RADIO LONDRA
Forse ci sono delle interferenze.
Mi sembra che non solo non ci capiamo, ma abbiamo poco interesse a capirci.
E soprattutto mi sembra che stiamo ragionando su dati falsati, come passare la vita a tentare di dimostrare che E non è uguale a Mc4.
A pensarci bene forse era il caso di andare a manifestare per il grosso problema dell'incomunicabilità, piuttosto che per il precariato o il welfare state.
Allora prima vi dico cosa ho visto, a Roma, prima di portare avanti questa discussione che per altro non se ne può più. Così magari vi fate un'idea che non sia quella di repubblikit.
Questo ho visto, a Roma.
Ho visto tantissime bandiere rosse e pochissimi leader.
Ho visto quelli che ballavano con le tarantelle e i disoccupati organizzati di napoli che da soli fanno più casino degli airon meiden.
E pochissimi pensionati che con tutto il rispetto forse era finalmente il caso che facessimo qualcosa senza di loro: c'era la generazione Simpson. Io era da Genova che non la vedevo.
Ho visto tutta la gente che sorrideva perchè eravamo tantissimi e tutti gli striscioni fatti con le bombolette, sul treno, altro che partiti e federazioni.
Ho visti ricercatori precari con addosso la maglietta "io sono metalmeccanico...e tu?" e i metalmeccanici che il camice del ricercatore non gli passava dai bicipiti.
Ho visto congelare i precari dell'Atesia licenziati dalla omnitel.
E il circolo MarioMieli che ballava YMCA.
Soprattutto ho visto che la gente sapeva perchè era lì. Anche se Repubblica dice di no. Anche se la televisione dice di no. Anche se il Manifesto l'ha spiegato ma non l'ha capito nessuno.
La gente è andata in piazza come una volta, ognuno con la sua verità e nessuno che pretendesse di averne una per tutti.
Non c'è stato nessun Diliberto, nessun Mussi, nessun Giordano a dire sul palco Grazie di essere stati qui per noi. Hanno parlato i precari, gli studenti, i migranti, gli attori, gli intellettuali. Noi eravamo lì per noi.
E non ho visto nessuno dire Speriamo che cada il governo. Ho sentito soltanto dire Abbiamo votato un governo di sinistra, questi sono gli argomenti di un governo di sinistra: il lavoro, l'ecologia, i diritti. Questa è la strada verde smeraldo da seguire per essere un governo di sinistra. Ci vuole ogni tanto una tromba d'aria dall'Arkansas, no?
Io che li ho visti, mentre camminavo nel freddo che sembrava Nikolajevka ma non è che mi sentivo tanto un'eroina, poi mi sono letta i giornali e mi sono guardata i siti e ho ascoltato radiocapital e mi sono accorta che non vi è stato detto niente di tutto questo, a voi che non c'eravate, per ragioni opposte ma vostre.
Come quelli che il g8 l'hanno seguito da Rimini e pensavano che fosse un problema di vetrine rotte.
Stanno dicendo quello che vogliono, passano solo i messaggi che vogliono.
Il G. pensa che eravamo là a scambiare figurine, e per il resto boh. E invece è anche scambiando figurine sul treno che ci si scambia le opinioni, che si costruisce il vero Che fare.
Eravamo lì con le nostre storie e i nostri racconti e tutto quello che volevamo era dire cos'era la sinistra per ognuno di noi. E l'abbiamo detto. E non eravamo d'accordo. Ma il bello era quello. Era la minestra di bottoni, che inizia solo con l'acqua ma poi ognuno ci mette le carote, le patate, i fagioli e il bollito e diventa la zuppa più buona del mondo.
In ogni caso è una questione di priorità.
C'è chi mette al primo posto la sua pensione, chi la scuola pubblica, chi le sue montagne, chi il sole dell'avvenire.
Io sempre che provo a mettere al primo posto la coerenza, e spesso non ci riesco.
Però questo corteo era coerente con la mia idea di sinistra ed è per questo che sono andata: l'idea di una sinistra che si prende sul serio ma poi ride, che pensa a sè ma soprattutto agli altri, che pensa che i diritti o sono per tutti o sono per nessuno e che gli accordi con la destra non si fanno.
Questa è la mia idea di sinistra. La mia. Ma, per quel che ho visto, la mia e di un altro milione di persone.
Sapere poi che di milioni di persone con idee diverse di sinistra è piena l'Italia, a uno fa anche piacere.
La zuppa di bottoni non sarebbe tale se, tra una carota e una cipolla, non ci fosse anche qualcuno che ci caccia dentro, appunto, un bottone.