venerdì, febbraio 26, 2010




Ho finito i coupon di abbonamento al Manifesto.
Mi rimangono solo due striminziti bigliettini azzurri per i prossimi due sabati, Manifesto + Alias, e poi basta.
Quest'anno non ce la faccio.
L'abbonamento annuale costa poco meno di metà del mio stipendio.
Per tre anni ho investito i risparmi, ma questa volta c'è il trasloco, l'aumento dell'affitto, l'aumento della pissipissibaucologa.
Per la prima volta in tre anni non ce la faccio.
Però, insomma, le solite cose: il diritto all'informazione libera, il sostegno alla redazione, la bellezza di passare dall'edicola ogni mattina, vauro, i titoli in prima pagina, robecchi, la norma rangeri, i fondi di polo, le monde diplomatique in italiano, la barba al palo.
Non ce la faccio, ma non ce la posso neanche fare a smettere.
Allora lancio un appello. Prima qui e poi direttamente con una lettera al Manif.
Io l'abbonamento annuale non ce la faccio, che sono 330 euro tutti insieme.
Però mezzo si. 165 euro ce li ho.
Quindi, visto che l'abbonamento semestrale non esiste, lo scrivo qui che:
CERCO LETTORE APPASSIONATO
MA COLPITO DALLA CRISI.
OFFRO META' COUPON
PER UN 2010 DI ANTICORPI INFORMATIVI.



Se mi rispondete, fino a settembre ce la sfanghiamo.
E poi chissà.
O'miracolo.
A'rivoluzione.
O'aumento di stipendio.
Chissà.
A settembre ci ripensiamo.
Adda passà 'a nuttata.

mercoledì, febbraio 24, 2010

Perchè gli ebrei suonano il violino e non il pianoforte?
Hai mai provato a scappare con un pianoforte in spalla?

Di nuovo cambio casa, e di nuovo cambiano le cose.
Trasloco numero quattordici, in ventotto anni.
C'è un bilocale che mi aspetta e una nuova coinquilina per la Ragazza Fuori Moda pronta a subentrare in vico dolcezza.
Ho quindici giorni per fare le scatole, le valigie e il trasloco.
Sarete come sempre i miei amici carini, che si terranno liberi, sabato 13 marzo, per le mie solite scatole, i miei soliti libri, le mie solite valigie di vestiti, il mio violino metaforico? Il mio nomadismo può contare, come al solito, su di voi?

Sono contenta come se la casa me l'avessero regalata.
Invece è una scelta importante, è una scelta che mi costa, tra affitto e bollette, la metà esatta del mio stipendio.
Però è una casa tutta per me.
Per me e il gatto signor siberia, ovviamente.
Niente più mutande altrui sullo stendino, niente più Sei in casa? Niente più chiavi che girano nella porta quando avresti solo voglia di silenzio, di pensieri e di gestione del tuo casino. Niente più scarpe numero 39 vicino alle mie, turni delle pulizie, niente più Ma la spesa non dovevi farla tu? niente Scusa, dove sei? Sono uscita senza chiavi.

Sarà la Quattordicesima Casa, ma sarà comunque provvisoria, perchè continuo a cercarne una da comprare, inevitabilmente la numero Quindici.

Chi non ama i traslochi non può capire l'adrenalina nomade che mi si scatena nella pancia all'idea del cambiamento.
Mi avessero detto che dovevo andarmene domani e fare tutte le scatole in una notte, non mi sarebbe dispiaciuto per niente.
Perchè c'è che cambiare casa come cambiare umore è un post it per la memoria: le fasi della mia vita sono scandite dalle case che ho cambiato perchè il setting, come diciamo noi operatori didattici quando vogliamo fare i fighi, è importante.
Un setting dev'essere accogliente ma anche coerente. Vico dolcezza è stato un setting coerente con me per un paio d'anni. Poi ha smesso di esserlo.

Questa Casa numero Quattordici, invece, è coerente con la Nessie numero ventotto.

Di questa Casa numero Quattordici:
La prima cosa che mi viene in mente è che non dovrò più fare salite.
La seconda è che sono pericolosamente vicina al locale delle birre delle coccole e dei panini unti.
La terza è che ho un soppalco bellissimo.
La quarta è Speriamo che il Signor Siberia non impazzisca per la mancanza di spazio esterno.
La quinta è che non dovrò più portarmi la spesa per chilometri arrivando a casa con le mani che tremano.
La sesta è Dove metto la bicibellula?
La settima è C'è qualcuno che mi offre un secondo lavoro?
L'ottava è Quali libri mi porto, e quali lascio in attesa della casa numero Quindici?
La nona è Quante volte sbaglierò strada, le prime due settimane?
La decima è Tornare dal Circolo Luogo dell'Anima in bici, in dieci secondi netti.
L'undicesima è la vicinanza con il Molo in Primavera.
La dodicesima è Cosa appendo ai muri
La tredicesima è che le soluzioni provvisorie sono le mie preferite.
Ma, soprattutto, la quattordicesima è questa meravigliosa sensazione di assoluta indipendenza.

lunedì, febbraio 22, 2010



Sto uscendo con due uomini.
In modi e in termini diversi, ma abbastanza da poter osare un confronto.

Uno è l'Uomo Ideale.
E' bello. E' molto bello.
E' ricco di famiglia.
E' un vero intellettuale di sinistra.
E' l'uomo che si potrebbe presentare ad una nonna e garantirsi la sua approvazione imperitura.
E' gentile.
E' interessante.
Ve l'ho già detto che è bello?
Ha prospettive di carriera.
E saprebbe ripararmi un computer così come una grondaia.
E io, con lui, mi annoio.
Mi annoio a morte.
Esco con lui e non so cosa dirgli.
Lo ascolto parlare ed è come essere ad un collegio docenti.
Non c'è modo di fare una battuta perchè è di quegli uomini che ti fanno sentire inadeguata a ridere.
Di quegli uomini che ti guardono e sembrano dirti Cazzo ridi, in questo mondo di merda?
E' un uomo che non avrei il coraggio di dirgli che mi piace saltellare per casa cantando Gennaro Cosmo Parlato o la Mannoia o un vecchio Guccini o Victor Jara, perchè è un uomo da Coltrane e Bjork.
E chi glielo dice che Fitzcarraldo mi ha fatto schifo? Che lascio salire il gatto sul tavolo? Che devo lavare i piatti da sabato?

Invece l'altro.
L'altro non sarebbe piaciuto a mia nonna.
Ma, del resto, chi sarebbe piaciuto a mia nonna?
L'altro è tutto un non. Non è bello, non è ricco, neanche di famiglia, non è un uomo da debutto in società, decisamente. Non è un uomo che mi viene di pensare da passarci la vita.
Ma mi fa ridere.
E sa come si parla ad una donna.
E mi fa le sorprese, mi porta al cinema come se fosse la cosa più desiderabile del mondo, e mi asciuga le lacrime.
Mi cucina una cena di antipastoprimosecondo squisitamente senza carboidrati. E' un uomo che sa come accarezzare la mia dieta.
Mi compra il pesce per il gatto.
Mi canta le ninnananne con la sua voce incredibile.
Mi parla in tre lingue.
Mi ripete continuamente quanto io sia incredibilmente bella.
Ogni tanto se ne va via, quando è a un passo dall'invasione dei miei spazi.
Mi chiama Biancanessie. E a volte Amore, ma con la leggerezza di un intercalare.
E poi ha scoperto che a Maggio non costa niente portarmi in un posto del mondo dove non sono mai stata.
Allora ha preso ferie. E mi ha detto di pensarci quanto voglio, a questa ipotesi di viaggio. Che lui, però, intanto faceva in modo di esserci, se alla fine io avrò voglia di partire.

Io, non so, sarà che sto emergendo dall'apnea Omm della Tempesta.
Che non mi potevo mai aspettare niente.
Che per vederci ci voleva l'agenzia di viaggio.
Che mi sentivo in colpa a chiedergli di esserci.
Che qualsiasi cosa potesse essere vagamente lungimirante era spaventoso per lui come per me una pantegana nel bagno. Che dopo tre anni di storia se avessi provato a proporgli, a febbraio, un viaggio a maggio gli sarebbe venuta una sincope.
Che non faceva che ripetermi che comunque, magari, lui poteva anche scegliere di partire, mica era sicuro che fosse ancora qui, domani.
Che siamo arrivarci a chiamarci amore con la lentezza e la pesantezza di un libro di Moccia.

Io in questo momento mi sento coccolata, mi sento desiderata e divertita da un uomo improbabile.
Per quelle cose della vita che ogni tanto si riarrotolano su sè stesse.
Io, dell'omm della tempesta, sono stata perdutamente innamorata e mai felice.
Adesso non sono innamorata, ma sono felice.
E penso che sia esattamente quello che mi ci vuole.
Mi sento come quando ti invitano a ballare il liscio alla festa dell'unità, che non sai dove guardare dalla vergogna ma in fondo ti diverti da morire. E poi ti fanno fare anche il caschè e ti manca il fiato e inizi a ridere come una scema, sulla pista del liscio.

E le evidenti differenze con l'Uomo Perfetto non fanno che rinforzare la mia tesi che la borghesia e il suo modello hanno capito ben poco della felicità.

venerdì, febbraio 19, 2010


Mentre tu sull'amor di Petacci
t'affannavi a dar fiato alle trombe
sull'Italia cadevan le bombe
e Vittorio calava i calzon.

I calzoni li hai calati
anche tu nello stesso momento
ti credevi di fare un portento
ed invece facevi pietà.

Ti ricordi la fuga ingloriosa
con il re verso terre sicure
siete proprio due sporche figure
meritate la fucilazion.

Noi crepiamo sui monti d'Italia
mentre voi ve ne state tranquilli
ma non crederci tanto imbecilli
da lasciarci di nuovo fregar.

giovedì, febbraio 18, 2010


Se volete aumentare il vostro grado di pessimismo
provate a passare un freddo pomeriggio a raccogliere le firme
per una lista elettorale di sinistra.

mercoledì, febbraio 17, 2010






La combinazione raffreddore devastante, linea adsl e prima serata del festival di sanremo mi ha fregata.
Ho provato a resistere: alle 8 di sera mi sono cucinata il minestrone e me lo sono mangiata guardando Il vizietto, con il naso colante e tutto il pavimento coperto da moccichini schifiltosi.
Sanremo mi ero dimenticata anche che ci fosse.
Ma Il vizietto è finito, io non avevo sonno, la casa era silenziosa e i miei amici su facciabuco non facevano che commentare il festival.
Come resistere?
Ho ceduto a rai.it

Una volta di più, voglio emigrare.
Perchè vedere, nella stessa serata, l'inno all'ignoranza di Cassano, la canzone di Emanuele Filiberto di Savoia e quella di Povia contro Peppino Englaro, non lo so, non ho lo stomaco.
Non ci sono abituata.
Biancanessie, come mi chiama qualcuno in questo periodo.
Io credo che per resistere ad un tale schifo, uno debba prepararsi il terreno giorno per giorno.
Io invece leggo il Manifesto.
E la gioia di vedere la giuria demoscopica dimostrarsi più a sinistra del governo prodi, e cacciare via il principino e il suo insulto alla democrazia, non è una gioia tale da coprire il disgusto.

Ero davanti al computer che annaspavo, mentre Pupo (pupooooo) ed Emanuele Filiberto si divertivano a rovesciare la storia sul palco dell'Ariston, e come sempre in questi casi, mi è apparso lo sguardo sconcertato del mio Partigiano di Riferimento che mi dice Vede, Vanessa, ci sono cose che se uno non ha visto morire i suoi compagni sui monti, non lo capisce il dolore che si prova...

Io vorrei scrivervelo, il testo della canzone di Emanuele Filiberto.
Emanuele Filiberto di Savoia.
Perchè dire solo Emanuele Filiberto è come dire Pupo, i Pooh, i Nomadi.
Troppo facile.
Emanuele Filiberto di Savoia.
Vorrei scrivervelo, il testo, perchè diventerà il nuovo inno di forza nuova, ad esempio.
E dobbiamo saperlo riconoscere, se lo sentite canticchiare in un vicolo buio, o nella suoneria di un telefonino.
Ma anche perchè è un tassellino del puzzle.
Della distruzione di questo paese e della mia voglia di scappare lontano.

Io credo sempre nel futuro,
nella giustizia e nel lavoro,
nell’equilibrio che ci unisce,
intorno alla nostra famiglia.

Io credo nelle tradizioni,
di un popolo che non si arrende,
e soffro le preoccupazioni,
di chi possiede poco o niente.

Io credo nella mia cultura
e nella mia religione,
per questo io non ho paura,
di esprimere la mia opinione.

Io sento battere più forte il mio cuore
di un’Italia sola,
che oggi più serenamente
si specchia in tutta la su storia.

Sì stasera sono qui per dire al mondo e a Dio,
Italia amore mio.
Io non mi stancherò di dire al mondo e a Dio,
Italia amore mio.

Ricordo quando ero bambino,
viaggiavo con la fantasia,
chiudevo gli occhi e immaginavo,
di stringerla fra le mie braccia.
Tu non potevi ritornare
pur non avendo fatto niente,
ma chi si può paragonare
a chi ha sofferto veramente.

Sì stasera sono qui per dire al mondo e a Dio,
Italia amore mio.
Io non mi stancherò di dire al mondo e a Dio,
Italia amore mio.

Io credo ancora nel rispetto,
nell’onestà di un ideale.
Nel sogno chiuso in un cassetto,
e in un paese più normale.

Sì stasera sono qui per dire al mondo e a Dio,Italia amore mio.

sabato, febbraio 13, 2010



Pigiama.
La sveglia ha suonato un quarto d'ora fa e la casa senza la Ragazza Fuori Moda, che è via per un mese, vuol dire alzarsi, dare al Gatto Signor Siberia la sua razione di pescerisozucchine, mettermi una coperta sulle spalle e decidere che faccio colazione prima di ogni altra cosa, scrivendo.
Fuori piove sui miei vestiti stesi ieri sera mentre mi cascavano le dita dal freddo.
Ma farebbe veramente troppo Anziano che guarda i lavori in corso, parlarvi del freddo, della pioggia e dei miei vestiti stesi, ed è per questo che vi parlerò di Bertolaso.

Stilare una graduatoria degli italiani che mi fanno più schifo, occuperebbe almeno tutto il week end e parte della settimana prossima, però, anche così, sono sicura che Bertolaso si piazzi nei primi posti, in questa classifica da Alta Fedeltà.
E mica da adesso, io Bertolaso lo odio.
Adesso è la celebrazione della schifezza, ma quello che ha potuto Bertolaso sulla protezione civile e, in generale, sull'attivazione dal basso di fronte alle emergenza, nessuno prima di lui.

C'è stato un momento, appena dopo il terremoto dell'aquila, che tutti abbiamo pensato Vado a dare una mano.
Qualcosa ci sarà da fare, serviranno due braccia in più, seppur atrofizzate da una vita cittadina.
E invece no.
Cosa pensate, che sia l'alluvione di Firenze? Il terremoto in Irpinia? - hanno prontamente detto - Qui le cose si centralizzano, miei cari, così garantiamo l'efficienza, l'ordine e la disciplina.
E noi ce ne siamo rimasti a casa.

Adesso ci dicono che invece soprattutto garantivano gli appalti.
Ma va'?

Io credo che lo schifo della Protezione Civile negli ultimi anni non abbia eguali, anche senza appalti e festini.
E' il concetto che è una merda.
Poi, certo, le escort e gli appalti: piove sul bagnato.

Ma il vero problema è la trasformazione dell'aiuto popolare in istituzione governativa o privata.
Il vero schifo è il fatto che Bertolaso sia stato messo lì, tra le altre cose, per tagliare le gambe all'istinto più naturale, quello che dice Se stai male ti aiuto.
L'orticaria me la provoca soprattutto il fatto di essere stata disincentivata in tutti i modi a prendere un treno e andare a dare una mano, in qualche modo.
Questa è la cosa più schifosa di Bertolaso. Peggio delle escort e peggio della camorra. Perchè non è neppure illegale.

Credo che la Protezione Civile in italia, sia una di quelle cose che, se anche sono nate con un senso, adesso bisognerebbe ripensarle e capire tutte le conseguenze che hanno comportato.
La Protezione Civile vuol dire che se vuoi dare una mano devi iscriverti, devi farti gerarchizzare, devi obbedire agli ordini dall'alto, andare dove ti dicono loro, fare le tre scimmiette, nel caso di appalti e corruzioni.
E tutto questo in nome dell'efficienza.

Ma l'efficienza è una gran fregatura.
Io credo dovremmo imparare ad uscire dal tunnel dell'efficienza.
Su quale base siamo sicuri del fatto che un gruppo di persone in condizioni drammatiche preferisca una squadra di freddi efficienti controllati dall'alto, rispetto ad un gruppo caldo di volontari, magari un po' sgarruppati, ma accoglienti, altruisti e attivi?

Io credo che questa vicenda di Bertolaso dovrebbe andare oltre le escort e gli appalti.
Nel senso, che i giudici facciano le verifiche e gli diano i 1000 anni di galera che si merita, ovviamente.
Però la cosa importante di questa vicenda Bertolaso siamo noi.

Se questo cretino immane, questo ignorante dell'emergenza servisse, alla fine, a capire che il mito dell'efficienza è una truffa e serve soltanto alla comunicazione mediatica e a chi vuole lavorare indisturbato sotto la coperta della tragedia, allora io a Bertolaso potrei anche concedere la condizionale.
Se si riuscisse a tornare a De Gregori, alla gente che fa la storia quando si tratta di sceglieree di andare.
Se scoprire che la Protezione Civile adesso è una schifezza, è una struttura da orticaria, è la disattivazione degli anticorpi di un paese, potesse servire ad essere pronti a salire su un treno e andare dove ce n'è bisogno, senza pensare sempre che c'è qualcuno più bravo di noi, che siamo inutili, che siamo incapaci, che non sappiamo fare niente perchè siamo dei semplici cittadini, questo sarebbe un grandissimo risultato.
Se la vicenda Bertolaso servisse a fare aprire un po' gli occhi a quelli che pensano che la produttività sia il metro di giudizio, quando invece la diferenza la fanno le emozioni, quasi quasi Bertolaso potrebbe scendere di un paio di posizioni, sotto Bondi e La Russa.



la meravigliosa foto vincitrice del world press 2010
(una donna che grida durante le proteste a theran)



...e un paio delle più notevoli non vincitrici...

mercoledì, febbraio 10, 2010

Mi è appena arrivato questo messaggio, da una delle mie ragazzine:

L'amore è
-qnd nn respiri
-qnd è assurdo
- qnd t manca
-qnd è bll ank se è immaginario
-qnd è follia
-qnd al sl pensiero d vederlo a cn 1'altro attraverseresti a nuoto l'oceano

Spezza la catena e rimarrai single a vita invia a 5 xsn e se t ne tornano 1t odia 2t vuole bn 3t pensa 4v baciarti 5 t ama. Rinvia.

Il mio pezzo preferito è Qnd è bll ank se è immaginario.
Però la parte più interessante secondo me è il fatto che, se notate, non c'è mai, mai la punteggiatura. Tranne in un punto: 1'altro. Ed è sbagliata.
Meraviglioso.

lunedì, febbraio 08, 2010

IO HO MANDATO QUESTA...


Dice il fante di cuori alla regina:
A sinistra come si arriva?
Fa’ la regina al fante di cuori:
Con più diritti e meno favori










Nichi vendola lancia la campagna delle poesie.
Io, figuratevi, rodariana di formazione, ci sono andata a nozze e mi sono anche cambiata la foto di facciabuco con Poche scorie, via smammare, disse il sole al nucleare.
Adesso, la Fabbrica di Nichi lancia la campagna contributo-poesie: se vi è piaciuta l'idea delle poesie, inviate la vostra a poesia@nichivendola.it.
Io adesso ci penso, alla mia filastrocca, che stamattina sono incasinata es iusgiual e non ci riesco.
Però vi direi, se avete voglia di scriverne una anche voi, magari prima copiatemela nei commenti, che mi date una gioia, come elettrice di sinistra, come amante della letteratura per l'infanzia, come rodariana.

venerdì, febbraio 05, 2010

Ma viva il cinismo, e chi lo sa portare...
Serata di Gioco surreale: la sindrome delle liste.
Categoria "Pezzi di motore":

con la S
Spinterogeno

con la C
Cinghia

con la T
Tappo

Con la U
Ustica.

giovedì, febbraio 04, 2010



L'ho già detto che avere internet a casa è la mia rivoluzione d'ottobre?
Sono scappata dall'ufficio alle 3 e sono venuta a lavorare a casa.
Come potete ben vedere, sto lavorando tantissimo.

Ho messo due torte di mele in forno per il week end del circolo Luogo dell'anima.
Ho mangiato tre pezzi di farinata davanti al computer col gatto Signor Siberia che si rotolava nella disperazione per tentare di convincermi che è un gatto denutrito, triste e affamato.
Non ho ceduto.
Ho cercato su you tube un gruppo che ascoltavo negli anni '90 e che è emerso da un cassetto della memoria stanotte, intorno alle 3.
I Quartiere Latino, roba di 15 anni fa.
Ovviamente li ho trovati, perchè c'è sempre un piccolo nerd che lavora per noi, da qualche parte del mondo, e che passa qualche ora della sua vita a trasferire le cassette della nostra vita su you tube.

Ora che ho creato il giusto contesto mi immergo nella formazione specifica che devo preparare per i miei volontari.
Argomenti: i bambini tiranni, l'educazione slow, leggere ad alta voce in classe e nei contesti informali.

Nel frattempo passa la riforma della scuola superiore.
E io lotto con l'istinto di passare il pomeriggio a leggermela, con il conseguente ovvio pamphlet incazzato.
Per ora, faccio finta che non sia vero.
E mentre lo faccio, i professori di un'istituto superiore di Genova si autotassano per comprare i gratta e vinci, sperando di coprire il rosso della scuola con la vincita.
Io credo che questa notizia sia peggio della riforma Gelmini.
E ce ne vuole.
Quindi chiudo con una proposta.
Propongo di organizzare un pomeriggio in cui ci travestiamo tutti da Maria Montessori, andiamo all'Istituto Odero e consegniamo ai professori del grattaevinci la targa " Primo premio Mostro di Marcinelle per le Proposte Educative".

mercoledì, febbraio 03, 2010


martedì, febbraio 02, 2010



E anche stasera non riesco a tornare a casa a cena.
Sogno un minestrone con la pasta ma mi dovrò accontentare di un kebab da Mazzini, il pachistano.
Non si capisce come diavolo faccia a resistere, la mia dieta. Continuo a dimagrire, nonostante tutto. Forse ho il verme solitario.

La riunione delle 17,30 è iniziata alle 18.15 e terminata alle 19.00.
Alle 20.00 inizia quella dei soci del Circolo Luogo dell'Anima.
Una riunione è una cosa che serve a definire l'ora in cui ti vedrai la volta successiva.
Tra il primo e il secondo tempo avrei potuto correre a casa, aprire il frigo, rimirare il desolante vuoto e scoprire che era già l'ora di mettere piede fuori.
Quindi meglio Mazzini il kebab e il blog. Almeno sono seduta, da sola, nel silenzio.

E' un momento che sto talmente tanto a casa che giro con il deodorante, lo spazzolino le lenti a contatto di riserva e le salviettine struccanti nella borsa.

Gli agenti immobiliari, che sto frequentando con assiduità, mi chiedono Ma non vuole vedere un appartamento anche fuori dai vicoli? Potrebbe trovare delle offerte interessanti.
Io li guardo disperata.
L'unica possibilità di ritorno a casa almeno ogni 15 ore è una distanza massima di 500 metri tra la mia vita e il mio letto.

Io sono contro lo sviluppo sfrenato.
E il commercio delle idee.
E la crescita del PIL.
E tutte quelle cose lì.
Ma giuro.
Giuro che se una multinazionale, anche la più squallida, anche la nestlè, la monsanto, la microsoft, la united fruit, la union carbide, l'esselunga.
Giuro che se una multinazionale mette in commercio la passaporta, io divento capitalista.


Mercatino del biologico. Nel pieno della passeggiata domenicale passiamo che i banchetti sono quasi tutti smontati. Il produttore di salumi di tonno ci ferma e attacca le chiacchiere con accento basso piemontese.

Che poi, io dico, con i razzisti bisogna essere razzisti.
Io l'altro giorno sono passati gli alpini che girano per i vicoli per farci sentire sicuri. Che fanno la ronda.
E tra questi alpini dei vicoli c'è una ragazza. Bassa. Brutta. E scura.
Allora io li ho fermati e gli ho detto, alla ragazza, gli ho detto Sa, anche io sun stà alpino, Settimo reggimento.
E io c'è due cose che non capisco.
Lei di dov'è? ci ho chiesto alla ragazza.
Di Caltanissetta, mi ha detto lei.
Ecco, io c'è due cose che non capisco. La prima è gli alpini col manganello. La seconda è gli alpini terroni.
Lei mi ha guardato con due occhi così.
Io gli ho dato la schiena, a lei.
Poi mi sono girato, gli ho sorriso di nuovo e le ho detto Come vede, c'è sempre qualcuno più a nord di noi.