martedì, dicembre 30, 2008
Caro piccolo anno nuovo,
qualche mese fa avrei scritto una lista lunga chilometri di desideri per il 2009.
Tutta un'intricata ferrovia di desideri a partire da gennaio per arrivare a dicembre.
Ma poi è successo che invece del futuro ci si è sgretolato un po' di presente.
E questo mio mondo intorno - quello piccolo, il mondo delle mura domestiche - ha bisogno di un treno merci di sostegno.
Allora, caro piccolo anno nuovo, facciamo che chiedo una sola cosa per il 2009.
E non la scrivo neanche, tanto lo sai cos'è.
Tu semplicemente comportarti meglio del tuo predecessore.
Che tanto, peggio è praticamente impossibile.
martedì, dicembre 23, 2008
Ultimo giorno di lavoro.
Ero qui che pensavo a cosa regalarvi per Natale, drammaticamente senza idee.
Ed ecco che quel genio di eziomauro mi è venuto in aiuto.
Buon Natale, cari lettori.
Sotto il vostro albero l'inchiesta di oggi in apertura di Repubblicait.
"....Il futuro impossibile degli under 35. Sono tre milioni i lavoratori a termine privi di ogni tutela giuridica. Flessibilità significa che è più facile assumere. Il problema è che adesso stiamo vedendo il rovescio della medaglia: è più facile anche licenziare. "
Meglio tardi che mai, ezio!
lunedì, dicembre 22, 2008
"Bleah, basta con questa canzone, io ne so un'altra!"
" E quale canzone sai? dai che la cantiamo con i tuoi compagni"
"Fa così: areareareareareare oh - arearearearearearae oh - iririiririri i - iririririri i ..."
(il piccolo A. , 6 anni e il cd dei blues brothers in macchina)
domenica, dicembre 21, 2008
Io non lo so se voi avete una fobìa. Una fobìa di quelle serie, di quelle che non si governano, che si fanno cose da imbecilli fuori controllo, in totale balìa della paura ingiustificata.
Io ce l’ho.
La mia fobìa si chiama I ratti.
Io ce l’ho.
La mia fobìa si chiama I ratti.
Se voi non abitate in una città di porto, diciamo Napoli o Marsiglia, secondo me non potete capire del tutto cosa voglia dire essere rattofobica a Genova.
E’ come essere terrorizzati dagli orologi a cucù a Zurigo.
I ratti, a Genova, sono così tanti che vivono in tripla, spese escluse.
Le fobìe, chi ce l’ha lo sa, attraversano varie fasi.
Una decina di anni fa, la rattofobia mi faceva piangere. Vedevo un ratto a distanza di chilometri, mi piantavo in mezzo alla strada e giù lacrimoni silenziosi ma inarrestabili. Quando finalmente mi calmavo, cambiavo strada.
Poi sono passata al metodo Ray Charles.
Se vedevo un topo, o se solo sapevo essere nelle vicinanze di un qualche condominio topesco, chiudevo gli occhi e mi lasciavo guidare da qualcuno fin dall’altra parte.
La mia autonomia, s’intende, ne risentiva.
La fase Ray Charles era quella che mi faceva sentire più stupida di tutte. Mi comportavo così da scema che sembravo bionda.
La terza fase, recentissima, e successiva al primo anno di sedute dalla pissipissibaucologa, è stata l’autocontrollo. Finchè non vedi un topo vai. Se lo vedi, cambia strada respirando profondo. Se ne vedi un altro cambia strada ancora e così via. Era il metodo Pollicino. Ed ero già molto fiera di me.
Poi, stasera.
I primi tre passi da sola, dopo aver salutato l’amicaE, e un topo mi attraversa la strada a pochi metri.
Un topo relativamente piccolo. Diciamo che un miope avrebbe potuto confonderlo per qualcos’altro. Uno molto miope. Molto miope e valdostano, forse. Uno di Marsiglia, per quanto cecato, avrebbe detto “et voilà, un rat”, ma insomma.
Penso a quel punto di cambiare strada. Poi respiro profondo, e faccio un altro passo. All’istante, attraversa un altro topo. Stesse dimensioni. Stessa direzione.
Io sento distintamente la mia voce che dice “E che cazzo però!”.
E ho fatto un altro passo.
Poi l’ho detto di nuovo, mica lo so perché, “E che cazzo, però!”.
E ho fatto un altro passo.
A quel punto, a diciamo tre metri da me, spunta fuori la mamma di tutti ratti, ovviamente sempre incinta.
Enorme.
Anche un valdostano miope avrebbe fatto un salto indietro.
Il miope di Marsiglia avrebbe sparato.
Io ho fatto un salto indietro.
E mi sono uscite le lacrime.
E il sudore freddo alla schiena, che è una cosa fastidiosissima.
Già pensavo al giro lungo.
Ma poi ho detto “Vaffanculo!”.
Ho detto proprio forte “Vaffanculo”, e questa volta lo so perchè l’ho detto.
Perché nel frattempo pensavo Che cazzo, soltanto questa settimana ho scoperto di essere sottopagata, ho subìto la più grossa delusione d’amore della mia vita e ho accompagnato mia madre a fare la chemio. Adesso è venerdi. E non sarà uno stronzo di topo a farmi paura.
E così ho detto di nuovo Vaffanculo, forte, e ho proseguito.
Con le lacrime. E i sudori freddi. E camminavo come se dio mi stesse tirando i capelli.
Ma sono arrivata a casa.
Ma poi ho detto “Vaffanculo!”.
Ho detto proprio forte “Vaffanculo”, e questa volta lo so perchè l’ho detto.
Perché nel frattempo pensavo Che cazzo, soltanto questa settimana ho scoperto di essere sottopagata, ho subìto la più grossa delusione d’amore della mia vita e ho accompagnato mia madre a fare la chemio. Adesso è venerdi. E non sarà uno stronzo di topo a farmi paura.
E così ho detto di nuovo Vaffanculo, forte, e ho proseguito.
Con le lacrime. E i sudori freddi. E camminavo come se dio mi stesse tirando i capelli.
Ma sono arrivata a casa.
giovedì, dicembre 18, 2008
Si, sono un sacco di soldi.
Ma sono 24 pagine scritte da Andrea Baiani, Stefano Benni, Mihai Butcovan, Massimo Carlotto, Ascanio Celestini, Vincenzo Consolo, Sandro Dazieri, Valerio Evangelisti, Dario Fo, Giulio Laurenti, Daniele Luttazzi, Paolo Nori, Ermanno Rea, Tiziana Rinaldi, Alessandro Robecchi, Domenico Starnone, Vauro.
E poi, se Il Giornale costa 1 euro, quanto volete pagare per il Manifesto?
martedì, dicembre 16, 2008
Perchè io sento le scadenze, piango ai compleanni, mi deprimo ai Capodanni. Non è che riesco a fare finta che sia un giorno come un altro. Il capodanno mi impone l'eleganza e l'accerchiamento di masse festanti. I Capodanni mi impongono di verificare l'andamento della mia vita, contro la mia volontà.
Così alla fine cedo alle feste e poi passo il tempo a fare Buster Keaton appesa alla lancetta della mezzanotte.
Però quest'anno, che non so se si noterà di più il mio scazzo se vado ad una festa, se non ci vado o se ci vado e mi metto in un angolo, ho deciso che non mi preoccupo e mi concentro su Pasqua.
Perchè, a differenza di Capodanno, a Pasqua so cosa fare.
E Pasqua non impone nessuna verifica.
Ho un programma bellissimo, per Pasqua.
La pista ciclabile più lunga d'Europa, 326 chilometri, Passau-Vienna, il corso del Danubio, tutta pianura.
Sono già d'accordo con l'Esperto di Uova, che è un altro che basta parlare di viaggio e gli si illuminano gli occhi, e gli si annullano i doveri.
Sicuro che andiamo.
La pista ciclabile Passau-Vienna è la tappa certa nell'infanzia dei piccoli crucchi, come per noi il parco di Collodi, Gardaland e Pompei.
I piccoli crucchi, a cinque anni li piazzano sul sellino, e via a farsi i muscoli fino a Vienna. Polpacci teutonici, rauss.
In estate, la Passau-Vienna per le biciclette è come la Salerno-Reggio Calabria per le macchine. Ma senza buchi.
Io e l'Esperto di Uova cercheremo di driblare la massa evitando l'estate, ma sfrutteremo invece l'inquietante propensione alla perfezione dei crucchi usando ogni singola piazzola per tende, ogni colazione in B&B, ogni bagno pulito.
Treno più bicicletta fino a Passau, il Danubio chilometro per chilometro e all'orizzonte Vienna in primavera.
Sogno una comitiva di improbabili ciclisti mediterranei, con la ridotta nel cuore e l'acido lattico che urla. Sogno una partenza di massa, io, l'Esperto di Uova e tutti voi che vi volete accodare, che carichiamo la bici sul treno per Passau, che scendiamo dal treno e iniziamo a passarci la borraccia all'altezza di Linz come Coppi e Bartali.
E per tutti immagino una maglia rosa porcello.
Vorrei qualcuno che fa il bandito, qualcuno che fa il campione, qualcuno il pirata.
Vorrei tutti noi che cantiamo superandoci sulla pista.
E che poi ci fermiamo per il tramonto.
Vorrei qualcuno che gli si buca la gomma e noi che la ripariamo con il cevingum.
Vorrei, che è un progetto bellissimo per aspettare il 2009.
E se non avete una bicicletta, questa non è una buona scusa.
Attualmente, neanche noi.
Etichette:
improbabili storie di vita,
Radio Nessie
lunedì, dicembre 15, 2008
Un nervoso così, un nervoso da guardare negli occhi un pittbull aggressivo e dirgli Cazzo vuoi? non lo avevo da anni.
Ci penso e mi dico anche che forse è sano, che magari per la stessa cosa due anni fa mi sarei erosa gli zigomi con fiumi di lacrime e singhiozzi, invece questa volta mi incazzo e va bene così.
Rimane il fatto che, adesso che ho controllato, fatto e rifatto i conti, chiesto al Padreterno dei contabili, adesso sono proprio proprio sicura che ho bisogno di un secondo lavoro.
E infatti sono incazzata.
Ma cosciente.
E produttiva.
Così ho fatto la lista di schindler delle cose che escludo dal mio futuro lavoro pagnotta, per salvare me stessa dall'autocombustione.
Sono sicura che il mio lavoro pagnotta:
Non avrà a che fare con i bambini. Neanche da lontano. Neanche fritti.
Non avrà a che fare, in generale, con sfigati e problematici. Niente affidi educativi, niente ripetizioni a ritardati mentali dell'istituto nautico, niente cani con due zampe da portare a pisciare.
Sarà un lavoro piccolo, se dio vuole: mi servono 200 euro al mese, mica 2000. Un lavorino ino ino, insomma.
Possibilmente sarà una cosa che la faccio mentre non penso. Che mi metto lì e semplicemente eseguo. Qualcosa come cucire gli orli, ad esempio, o fare le treccine da africana alle adolescenti bianche. Giusto per fare pallidi ed inutili esempi, nel caso vi fosse venuto il dubbio che io ne sia realmente capace.
Sarà, per forza, un lavoro che lo posso fare quando riesco, non quando devo. Con delle scadenze ma senza orari.
Ma no, non mi metterò a vendere yerba life, e non andrò in giro con una spilla con scritto Ho perso 30 chili, chiedimi come.
E neanche cercherò di piazzare costosissime creme e preziosi sali da bagno a casa delle mie amiche.
Lo dico per tranquillizzarvi.
E no, niente siti per feticisti dei piedi, per quanto possa vantare un onorevole 36, perchè c'è qualcuno che c'è già passato e non me ne ha parlato bene.
Detto questo.
Escludendo anche la deratizzazione, nel caso vi fosse venuta in mente.
E lo scuoiamento dei pellami.
Qualche suggerimento?
venerdì, dicembre 12, 2008
Scrivo che puzzo di legna bruciata come un personaggio di Charles Dickens, dopo una mattinata al servizio del popolo manifestante, ad offrire the caldo vicino alla fiom che arrostiva le caldarroste.
Scrivo per voi che ve ne state a casa infreddoliti dopo il corteo, scrivo soprattutto per chi è stato dimenticato dai sindacati ed è dovuto andare a lavorare, per chi era malato ma sarebbe venuto. Un po' meno per quelli che il sindacato se lo sono dimenticato loro e sono andati a lavorare come fosse un giorno qualunque, come fosse un periodo qualunque, che si può ancora pensare solo per sè.
Scrivo con gli occhi che mi si chiudono, che ho dormito tre ore, perchè ieri è stata una delle giornate più orribili della mia vita. No, della mia vita no. Degli ultimi mesi forse neanche. Ma questo solo perchè gli ultimi mesi sono stati i peggiori di tutti. Diciamo che ieri è stata una giornata merdosa, nell'insieme delle giornate merdose.
Ieri mi hanno pagata.
Dopo tre mesi senza stipendio, io che facevo puffi ovunque, consegnando bigliettini della smemo con scritto Pagherò. Con le bollette accumulate, il frigo semivuoto, la pissipissibaucologa in stand-by.
Pagherò quando finalmente mi arriverà lo stipendio, c'era scritto sui miei bigliettini.
Lo stipendio ieri è arrivato, ed è meno di quando lavoravo nel call center.
Io pensavo che più in basso del call center non ci potevo arrivare, e invece si che si può, basta lavorare nel sociale.
Io come ci sono rimasta male ieri non lo potete sapere.
Sapere che ho uno stipendio annuale ai limiti della social card.
E che pensavo di no, pensavo che i soldini fossero di più, perchè avevo chiesto a qualcuno ancora più svagato di me, scema anche io però, si, ma tant'è che non me l'aspettavo.
Così ora lo so che il lavoro più bello del mondo non lo si può fare da solo, che è il più bello del mondo ma va accostato ad un lavoro pagnotta qualsiasi, nelle ore buche, in pausa pranzo, la sera.
Nel week end no, perchè di week end lavoro già.
Sapere che il lavoro più bello del mondo paga meno di un call center, ecco.
Perchè io sono Biancaneve, come al solito.
Penso che mi basta poco, che mi accontento di poco, che io non ho bisogno del ristorante il sabato sera.
Ed è vero che non ne ho bisogno.
Ma io penso che 1000€ al mese, siano veramente la soglia minima che dovrebbe essere garantita.
1000€ e basta. Sono Biancaneve, non Bakunin: non mi sembra una rivendicazione così rivoluzionaria.
Speravo finalmente in tre o quattro libri al mese, una casa in affitto, le bollette, un paio di scarpe, pagare la pissi, qualche giorno di vacanza, fare i regali di natale.
Per queste richieste, che non sono disposta ad abbassare ulteriormente, mi servono 1000€ al mese.
1000€ al mese, il lavoro più bello del mondo non me li dà.
Non mi dà la tredicesima.
Non mi dà la disoccupazione.
Non mi dà neanche un contratto, per ora, mi dà le prestazioni occasionali.
Allora ieri ero depressa all'idea di un secondo lavoro.
E all'idea delle rinunce.
E all'idea di quello che pesano le scelte.
E la coerenza, come pesa.
Ero veramente depressissima. Ero depresserrima.
Ma soprattutto ieri notte ero stufa.
Stufissima di essere sottovalutata.
Stuferrima.
Stufa di accontentarmi sempre, di essere considerata parzialmente.
Che brava che sei, eh, sei bravissima. Bravissima da 900 euro al mese.
Che bella che sei, eh, bellissima. Bellissima da fidanzata part time, in condivisione, in attesa.
Ecco, è questo.
E' che io valgo di più. Valgo più di 900 euro, valgo di più di un'attesa, valgo più di un amore part time.
Così ho scritto alla mia capa, le ho detto Va bene, morirò per delle idee: da questo lavoro non me ne vado anche se ho scoperto che non posso viverci.
Ma che sia chiaro che non me lo posso permettere.
E che per restare io ipoteco il mio tempo libero, ipoteco le mie necessità e la mia stanchezza. Pur di restare, troverò un lavoro pagnotta che non pagherà la mia competenza, ma almeno pagherà.
E resto perchè ci credo, e quando ci si crede si rinuncia, anche.
Ma che sia chiaro che io valgo di più.
L'ho scritto a lei, l'ho scritto a chi mi tiene in stand-by affettivo.
Ognuno ha le sue ragioni, ma io ho le mie.
Posso morire per delle idee, di morte lenta, ma perlomeno consapevole.
Etichette:
Achtung extraparlamentari,
improbabili storie di vita
martedì, dicembre 09, 2008
Verità lombarde
Non guardate mai un film di Fassbinder tra le tre e le cinque del mattino.
In generale, non guardate mai un film di Fassbinder.
I popcorn al burro non si digeriscono.
Milano vuota di gente, con il sole, non sembra Milano.
Ma neanche Parigi.
In effetti sembra soltanto Milano, vuota di gente, con il sole.
Le nutrie non fanno schifo come i ratti.
I fiumi hanno un ascensore.
La mostra "Magritte e la natura" non merita il prezzo del biglietto.
Ma se te lo offrono, si.
I milanesi, per saltare una coda, dicono tutti di conoscere il vicesindaco.
Il sindaco non dice di conoscerlo nessuno. Forse la Moratti non ha potere sulle code.
I controllori del tram, a Milano, si muovono in branchi da undici.
Non illuderti di esserti risolta le cose solo per il fatto di pensarti una donna razionale.
Il basilico, a Voghera, si compra in vaschette di plastica. Senza terra. Lo dico per quelli che pensano come me di poter fare il pesto in Lombardia.
Esiste un film di Bertold Brecht con regia di Fritz Lang. Ed è bellissimo.
Non farti mai influenzare dal brutto nome di ristorante.
Ma neanche ingannare dalle foglie che coprono la luna.
La luna, in Lombardia, si apprezza a fette.
C'è un'altalena nella nebbia.
lunedì, dicembre 08, 2008
martedì, dicembre 02, 2008
Non è che potessi dire che non me l'aspettavo per niente.
Non era da Partigiano di Riferimento sparire così, per mesi.
Sempre che ci siamo scritti e telefonati Pronto, sono Angelo. Con la voce tremante, inconfondibile. Quel suo darmi del lei i primi tempi: Dottoressa, sono Angelo. E io: Professore, come sta?
Fino a quando, davanti a uno spitz non mi ha detto Se lei non si offende, potremmo anche darci del tu.
E così è stato, e il tu cambia un sacco di cose, apre nuovi canali. La trasformazione dagli aggiornamenti lavorativi ai racconti privati.
Fino ai suoi venirmi a prendere in Stazione Centrale, mettersi a braccetto per un sostegno galante, e portarmi a pranzo fuori - Offro io, non si discute, e se non prendi il dolce mi offendo.
Era già quasi caldo, che ci siamo visti l'ultima volta, e ho fatto tardi all'appuntamento con Stakanov.
E quando Stakanov è venuto lui da me, perchè io e il partigiano eravamo a metà delle chiacchere, uno accanto all'altro facevano ridere. Angelo in piedi, a stringere la mano a Stakanov, Stakanov un po' in imbarazzo, come sempre lui.
Davide e Golia che si danno del lei, rigorosamente galanti.
Stakanov è l'unico ad avere incontrato il mio partigiano di riferimento.
Perchè tutti voi, invece, lo conoscevate solo dai miei racconti.
A quanti l'ho detto, di quando ha rinunciato all'ospitalità svizzera per tornare alla Resistenza, di quando poi è andato a spalare le macerie la domenica dopo una settimana di lezioni, di quando ha resistito allo sgombero della polizia, di quando sono entrati a cercargli i fucili sotto la cattedra. E del suo astio contro Togliatti.
A quanti l'ho detto, della depressione nel vedere la sua milano sfiorita, del suo maggiolino in garage con cui aveva promesso - a me e a Stakanov - di portarci sul lago di Lugano.
Un uomo che a sentirlo parlare, uno si immagina spalle larghe afflosciate dagli anni, mentre il mio partigiano di riferimento era un uomo elegantemente magro, con le mani lunghe, da professore, con il fisico asciutto, da camminatore.
E con l'intelligenza acuta, la passione per Tolstoj, le citazioni a fior di labbra tremolanti.
Ci siamo visti l'ultima volta che non faceva ancora caldo, e ai primi caldi è morto.
Ma io, che ho rimandato la telefonata, mese dopo mese, perchè prima ci sarebbe stato da dirgli che Stakanov mi aveva lasciata - al di là della sua pessima premonizione da bar, con occhiolino, in cui mi aveva detto Vanessa, si vede che siete felici - e poi tutte le difficoltà del riavvio del lavoro, e poi il Festival della scienza, e poi soprattutto la notizia della StregaNocciola, insomma, rinviavo. Perchè io sono pessima, nel dare le cattive notizie.
E poi perchè le telefonate col mio partigiano di riferimento andavano fatte al momento giusto, con la calma giusta, la giusta capacità d'ascolto.
Così ho rimandato fino a quando non ho composto il suo numero, e l'ho trovato disabilitato.
E ho scritto al suo migliore amico, ma già lo sapevo.
L'alternativa era che fosse malato, lontano da casa sua. Ma francamente non so se il mio partigiano di riferimento l'avrebbe preferito.
Se è morto ai primi caldi, è morto prima di stare male.
Non so, insomma.
Meglio così, per un uomo che non ha smesso fino all'ultimo di pescare pratiche di vita dal fondo di uno zaino perso sul confine nell'inverno del 1944.
lunedì, dicembre 01, 2008
Ognuno ha il suo posto dell'anima.
Il mio posto dell'anima, il resto del mondo un po' lo odia.
E' la Lombardia.
I posti dell'anima non è che bisogna andarci a vivere.
Sono quei luoghi dove senti il bisogno, fisico, di andare. Per un pochino, per qualche giorno. Tutta la vita, no.
Io un po' sono appesantita dagli eventi, in questo momento.
Non affaticata, non proprio triste, un po' appesantita.
Sento le cose che succedono, le cose da fare, bloccate lì sullo stomaco come il cotechino con le lenticchie.
Per digerirle, Gaviscon e Lombardia.
Perchè poi in Lombardia succedono delle cose strane, a chi vi elegge il suo luogo dell'anima.
C'è stata una volta che la domenica mattina mi sono trovata in un'aula a discutere del futuro del futurismo.
Un'altra, all'improvviso, alla mostra di Bruno Munari.
C'è stata la volta del lago di como ad agosto che sembrava novembre.
E il mio primissimo spettacolo teatrale.
C'è stata la volta che ho fatto indiana jones nel fiume.
E lo sciopero degli autobus con tutti i milanesi appiedati e incarogniti.
Ricordi d'infanzia a parte.
E a parte i mille cortei.
Ci sono state tutte le interviste ai partigiani, che mi hanno cambiato la vita.
E il prete filippino che cantava Baglioni al karaoke.
Quella volta che abbiamo fatto le sette del mattino discutendo Andy Wharol si o no. E poi abbiamo fatto colazione.
Ho quattro giorni di Lombardia che mi aspettano.
E voglio tornare qui dopo aver fatto due cose importanti.
La prima è prendere un treno per omegna e andarmene al Parco della Fantasia Gianni Rodari, e poi dirvi com'è. Che poi a Omegna c'è anche il lago.
La seconda.
La seconda è che raccolgo il coraggio e chiamo il mio Partigiano di riferimento.
Non lo sto chiamando, lui non si è più sentito.
Ho un po' paura che sia l'ennesima pessima notizia del 2008.
Ma raccolgo il coraggio.
Lo chiamo.
E se va tutto bene, vado a fare un giro in maggiolino con lui.
Etichette:
improbabili storie di vita,
Radio Nessie
domenica, novembre 30, 2008
Pastore Tedesco,
io credo di dare meno peso alle cose che dici tu che alle chiacchere con la mia edicolante la mattina.
Però questa volta.
Questa volta mi vai a fare lo storico incompetente, e allora.
Pio XII non ha fatto nessun gesto eroico, nell'andare a Roma dopo il bombardamento di San Lorenzo nel luglio 1943.
Anzi, ha fatto un danno, se non due.
Primo perchè tutta la rete di aiuto popolare, che scavava tra le macerie alla ricerca di sopravvissuti, si interruppe all'arrivo di Pacelli.
Perchè tutti volevano una benedizione, un sorriso, un gesto. E tra le macerie non scavava più nessuno.
Bel risultato.
Secondo, perchè, quello che adesso passa come un sostegno al popolo di Roma fu, di fatto, un sostegno indiretto al fascismo e a Mussolini.
Pastore Tedesco, complimenti per la trovata.
Per risollevare Pacelli dalla miseria umana e storica nella quale si era seppellito da solo sostenendo le leggi razziali e appoggiando la fuga di fascisti e tedeschi in america latina nel 1945, non potevi tirare fuori dal cappello nessun coniglio più inutile e controproducente.
venerdì, novembre 28, 2008
Gli autobus d'inverno.
La gente che sale con l'aria del sopravvissuto, la pelle rossa, il naso che cola, gli occhi che lacrimano.
C'è silenzio, sugli autobus d'inverno, perchè il freddo congela un po' le idee e un po' le parole.
Poi però, piano piano, il freddo esce dalle ossa, il calore umano dell'autobus aiuta la ripresa.
E, incrociando gli sguardi lacrimanti, concentrandosi senza volere sul naso del vicino che cola, sui trucchi sfatti dal vento, sulle pettinature alla boy george, alla gente viene da ridere.
Perchè le persone, d'inverno, sono ridicole.
Non c'è come il freddo per abbattere il culto del corpo.
A me viene tantissimo da ridere, intorno agli zero gradi
mercoledì, novembre 26, 2008
Se poi ti trovi con il conto alla rovescia Gentili signori, tra cinque minuti comincia la Rivoluzione, non è che puoi chiedere una proroga.
Anche se non è il momento, anche se la Rivoluzione che ti trasformerà la vita, ad organizzarla tu, magari avresti aspettato qualche mese, non adesso che è già tutto un casino, che c'è una precarietà della vita prima ancora che del lavoro, e comunque anche il lavoro ci mette il suo, che sono ancora senza stipendio, ancora per poco, ma ancora.
Ma è per questo che il conto alla rovescia della Rivoluzione lo fa sempre qualcun altro, perchè se stessimo lì a vedere ognuno quando può, quando è libero, scusa venerdi no che ho il biglietto per il teatro, la Rivoluzione poi non la si fa più, come quando ci si dice Poi ci vediamo, eh, organizziamo una cena.
Così ieri i miei due amici bellissimi, che completano il mio cervello con tutte le competenze scientifiche che io ho sempre evitato di raccogliere, sono venuti a cena e hanno detto La Rivoluzione è una cena in Vico dolcezza.
Cinque
Quattro
Tre
Due
Uno.
E io sono salita sulle barricate.
Anche se non era il momento.
Anche se io, per me, magari in primavera. Anche perchè ai cambiamenti piace l'aprile.
Anche se io avrei massimalisticamente aspettato un po'.
Ma il conto alla rovescia era ieri.
E allora sia.
Sono la futura Responsabile Didattica dell'Associazione Prospettiva Ranocchio.
lunedì, novembre 24, 2008
Domenica, h. 19.00
Ero congelata morta.
Avevo lavorato tutto il pomeriggio nella galleria del vento, ma senza giacca, a creare burattini per i bimbi.
Centomila bimbi. Un milione di bimbi.
Senza giacca perchè, prevedendo il freddo polare, avevo scelto la versione Omino Michelin: piumino lungo fino alle ginocchia, cappuccio da Amundsen. Ma a quel punto stare accucciata a prospettiva ranocchio era impossibile. Così, dovendo scegliere tra sopravvivere ad altezza uomo o morire ad altezza ranocchio, ovviamente mi sono immolata in maglioncino primaverile.
Vi faccio vedere come muore una pedagogista.
Sono tornata a casa che mi muovevo come una macchinina del meccano, ho messo sul fuoco la zuppa, l'ho ingoiata bollente e alle ottoequarantacinque ero sotto il piumone.
Ed è lì che ho completamente sbagliato il film.
Ci sono dei film che un medio trentenne di sinistra ha visto almeno un paio di volte.
Terra e libertà.
Achtung Banditi.
Sacco e Vanzetti.
La classe operaia va in paradiso.
Io, la classe operaia va in paradiso non l'avevo visto.
L'ho visto ieri.
E mi ha fatto orrore.
Intanto perchè Gianmaria Volontè sudato, con i brufoli, la camicia viola attillata con la cravatta bordeaux non si può vedere.
Gianmaria Volontè brutto, in un miliardo di primi piani mentre borbotta Vada via'l cu.
Io lo guardavo e cercavo di concentrarmi su di lui in Giordano Bruno, che sopporta stoicamente le torture con quel fisico, quel fisico che Elio Petri nella Classe operaia va in Paradiso gliel'ha fatto lasciare nel camerino.
Poi, anche, perchè se siete sotto il piumone che tremate dopo essere morti di freddo da eroici pedagogisti, un film ambientato fuori dai cancelli di una fabbrica di Milano, alle sette e mezza di mattina, a gennaio, non è una grande idea.
Io li vedevo tremare nei loro cappottini, gli operai, e mi raggomitolavo ancora di più nel piumone, aspettando il tremendo calore dell'officina.
Ma soprattutto, tutte quelle scene con la luce blu del televisore.
Loro che mangiano davanti al televisore.
Loro che litigano nella luce blu del televisore.
Il figlio, da solo, nella luce blu del televisore.
La voce di Mike Bongiorno nel silenzio della cucina di GianMaria Volontè, operaio pagato a cottimo.
E io non ce l'ho fatta, a godermi il film.
Ero lì che inorridivo per il declino della classe operaia, che in questo film non assomiglia neanche un po' a Cipputi, neanche un po'.
Mi è venuto persino da pensare che in questo film non è che se lo meritano troppo il paradiso.
Che io Cipputi subito lo mandavo in paradiso.
Ma questi operai qui, del film, qualche anno di purgatorio, magari.
E poi ho iniziato a vedere Brunetta, a vedere tutti quelli che si chiedono Ma com'è che gli operai votano Lega? come se fosse una cosa che non la poteva capire nessuno.
Le risposte sono tutte lì, in un film brutto, con GianMaria Volontè brutto, con Mariangela Melato che non l'ho nemmeno riconosciuta, con una musica di Morricone che sembra il suo gatto con le unghie sulla lavagna.
Un film brutto, che secondo me Elio Petri l'ha girato forse per dire che è meglio il sindacato di quelli di Lotta Continua, forse l'ha girato per dire Che vita di merda, forse l'ha girato per dire Come mai come mai sempre in culo agli operai, forse per dire Si diventa pazzi, a stare nell'officina, che si entra quando è buio e si esce quando è buio.
Non lo so cosa voleva dire Elio Petri. Ho guardato anche gli extra, ma non lo spiegava neanche lì.
Comunque io, invece, ci ho visto Brunetta e ci ho visto la Lega e mi è venuta la tristezza, il dubbio che sia tutta colpa di Mike Bongiorno, e mi è venuto ancora più freddo. Non mi passava più, il freddo, ieri.
Ma fa anche tanto che non ho aperto la rotella del calorifero in camera.
domenica, novembre 23, 2008
TEST
Se sabato voi aveste tentato per la prima volta il dolce che pensavate di proporre alla cena di martedi, e foste rimasti delusi dal risultato...:
- a) Martedi tentate di nuovo, variando le dosi
- b) Martedi cucinate un altro dolce, tipo il tiramisù, che non sbaglia mai
- c) Martedi vi lanciate su un'altra novità, son cazzi degli invitati.
Ogni riferimento a cose o persone realmente esistenti è puramente casuale
giovedì, novembre 20, 2008
Non ce n'è uno, uno solo, che lo sento per telefono e non mi dice che questo è un periodo di merda.
Tranne quelli che li sveglio di notte, li spavento e non hanno neanche la forza di fare i paragoni con sè stessi, e cercano di stare svegli quel tanto che basta per coccolarmi. E basta, eccome se basta.
Ma gli altri, quelli che li sento da lucidi mi dicono Che situazione di merda la tua. Mi dispiace tanto tanto. Ma sai cosa è successo a me?
E via con una collana di sfighe massime, quando non tragiche.
Sembra il meeting internazionale della sfiga organizzato da cielle.
E' anche peggio della famosa legge di Murphy Se qualcosa può andare male lo farà.
Lo slogan è Se qualcosa può andare male, lo fa.
Io mi dico che dobbiamo fare qualcosa.
Non so, magari un'enorme bambola di stoffa in piazza san lorenzo, con ognuno che ci infila dentro un ferro da calza e vediamo se va meglio.
Oppure corrompiamo un astrologo.
O sgozziamo un vitello.
Una macumba.
Quadrifogli e cornetti.
Un bambino dalla rupe.
Ma per eliminare veramente la sfiga, direbbe una mente scientifica, dobbiamo individuarne le cause.
Qualcuno è mica a conoscenza di una tournèè di elton john in italia?
martedì, novembre 18, 2008
Se c'è una donna, una, che non è mai stata bambina, questa è Angela Merkel.
Io me la immagino, a sei mesi che legge le quotazioni di borsa, a tre anni che concede i prestiti ai compagni, a sette che denuncia la sua compagna che sporca il banco con l'inchiostro, a tredici che pensa all'amore come ad un pericolo, a venti con le rughe da cinquantenne.
A me fa paura, come donna, Angela Merkel.
Credo che sia una di quelle persone che non solo non capiscono l'ironia, ma s'infastidiscono perchè qualcuno sta perdendo secondi preziosi a ridere.
Io, se dovessi scrivere una fiaba con una matrigna, la matrigna avrebbe la faccia di Angela Merkel.
Non perchè è cattiva. Perchè è fredda.
E' il surgelatore del G8, Angela Merkel.
E' la Grimilde dell'Unione Europea.
Ora, detto questo, magari ci può anche essere qualcuno che la trova un personaggio positivo.
Un buon politico.
Un serio cancelliere tedesco.
Non so, dico, magari.
Ma simpatica.
Divertente.
Ironica.
Ecco, quello, secondo me, no.
A uno ci possono anche piacere i doberman, però poi non è che va in giro a dire che sono dei cuccioloni dal pelo folto.
Se il nostro presidente del consiglio pensa veramente che, accogliendo Angela Merkel al vertice italo-tedesco, in un momento di crisi economica, con la Germania potenza europea e l'italia in piena recessione, sia un'idea intelligente nascondersi dietro una colonna e farle Bù!, io, da educatrice, mi preoccupo.
Mi preoccupo come mi preoccuperei di un bambino che si spoglia nudo in classe, di un altro che urla Ho faaaaameee in mezzo al cinema, di un terzo che bacia in bocca la preside.
Mi preoccuperei e direi Questo bambino non riesce ad analizzare il contesto sociale e a comportarsi di conseguenza.
Non comprende le regole del vivere sociale e, piccino, va aiutato.
Così io vorrei fare una raccolta firme per dotare Berlusconi di un affido educativo.
Cioè di un volenteroso educatore ventenne che se lo vada a prendere tutte le mattine, lo accompagni in giro a fare tutte le sue cose, e che sia presente e critico ogni volta che il piccolo silvio fa una cazzata. Che se lo prenda, che gli parli, che lo faccia ragionare. Sulle sue azioni, sulle conseguenze, sul contesto, sui modi e sul suo rapporto con gli altri.
Un educatore che vada a mediare all'Onu, al G8, all'Unione Europea - come si fa in consiglio di classe - per farlo integrare, per accostargli una maestra di sostegno, per evitare che venga emarginato dai compagni.
Credo sarebbe divertente, se non fosse così dannatamente tragico.
lunedì, novembre 17, 2008
Ho fatto un test scemo su facebook.
Dice: Che infanzia hai avuto? Molto televisiva o poco televisiva?
E c'erano delle domande.
Su Lupin III (il nome di quello con le pistole).
Su Olly e Benji (quanto era lungo il campo da calcio? - ma veramente voi lo sapete quanto era lungo il campo da calcio?).
Su Mc Gayver (qualcosa su un apriscatole)
Su Genitori in Bluejeans (c'era una figa da paura in genitori in bluejeans?).
Io sapevo due risposte su quindici.
Una era su baywatch (il nome del bagnino che era david hasselhoff, e lo so perchè aveva anche un gruppo musicale).
La seconda era sui simpson, ma me la sono dimenticata.
Le altre ho risposto a caso, e credo di averle sbagliate tutte.
Ora, facebook non mi crede.
Non essere creduta dagli umani, passi. Ma da facebook.
Ha passato i suoi cinque minuti ad elaborare e poi mi ha detto Tu non me la conti giusta.
E il profilo del test, che avrebbe dovuto corrispondermi - ma che non vi copincollo, perchè poi magari si scopre che l'ha scritto un giornalista de Il Giornale - dice più o meno che io devo sicuramente avere passato l'infanzia davanti alla tv e così adesso sono così rincoglionita da non sapere delle banali risposte su Pollok combina guai.
Io l'ho pubblicato sul mio profilo di facebook, il risultato di questo test sulla mia infanzia.
(Invece quello del Test sui sette peccati capitali non l'ho pubblicato perchè io volevo Lussuria o almeno Accidia invece è venuto superbia e ci sono rimasta malissimo proprio).
Questo dell'infanzia l'ho pubblicato.
Perchè mi piace presentarmi come una che non le credono neanche i test online.
Dà una vaga idea del personaggio.
domenica, novembre 16, 2008
AUTOCENSURA
Io qui avevo pubblicato un post che mi piaceva e che non l'avevo scritto io.
Era un post che se la prendeva con Grillo e coi grillini.
Un post supponente, vero. Ma insomma, era contro Grillo. Grillo è il Guinnes dei primati della supponenza.
Così l'avevo copincollato.
Ma poi mi si dice che questo signore supponente, di cui avevo copincollato il post, scrive su Il Giornale.
Viene definito il Marco Travaglio de Il Giornale.
Già io non sopporto il Marco Travaglio originale, figurarsi.
Il post mi piaceva.
Ma adesso che sono andata a vedere le altre cose che scrive questo signore qui, lui non mi piace per niente.
Così l'ho cancellato.
E non potete leggerlo più.
Chiavutoavutochiadatoadato.
Però, anonimo delatore, la prossima volta, un po' più di tatto, eh...
Tipo: Nessie, guarda, mi dispiace tanto tantissimo, ma te lo devo proprio dire, sei pronta? Dammi tu il via, te lo dico? Hai pubblicato sul tuo blog il Marco Travaglio di destra!
Ecco, così.
Le brutte notizie si danno in mezzo alle coccole.
sabato, novembre 15, 2008
mercoledì, novembre 12, 2008
Forse è il muscolo contratto, forse è il rene, il dato di fatto è che fa un cazzo di male fottuto.
Allora adesso sono seduta sulla sedia che se mi alzo fa ancora peggio, e così scrivo già il post per domani.
Tanto domani sono in caritas.
Sic.
In caritas.
Nessie, da te non me lo sarei mai aspettato.
Comunque, oggi, tra fitte di dolore e pioggia, giusto prendevo un autobus pieno di umida umanità brontolante e imprevedibilmente silenziosa.
Mentre le nuvole di umido si alzavano dai giacconi, e gli ombrelli lacrimavano sul pavimento, ecco che in questo silenzio composto suona un cellulare.
Conversazione banale, ma tutti noi, viaggiatori solitari, non abbiamo potuto fare a meno di tendere l'orecchio davanti al Stasera minestrone o gnocchi? Il bambino sei andato a prenderlo? Era bagnato? Hai messo le scarpe sotto il calorifero? Ciao, bacio, sto arrivando, comunque.
Quando il silenzio umido è tornato io ho fatto un pensiero.
Mi sono detta, e se la frontiera della nuova propaganda politica, non potendo più andare a diffondere l'Unità porta a porta, si nascondesse dietro a questi momenti di obbligato ascolto?
Qualcosa del tipo:
Pronto?
Ciao, come stai? Mah, io un po' giù perchè oggi sono stata a scuola e ho scoperto che per colpa della riforma Gelmini, l'anno prossimo non posso iscrivere Giacomo al tempo pieno. E così adesso, capisci, mi tocca pagare una baby sitter cinque giorni a settimana. Ho fatto due conti: mi costava meno l'ici!...
Oppure:
Pronto? Oh, ciao, com'è il tempo lì a Napoli? Qui continua a piovere! Come sarebbe che hai i topi in casa? A causa della spazzatura? Ma io ho visto in televisione che Berlusconi l'ha fatta togliere...Ah...no...solo in centro? Eh, certo, se non lo sai tu che ci abiti...Minchia, quanti sacchi? Tutta la strada? ...guarda, faccio così, ti chiamo stasera che mi racconti per bene. Ciao
Ma anche:
Oh, ciao, è tutto il giorno che ti cerco...! Una telefonata veloce, che lo sai quanto mi costa chiamare lì in Francia...Ma dai, veramente? Tutto il giorno a prenderti per il culo perchè sei italiano, dopo la battuta di Berlusconi su Obama? Mamma mia che figura di merda internazionale! E meno male che con questo governo dovevamo aumentare il prestigio in Europa...!
Ecco, cose così.
Un po' di abilità recitativa, un po' di faccia da culo.
Un po' di argomenti sensibili al nervo del passeggero.
Io la chiamerei la controinformazione tecnologica.
Secondo me funziona, e comunque è l'unico modo di parlare all'italiano medio, costretto ad ascoltarti, tra il suo ombrello e la sua noia.
Ci proviamo?
martedì, novembre 11, 2008
La pissipissibaucologa insinua spesso che questo mio - nostro, in realtà, ma alla pissi interessa il mio - prendere le cose sul ridere sia un trucco della psiche.
Che poi sto male dentro, che poi sto male da sola, che poi scoppio.
Ecco, io mercoledi forse vado da lei e le dico Bah.
Le dico, Guardi, Pissi, forse è anche un trucco però, non so, funziona.
Io, se questo week end me lo vivevo seriamente e drammaticamente credo che mi affogavo nel catino per stendere.
E, guardi, signora Pissi, c'è di buono che siamo proprio tutti così.
Magari poi non riusciamo a mandare giù una lonza di maiale, da quanto stiamo male dentro, però almeno ridiamo.
Magari poi somatizziamo con dolori improbabili, però almeno ridiamo.
Come nel Medioevo con le danze macabre.Che poi, la verità, è che un modo di tirare fuori le cose sul serio ce l'abbiamo tutti. C'è chi scrive, chi si mette a posto le cose piccole della vita, chi si innaffia di lavoro, chi reagisce come un rotweiler incazzato, chi dorme sul divano per stare accanto agli altri, anche quando avrebbe bisogno di chi sta accanto a lui.
Ma lo facciamo così, ridendo.
Reagiamo alle cose come gli irlandesi ai funerali.
Perchè io me lo sono sempre chiesto, degli irlandesi.
Mi sono sempre chiesta Ma ai Funeral Party, quando poi tutti gli amici ubriachi se ne vanno e alla vedova rimangono i bicchieri da lavare, ma sarà poi una cosa così carina da fare, alla vedova?
Perchè nei film vedi sempre il funeral party, ma mai la vedova da sola dopo che lava i piatti.
Però poi penso che i bicchieri da lavare, la casa da pulire, il fondino della bottiglia di whisky da finire, ma soprattutto l'eco dei passi degli amici che sono stati tutti lì, dei violini e di Whisky in the Giar, sono proprio un trucco della psiche.
Gli irlandesi, come al solito, hanno capito tutto.
venerdì, novembre 07, 2008
Da un po' ce l'avevo sul gozzo, questa cosa.
Così, oggi ho scritto
(tanto e seriamente)
anche sul ranocchio
L’adolescenza poi finisce che ognuno la lega a ricordi improbabili.
Io, ad esempio, il sapore dell’adolescenza lo sento in bocca pensando alla salsa rosa della ekom di Voltri.
L’odore, invece, è quel misto incensoumidocannebirra dei Centri Sociali.
Ma se c’è una cosa che per me è il suono dell’adolescenza, sono le canzoni di un gruppo che si chiamava La Rosa Tatuata.
Più di Ligabue, degli Articolo 31, più della Banda Bassotti, di cui avrò visto 150 concerti tra i 15 e i 17 anni, più ancora dei Persiana Jones, per me il suono dell’adolescenza è la musica della Rosa Tatuata.
Intanto perché li avevamo scoperti noi, io e il mio fidanzato, il Timido Bassista, prima che fossero famosi – a Genova, dico, perché fuori da Genova non lo sono mai stati.
Poi perchè partivamo in macchina per destinazioni improbabili dell’entroterra ligure per sentirli suonare. Ed erano serate bellissime, trenta persone di pubblico e noi che sapevamo a memoria tutte le canzoni.
Poi, anche, perché il cantante, che si chiamava Max Parodi, era bello, era pelato, aveva la voce con i bassi, e quindi io un po’ avevo la cotta, così, virtuale, adolescenziale, ma una cotta.
E infine poi perché avevamo la cassetta e la mettevamo in macchina, io e il Timido Bassista, quando andavamo in giro. Le cassette preferite erano La rosa tatuata e poi un gruppo funky italiano di cui ho clamorosamente scordato il nome.
Così quelle canzoni della RosaTatuata - un po’ Springsteen dei Camaldoli, un po’ la scuola dei cantautori, un po’ blues da bettola - sono uscite dal cono di luce della bellezza oggettiva, e sono entrate di diritto nella lista dei pezzi acritici come Ohi Maria ti amoooo, Piccola stella senza cieeelo, Voglio vedere le piramidi di cheope ma sono miope ma sono miope, I want it all I want it all I want it all and I want it now. Quelle canzoni che sono belle a prescindere.
E’ poi successo che con la Rosa Tatuata ci sono stati dei contatti post adolescenziali importanti.
Perché loro saranno anche stati un gruppo famoso, ma Genova è sempre Genova, e così le strade sempre che si incrociano.
A Genova la legge dei sei gradini di conoscenza non funziona: con due arrivi a chiunque, da Garrone al besagnino.
E così, qualche mese fa, il Timido Bassista, ha iniziato a suonare nel nuovo gruppo di Max Parodi, che non era più la Rosa Tatuata ma un altro di cui non ricordo il nome.
Io, quando l’ho scoperto, devo avere fatto la stessa faccia della fidanzatina del liceo di Ringo Star quando è uscita Love me do.
Stavano suonando, mi ha detto il Timido Bassista, doveva uscire l’album, forse avrebbero fatto una tournèè.
E io sarei stata in prima fila.
Poi invece, tre giorni fa.
Max Parodi è morto nella doccia.
Così, a meno di quarant’anni.
I risultati dell’autopsia si sapranno tra due mesi, sembra, ma escludono droghe o suicidio.
Aveva avuto un precedente di attacco cardiaco e i medici lo avevano sottovalutato.
Ho sentito per telefono il Timido Bassista e non sapevo cosa dirgli.
Perché non so mai cosa dire, in questi casi, innanzitutto.
A lui, poi.
Non sapevo cosa dirgli perchè era un suo amico, certo.
Ma anche perché prima di essere un suo amico era stato la colonna sonora della nostra storia d’amore.
C’è questo, nella mia tristezza: che quando l’adolescenza ti muore d’infarto, non so, è qualcosa di assolutamente terrificante.
Io, ad esempio, il sapore dell’adolescenza lo sento in bocca pensando alla salsa rosa della ekom di Voltri.
L’odore, invece, è quel misto incensoumidocannebirra dei Centri Sociali.
Ma se c’è una cosa che per me è il suono dell’adolescenza, sono le canzoni di un gruppo che si chiamava La Rosa Tatuata.
Più di Ligabue, degli Articolo 31, più della Banda Bassotti, di cui avrò visto 150 concerti tra i 15 e i 17 anni, più ancora dei Persiana Jones, per me il suono dell’adolescenza è la musica della Rosa Tatuata.
Intanto perché li avevamo scoperti noi, io e il mio fidanzato, il Timido Bassista, prima che fossero famosi – a Genova, dico, perché fuori da Genova non lo sono mai stati.
Poi perchè partivamo in macchina per destinazioni improbabili dell’entroterra ligure per sentirli suonare. Ed erano serate bellissime, trenta persone di pubblico e noi che sapevamo a memoria tutte le canzoni.
Poi, anche, perché il cantante, che si chiamava Max Parodi, era bello, era pelato, aveva la voce con i bassi, e quindi io un po’ avevo la cotta, così, virtuale, adolescenziale, ma una cotta.
E infine poi perché avevamo la cassetta e la mettevamo in macchina, io e il Timido Bassista, quando andavamo in giro. Le cassette preferite erano La rosa tatuata e poi un gruppo funky italiano di cui ho clamorosamente scordato il nome.
Così quelle canzoni della RosaTatuata - un po’ Springsteen dei Camaldoli, un po’ la scuola dei cantautori, un po’ blues da bettola - sono uscite dal cono di luce della bellezza oggettiva, e sono entrate di diritto nella lista dei pezzi acritici come Ohi Maria ti amoooo, Piccola stella senza cieeelo, Voglio vedere le piramidi di cheope ma sono miope ma sono miope, I want it all I want it all I want it all and I want it now. Quelle canzoni che sono belle a prescindere.
E’ poi successo che con la Rosa Tatuata ci sono stati dei contatti post adolescenziali importanti.
Perché loro saranno anche stati un gruppo famoso, ma Genova è sempre Genova, e così le strade sempre che si incrociano.
A Genova la legge dei sei gradini di conoscenza non funziona: con due arrivi a chiunque, da Garrone al besagnino.
E così, qualche mese fa, il Timido Bassista, ha iniziato a suonare nel nuovo gruppo di Max Parodi, che non era più la Rosa Tatuata ma un altro di cui non ricordo il nome.
Io, quando l’ho scoperto, devo avere fatto la stessa faccia della fidanzatina del liceo di Ringo Star quando è uscita Love me do.
Stavano suonando, mi ha detto il Timido Bassista, doveva uscire l’album, forse avrebbero fatto una tournèè.
E io sarei stata in prima fila.
Poi invece, tre giorni fa.
Max Parodi è morto nella doccia.
Così, a meno di quarant’anni.
I risultati dell’autopsia si sapranno tra due mesi, sembra, ma escludono droghe o suicidio.
Aveva avuto un precedente di attacco cardiaco e i medici lo avevano sottovalutato.
Ho sentito per telefono il Timido Bassista e non sapevo cosa dirgli.
Perché non so mai cosa dire, in questi casi, innanzitutto.
A lui, poi.
Non sapevo cosa dirgli perchè era un suo amico, certo.
Ma anche perché prima di essere un suo amico era stato la colonna sonora della nostra storia d’amore.
C’è questo, nella mia tristezza: che quando l’adolescenza ti muore d’infarto, non so, è qualcosa di assolutamente terrificante.
giovedì, novembre 06, 2008
mercoledì, novembre 05, 2008
Volevo raccontarvi tutto, per filo e per segno, delle stranezze che questo festival ha portato con sè.
E lo farò.
appena inizio a capirci qualcosa io, che sono passata dall'euforia all'adrenalina, dalla stanchezza al vittimismo, dal burn-out alle cene masochiste, dalla tranquillità alla disperazione, dalle lacrime alle soddisfazioni.
Ho bisogno di un'agenda emotiva.
Ma adesso sono qui, con la giornata piena soprattutto della vita degli altri: la E. e il Chimico a chiedersi, il G. ad aspettare, la StregaNocciola in anestesia, la mia capa a pretendere un mio ritorno lavorativo, ex amori (non uno, non due, tre) a chiedere spiegazioni via mail.
E poi tutto un mondo intorno che gioisce per Obama, e il Manifesto esaurito in tutte le edicole.
Indovina chi viene a cena.
Insomma, con tutte queste urgenze prioritarie, di questa mia vita iperemozionale e di quelle vite iperincastrate, oggi non si riesce a parlare, perchè c'è troppo, troppo di tutto.
E io, per altro, sono tornata a casa alle 8 del mattino, risalendo la corrente dei lavoratori.
E ho dormito in barca a vela.
martedì, novembre 04, 2008
Finisco tra mezz'ora l'ultimo turno dell'ultimo giorno del festival della scienza.
Devo gestirmi dei sassolini nella scarpa accumulati sabato sera.
E fastidi da burn out.
Sgrassare la malinconia per i nuovi scrocchinquilini che partono.
Ripensare a quelli che ho di nuovo visto passare, e che mi mancano un po'.
Crogiolarmi negli apprezzamenti della nuova versione Nessie rossetto dark.
Devo soprattutto partecipare alla festa dell'ultimo giorno.
Ma sono proprio le ultime cose.
Mentre piove sui giusti, sugli ingiusti, sui contenti, sugli scontenti, sugli idrosolubili, sui piedi dei bambini che mi infangano la mostra, e sui miei vestiti stesi,
io riapro le mie stanze di vita quotidiana.
Ci vediamo domani.
Devo gestirmi dei sassolini nella scarpa accumulati sabato sera.
E fastidi da burn out.
Sgrassare la malinconia per i nuovi scrocchinquilini che partono.
Ripensare a quelli che ho di nuovo visto passare, e che mi mancano un po'.
Crogiolarmi negli apprezzamenti della nuova versione Nessie rossetto dark.
Devo soprattutto partecipare alla festa dell'ultimo giorno.
Ma sono proprio le ultime cose.
Mentre piove sui giusti, sugli ingiusti, sui contenti, sugli scontenti, sugli idrosolubili, sui piedi dei bambini che mi infangano la mostra, e sui miei vestiti stesi,
io riapro le mie stanze di vita quotidiana.
Ci vediamo domani.
giovedì, ottobre 30, 2008
martedì, ottobre 28, 2008
AGGIORNAMENTO VELOCE
Oggi, ventisette anni.
Ieri, come sempre il giorno prima del mio compleanno, ero scoglionata e depressa.
Allora ho pensato che ci voleva una cosa da Una volta nella vita.
L'ho trovata: ho fatto una camminata sui carboni ardenti sul tetto di una caserma dei pompieri.
E' stato fichissimo.
Un po' Giovanna D'arco, un po' prosciutto di Praga.
Prossimamente, il video su iu tub.
martedì, ottobre 21, 2008
L'amica E. dice che il periodo del festival della scienza lo odia perchè noi tutti spariamo dal mondo, facciamo lobby, usciamo in masse itineranti, parliamo di cose che non si capiscono, e aboliamo il tempo libero.
E' tutto vero.
Il festival della scienza è il richiamo dell'erasmus, socialmente parlando.
Una punturina di cazzonaggine annuale, pic! già fatto.
Quest'anno, poi, è ancora peggio.
Quest'anno noi dobbiamo tenere il piede in due scarpe: saremo come sempre gli stupidi animatori in maglietta deformante, MA ANCHE i seri curatori, per la stampa, per i visitatori del barrio alto.
Ma anche.
Se questo è lo slogan, abbiamo fallito in partenza.
Gli scrocchinquilini, il vero valore aggiunto del festival, per ora ancora scarseggiano.
Piazzati in casa nostra a rotazione, rispettando un criterio di scelta posto da me e mia moglie (maschi e di sinistra) da tre anni si presentano puntuali alla nostra porta con in mano i cioccolatini o i salami del ringraziamento.
Arrivano da tutta italia perlavorare come animatori scientifici, 6,50€ lordi all'ora, 400 persone al giorno da fronteggiare.
Siamo una generazione di masochisti.
In tre anni, io e mia moglie abbiamo ospitato:
L'Insopportabile Veneto
L'adorabile Jennifer
L'imbucato di Saragoza
Miss Marple
L'adorabile Jennifer (reprise)
Lo scrocchinquilinoperugino.
Quest'anno abbiamo spazio per tre, ma per ora è arrivato solo Dobby, l'elfo domestico, che ci fa la spesa, pulisce, cucina, lava i piatti e si rende spesso decisamente piacevole.
Sappiamo che dovrebbe arrivare un pisano (meglio un morto in casa...).
E il terzo non si sa chi è.
Nessuno, lo sa.
Il pacco sorpresa.
Il pacco sorpresa.
E così vi tocca attendere.
Perchè io sparisco.
Faccio lobby, faccio gruppo, ma soprattutto faccio i doppi turni.
C'est masochisme, mais c'est magnifique.
Ci rivediamo il 5 novembre, con un sacco di cose da raccontarvi.
Ma se volete passare a trovarmi, sarò allo Scienziato Puzzle.
E mi riconoscerete facilmente: sarò quella che starà agonizzando nella sua realizzazione personale.
lunedì, ottobre 20, 2008
...Tra le altre cose, ho miseramente perso la mia battaglia contro i bidelli.
Il male ed il potere hanno un aspetto così tetro...
venerdì, ottobre 17, 2008
giovedì, ottobre 16, 2008
SONO COSE DA TASSISTI
Io ero meravigliosamente fiera di me stessa.
Con mio stesso stupore, stavo gestendo con maestrìa: una mostra assolutamente incompleta a sei giorni dall'inaugurazione, il lavoro più incasinato del mondo, una famiglia in crisi, una vita sentimentale a zero, la Manifesta anche se poco, tutto il resto della vita, che comunque pesa, che comunque assorbe. La lavatrice che sempre perde, la camera che sempre assomiglia ad una palude scozzese, le dimenticanze che sempre, la spesa.
Stamattina, inevitabilmene, mi sono venute le ansie.
Santo dio non ce la faremo mai.
Cazzocazzocazzo.
Non c'è pronto niente, per la mostra.
Devo fare tutto io, al lavoro complesso.
La famiglia in crisi, merda.
Vita sentimentale? Eh?
Il manifesto ha pubblicato gli orari sbagliati. Bisogna dirglielo! (e i comunicati stampa? Avevo promesso che li avrei fatti! Ma quando?).
La lavatrice
La camera
Le dimenticanze
La spesa.
E devo fare il silchepil.
Adesso, che sono le otto e ho scoperto che mi piace stare qui a scrivere, a quest'ora, nell'ufficio deserto, mangiando poi alle dieci, mi piace tantissimo, sono di nuovo in asse di equilibrio, e sono felice per il mio benessere psicofisico.
Adesso vado a casa e, cascasse il mondo, mi faccio il silchepil.
Già basterebbe, a riposarmi la psiche.
Ma c'è anche che ho comprato il carnet dei biglietti dell'autobus, ho dato all'edicolante 50 euro e lui me ne ha resi 49.
Potevo dirglielo.
Diciamo che me ne sono accorta tardi.
Ma c'è anche che il mio progetto con i viscidi adolescenti sta funzionando a meraviglia. Ogni giovedi raddoppiano. Settimana scorsa 6, oggi 13.
Lo so, non è la vostra idea di felicità, un gruppo di adolescenti che raddoppia una volta a settimana, ma è la mia. E' la mia soddisfazione.
Ma c'è anche una casa che invece di uno scrocchinquilino mi hanno dato un elfo domestico.
E' meraviglioso.
Fa tutto lui.
Che nessuno osi regalargli un mio calzino.
Così ho pensato questo.
Che rimanere sereni, in queste condizioni, sarebbe da tibetani.
E i tibetani sono cose da tassisti.
Io, lo ammetto, sono un po' stressata.
Ma soltanto un po'.
Perchè, di fatto, sono profondamente soddisfatta.
E quindi anche un po' felice.
Etichette:
le croccanti croniche di vico dolcezza
mercoledì, ottobre 15, 2008
lunedì, ottobre 13, 2008
Due, tre righe di corsa, per dirvi che ci sono, ma che non ce la faccio a trovare il tempo di mettermi lì a raccontarvi.
Sono giorni di battaglie campali contro i bidelli, col mio scudo e ronzinante.
Di spettacoli meravigliosi, come i canti di pace di Moni Ovadia e Falsal Taher.
E stamattina a Camogli c'era un sole tiepido che sembrava mi volesse fare un regalo.
Sono giorni che è partito il count down finale del Festival della Scienza .
Mille millanta tasselli, davvero.
Mancano dieci giorni e tutto quello che abbiamo fatto per la nostra mostra è accumulato nella mia anticamera.
In anticamera c'è una macchia d'umido.
Che si allarga incessante.
Se la legge di murphy è scienza esatta, è lo è, mi crolla l'intonaco sulla mostra la mattina prima dell'allestimento.
Io speriamo che me la cavo.
Oggi è arrivato il primo scrocchinquilino dell'anno.
Dorme nella stessa stanza della mostra accumulata e dell'intonaco precario.
Forse sarebbe un atto misericordioso, da parte mia, pagargli l'ostello.
Ma c'è una cosa che si impone, in questa sintesi degli ultimi giorni.
Sabato ho portato il mio amico Jp - regista dall'animo lombardo, dalla tensione baudeleriana, dalle idee all'assenzio, dai sottotitoli brechtiani - a mangiare i frittini di pesce sul molo al tramonto.
Ci siamo seduti in silenzio, e io lo guardavo, il mio amico Jp, con quella faccia un po' così, quell'espressione un po' così.
E a ogni totanino.
A ogni sciabordìo.
E a ogni panissa.
A ogni gabbiano all'orizzonte.
La sua tensione milanese, le sue rughe metropolitane si distendevano, sul molo, fino a quando i muscoli gli si sono rilassati così tanto da riuscire anche a sorridere.
Gli caduto il lifting del milanese.
Ed è in quel momento che io e la mia città ci siamo sentite importanti.
domenica, ottobre 12, 2008
In corteo alla fine io non c'ero.
ma loro, per fortuna, erano 300.000.
Ho passato un week end bellissimo, bellissimo veramente, ma mi dispiace tanto non essere andata.
Un po' di senso di colpa, un po' di dispiacere.
Così mi sono andata a vedere le foto, per gustarmi la manifestazione almeno in differita.
Se volete vederli anche voi, alcuni di quelli più coerenti di me, li trovate qui.
E un mio personale applauso agli autori del meraviglioso striscione:
ma loro, per fortuna, erano 300.000.
Ho passato un week end bellissimo, bellissimo veramente, ma mi dispiace tanto non essere andata.
Un po' di senso di colpa, un po' di dispiacere.
Così mi sono andata a vedere le foto, per gustarmi la manifestazione almeno in differita.
Se volete vederli anche voi, alcuni di quelli più coerenti di me, li trovate qui.
E un mio personale applauso agli autori del meraviglioso striscione:
RIAPRIAMO IL DIALOGO: VAFFANCULO.
mercoledì, ottobre 08, 2008
C'era una volta io che non mi arrabbiavo mai con gli estranei.
Che avevo questa sorta di timore reverenziale dell'istituzione e degli uomini dietro al bancone, o dietro allo sportello.
Sempre io che dicevo Ah, mi scusi.
Resti sbagliati, scontrini al ribasso, abusi di potere: mi arrabbiavo sempre dopo.
Zitta e incazzata, pronta a prendermela con chi non c'entrava, con chi aveva la sfiga di incontrarmi subito dopo.
(Poi l'ho scoperto, al laboratorio di gestione del conflitto, questa cosa dell'altalena M- m
Io facevo sempre il ruolo m, con le istituzioni, e poi mi trasformavo in M con chi non c'entrava niente.)
Ma 27 anni di lamentele sopite nei confronti dei burocrati e dei ladri istituzionali, dovevano pur uscire da qualche parte.
A furia di accumularsi, doveva succedere un esplosione di magma nevrotico antistituzionale.
Stamattina alle nove, l'amministrativa del municipio prima mi ha chiamato e poi mi ha riattaccato il telefono in faccia due volte, dopo due settimane di insulti in burocratese subiti passivamente dalla sottoscritta.
Sottoscritta che, per inciso, non ha nessuna colpa nella situazione in corso.
Ho avuto il nervoso tutta la mattina, per questa cosa delle telefonate riattaccate in faccia.
Per calmarmi sono andata dal parrucchiere.
Mi sono fatta coccolare i capelli, e sono tornata in ufficio che ero diventata un M enoooooorme.
Dieci minuti fa ho richiamato in municipio, per parlare con la donna dei conti isterici.
Ero un M che esondava fino all'ascensore.E me la sono mangiata viva.
Ho iniziato ogni frase con ADESSO LEI STA ZITTA E MI ASCOLTA.
Ho continuato con NON OSI RIATTACCARMI IL TELEFONO IN FACCIA.
E, non contenta, ho anche aggiunto DEVO PARLARE CON I SUOI SUPERIORI?.
Alla fine ha ceduto e mi ha passato una collega, sana di mente, mentre lei continuava a sbraitare, nel suo delirio amministrativo, lontana dalla cornetta.
Con la collega abbiamo risolto tutto in cinque minuti.
Quando ho messo giù mi tremavano le mani e avevo lo stomaco piccolo piccolo.
E nel corridoio si tagliava il silenzio col coltello da pesce.
Piano piano il mio M si è mosso come un blob gelatinoso ed è rientrato dalla porta.Mi sono ripresa, il nervoso è uscito tutto invece di stare lì a pesare sul mio fegato, e sto molto meglio.
E adesso, che realizzo che sono molto più calma e rilassata di stamattina...
..quasi quasi la richiamo io, la donna dei conti isterici, e le faccio una scenata anche per quella volta che mi hanno trattato male alla segreteria dell'università
lunedì, ottobre 06, 2008
Allora, io sabato vado in corteo a Roma.
Deciso e sicuro, vado.
E che bello sarebbe che foste in tanti a mettere il dito qui sotto e a venire con me.
Con tutta un'abile manovra sono riuscita a spostare l'animazione che avrei dovuto tenere contemporaneamente, a 800 km di distanza dal corteo.
Niente bambini: annullati.
Quindi vado.
Le ragioni del corteo, quelle ufficiali, le trovate qui.
Ma sostanzialmente si riassumono in LO FACCIAMO QUESTA CAZZO DI PARTITO UNITARIO DELLA SINISTRA, EH? O ANDIAMO AVANTI CON LA POLITICA DEI LEMMINGS?
Ma questo non basterebbe a farmi alzare alle cinque.
La rivoluzione dopo mezzogiorno, per favore.
Quello che mi farà alzare prima dell'alba è sostanzialmente questo.
Che io ho bisogno, fisicamente, di vedere che non siamo solo noi.
Ho bisogno di vedere il pullman da Casalecchio di Reno, posteggiato dietro quello del Vomero, posteggiato dietro i venti pullman da Reggio Emilia.
Ho bisogno del solito pastore tedesco con la sciarpa attaccata al collo e il solito vecchietto che dice "Così non potranno dire che non c'è nemmeno un cane".
Ho bisogno della solita banda.
Ho bisogno degli striscioni bucati per il vento, il solito CheGuevara che svolazza sul Circo Massimo.
Ho bisogno di questo perchè c'è poco che mi piace più nella vita.
Ma anche.
Anche perchè ho bisogno di normalità.
Ad ognuno la sua routine. La mia è questa. Io sto alle manifestazioni come l'impiegato al rintocco delle cinque.
Ho un bisogno, fortissimo, di vedere che ci nascondo, ma che alla fine ci siamo.
Il vecchietto, il cane, le bandiere, il pullman dell'unione studenti, l'arcilesbica con i capelli corti, i migranti della CGIL.
Ho bisogno del mio thermos caffè corretto crema al whisky, con la crema al whisky che la bevo soltanto in corteo, come le lenticchie a capodanno.
Ho bisogno della sosta all'autogrill che sono già in Toscana ed è l'ora in cui di solito mi sveglio.
Ho bisogno che in autogrill, quelli che sono partiti prima, abbiano già esaurito per primo il Manifesto, poi Liberazione, poi L'Unità, poi Repubblica, poi il Corriere della sera, e nella disperazione financo il Riformista. E nella grata rimangono solo la Padania, Libero, il Giornale e il Messaggero.
Ho bisogno di passare tra gli striscioni, senza mai sapere dove ci andremo a mettere finchè non mi innamoro di uno spezzone. A volte perchè cantano, a volte perchè hanno i fischietti, a volte per i bambini, a volte, semplicemente, perchè sorridono.
Nei cortei ho i colpi di fulmine per gli spezzoni, e sempre tradisco: mai fatto un corteo con la stesso gruppo di quello prima. Anche al g8 ho cambiato tre volte in tre giorni.
Ecco, vorrei vedere se ci sono i compagni portuali de Venesia, che al g8 mi hanno salvato la vita e la psiche.
Ho un bisogno fisico di vedere le solite facce che non sono mai le stesse, i bambini sempre piccoli con i palloncini rossi. Ho bisogno di passarci in mezzo, di sentire che non è cambiato niente dallo scorso ottobre: ci siamo, sempre, camminiamo, sempre, nelle stesse strade di roma, sempre, con gli stessi slogan, sempre, che a volte non se ne può neanche più.
Ma sempre, comunque, anche se non si parla più di noi, anche se siamo la polvere extraparlamentare sotto il tappeto della democrazia.
Io, l'11 ottobre, mi fermo in piazza esedra per il solito caffè.
Etichette:
Achtung extraparlamentari,
il popolo degli alberi
Devo assolutamente trovare il tempo di andare dal parrucchiere.
(Se vi state silenziosamente lamentando, nella solitudine delle vostre scrivanie, che oggi c'è poco da leggere, potete fare un salto su prospettivaranocchio.
Lì troverete ampio spazio di depressione e sconforto).
giovedì, ottobre 02, 2008
Volevo descrivervi tutti ma proprio tutti gli adolescenti che oggi alle quattro avrebbero dovuto venire al nostro progetto di educativa di strada: la Nessie che ritorna a fare l'educatrice dei teenagers.
Dopo tre anni e mezzo, di nuovo ad occuparmi di ormoni e sudori, e depressione cosmica e primi amori, e le marlboro nel bagno e le canne di nascosto, e Ma se mi bacia al cinema posso restare incinta, e Lo sai che io ho due amici che sono rimasti incastrati baciandosi con l'apparecchio, Sai che roba, io ho due che sono rimasti incastrati scopando, no no è vero, cazzo, vi giuro.
Di nuovo i Bella raga, Brilla, Oh Frè.
Ero anche un po' emozionata.
Mi dicevo E se non sono più in grado?
Se mi sono abituata troppo bene con i bimbi nani, quelli che dicono Culo! e poi arrossiscono?
Se non so più cosa fare davanti ad una ragazzina alle prese con il suo primo amore?
Se mi faccio demoralizzare dalla loro aria annoiata e scoglionata?
Se pensano di me che sono vecchia?
Se mi dicono che ascoltano musica Indy e io la confondo con il triphop, che non so perchè ma lo faccio sempre?
E dico Non mi piace a me l'indy.
E poi mi accorgo che non è vero, che mi piace, ma è troppo tardi, ormai l'ho detto, pensando al triphop.
Se non so cos'è la musica Industrial?
Se l'hip hop sono ferma agli articolo 31 e ai Sottotono.
Se non so i nomi dei cellulari.
E non ho neanche il T9.
Nemmeno la tv, ho.
Con i bambini è più facile: abbiamo dei punti di contatto.
Tipo che ci fa paura a tutti il giudice di roger rabbit.
Io, quando lavoravo con gli adolescenti, non sapevo neanche aiutarli con i problemi di geometria di prima media.
(però ero richiestissima per l'argomento Ciclo in ritardo. A ognuno le sue competenze).
Insomma, ero un po' intimorita ed emozionata.
Mi dicevo Nessie, ricordati la regola base, con gli adolescenti: se non sai di cosa cazzo stanno parlando, stai solo zitta, ascolta e sorridi. Prima o poi inizieranno a parlare di sesso.
Ma tanto non sono venuti.
Zero di zero.
Il deserto dei tartari adolescenti.
Tre ore ad aspettare, e neanche una nuvola di polvere all'orizzonte.
Così noi educatori siamo andati a prendere i pasticcini.
E il succo d'arancia solidal.
Si, in orario di lavoro, mica siamo sbirri.
E abbiamo passato un intero giovedi a chiacchiere tra di noi.
Di cosa parlano gli educatori?
Oggi, in particolare, di nuvole a forma di Ufo, minchia devi vederli i video su you tube; di Kungfupanda che è meno bello degli incredibili però minchia lo devi vedere troppo; e di Minchia adesso vado a casa, mi faccio un bagno, una canna e poi nanna.
Ecco cos'è l'educatore, pensavo.
Una persona che è pagata per far passare kungfupanda come corso di formazione specifico.
Ma non è che mi stia lamentando, anzi.
Intanto perchè questa profonda riflessione la facevo con un bignè al pistacchio in bocca.
E poi, comunque.
Sempre meglio che lavorare.
martedì, settembre 30, 2008
Tre
Due
Uno
E' finita.
Scadono in questo momento le ultime quattro, delle mille e quattrocento ore di sevizio civile.
Sono sopravvissuta.
Ce l'ho fatta.
Evviva.
Quattrocentotrentare euro al mese, per dodici mesi.
Sono rimasta viva, e sono qui.
Ad ottobre scorso ero convinta che sarei morta d'inedia.
Tra affitto e bollette, pensavo, tornerò di nuovo a rubare le bustine di miele dai bar.
E invece no, invece ce l'ho fatta.
E ce l'ho fatta neanche mica male, che non ho poi rinunciato a molto.
Ho fatto qualche doppio lavoro, qualche mese anche triplo, ma in cambio ho fatto persino le vacanze.
Mi sono comprata un paio di scarpe, quest'estate.
E anche un vestito elegante, a capodanno scorso.
Sono andata a Londra a dicembre, con tutto che non pagavo il biglietto, ma insomma.
E a Torri ad Agosto, e anche dai miei amici meravigliosi in Svizzera.
Mi sono comprata persino dei vestiti, ogni tanto
E Julia, in edicola, tutti i mesi.
Ho fatto la spesa biologica, almeno una volta al mese.
E il cinema, ogni tanto, soprattutto di mercoledi.
A ben pensarci non ho rinunciato a molto, giusto qualche uscita di troppo a cena, quelle no.
Ma insomma, confesso che ho vissuto, con quattrocentotrentatre euro al mese.
Padoa Schioppa? Prrr.
Bambocciona tua sorella.
Io però devo dire grazie alle due cose che mi hanno permesso veramente di sopravvivere:
Innanzitutto il credito aperto da Feltrinelli con la strega nocciola e lo gnomo del bancone.
I libri, quelli no, non avrei potuto pagarmeli.
E toglietemi tutto, ma non i miei libri.
Se non era per il credito aperto mi suicidavo e finivo a lavorare in banca.
Ma poi, anche, devo dire grazie a tutte le serate e le giornate a costo zero della comune-ty.
Il Mahjongh.
Le cene ognuno porta qualcosa.
I the.
I filmini a casa.
Il trivial.
Le chiacchere.
I giochi con la sorella.
Le pupotte.
Il dottor house.
I pic nic.
Queste sono cose che mi sono costate 9 centesimi di messaggio, per l'organizzazione, e basta.
Ma sono state la migliore delle alternative al sushi e ai ristoranti che non mi potevo permettere.
Quindi grazie, che da soli non sarebbero mai bastati quattrocentotrentatre euro al mese, ma con tutti voi a sostenermi, sono avanzati anche i soldi per i truccosetti.
E adesso?
Adesso c'è un contratto che devo ancora firmare ma c'è, in cui raddoppio, quasi triplico, lo stipendio.
Inizia l'era dei lussi.
Il primo lusso è la bici elettrica, a fine mese.
So già quale: ha il cestino e lo specchietto retrovisore. Ci siamo dichiarate amore reciproco a Fa' la cosa giusta. L'ho già presentata a tutti. Si chiamerà Confidenze. E sarà blu.
Il secondo lusso è internet a casa, che siamo rimaste io, mia moglei e la Somalia, senza la connessione.
Il terzo lusso, non lo so ancora.
Il terzo lusso fosse sarà semplicemente preoccuparmi un po' di meno, concedermi un po' di più.
E adesso.
Champagne!
Iscriviti a:
Post (Atom)