Ho pensato che era la serata giusta per fare un po' di breve e sana controinformazione politica.
Così vi lascio questi pochi dati laconici e depressivi che ho scoperto nel corso di una riunione altrettanto depressiva in cui si dichiarava che la crisi è più forte di noi.
Non si sono cazzi e non ci sono slogan.
Quando un'associazione sociale e culturale incontra una crisi mondiale, l'associazione sociale e culturale è un'associazione morta.
No, non morta.
Fate le corna.
Ma in grossa difficoltà si.
Così, in questa riunione in cui si evocavano i fantasmi dello stipendio di solidarietà e della riduzione delle ore, ho scoperto questi dati.
Nel 1996, Livia Turco ministro, il welfare nazionale aveva un finanziamento annuale di 4 miliardi di euro.
4 miliardi.
Nella finanziaria 2010 la spesa per il welfare è zero.
Zero.
E questa non è la crisi.
Non solo, almeno.
E' un progetto sociale.
E' la teoria del Ministro Sacconi, per il quale il wefare deve scomparire, riducendosi ad una serie di fondazioni ed enti che sostengano l'indigenza con i pasti caldi e i vestiti di seconda mano.
Un progetto alla Dickens.
Delle conseguenze non credo neanche che ci sia bisogno di dire.
Nel senso che può voler dire di tutto.
Vuol dire tagli all'handicap, all'infanzia, ai consultori, agli abusi, al servizio pubblico, agli asili, al sostegno ai migranti.
Nessuno escluso.
Non pensate che non vi riguardi.
Anche se non vi ho citato nell'elenco.
Se vostro figlio è in classe con un bambino con difficoltà comportamentali, pensate che il taglio agli insegnanti di sostegno, non riguardi anche voi?
Se i migranti non hanno sportelli dove andare ad informarsi sui loro diritti, e questo li rende clandestini e quindi precari e quindi ricattabili. Se questo vuol dire che lavoreranno per pochi spiccioli, pensate che non vi riguardi? Che non influenzi il mercato di lavoro?
Se i posti al nido non bastano, non vi riguarda?
Se chiudono i consultori, non vi riguarda? Sicuri, che non vi riguarderà mai?
Io ho parlato con degli insegnanti, ieri.
Che vivono nell'indigenza della scuola italiana e quando spieghi le cause, i tagli, le conseguenze, cascano dal pero.
Come se non li riguardasse.
Come se fossero solo affari degli altri.
Come se fosse una condanna, quella di lavorare di merda, come se fosse il destino dell'insegnante.
Io prima mi incazzo.
Poi provo a spiegare.
Poi me ne vado ribollendo.
E alla fine mi dico che, come al solito, a noi ci ha fottuti il Senso di colpa della Chiesa Cattolica.
Che viviamo di merda per colpa degli altri ma non riusciamo a capirlo perchè, in fondo in fondo, siamo sempre convinti che la colpa sia nostra.
3 commenti:
è una buona spiegazione. se va avanti così, l'unica possibile, in effetti.
Uff... Il post mi ha entusiasmato fino alla fine. Davvero. è toccante e realistico allo stesso tempo (sempre che possano essere in antitesi).
Mi sono perso il passaggio della colpa alla Chiesa. Vero che il senso di colpa nel nostro paese impera notte e giorno... ma perchè trovare per forza un colpevole?
Analizziamo la situazione, descriviamola e picchiamo duro perché la gente capisca che SIAMO TUTTI COINVOLTI, ognuno con le sue reponsabilità.
Chi è responsabile di cosa?
Cambiamo la domanda, e spostiamola dalla colpa. Agiamo per far agire.
Non per interdire l'azione.
Dico io.
@Fint'anonimo
E' un'analisi sociologica, non una giustificazione. Se gli italiani sono fatti in un certo modo, non si può prescindere.
Da lì a non agire ce ne passa.
D'altra parte mi hai mai visto ipotizzare la non-azione?
Dico io.
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