico.
Tic tac tic tac, l'orologio biologico che ticchetta nella pancia del coccodrillo.

Ero in manifestazione.
Finisce la manifestazione.
Entro in un bar.
Lo so bene che quello è il bar della mia compagna delle elementari, quella lì, proprio quella, che era brava in tutte le cose, che i maschi la sceglievano per stare nella squadra e io in porta, o peggio, io in difesa.
Lo so bene, ma per dio, sono una donna adulta, sarò mica ancora lì a recriminare, no?

Entro.
Lei è dietro il bancone.
Nessie, come stai?!
Bene bene. Tu?
Benissimo.
Esce da dietro il bancone.
Prima di lei esce la sua pancia incinta di otto mesi.

Credo che non ci sarebbe potuto essere un momento peggiore di questo per trovarmi davanti alla pancia incinta di una mia compagna di classe.
La sveglia biologica nella pancia del coccodrillo ha iniziato a suonare impazzita.

Perchè io ci sto lavorando su, a questa cosa di essere innamorata persa di un uomo che reagisce al fidanzamento come io reagisco davanti ai topi.
E ci sta lavorando su anche lui, che adesso prende il primo degli otto appuntamenti con lo psicologo del consultorio.
La comune-ty: storie d'amore e psicanalisi.

Ci sto lavorando su, scoprendo dentro di me una pazienza che non credevo di poter avere, scommettendo sul futuro davanti ad un presente incerto come le vecchiette che puntano al raddoppio su un unico numero della ruota di Bari.
E lo sto facendo perchè sono riuscita a convincermi, un po' almeno, che non è tardi, che le cose non devono sempre succedere tutte e subito, che non è che rischio di morire domani, che non devo proprio fare tutto entro il 2010.
Ma guardate che non è facile, eh, che io il giorno del mio venticinquesimo compleanno ho pianto praticamente 24 ore sul molo, davanti a quello che mi sembrava il fallimento della mia vita.
Adesso ne sono passati altri due e non penso più di avere fallito miseramente, di non avere tempo, di essere il coniglio bianco di Alice.
Però è difficile.
Sopire l'istinto materno e la paura del tempo che scorre tra le dita.
Soprattutto è difficile se si è innamorate di un uomo lontano ed autoreferenziale.

Non ci voleva, quella pancia tonda, oggi.
Anche se poi ho scoperto che dentro c'era un maschio, meno male, se fosse stata una femmina la crisi sarebbe stata ingestibile.
E già sento la voce delle amiche che per consolarmi mi dicono Si vede che un maschio se lo meritava, o qualcosa del genere.
Però scommettere al raddoppio, pensare che andrà tutto bene, riporre la fiducia nella psicanalisi e nei grandi piccoli passi che Stakanov ha fatto nell'ultimo anno, sono cose che necessitano sostegno e conferme: serve guardarsi intorno e vedere che anche gli altri aspettano, pazientano, costruiscono pezzettino per pezzettino, e arrivano alla maternità con trent'anni di vita alle spalle.
Mi serve sostegno perchè io adesso lo so che ho passato la vita a cercare un padre per i miei figli invece che un uomo per me, e così ho trovato solo uomini di merda.
E lo so che sono innamorata di Stakanov proprio perchè non è il momento di pensare al padre dei miei figli ma ad un uomo per me e, come uomo per me, Stakanov è la cosa più bella che potessi trovare.

Ma una pancia dietro il bancone, inevitabilmente, mi fa precipitare di nuovo nell'ansia, nella perenne sensazione del ritardo.
Follow the white rabbit!
Mi fa immaginare lontana chilometri dal momento della mia stabilità, oltre che da quello della mia maternità.
Mi fa sentire che esce sempre un altro numero, e che io restol lì, in difesa.
POST IN DIFFERITA



In questo post stanco del martedi sera, dopo una giornata stanca, dopo un lunedì stanchissimo, vorrei parlare di due cose, e non so come metterle in relazione.

La prima è che ho visto un film meraviglioso al cinema, uno di quei film che rimarresti dentro a riguardartelo tutto di nuovo, un film che è così bello e così di classe che adesso me lo ricordo in bianco e nero, un film che clint eastwood può chiamare un film Gran Torino e renderlo comunque un capolavoro cinematografico ed educativo. Vorrei parlarvi del perché Gran Torino sia un capolavoro educativo.

La seconda è che è tornato Stakanov, a modo suo. No, non è questa la notizia. La notizia è che io sono tornata, e lui non è scappato. Week end meravigliosi a boscolandia, mi manchi ma quanto mi manchi ti penso ma quanto ti penso. Futuro incerto, vita intensa e felicità a momenti. Vorrei parlarvene, tanto per capirci qualcosa io, magari.

Ma mi si chiudono gli occhi. E sono le 21.26
Ho mangiato un rosti unto e un succo di frutta melacarotalimone e non lo so perché l’ho fatto. Forse per punirmi. Comunque mi si chiudono gli occhi. Ma se vado a dormire ora il rosti unto, la mela, la carota e il limone mi tireranno i piedi tutta notte. Non posso farlo. Devo resistere, ma il computer ha selezionato Simon & Garfunkel e non mi aiuta per niente.
Chiudo gli occhi.

Capossela, li riapro, ma mi sono dimenticata tutto quello che volevo dire.
Una mia ragazzina oggi mi ha parlato di sua nipote di undici mesi picchiata dal padre.
La mia meravigliosa capa, allora, mi ha detto Ok, ti mandiamo in supervisione, eh.
Una supervisione è una cosa che vai dallo psicologo e per un’ora gli racconti quanto stai male a consolare gli altri. E’una cosa meravigliosa, la supervisione. Io, anni fa, andavo in supervisione da un’analista che sembrava Sigmund Freud. Ed era una donna.

Sono di nuovo catatonica: di là suona la colonna sonora di quel film di kubrick che non finisce più e c’è la gente con la spada.
Dura tantissimo anche la canzone.

Il rosti è un cibo svizzero di patate unte, comunque. Nel caso siano venti righe che ve lo chiedete. Il succo mela carota e limone lo fa solo la coop.
Non ce la faccio.
Ho bisogno del letto.
I Tetes de bois hanno sferrato l’attacco definitivo alla mia veglia.
Faccio una sintesi.
Sintesi: sono di nuovo innamorata persa. E Gran Torino è un film meraviglioso che parla del potere educativo della cassetta degli attrezzi, degli involtini primavera e delle macchine d’epoca.

martedì, marzo 17, 2009



Vorrei tanto scrivere, oggi.
Sono nel pieno di una delle solite sindromi da blog, quando faccio le cose e già penso a come scriverle.
Ma non ce la faccio, non ce la faccio per niente, che l’ufficio più bello del mondo oggi sembra la ritirata sul Piave.
E io mi sento il generalcadorna.

Però posso copiarvi questo status geniale che ho letto su facciabuco e che rende perfettamente l’idea di cosa sia vivere a Genova, e ascoltarne le chiacchiere sugli autobus.
E che mi piace particolarmente adesso, che per tutto il week end sono stata immersa nella poetica vita di boscolandia, seppur in trasferta.

“ belin tè visto che sô che gè? A l'è propriu 'nna bella giornâ!"
“Scí... Ma doman l'han ditu che ciêuve!”

giovedì, marzo 12, 2009

E' UNA STRADA IN SALITA, COMPAGNI



Con giorni di ritardo abbocco all'amo della Strega Nocciola.
Parlo di politica.
Vorrei dirvi di Top Girl che ha pubblicato l'articolo Quanto sono trendy in militanti di forzanuova.
Ma ho appena parlato con uno Stakanov infuriato sull'argomento e so che il post lo farà lui.
Allora vi parlo della situazione di merda che vedo qui intorno.


Perchè il lavoro più bello del mondo, qui, è un piede nella politica cittadina e l'altro no.
Noi siamo del gruppo che no.
Però quello che succede lo vediamo.

E la realtà è che la sinistra - pd compreso e in testa, qualsiasi cosa esso sia - in questo momento, è sul lettino dell'analista. No, anzi, la sinistra è andata due o tre volte dall'analista, ha capito di non averne la costanza e si è data agli psicofarmaci.
Sbagliando le dosi, per altro.


Signori, siamo nella merda proprio.
Non esiste un punto di riferimento, non esiste un partito, neanche un partito di centro come di fatto è il pd.
Si stanno uccidendo con le lotte intestine, non dite che non ve l'ho detto, il giorno che crollerà la giunta.
E l'unica vera verità è che siamo in questa situazione perchè manca un progetto, manca una mèta, manca qualcosa da proporre al popolo bambino.
Perchè Celestini ha ragione quando dice che il PCI ha venduto il sogno della rivoluzione al popolo bambino per quarant'anni.
Ma è vero pure che anche il partito è un bambino, che nella rivoluzione ci credeva anche lui.
Adesso che non c'è più niente, proprio come i bambini quando si annoiano, non fanno altro che litigare.
E mentre loro, dentro, litigano, fuori aprono le centrali nucleari, costruiscono palazzine nei boschi, legalizzano la caccia indiscriminata e rendono trendy i militanti di forzanuova.


Sono pessimista.
Ma quando parlo con Stakanov al telefono scopro che si può essere più pessimisti di me, basta vivere a Varese.
Allora provo a raccontarvi cosa cerco di fare per conservare un po' di ottimismo.


Io faccio il lavoro più bello del mondo con il preciso scopo di salvare e supportare quelle reti sociali che, da sempre, sono state la speranza del futuro, anche nei momenti di merda, anche nel 1935.
Che sempre tutti si ricordano della fatica dell'inverno del '43, ma il '35 per gli antifascisti è stato peggio, immersi nel consenso dell'Impero.
E' in momenti come quello, come questo, che pensi che non ci siano speranze: almeno, nel 1943, c'era il CLN.

Nel 1935, però, c'erano le reti sociali.
C'erano le società di mutuo soccorso.
C'erano le cooperative, che ufficialmente erano del fascio, ma poi dentro ci capitavano tutti quelli come noi.
C'era l'Unità clandestina.
E, in extremis, c'era la Francia.
Tutto intorno, tutto intorno era consenso, libro e moschetto, ma sopravvivevano delle piccole oasi di antifascismo.

E' lavorando su tutto questo, nei discorsi in fabbrica, nei gruppi universitari, nei campi, che poi sono arrivate le brigate della guerra di spagna.
Ed è lì che siamo tornati a vincere, pur perdendo.
E' così che si fa, si lavora alla base, quando il vertice è fottuto.


Così, anche nei nostri blog, in questo momento, è successo questo.
Niente più grandi discorsi, niente megaprogetti da vertice, perchè il vertice non c'è.
Discorsi piccoli, piccole lotte quotidiane, piccole vittorie.
Ma soprattutto il mantenimento della rete, la nostra.
Io credo che se fuori ci è scappato via tutto di mano, dobbiamo stare attenti a non perdere nessuno dentro alle nostre oasi.
Come la carica dei 101 quando Pongo e Peggy contano tutti, e contrallano che neanche uno dei cagnolini si sia perso nella bufera di neve.
Serrare i cordoni intorno alle nostre reti: neanche uno deve perdersi nella bufera del fascismo di ritorno.


Siamo 101 su 60 milioni, forse.
Non possiamo permetterci di perdere nessuno.

martedì, marzo 10, 2009



Noi, nel tunnel del ripensamento, sono un paio di giorni che giochiamo ad inventarci i titoli.
Perchè, dice lui, l'importanza dei buoni libri passa anche da titoli epici.
In realtà, rilancio io, a volte hai titoli epici senza buoni libri.
E vale anche per i film.

Il senso di smilla per la neve.
E morì con un falafell in mano. 
La solitudine dei numeri primi.

Oppure, hai ottimi libri con pessimi titoli.
Guerra e pace.
La storia.
Piccole donne crescono.

Le librerie sono piene di meravigliosi titoli sacrificati alla mediocrità letteraria e di pessimi titoli ad incorniciare capolavori.
Allora, così, è un periodo che giochiamo ad inventarci titoli senza che dietro ci sia nulla, semplicemente perchè suonano bene. 
Lui ha inventato una meravigliosa trilogia, che ora non ricordo, ma era bellissima.
Io ho azzardato un "Parlare dell'alba per non vedere la notte", un po' malinconico ma molto niu eig.

Ma oggi, a metà del gioco, sono andata in un circolo di periferia, a parlare con una donna che pareva uscita da un film di almodovar.
Una donna adorabile, ma ingombrante, che non sarebbe bastato un titolo della wertmuller a descriverla. 
Allora oggi ho gareggiato con un incipit.
"La donna del circolo come sempre mi aveva abbracciata, inondandomi con rivoli di passione politica e profumo dozzinale. Entrambi restavano attaccati ai capelli, avvolgendomi per tutta la giornata in un pungente alone di anacronismo a poco prezzo". 
AD OGNUNO IL SUO PINELLI..
Vile assassinio in vico dolcezza...

lunedì, marzo 09, 2009

(Nell'immagine: Banchetto di Erode di Filippo Lippi)

Ci sono tre cose che ogni volta dico Smetto e poi invece sempre ci ricasco dentro, il tunnel.
In rigoroso ordine di importanza, dalla meno grave alla più grave, sono:
Mangiarmi le unghie
Tornare insieme con gli ex fidanzati
Fare l’animatrice alle feste di compleanno.

Sabato pomeriggio, adesso che ci penso, ero in tutti e tre i tunnel contemporaneamente.
Comunque.
Sabato pomeriggio mi sono travestita e sono andata, sorridente e con la morte nel cuore, ad animare una festa di compleanno per due bambini, 6 e 9 anni.
Adesso, chi mi conosce lo sa che io ho il cervello nell’utero.
Che ho sviluppato l’istinto materno prima di saper andare in bicicletta.
Che vedo i bambini a chilometri di distanza, che li fiuto come le streghe ma al contrario, che nella vita precedente ero Maria Montessori.
Tutti lo sanno che a me i bambini piacciono, piacciono di più della torta sacher, persino più della pasta di mandorle presa a ditate dal frigo.

Ma sabato pomeriggio.
Io, sabato pomeriggio, c’è stato un momento che ho pensato Speriamo venga giù il soffitto della sala, mi salvo solo io e tutti gli altri muoiono.
Io e la bambina adorabile di quattro anni che è venuta a farsi fare le coccole al momento della torta e mi ha detto Io non la mangio la torta, io sono una da pizza.
Io e lei, salve.
Gli altri, morti.

(Mentre scrivo penso: C’è qualche possibilità che la mamma dei bambini arrivi a questo blog? Allora penso anche che cambio qualche dato. Adesso torno su e cambio i particolari che mi permetteranno di salvarmi dall’ennesima figura di merda della mia vita).
Ho cambiato i dati.
Adesso si che sono irriconoscibile, se la mamma dei bambini arriva a questo blog.

Io lo scrivo qui e ora, che l’animatrice alle feste di compleanno non la faccio mai più.
Neanche se con i soldini che mi hanno dato ci ho comprato un paio di scarpe, ho cenato al cinese e ho comprato uno zaino da decatlon e anche un clacson per la bici con la faccia del Marsupilami che ieri notte mi ha salvata da un topo enorme e ferocissimo.
Mai più.
Perché non è tanto per la fatica di cinquanta bambini e relativi genitori urlanti in un luogo chiuso, non è tanto per il mal di testa, non è perché vorrei fare la pedagogista e invece faccio l’animatrice.
E’ perché le feste di compleanno per i bambini sono diventate degli addii al celibato.

Primo, il concetto è: Tutto è permesso, è una festa di compleanno. Quindi i bambini fanno il cazzo che pare a loro, si picchiano, urlano, salatano, corrono, buttano in giro il cibo, fanno i capricci. Il tutto sotto lo sguardo benevolo dei genitori.
Secondo, se questa è l’idea della festa, va bene, cazzi vostri e della società, ma allora perché pagare 100€ per un’animazione?
Perché a quel punto, Terzo, l’animazione non la segue nessuno. Cioè, qualcuno la segue, nel casino totale, senza riuscire a sentire le spiegazioni, senza avere lo spazio fisico per giocare, e quindi la possibilità di divertirsi.
Quarto, perché ho visto anche degli zingari felici, ma vedere bambini tristi, annoiati e scontenti ad una festa di compleanno mi fa venire l’orticaria.
Quinto perché trovo che una pila di regali alta più di un metro e mezzo sia vergognosa.
Sesto e ultimo perché tutti i genitori, tutti, hanno portato via i bambini senza mandarli a dirmi Grazie, Ciao, A presto. Andati via così, come fosse tutto dovuto.

Allora in tutto questo, io qui prometto e giuro che piuttosto di un’altra festa di compleanno vendo un rene.
Ma soprattutto vi dico qual è l’unica cosa che mi rende felice.
Quello che mi rende felice e gioiosa è che tutti, tutti i genitori presenti, vedranno presto i loro figli viziati diventare adolescenti.
E in quel preciso, lunghissimo istante, la sconteranno tutta.

venerdì, marzo 06, 2009



Le storie d'amore nel mondo degli educatori...


"...E quindi, come va con l'uomo?"

"Eh, non stiamo più insieme..."

"Ma lui vive ancora da te?"

"Eh, si, dove va', che non ha nemmeno il permesso di soggiorno, per ora..."

"E quindi, come fate?"

"Mah, ho chiamato in distretto. Forse tra un paio di mesi riusciamo a separarci davvero. Appena l'assistente sociale ci dà l'ok...."

mercoledì, marzo 04, 2009

UN BUON NON-WEEK END, A CHI? A TE! A ME?

E mentre tutt'intorno, in tutto il mondo era mercoledi, a Boscolandia era il week end soffice che aspettavamo da tempo.

martedì, marzo 03, 2009



Tanto per restare in tema, oggi ho spedito il mio Testamento Biologico all'associazione A buon Diritto.
L'ho trovato nell'ultima pagina del Manifesto della settimana scorsa.
Non credo che abbia alcun valore legale, ma non si sa mai, metti che un mattino questo paese si sveglia e si accorge di essere una democrazia...

Se mai vi venisse in mente di compilarlo anche voi, sappiate che fa un po' impressione, ve lo dico subito.
Perchè non è come l'innocuo tesserino della donazione degli organi SI NO che era facile e non si entrava nel dettaglio.
Qui devi barrare delle caselle tipo In caso di coma irreversibile non voglio essere alimentata artificialmente, idratata, sottoposta a dialisi, a operazioni d'urgenza.
Insomma, sono cose che uno se le immagina pure e non è facile barrare tutta una serie di caselle in cui di fatto si dice:
Ti va bene se ti lasciamo morire?
SI
Sicura?
SI
Anche in un modo brutto?
SI
Anche in un modo orribile?
SI

Insomma, fa impressione.
Però io ho barrato tutte le caselle tutte e ho anche nominato la persona che prenderà queste decisioni al posto mio.
Ho nominato mio fratello Paolino.

Intanto perchè non è mio fratello vero, comunque, e questo aiuta. Magari un goccio in meno di sensi di colpa, poi.
E anche perchè è un fottutissimo cinico sadico, che anche io lo sono, ma come lui nessuno.
Non dico che si divertirebbe, ma insomma.
In ultimo perchè mio fratello Paolino è alto magro, fotogenico e intelligente.
E visto che ultimamente ogni volta che qualcuno fa un'azione semplice semplice democratica democratica, tutte le televisioni gli si avventano contro perchè fa notizia, io vorrei che se sul mio corpo si combattesse una battaglia, vorrei che a farne il portavoce fosse mio fratello Paolino.

Che anche se adesso sta a Pavia, sempre che mio fratello Paolino rimane il miglior divulgatore scientifico del mondo, e se BrunoVespa lo ospita sui suoi divanetti, sono tutti cazzi suoi.

domenica, marzo 01, 2009

Domenica, piove e buio.
Mi sono presa una serata tutta per me davanti al computer, a fare tutto quello che mi si accumula: le mail, il blog, gli amici lontani.
Anche quelli vicini, a dir la verità.
Avevo bisogno di una serata di contatto col virtuale, dopo un week end governato dalla mia attività onirica.
Ho fatto un sogno venerdi notte e ci ho lavorato su per quarantotto ore. Neanche fossi Martin Luther King.
Il sogno, poi, in realtà era un orribile incubo fatto di gente che voleva uccidermi, razzi spaziali incendiari, meteoriti, Natalie Portman e le immancabili porte che si aprono su un lungo corridoio buio.
Raccontato così sembra il sogno ormonale di un adolescente maschio.
Invece è stato bruttissimo, tutto un incubo governato dalla paura di non riuscire a stare a galla, di affogare nel casino, di essere da sola, la chiave di volta su cui reggono le sorti del mondo, la tartaruga del Mondo Disco.
Il bisogno di avere un aiuto, un Atlante qualsiasi a cui lasciare il peso della terra per qualche minuto di relax. E sentire nel profondo che Atlante scappa senza neanche voltarsi indietro.
Il bisogno di sentirsi le spalle coperte.

Su questa storia delle spalle coperte mi è venuta in mente una cosa che devo avere letto o in Tex Willer o in Lucky Luke.
La storia del marito di Poker Alice che si sedeva sempre con le spalle contro il muro, nei Saloon, per controllare che nessuno gli sparasse alle spalle.
Poi una volta è stato costretto a cambiare posto e gli hanno sparano alle spalle.
Avevo pensato di raccontarvela come fiaba del come si sente la nessie in questo periodo.

Però non ero sicura che la storia fosse proprio così, allora sono andata a cercare su Farwest.it che è un sito geniale, ho scoperto, sembra scritto da Dinamite Bla in persona.
Ci sono frasi come "era infatti maledettamente abile con le carte da gioco..." e "aveva sempre a portata di mano una calibro 38 ben carica..."

La mia storia però, sul sito, non c'è.
C'è tutta una lunga biografia di Poker Alice, che era una rampolla della middle class britannica che invece del the si è appassionata al poker e ai saloon.
Ma sembra che Poker Alice abbia avuto tre mariti, uno morto di polmonite e l'altro tipo anche. Il terzo non si sa, ma se fosse quella storia geniale e metaforica delle spalle contro il muro, sono sicura che il curatore di farwest.it non se la sarebbe lasciata scappare.
Quindi a questo punto, o sbaglio io, o sbaglia Tex Willer o sbaglia Lucky Luke.
Però guardate cosa ho trovato: una foto di Poker Alice da vecchia.
E' o non è una vecchina adorabile?
Peste, è così che voglio diventare!