domenica, dicembre 30, 2007
mercoledì, dicembre 26, 2007
...E ALL'IMPROVVISO...
Ho un biglietto andata e ritorno per Londra in tasca.
E' il regalo dell'Ulivo Palestinese. Per chiarirci le idee, ha detto.
Torno l'anno prossimo, tra dieci giorni, e non mi sarò chiarita un bel niente.
Ma tanto lo so che ho la vita più incasinata del mondo, perchè ribellarsi a questo sistema delle cose? Prima o poi andrà a posto da sola, come il raffreddore che passa in sette giorni con le medicine, e in una settimana senza.
Per ora mi arrendo all'evidenza: se istituiscono il premio Vita Incasinata, io vinco ma non trovo un momento libero per andare a ritirare il premio.
Così mi sono detta, Echissenefrega se ci capirò ancora meno di prima, dopo questo viaggio.
E mentre facevo la valigia mi cullava il mantra: Londra è sempre un'ottima idea. Londra è sempre un'ottima idea. Londra è SEMPRE un'ottima idea.
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lunedì, dicembre 24, 2007
"Prima ancora di uscire dall'infanzia, mi sembra di aver avuto, molto netto,
il doppio sentimento che doveva dominarmi durante tutta la
prima parte della mia vita: quello di vivere
in un mondo senza evasione possibile,
dove non restava che battersi
per un'evasione impossibile"
(Victor Serge)
DI NATALE E UTOPIE...il doppio sentimento che doveva dominarmi durante tutta la
prima parte della mia vita: quello di vivere
in un mondo senza evasione possibile,
dove non restava che battersi
per un'evasione impossibile"
(Victor Serge)
Mi dicono che dovrei essere più chiara, per quanto riguarda la mia brigata partigiana delle Piccole Cose.
E che dovrei dirvelo che per far parte della Brigata ed ottenere il suo fiore che mi rende più bella, c'è la legge del contrappasso.
Perchè con i fiori del partigiano non si paga mai l'affitto.
E in effetti, si, per fare un fiore del partigiano serve un tavolo, e per fare il tavolo ci vuole il legno, e per fare il legno ci vogliono altri due lavori.
Più il teatro che non rende ma rende sorridenti.
Dicono che dovrei dirvelo più chiaramente che per inseguire i miei sogni pedagogici faccio un sacco di fatica, mentre quando scrivo sul blog sembra sempre che nella mia vita cammino sull'acqua come gesù marinaio.
Non è vero che scivolo sul pelo dell'acqua come le libellule.
Ci sono delle volte come oggi che sono così stanca che persino cucinare il tiramisù di natale mi risveglia la tallonite.
Lo riconosco: delle volte mi viene un po' la voglia di glorificarmi di questa mia stanchezza, di richiedere il riconoscimento da Piccola Martire dell'indipendenza.
Un santino da Maria Goretti del precariato, da Santa Lucia dei sogni futuri.
A volte mi sogno un applauso a scena aperta del comitato centrale che dica Brava, ce l'hai fatta anche questo mese nel sottile equilibrio tra i tuoi sogni, la tua indipendenza, la tua forza fisica e mentale, i tuoi mille rapporti che vuoi salvare dal cestino delle cose che non ci stanno più.
E a dirla tutta, non è che non lo richieda proprio mai, questo riconoscimento, al Parlamento dei miei affetti.
Ma spesso invece succede che mi sembra normale, e so che non sarei capace di fare altro.
Se di colpo - per stanchezza, magari, o perchè mi si attorcigliano insieme tutti i sogni e tirandoli da un lembo ne vengano fuori trasformati in routine, o ancora perchè mi sveglio un mattino e accetto un posto in banca - se di colpo accettassi di posare nella foto col sorriso deficiente, se smettessi di agitarmi perchè non serve a niente, io non mi riconoscerei più. Mi guarderei distrattamente nello specchio del bagno e direi Buongiorno signora!
Zucconeggio ergo sum.
Così, se dai post sembro gesù marinaio, non credetemi - che stanca, eccome, lo sono.
Ma invece un po' anche credetemi, che sono i miei sogni che mi fanno camminare, anche con la tallonite del libraio.
E se sono più bella, in questo 20o7, è perchè più bella è la mia vita, più vicini sono i miei sogni, più belli saranno i prossimi anni, e bellissime sono sempre le amiche che non aspettano la vecchiaia per essere i bastoni morali delle nostre fatiche.
venerdì, dicembre 21, 2007
IL FIORE DEL PARTIGIANO, ORIGINAL.
Mi ci sono voluti ventisei anni per trovare un lavoro dove non fossi obbligata a frequentare dei colleghi.
Perchè i colleghi io me li immagino sempre una cosa brutta. E non è che l'esperienza abbia molto contribuito a farmi cambiare idea, in merito.
Non lo faccio apposta, sono i traumi della mia infanzia.
Due cose mi terrorizzano: il Mutuo e i Colleghi.
E anche il giudice di roger rabbit, ma quella è un'altra storia, è un'altra paura.
Così tre mesi fa, finalmente, l'ho trovato questo lavoro dove, anche se siamo una cinquantina, non c'è neanche un Collega. Semplicemente coabitiamo. E' una specie di creazione collettiva del quotidiano, più che un lavoro.
Ci si divide gli spazi, si fanno i turni per i computer, e certo che ci sono anche le maledette riunioni.
Ma neanche un Collega, neanche un cartellino da timbrare, un orario d'ufficio.
La mia stanza di lavoro ha un armadio dove abbiamo disegnato un grande albero verde con i ritagli delle riviste.
E dentro ci sono le bottigliette vuote per il laboratorio delle maracas.
E dalle altre stanze ci vengono a portare i rotolini di cartone della cartaigienica, per le marionette.
E abbiamo le bombolette da writers sulle scrivanie.
E' in una stanza come questa che hanno inventato questo meraviglioso poster.
Tutto questo, s'intende, mi rende estremamente felice e sorridente e finisce che qui dentro ci vengo anche quando magari potrei non venirci, per le chiacchere, per le idee.
Tipo ora, ad esempio.
E ieri, come in tutti i luoghi di lavoro normali, ieri era la sera della cena di Natale.
La nostra cena di Natale è stata al circolo 8 marzo in cima a Sestriponente, con i vecchietti del circolo che cucinavano, prezzo politico, caffè offerto dal presidente, e discorso in genovese di cui ho capito la metà.
E io che quasi muoio perchè ho starnutito all'improvviso causa pepe e mi è andato un pezzo di arrosto nel naso.
Non so se vi è mai capitato di avere un arrosto nel naso, ma vi assicuro che è una sensazione assolutamente spiacevole.
In ogni caso, giustamente incuranti della mia morte per arrosto, tra il dolce e il caffè tutti i presenti hanno intonato i canti partigiani, che risuonavano tra le pareti in compensato, per ringraziare i vecchietti della cena.
E insieme ai canti, anche le mie idee rimbalzavano tra le pareti di compensato.
Così ho pensato a questo lavoro che esiste perchè dalla Resistenza è nato e ancora adesso lo facciamo crescere, sessant'anni dopo.
Ognuno a modo suo, ognuno con il suo fiore.
Con i migranti o con i burattini a dita, con l'obiezione di coscienza, con gli armadi albero, sdraiati sulle rotaie o seduti davanti ad un computer.Tra la cena di Natale e l'ammazzacaffè.
Con le bocce al campetto, al torneo di cirulla, al laboratorio di narrazione con gli adolescenti.
Ed è così che mi è arrivata addosso quest'idea, rimbalzata sulle pareti fredde del circolo.
Ho pensato Questo è il mio fiore: sentirmi parte della Brigata Garibaldina "Partigiani delle Piccole Cose".
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Ho vinto il premio "Thinking blogger award".
Ringrazio tutti quelli che hanno creduto in me, la mamma, il mio agente.
E ovviamente voi...senza il vostro sostegno non sarei arrivata fin qui.
giovedì, dicembre 20, 2007
AMARISSIMA SOTTOSCRIZIONE, DAL MANIF DI OGGI...
"Come i nostri lettori sanno siamo soliti chiedere soldi per far vivere il Manifesto. Questa volta, però, li chiediamo per un altro motivo. E lo facciamo da "poveri" quali sappiamo d'essre a favore di altri "poveri"; tra simili ci si deve aiutare.
Lanciamo quindi una sottoscrizione a favore dei familiari delle vittime della ThyssenKrupp di Torino, per sostenerli nella loro vita quotidiana e per far fronte alle spese legali per le eventuali cause di risarcimento nei confronti dell'azienda.
L'obiettivo che ci proponiamo è 200.000 euro, non molto in sè, moltissimo per noi.
Lo facciamo senza dimenticare tutti gli altri morti sul lavoro, ma proprio per ricordarli attraverso i caduti torinesi.
Pertanto invitiamo tutti ad invadere di bonifici il conto aperto presso la Banca popolare etica, IBAN IT40 K050 1803 2000 0000 0535 353, intestato a Solidarietà vittime ThyssenKrupp, via Tomacelli 146, 00186 Roma."
LaNessie, nel suo piccolissimo, quest'anno autoproduce i regali di Natale. E versa per la sottoscrizione tre euro per ogni regalino non comprato.
martedì, dicembre 18, 2007
LA TRISTE STORIA DI VITO LA SCIMMIA
Mentre aspetto le vostre proposte luddiste potrei parlarvi di due cose.
La prima è la narrazione della mia vita incasinata, del filo di arianna dei miei rapporti da mettere a posto, degli scivoloni che prendo nel aggiustare le cose della mia psiche.
Come quando sposti le cose dal loro fuori posto e a quel punto non le trovi più.
Ma siete fortunatissimi.
Perchè invece vi racconto la storia di Vito.
Vito è una scimmia.
Di peluche, ma voi non diteglielo, che di traumi ne ha già subìti fin troppi.
Vito è stato abbandonato al Porto Antico in una fredda serata di inizio dicembre.
Giaceva riverso su una panchina, raggomitolato nella sua tristezza e nel suo abbandono, alla mercè delle intemperie.
Consumato, forse per le troppe coccole, forse per le violenze inflitte da una cattiva matrigna.
Io voglio pensare che Vito fosse molto amato da una bambina ma che una matrigna gelosa lo abbia abbandonato al porto antico e abbia raccolto tutte le sue briciole, tornando a casa.
Così Vito si è perso.
Appena l'ho visto, il clochard delle scimmie di peluche, io ho subito pensato all'adozione. Ma mia moglie, la gelida ed insensibile Pimoglie, ha sbuffato ed è entrata in un bar a prendersi un caffè.
Così tutte le pratiche dell'affido sono state portate avanti da me e dal PastoreBattista.
Innanzitutto abbiamo controllato che non fosse un regalo di Unabomber.
Abbiamo controllato vuol dire che il PastoreBattista ha preso Vito in braccio e Vito non è esploso.
Poi, l'abbiamo un po' coccolato.
Abbiamo scritto un biglietto che diceva "Se per caso avete perso una scimmia di peluche, scrivete una mail a questo indirizzo...nel frattempo l'abbiamo adottata noi".
(In realtà la prima versione del biglietto riportava il mio numero di cellulare, ma poi ho pensato a tutti quelli che mi avrebbero chiamato grufolando Mmmmm, mi sono perso...sei tu la mia scimmietta...?)
Abbiamo quindi attaccato alla panchina la seconda versione del biglietto.
A casa, poi, Vito è stato messo in lavatrice e successivamente appeso per le orecchie al filo da stendere.
Ma mia moglie non si è impietosita.
I giorni passavano, Vito sorrideva gocciolando in cortile, ma la Pimoglie non ha tirato fuori neanche un mezzo sorriso di compassione.
Semplicemente ha finto di non vederlo.
Allora io ho pensato che questa scimmia non poteva essere ulteriormente traumatizzata da una madre affidataria assente.
E quindi, oggi, l'ho portato in ufficio.
Il quale ufficio gronda di istinto materno. Nel mio ufficio, il desiderio di maternità passa attraverso la porta, si insinua negli armadi e nella fotocopiatrice. Il mio ufficio è il Lazzaretto delle Madri Potenziali
E infatti Vito è stato accolto dalle coccole e dagli applausi, e subito gli è stata costruita una casetta di cartone tutta per lui, con il suo nome circondato da note musicali.
Adesso Vito è lì, felice, sull'ultimo ripiano dell'armadio vicino alla finestra.
Ma se per caso un giorno incontrate una bambina alla ricerca della sua scimmia di Peluche, scomparsa in un giorno di vento invernale, portatela da noi, che saremo felici di riconsegnare Vito nelle mani sporche di pennarello della sua vera mamma.
lunedì, dicembre 17, 2007
MAIS QUI EST DONC LE GENERAL LUDD?
Me lo tiro dietro dal week end questo dilemma interiore. E finalmente posso chiedervi un coniglio.
Dunque, succede che la Libreria delle Bollette Salate vende tantissimi libri belli. Molti medi. Qualcuno brutto, alcuni orribili. Ma uno, uno mi si rivolta lo stomaco tutte le volte che devo metterlo in esposizione, che devo infilarci dentro il cartellino dello sconto al quindicipercento, e non vi dico quando capita di venderlo o, peggio, dover fare un pacchettino.
E' il libro fotografico sulla repubblica di salò.
Già le foto.
E non vi dico le didascalie.
Così io ho pensato che mi dò al Luddismo.
Quando che capita a me di doverlo vendere o impacchettare, io vorrei fare una piccola azione dimostrativa.
Ma non so quale, e per questo mi servite voi.
Per adesso mi limito ai fiocchetti brutti, alla carta piegata male. Ma diciamo che la differenza con i pacchetti in cui mi impegno è sostanzialmente irrilevante.
Mi ci vorrebbe un'azione luddista poco identificabile: se ci sputo dentro primo mi vedono e secondo poi, quando a santostefano vengono a lamentarsi in cinque, ci mettono poco a capire chi è stato, anche senza esame del diennea.
Ci vorrebbe qualcosa che sembri un problema di stampa o di trasporto.
Ma se strappo una pagina si sente.
Io vorrei qualcosa che il signorfascista che riceve il dono, mentre è lì che se lo sfoglia ci rimane male e dice Ma che schifo di regalo.
Forse un topo morto tra le pagine è un'idea.
Ma anche lì, il topo morto, è difficile farlo passare per un problema di casa editrice.
Una cacca di cane, anche.
Un chewingum, magari uno... ma se lo trovano in tutte le copie è un evidente sabotaggio.
Quindi, bellissimi lettori, anche se è lunedi, spremete le vostre meningi materialiste e datemi un'idea.
Il concorso prevede anche il premio per l'idea migliore: all'eccelsa mente luddista che partorirà il raffinato motivo del mio licenziamento andrà...UNA FOTOGRAFIA DELL'ITALSIDER!
Ricchi premi e cottillons, gentili partecipanti!
Via con le idee...
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mercoledì, dicembre 12, 2007
PICCOLE STANZE DI VITA QUOTIDIANA
C'è una cosa che adesso mi renderebbe tanto felice.
Un parrucchiere che si occupasse di me, dei miei capelli viola ma ispidi, strepenati, confusionati.
Dei miei capelli d'angelo, nel senso della pasta.
Vorrei che si mettesse qui, dietro alla mia scrivania, mentre trascrivo questo stupido verbale, mi mettesse la testa nell'acqua tiepida, me la massaggiasse con uno shampoo profumato, mi facesse chiaccherare di ledidiana, del vento freddo, di cosa farò a capodanno e di doppie punte.
Che mi mettesse la cera profumata agli agrumi sulle punte.
Che mi spazzolasse via i capelli dal collo con il pennello morbido da barba, che è una delle gioie supreme della vita.
Che mi trasformasse di nuovo da Hello Spank a Valentina di Crepax.
Che mi dicesse che sono una ME-RA-VI-GLIA.
Che mi dicesse E poi, con quegli occhi azzurri...perchè i parrucchieri sanno come far felici le donne.
E poi mi lasciasse pure al mio verbale, ma profumata, ordinata e femminile.
Questo mi farebbe sorridere tantissimo.
martedì, dicembre 11, 2007
FIUME IN PIENA
Sembra che sia veramente arrivato il momento delle spiegazioni.
Ho iniziato a chiarirmi con qualcuno, e gli altri sono venuti a ruota.
Sembra veramente che non ci fosse nessuno con cui avessi messo le cose in chiaro.
Me compresa, s'intende.
Adesso c'è la fila, spuntano irrisolti dagli armadi e sotto i tappeti, richieste di spiegazione e accuse.
Piano piano sto cercando di spiegare a tutti cosa ho fatto, perchè l'ho fatto. E mi trovo a ripetere Mi dispiace tanto.
Mi sento sommersa dai casini che sono riuscita a creare in ventisei anni. Stanno arrivando tutti a portare il conto.
E' come se qualcuno avesse tolto il tappo dall'ombelico della mia vita precedente.
Ma per ora ce la sto facendo... mi tiene a galla soprattutto la comprensione di quelli a cui finalmente sto chiarendo le idee.
Così questa è una scusa pubblica.
Scusate, decisamente non eravate voi. Era la (mia) situazione.
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lunedì, dicembre 10, 2007
LETTERA
Non pensavo che leggessi il mio blog.
Tutti mi dicevano Ma figurati se non lo legge, e io invece pensavo che no.
Ma quel post l'avrei scritto comunque, s'intende, perchè io credo che il blog sia un luogo dove rovesci fuori le idee come albus silente quando le tira fuori dall'orecchio con la bacchetta.
E' il posto delle idee quando nella testa non ci stanno più.
E non si può avere paura delle proprie idee, anche o soprattutto quando sono sbagliate.
Sono contenta se mi dici che no, non ho capito niente della tua scelta dei ravioli.
Continuo a non pensare che tu abbia fatto una scelta lungimirante. Ma non per questo mi sento superiore a te, e mi dispiace se dal post poteva sembrarlo.
Penso che tu sia a volte o spesso un bambino alto un metro e settantacinque. Lo sai che lo penso. Ci siamo lasciati per questo. Se non era per questo io ti sposavo così com'eri, così come sei. Con i fiori d'arancio e gli anelli ti sposavo, sia chiaro. E lo sai perfettamente, questo, perchè rimani l'unica persona di cui io sia stata fottutissimamente innamorata, innamorata da non crederci, innamorata con la voce che si spezza e questa idea fissa della fortuna di averti incontrato.
Ti conosco e conosco il tuo corpo e il tuo profumo da quasi undici anni. E di alcune cose di te non mi sono mai stancata o annoiata.
E questo perchè tu sei e rimani una persona meravigliosa, a tempo indeterminato.
Ma è sulle scelte della vita che non funzionavamo, ed è per questo che adesso non capisco e non condivido la tua scelta.
L'ho scritto perchè era una mia idea, e più che un'idea era una rielaborazione del lutto, e più che una rielaborazione del lutto era ricordarmi perchè ci siamo lasciati andare nonostante io ancora trattenga il fiato quando ti vedo o ti sento.
I ravioli e il post mi hanno permesso di chiarirmi che ci siamo lasciati andare perchè il tuo concetto di libertà e il mio non sono gli stessi, ed è nella libertà che si convive.
L'abbiamo detto più di una volta, che siamo cresciuti insieme ma siamo cresciuti diversi.
Le mie scelte non sono mai state migliori delle tue. Ma le tue faccio fatica a capirle.
Io ti immagino, a guidare alle quattro del mattino. E lo so che sei felice di questo. Lo so che la scelta dei ravioli è una scelta più coerente del negozio figo del centro, con la persona che sei.
Lo so anche che la tua Libertà - con la elle maiuscola, molto più della D di dio - è una libertà solitaria, da quattro del mattino, da moto in corsa e vento in faccia, da solitudine e disobbedienza.
E io, questa tua Libertà, prima l'ho amata e adesso la rispetto.
L'ho amata senza capirla, e adesso senza capirla la rispetto.
Non sono certo io quella che non apprezza le scelte, le decisioni dei bambini.
Trovo siano sempre decisioni affascinanti, e piene di ragioni profondamente sentite e invocate. Non sono certo io quella che dice ai bambini di non sognare perchè poi, fuori, c'è un mondo schifoso ed è meglio imparare da subito a dire Si signore.
Però io credo anche che, per fortuna, le scelte dei bambini non siano lungimiranti, che si fermino tra la narice e la punta del naso: è questo che le rende bellissime: la mancanza di paura.
Non ho mai pensato a te come una persona lugimirante, e questo credo ne sia una conferma. Per chi come me pensa sempre a cosa succederà dopo, questo tuo bruciare la candela dai due lati è inconcepibile.
Ma non ho ragione io, è soltanto il mio piccolo punto di vista.
Così, ti immagino guidare il furgoncino alle quattro del mattino e ti immagino felice, ti immagino più rilassato, meno stanco, più sorridente, più colorato. Tu lo sai che tutto questo mi fa sorridere di riflesso.
E sappi che c'è una cosa, in questa stupida storia, che mi renderà veramente felice: il momento in cui si dimostrerà che, come spesso è successo, avevi ragione tu.
Tutti mi dicevano Ma figurati se non lo legge, e io invece pensavo che no.
Ma quel post l'avrei scritto comunque, s'intende, perchè io credo che il blog sia un luogo dove rovesci fuori le idee come albus silente quando le tira fuori dall'orecchio con la bacchetta.
E' il posto delle idee quando nella testa non ci stanno più.
E non si può avere paura delle proprie idee, anche o soprattutto quando sono sbagliate.
Sono contenta se mi dici che no, non ho capito niente della tua scelta dei ravioli.
Continuo a non pensare che tu abbia fatto una scelta lungimirante. Ma non per questo mi sento superiore a te, e mi dispiace se dal post poteva sembrarlo.
Penso che tu sia a volte o spesso un bambino alto un metro e settantacinque. Lo sai che lo penso. Ci siamo lasciati per questo. Se non era per questo io ti sposavo così com'eri, così come sei. Con i fiori d'arancio e gli anelli ti sposavo, sia chiaro. E lo sai perfettamente, questo, perchè rimani l'unica persona di cui io sia stata fottutissimamente innamorata, innamorata da non crederci, innamorata con la voce che si spezza e questa idea fissa della fortuna di averti incontrato.
Ti conosco e conosco il tuo corpo e il tuo profumo da quasi undici anni. E di alcune cose di te non mi sono mai stancata o annoiata.
E questo perchè tu sei e rimani una persona meravigliosa, a tempo indeterminato.
Ma è sulle scelte della vita che non funzionavamo, ed è per questo che adesso non capisco e non condivido la tua scelta.
L'ho scritto perchè era una mia idea, e più che un'idea era una rielaborazione del lutto, e più che una rielaborazione del lutto era ricordarmi perchè ci siamo lasciati andare nonostante io ancora trattenga il fiato quando ti vedo o ti sento.
I ravioli e il post mi hanno permesso di chiarirmi che ci siamo lasciati andare perchè il tuo concetto di libertà e il mio non sono gli stessi, ed è nella libertà che si convive.
L'abbiamo detto più di una volta, che siamo cresciuti insieme ma siamo cresciuti diversi.
Le mie scelte non sono mai state migliori delle tue. Ma le tue faccio fatica a capirle.
Io ti immagino, a guidare alle quattro del mattino. E lo so che sei felice di questo. Lo so che la scelta dei ravioli è una scelta più coerente del negozio figo del centro, con la persona che sei.
Lo so anche che la tua Libertà - con la elle maiuscola, molto più della D di dio - è una libertà solitaria, da quattro del mattino, da moto in corsa e vento in faccia, da solitudine e disobbedienza.
E io, questa tua Libertà, prima l'ho amata e adesso la rispetto.
L'ho amata senza capirla, e adesso senza capirla la rispetto.
Non sono certo io quella che non apprezza le scelte, le decisioni dei bambini.
Trovo siano sempre decisioni affascinanti, e piene di ragioni profondamente sentite e invocate. Non sono certo io quella che dice ai bambini di non sognare perchè poi, fuori, c'è un mondo schifoso ed è meglio imparare da subito a dire Si signore.
Però io credo anche che, per fortuna, le scelte dei bambini non siano lungimiranti, che si fermino tra la narice e la punta del naso: è questo che le rende bellissime: la mancanza di paura.
Non ho mai pensato a te come una persona lugimirante, e questo credo ne sia una conferma. Per chi come me pensa sempre a cosa succederà dopo, questo tuo bruciare la candela dai due lati è inconcepibile.
Ma non ho ragione io, è soltanto il mio piccolo punto di vista.
Così, ti immagino guidare il furgoncino alle quattro del mattino e ti immagino felice, ti immagino più rilassato, meno stanco, più sorridente, più colorato. Tu lo sai che tutto questo mi fa sorridere di riflesso.
E sappi che c'è una cosa, in questa stupida storia, che mi renderà veramente felice: il momento in cui si dimostrerà che, come spesso è successo, avevi ragione tu.
venerdì, dicembre 07, 2007
giovedì, dicembre 06, 2007
...un po' di parentame è arrivato in visita da Telaviv
portando regalini, una cugina e le candeline dello Hannukkah.
...
La foto non sono loro.
Ma i cartelli ben rappresentano la mia schizofrenia antisionista.
mercoledì, dicembre 05, 2007
QUE VIVA LA PAGNOTTA
Quasi vincevo le olimpiadi del precariato, ieri.
La radiocronaca racconta di un'ottima partenza con il nuovissimo e natalizio lavoro pagnotta, di cui verrà fornita successiva accurata descrizione.
Ma lo sprint è stato un clamoroso azzardo perchè, arrivata ancora pimpante al secondo lavoro, quello vero, quello che è così bello che non mi pagano, ho poi iniziato a cedere clamorosamente a metà del Terzo Lavoro, il Percorso BambinoMuffa, più o meno all'altezza della lotta dei cuscini.
Consegnato il BambinoMuffa al di lui padre tamarro, proprio nel momento in cui la Moglie Personal Trainer Ipertiroidea già si infilava la giacca in vista del Quarto Lavoro, sono caduta agonizzante come un Dorando Petri qualsiasi e ho rinunciato al workshop di teatro, uscendo così dal medagliere ma conservando le forze fisiche per un mese che si preannuncia metaforicamente intenso.
Alle otto di sera ho mangiato il minestrone e poi mi sono addormentata.
Alle 9 e un quarto.
L'ultima volta che mi era successo credo ci fosse Cossiga presidente della repubblica.
Ma dieci ore di fase rem costante hanno permesso che stamattina fossi di nuovo allegra e scattante, prontissima per il lavoro della pagnotta natalizia: la Libreria delle Bollette Salate.
La libreria delle Bollette Salate, che mi permetterà di evitare il taglio di luce e gas al momento del conguaglio, è un banchetto lungo come un verme solitario che si snoda su e giù per la galleria commerciale del centro.
La libreria delle Bollette Salate nasconde, tra gli orridi libri panettone, anche qualche meraviglia dell'editoria che mi diverto a scoprire mentre sto aggiustando i banchi.
E poi, la libreria delle Bollette Salate è il buco della serratura sul mondo: tutti passano almeno a dare una sbirciatina... gli impiegati di banca e le casalinghe, i muratori e gli autisti dell'autobus, le nonne con i bambini senza un posto all'asilo nido e le donne rampanti con il cambio scarpe nella borsa. Tutti con il tempo per una sfogliata, una sbirciatina, a volte un acquisto.
Dopo due giorni, ho già i miei tipi tipici preferiti: adoro i settantenni che comprano i racconti erotici - Que viva la fantasia! -ma ho anche un certo feeling con quelli che fanno incetta di Gialli per le vacanze di natale e invidio chi può permettersi l'acquisto compulsivo di un libro fotografico da settanta euro.
Le maggiori soddisfazioni mi arrivano però dalle signore con tre figli: perchè, se ho tempo e non c'è la folla da Sindrome Natalizia, posso ascoltare le loro lamentele educative, farmi un'idea dei loro bambini - sempre uno di tre, uno di sette e uno di undici anni, spesso due femmine ai lati e un maschio in mezzo - e poi finalmente consigliare i libri della curiosità, della fantasia, dell'ironia e del piacere della lettura. Brutte Storie della Salani per il maschio, un bel Roald Dahl per la grande e una storia della Pina, la topolina francese, per la piccola.Oppure un volume maxiformato illustrato per la ragazzina, un Guinees dei Primati per il noioso adolescente, un Libro in Tasca per la piccina "Ma mi raccomando signora, glielo legga lei, e faccia le voci dei personaggi!".
E quando ho fatto i pacchetti, con tutta la cura e l'incapacità manuale che mi contraddistingue, intercetto lo sguardo della mamma che mi chiede E per me, qualche consiglio? Ed ecco che ci mettiamo a cercare tra i banchi un libro per mamme stanche, un libro per rilassarsi dopo cena, con i piedi su un cuscino e i tre bambini che finalmente dormono dopo essersi bevuti avidamente gli Sporcelli o La fabbrica di cioccolato.
Mi piace pensarle così, le mamme cariche di sacchetti. Io e il mio immaginario ottocentesco fatto di saghe familiari: una via di mezzo tra i Buddenbrock e le Piccole Donne.
Alla libreria delle Bollette Salate, però, non sono tutte rose e tulipani.
Fonte di tutte le mie ansie sono i resti e i fiocchi sui pacchetti.
Allora io ve lo dico qui, perchè tutti voi andrete a fare le compere di natale, e io voglio rendermi utile.
Ricordatevi di queste due cose:
Prima cosa, che molte persone hanno gravi handicap manuali, quindi per rispetto delle pari opportunità non chiedete fiocchi carini sui vostri pacchetti. Noi Diversamente Manuali riusciamo al massimo a farvi qualche ricciolino con le forbici. E voi, per favore, apprezzate l'impegno.
Ma soprattutto, seconda importantissima cosa, non cercate mai, mai di aiutare la simpatica commessa col caschetto che vi sta dicendo: sono 13 euro e 40. Mai, mai pensare di aiutarla in questo chiedendole Vuole mica cinquanta centesimi?
Questo la manderà inevitabilmente in crisi, dovrà contemporaneamente sommare e sottrarre, si dimenticherà di quanto dovevate pagare, se le avete dato venti o cinquanta euro e comunque si chiederà Ma perchè dovrei volere cinquanta dannatissimi centesimi?
Consegnato il BambinoMuffa al di lui padre tamarro, proprio nel momento in cui la Moglie Personal Trainer Ipertiroidea già si infilava la giacca in vista del Quarto Lavoro, sono caduta agonizzante come un Dorando Petri qualsiasi e ho rinunciato al workshop di teatro, uscendo così dal medagliere ma conservando le forze fisiche per un mese che si preannuncia metaforicamente intenso.
Alle otto di sera ho mangiato il minestrone e poi mi sono addormentata.
Alle 9 e un quarto.
L'ultima volta che mi era successo credo ci fosse Cossiga presidente della repubblica.
Ma dieci ore di fase rem costante hanno permesso che stamattina fossi di nuovo allegra e scattante, prontissima per il lavoro della pagnotta natalizia: la Libreria delle Bollette Salate.
La libreria delle Bollette Salate, che mi permetterà di evitare il taglio di luce e gas al momento del conguaglio, è un banchetto lungo come un verme solitario che si snoda su e giù per la galleria commerciale del centro.
La libreria delle Bollette Salate nasconde, tra gli orridi libri panettone, anche qualche meraviglia dell'editoria che mi diverto a scoprire mentre sto aggiustando i banchi.
E poi, la libreria delle Bollette Salate è il buco della serratura sul mondo: tutti passano almeno a dare una sbirciatina... gli impiegati di banca e le casalinghe, i muratori e gli autisti dell'autobus, le nonne con i bambini senza un posto all'asilo nido e le donne rampanti con il cambio scarpe nella borsa. Tutti con il tempo per una sfogliata, una sbirciatina, a volte un acquisto.
Dopo due giorni, ho già i miei tipi tipici preferiti: adoro i settantenni che comprano i racconti erotici - Que viva la fantasia! -ma ho anche un certo feeling con quelli che fanno incetta di Gialli per le vacanze di natale e invidio chi può permettersi l'acquisto compulsivo di un libro fotografico da settanta euro.
Le maggiori soddisfazioni mi arrivano però dalle signore con tre figli: perchè, se ho tempo e non c'è la folla da Sindrome Natalizia, posso ascoltare le loro lamentele educative, farmi un'idea dei loro bambini - sempre uno di tre, uno di sette e uno di undici anni, spesso due femmine ai lati e un maschio in mezzo - e poi finalmente consigliare i libri della curiosità, della fantasia, dell'ironia e del piacere della lettura. Brutte Storie della Salani per il maschio, un bel Roald Dahl per la grande e una storia della Pina, la topolina francese, per la piccola.Oppure un volume maxiformato illustrato per la ragazzina, un Guinees dei Primati per il noioso adolescente, un Libro in Tasca per la piccina "Ma mi raccomando signora, glielo legga lei, e faccia le voci dei personaggi!".
E quando ho fatto i pacchetti, con tutta la cura e l'incapacità manuale che mi contraddistingue, intercetto lo sguardo della mamma che mi chiede E per me, qualche consiglio? Ed ecco che ci mettiamo a cercare tra i banchi un libro per mamme stanche, un libro per rilassarsi dopo cena, con i piedi su un cuscino e i tre bambini che finalmente dormono dopo essersi bevuti avidamente gli Sporcelli o La fabbrica di cioccolato.
Mi piace pensarle così, le mamme cariche di sacchetti. Io e il mio immaginario ottocentesco fatto di saghe familiari: una via di mezzo tra i Buddenbrock e le Piccole Donne.
Alla libreria delle Bollette Salate, però, non sono tutte rose e tulipani.
Fonte di tutte le mie ansie sono i resti e i fiocchi sui pacchetti.
Allora io ve lo dico qui, perchè tutti voi andrete a fare le compere di natale, e io voglio rendermi utile.
Ricordatevi di queste due cose:
Prima cosa, che molte persone hanno gravi handicap manuali, quindi per rispetto delle pari opportunità non chiedete fiocchi carini sui vostri pacchetti. Noi Diversamente Manuali riusciamo al massimo a farvi qualche ricciolino con le forbici. E voi, per favore, apprezzate l'impegno.
Ma soprattutto, seconda importantissima cosa, non cercate mai, mai di aiutare la simpatica commessa col caschetto che vi sta dicendo: sono 13 euro e 40. Mai, mai pensare di aiutarla in questo chiedendole Vuole mica cinquanta centesimi?
Questo la manderà inevitabilmente in crisi, dovrà contemporaneamente sommare e sottrarre, si dimenticherà di quanto dovevate pagare, se le avete dato venti o cinquanta euro e comunque si chiederà Ma perchè dovrei volere cinquanta dannatissimi centesimi?
Ricordatevi questa cosa: che le commesse con il caschetto vanno aiutate con bei sorrisi e cifre tonde.
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lunedì, dicembre 03, 2007
GIOVEDI
Non ricordo molti film dove sia riuscita a non piangere.
Come una casalinga di Voghera qualsiasi, la commozione facile mi prende sia al cinema che a casa. E me ne vergogno tremendamente.
Sono una persona che piange di felicità, non di dolore. Sempre alla fine, piango, quando si riabbracciano, quando si ritrovano, quando si risvegliano, quando si liberano, quando festeggiano.
Lacrime buoniste, lacrime da lieto fine.
Poi, tutte le volte che ci sono di mezzo dei bambini, piango. Bambini dentro o fuori da una pancia, non cambia molto.
Nei film, sempre.
Ma non solo, perchè mi fa piangere la barilla e mi uccide il mulinobianco. Mi coglie il magone per tutte quelle false pubblicità di famiglie unite, di padri che coccolano i figli dopo la rasatura perfetta, di madri incinte nella macchina nuova superveloce.
Non è che ci credo. Ma piango.
Vergognandomene tremendamente, neanche a dirlo.
Non ho filtro, dannazione.
A teatro invece ho pianto due volte.
La prima è stata quattro anni fa.
Bebo Storti gerarcafascista in Mai Morti, Arena del Porto Antico, tutto esaurito.
Stavano zitti ad ascoltare persino i gabbiani.
Alla fine eravamo annichiliti sulle sedie, non riuscivamo neanche ad applaudire.
Ma nessuna vergogna nel pianto, quella sera, perchè piangevano tutti. Un pianto liberatorio a due anni dal G8, un'elaborazione collettiva del lutto al porto antico.
Erano lacrime condivise e necessarie.
Bebo Storti gerarcafascista in Mai Morti al Porto Antico noi che c'eravamo non ce lo dimentichiamo più. E ci viene ancora il magone a raccontarlo.
Poi, stasera.
Stasera era uno spettacolo sulle madri di plaza del majo. Alla fine i bambini c'entrano sempre, con le mie lacrime.
Quando, schierate davanti alla polizia hanno gridato Fuoco! e sul palco c'erano soltanto gli ombrelli bianchi io, clamorosamente, stavo singhiozzando sulla sedia, sperando di non essere l'unica.
Ma gli altri avevano un magone contenuto. Io, mai. Io sempre l'uragano emotivo, il singhiozzo amplificato, le lacrime calde.
Potrei dirvi che ho pensato alle mie sedute dalla pissipissibaucologa, in quel momento. A quello che le dirò domani, tra le cinque e le sei, di questa mia empatia senza filtro, fastidiosa anche. Se non fastidiosa per me, come minimo fastidiosa per i miei vicini di sedia.
Invece no, singhiozzavo e mi è venuto in mente un discorso grande: ho pensato alla forza delle donne.
Delle lotte delle donne hanno paura tutti.
Noi donne per prime. Le nostre lotte fanno paura agli altri e a volte a noi stesse.
Ma in particolare ne hanno paura le donne che non lottano.
Spesso non ci interessa vincere, capitombolare in una discussione di principio, cercare di scollarci da dosso l'etichetta di passaggio. Se vogliono definirci comuniste, no global, staliniste, femministe, prugne secche, che facciano pure: la difesa dei principi ideali è spesso cosa da maschi.
La lotta delle donne, di alcune donne, è scendere in piazza ogni giovedi e parlare, spiegare, ricucire la memoria che si è persa, che hanno cancellato o stanno cancellando con grande soddisfazione, anche, di altre donne. A volte è semplicemente occuparsi di quello che sembra superfluo, piccolo, inutile.
La lotta come un figlio che a volte cresce, a volte no, e comunque ha bisogno del suo tempo.
A volte ha bisogno di 3000 giovedi in piazza del majo.
In ogni mia lacrima vergognosa, stasera c'era un piccolo pezzo di questo pensiero, dopo una settimana di difesa del mio blog dalle invasioni barbariche.
C'era lo stupore dell'aver scoperto, per l'ennesima volta - io che sono cresciuta in una famiglia con la selezione del fascismo all'ingresso, io che ho scoperto la destra da grande, più o meno insieme al sesso, io che mi stupisco ancora e ancora e ancora e non smetterò mai di stupirmi - che esiste un'anima nera.
Non solo della nessie, di tutti esiste un'anima nera.
Esiste ed è importante saperlo e non dimenticarcelo mai.
Trovare ognuna il suo piccolo giovedi, partorire una piccola lotta che sia una figlia.
Che sia piccola, all'inizio, e che sia nostra, che abbia dentro un pezzettino di noi.
Le daremo un nome, poi che gli altri la chiamino pure come preferiscono. Per fortuna, non ne controlliamo che una piccola parte.
Sarà figlia nostra e come tutte le figlie la indirizzeremo, ma poi diventerà qualcosaltro.
Una lotta che sia una figlia che cresca e che crescendo sia un piccolo pezzo di mondo, nel mondo, per tutti.
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