giovedì, maggio 28, 2009

L'azione antifascista della settimana (qualcuno dice del mese)


Non ero partita proprio con il piede giusto.
Ero partita con il piede dello shopping.
Volevo un paio di sandali col tacco nè troppo alti nè troppo bassi, ma senza brillantini, magari di cuoio, nere s'intende.
Erano le sei, l'ufficio latitava perchè percepisce l'estate, con la ragazza fuori moda siamo scappate.

Tempo di vedere un paio di scarpe con sopra i pesci argentati ed inorridire quel tanto che basta, siamo state attirate dalle urla.
Io non so se riesco a spiegarvelo, però le urla è difficile confonderle.
Si capisce sempre se sono urla da starci lontani o urla da avvicinarsi. Io sempre lo capisco.
Infatti, eravamo ancora lontane almeno 300 metri che io ero sicura che le urla erano dei nostri, e ho detto alla Betta: fascisti.
Anche la parola fascisti, badate bene, cambia suono di volta in volta.
Se sei in un vicolo e ti vedi arrivare in direzione opposta quattro stronzi con lo stemma dell'italia, la parola Fascisti tremola.
Se sei in corteo la parola Fascisti! urla.
Ma se sai che le urla che senti sono quelle dei tuoi, e a riceverle sono loro, io dico Fascisti mentre mi brillano gli occhi e mi dimentico dello shopping.

Infatti c'era un gazebo della lega.
Con due bandiere.
Dieci poliziotti.
Cinque attivisti.
Un microfono con un impianto di amplificazione da festa delle medie.
E cinquanta di noi che gli urlavano contro.
Io e la ragazza fuori moda ci fermiamo.
Dopo un po' eravamo sessanta.
Settanta.
Ottanta.
E la nostra meravigliosa fantasia negli slogan, che è quello che mi riempie di vera gioia ogni volta.
Fermarsi, urlare, ascolare e sapere che comunque, sempre, ci salva l'ironia.
E vedere la gente che aumenta, che si ferma, che applaude. Noi, applaude.
E vedere loro, soprattutto, che piano piano tolgono le bandiere.
Tolgono i manifesti.
Smontano il gazebo, mettendoci tantissimo, con la stessa incapacità che ho io con la tenda al campeggio: vuoi un ingegnere, leghista vuoi un ingegnere, vuoi uuun ingegneeeere, leghista vuoi un ingegnere?
E se ne vanno.
Mogi, scortati e zitti.
Insomma, abbiamo vinto.
Adesso voi fate i soliti corvi, fatelo pure.
Ricordatemelo, che la lega nei vicoli è il terzo partito.
Che chi li vota non lo fa mica vedere, passa dritto e si rintana nel segreto dell'urna.
Che non si vince in piazza.
Se volete, ditemelo.
Ma oggi non mi abbatterete, perchè fermarsi vicino al porto al tramonto e, mentre il sole cambia colore, urlare Forza Napoli ad un leghista, è una gioia che non ha prezzo.

Giusto qualche riga, che poi devo mettermi a lavorare sul serio: devo trascrivere "il re delle mele" per l'audiolibro che regaleremo ai nostri bimbi.
Devo copiare le storie, devo impaginarle, devo fottermene del copyright, devo registrarle e impacchettarle. E' uno dei lavori più belli dell'anno.

Ieri sera la ragazza fuori moda mi ha cucinato le costine di maiale alla piastra perchè la mia detologa così ha imposto.
Io non sono una donna fatta per la carne.
Io quando mangio la carne innanzitutto non mi diverto.
E' proprio una questione di noia gustativa.
In secondo luogo non la digerisco.
Dormo beata con una teglia di lasagne al pesto e non digerisco la fettina.
Così, mentre eravamo lì a lavorare anche di sera, che sabato andiamo a raccontare storie e scienze ad Imperia, mentre eravamo lì, il mio stomaco ha inziato a fare strani rumori.
E io mi sono detta Non ho più gli anticorpi di una volta.
A stare in ufficio ho perso tutto quello che avevo accumulato facendo la maestra: è bastato tenere la testa ad una sorella vomitante, martedi notte, ed ecco che subito il virus mi ha beccato anche a me.
Mi sveglierò con la febbre.
E le bietole dal naso.
Io che sono passata indenne attraverso varicelle, orecchioni, febbri suine, pidocchi e sars portate quotidianamente dai miei bimbi, io che neanche la peste bubbonica, adesso che sono passata alla progettazione basta uno stupido virus che subito me lo becco.
Così sono andata a letto mogia mogia e, scusate la franchezza, schifosamente ruttante.
Mi sono addormentata aspettando il momento in cui avrei aperto gli occhi nella notte e mi sarei trovata nuovamente a tu per tu con la costina di maiale.
E invece.
Anticorpi santi subito.
Sto benissimo.
Pensavo fosse un virus e invece era la costina.

Un contratto di un anno da maestra dovrebbe essere garantito dal sistema sanitario nazionale.

martedì, maggio 26, 2009



Maggio è il mese delle conclusioni, per chi lavora con i bambini e gli adolescenti.
Poi c'è lo spettro dei Centri Estivi che si aggira per l'ufficio, ma è un'altra cosa.
E' un'altra cosa soprattutto perchè quest'anno io faccio il coordinamento.
I due anni che ho fatto la maestra della materna a giugno e luglio, ingresso ore 7.30, una colata di asfalto con un ombrellone a far finta di fare ombra, dal lunedi al venerdi, 80 nani accaldati ad aspettare il giorno dei giochi d'acqua, quello mi ha formato lo spirito come ad alcuni la naja. Ma quella era la mia vita precedente: il coordinamento, a confronto, è nulla.
Se non ci credete potete provare a vedere la pesca a fettine che fermenta a vista d'occhio nella ciotola di alluminio mentre passate a portarla, manina per manina, alla merenda delle dieci.

E' il mese delle conclusioni e infatti oggi ho lo spettacolo finale delle mie ragazzine. Tre di loro le vado a prendere a scuola prima, per fare le prove.
La colonna sonora della scena centrale è Eeeveryybody dance now (tun tun tun tu-tun).
Non vedo l'ora.
E se pensate ancora che questo non sia un lavoro, andatevi a vedere il video su facciabuco che si chiama Nel dubbio ti amo, così da capire cosa voglia dire tradurre da italiano ad italiano i dubbi e le incertezze di questa generazione.
La mia ragazzina che dice Io ascolto solo musica vintage: sono una fan di michael jackson.
Un'altra che si fa fotografare in tanga dalla zia e poi mette le foto su facciabuco.
Quella che dice Le mie amiche mi prendono in giro perchè ho quindici anni e sono vergine.
L'altra ancora che ha il nipotino picchiato dalla madre tossica.
E la ragazza dello Sri Lanka che ti dice Io scapata perchè guera. Io zia morta e poi scapati.

E oggi pomeriggio salgono sul palco e ballano Eeeveryybody dance now (tun tun tun tu-tun), perchè l'hanno chiesto loro, hanno portato la loro musica e si sono costruite la coreografia a ricreazione.
Così, maggio è il mese delle conclusioni e va bene così, che siamo tutte tanto stanche. E poi loro hanno l'esame di terza media.
Però i distacchi, dannazione.
Questa cosa non l'ho mai imparata.
So cosa dire di fronte ai dubbi sulla sessualità, sulle relazioni, sulla scuola, davanti al dramma di una bocciatura, dell'inserimento in un nuovo gruppo, persino nei rapporti con i genitori, che è la cosa più difficile di tutte.
Ma quando loro ti guardano e ti dicono E quando ci rivediamo? Mai più?
Non è che puoi rispondere Non lo so, dipende se il Comune continua a tagliare i servizi sociali.
Devi dire: l'anno prossimo ci vediamo, ci mancherebbe! Voi adesso pensate all'esame, che poi mi raccontate com'è andata.
E soprattutto sembrare ottimista, e fare l'adulta, quella che i distacchi se li sa gestire bene.
Io invece non me li so gestire, mai stata capace.

Rileggo quello che ho scritto fin'ora.
Avevo scritto l'anno senza h.
Forse devo iniziare a preoccuparmi dell'influenza perniciosa della generazione Nel dubbio ti amo.
E godermi le vacanze.

lunedì, maggio 25, 2009



Meravigliosa giornata di lavoro, con i sette piccoli ariani.
Abbiamo lavorato sui lama che - abbiamo detto in classe - sono intelligentissimi perchè sputano contro quello che li infastidisce.
Così abbiamo sputato su un foglio di carta da pacchi della pittura gialla, usando le cannucce della cocacola.
Poi, con i pennarelli da lucido, ogni piccolo ariano ha disegnato sullo sputo tutto quello che lo infastidisce.
Ecco quello che infastidisce i miei bambini: i maschi, le femmine, le cacche di piccione sulla maglietta, le zanzare, l'ortica, le ciocche sulle mani, quando mi gratto il prurito delle orecchie, dormire, il sole negli occhi, quando piove, quando fanno zzzz le zanzare, il rumore dei lampi e dei tuoni, la guerra, quando partono e ritornano gli aerei, quando si schiacciano le cimici, i pidocchi, le mosche, le api, i ragni, quando la mamma mi sveglia e io sto facendo un bel sogno, il sole, quando mi dicono che piango sempre, il profumo alla lavanda che mi dà fastidio al naso, quando il maiale mi fa vedere il moccico, le "rognatele", mia nonna che russa, quando uno urla tanto, la luce della luna, i granchi, il rumore del motoscafo, quando qualcuno fa le puzze, la motosega, la bomba atomica, un tipo di granchio chiamato paguro, i ratti di fogna, il rumore delle galline.

Ma soprattutto l'incomprensibile e affascinante: Mi dà fastidissimo quando vedo la X del tesoro nel mare.

venerdì, maggio 22, 2009



Poi basta, poi succede che mi si scaricano le pile, mi accascio su una sedia e non mi muovo più.
Ma per ora, invece, sono ancora bella attiva e vitale, rimbalzante tra i miei tre lavori, professionale nelle telefonate, presente con la testa.
Un miracolo, considerate le tre ore di sonno, i miei quattrocento chilometri preferiti, duecento all'andata, duecento al ritorno, quattrocento chilometri al giorno.
Uh uh, fa il coretto anni trenta.

E voi tutti lì a smaniare per il gossip, ora, che tanto è evidente che si tratta di Boscolandia, ma non dirò niente più di questo.
Perchè tanto è come vedere un altro che gioca alla pleistescion.
A sentirlo raccontare, a viverlo da fuori, tutto questo delirio radioso tra gli alberi di Boscolandia non lo si può capire.
Non è divertente, non è comprensibile.
Dovete scusarmi.
A viverlo da dentro, invece, a esserci immersi fino al collo, nel delirio radioso.
Neanche.
Non ci si capisce un cazzo lo stesso: è lo sceneggiatore che ha perso il controllo della storia.

Stamattina, tornando indietro (duecento al ritorno, uh uh) mi veniva in mente J.K.Rowling, quando ha iniziato a ricevere delle lettere che sottolineavano gli errori nella trama di Harry Potter.
Quelle lettere che scrivono i nerd autistici, per capirci.
Hermione aveva i capelli di un altro colore, all'inizio.
C'era uno che era morto e poi è tornato vivo.
La casa prima si chiamava pecoranera e poi corvonero.
Ecco, così, puntigliosi e infallibili.
Io non ho nerd autistici che mi scrivono, ma me ne accorgo da sola che la trama si è autonomizzata, che la mia vita cammina sulle sue gambe deliranti senza che io possa fare alcunchè per controllarla.
La mia vita sale sul treno e poi aspetta che la raggiunga correndo affannosamente con il biglietto per entrambe.
Quindi, scusatemi, non so cosa sto facendo.
Però so che sono quattrocento chilometri di felicità. Quando li attraverso, non quando li guardo srotolarsi tra Vico dolcezza e Boscolandia, e ritorno.
So che in quei quattrocento chilometri, due volte su tre capitano cose assurde, innaspettate e meravigliose.
Stanotte alle due, ad esempio, eravamo nel pieno della scena di Matrix, intrappolati tra due gallerie del treno che non portavano da nessuna parte.
E prima stavamo mangiando nel più orrendo dei dopolavori ferroviari della lombardia, felici di un piatto di orridi totani fritti, mentre dietro la porta ballava L'esercito delle dodici sedie.
Poi tre ore di sonno, e tutto il collegio nord ovest da attraversare.
E quindi adesso faccio l'ultima telefonata professionale e poi mi accascio.
Maramao perchè sei morto.
(uh uh).

giovedì, maggio 21, 2009

mercoledì, maggio 20, 2009


L'azione antifascista della settimana.

Al Caf mi accoglie il gigante di Big Fish.
Quanto è alta una porta, tipo due metri? Lui ci passava sotto piegato.
Io gli arrivavo al fianco.
Io non è un gran metro di valutazione, diciamo che è poco più di un metro e mezzo, ma insomma, faceva impressione.
Il caf di Tim Burton.

Poi però la dichiarazione dei redditi non me l'ha fatta lui, me l'ha fatta un signore con una mano rotta, che mi ha riempito di gioia mettendo un timbro su 1300 euro di rimborso.
Io adoro pagare le tasse.
Se avevo un familiare a carico mi davano anche il bonus.
Qualcuno vuole essere preso in carico da me per l'anno prossimo?

Mentre che il signore con la mano rotta mette timbri, fa conti, scrive mille volte il mio codice fiscale e mi dice come tutti Veramente Vico Dolcezza? Esiste? Che bello, si sveglierà di buon umore tutte le mattine...
E mentre che io come a tutti rispondo Si si, veramente, bello, ma la mattina grugnisco uguale che se abitassi in Vico Pantegane, lui mi chiede a bruciapelo 890 x 3?
Io rimango attonita.
Lui a mente, subito, così, con la velocità di un autistico, dice duemilaseicentosettanta.
Che erano tre mesi di stipendio dell'anno scorso, eh.
Ma io niente, mi sono piantata come un piccione scemo su un grattacielo di manhattan e gli ho sorriso timidamente Sa, mi scusi, sono un'umanista.

L'avessi mai fatto.
Ah, in questo mondo gli umanisti non servono più.
Ah, anche io ho una figlia che ha fatto l'accademia e adesso cosa fa? Lavora in ferrovia.
Ah, servono glin gegneri.
E il progresso.

L'avesse mai fatto.
Non mi sono più scollata dalla scrivania finchè non gli ho fatto ammettere tutte le conseguenze deleterie del progresso, la Tav, il nucleare, le industrie, la privatizzazione.
Alla fine ha boffonchiato Beh, si, in effetti...
Così me ne sono andata dal caf con 1300€ in più e un punto in meno per il positivismo.
Ma è stato troppo facile.
Era della Cisl.

martedì, maggio 19, 2009

Volevo mettervi direttamente il video.
Non sono capace.
Però giuratemi che non vi fate scoraggiare dalla mia globale incapacità tecnologica e andate comunque a vedere questo.

lunedì, maggio 18, 2009


Shhh, non ditelo a nessuno che sto scrivendo sul blog.
Perché oggi sono in versione Seria Professionista.
Rossetto e tacchi, dico.
Il terzo lavoro, il meglio pagato (che suona come L'ultimo figlio, il meno voluto).
Però tanto devo aspettare che mi spediscano una cosa sulla mail e ho un quarto d'ora libero. 
E quindi, shhh, non ditelo a nessuno che vi racconto del salone del libro di Torino.

Io, al salone del libro, sembravo il nonno di Charlie Buckett nella Fabbrica di cioccolato.
Risollevata dal mio malumore, come il biglietto d'oro risolleva il nonno dal letto, ho gironzolato in solitudine e goduria per i due milioni di metri quadrati del salone. 
Ho visto:
Marc Augè parlare di utopia e rivoluzione della bicicletta.
Andrea Bajani che è un figo con una voce orribile.
Ascanio Celestini in tutte le salse.
E' bassissimo.
L'ho visto parlare di Lotta di classe con uno schermo alle spalle che diceva Banca Mediolanum.
Ho visto un intollerabile tipo delle iene che diceva Prima di prendersela con gli immigrati bisognerebbe conoscerli, come ho fatto io, che poi non sono nè contro di loro  nè contro quelli che gli sparano addosso.
Ho visto Furio Colombo e Deaglio dire a quanti metri siamo dalla dittatura.
Pochissimi.
Ho visto Fassino passare come un'ombra e nessuno farci caso.
Ho visto facce disgustate davanti a Chiamparino.
Ho visto purtroppo anche sorrisi smaglianti, davanti a Chiamparino.
Ho viso applaudire a scena aperta il passaggio di Di Pietro.
Sono entrata in una sala in cui, serissimamente, la gente votava per Marx o per Nietzche. E Michele Serra ha votato per entrambi, l'hanno visto tutti.
Ho visto la gente fare la fila per un autografo di Mentana.
Ho visto lo stand del Manifesto di fronte a quello del Movimento per la vita. C'era più gente al Manifesto.
Ho comprato dei libri meravigliosi.
Ho visto persone che non sanno lavorare con i bambini.
Ho visto Lella Costa e Michele Serra che sembravano la coppia Vianello.
Ho visto bambini leggere in ogni dove.
Ho visto gente che la conoscevano tutti e io no.
Ho visto uno spettacolo di Davide Enia che valeva tutto il week end.
Ho visto annullare la conferenza di Rita Levi Montalcini e tutti dire E' morta?
Ho scritto tre pagine di libri che voglio comprare.
Sono stata Telespallabob dell'animazione scientifica.
Ho parlato con la tipa del Presidio del libro, e ancora di più mi sono convita che voterò Vendola.
Ho visto libri belli, libri brutti, ma soprattutto pile pile pile di libri.
Cosa può volere di più, una donna, da un week end?
E sono seria, sono.

Ma soprattutto, ancora una volta, non sono tornata quando dovevo.
Mi ha preso la sindrome dell'elasticità del week end.
Io succede sempre più spesso che parto, e torno di lunedi, all'alba, che non me la sento di sprecare la domenica per il viaggio.
Così ho sfruttato la mia meravigliosa rete internazionale di mutuo soccorso, e sono stata ospitata da Dobby, l'elfo domestico che viveva in casa mia durante l'ultimo Festival della scienza.
E mi sono guadagnata un'ora di attraversata in vespa della provincia torinese.
Vento in faccia, alzo le braccia.
E' stato un week end fichissimo.
Ma, shhhh, non ditelo a nessuno: torno ad essere una seria professionista.

giovedì, maggio 14, 2009



Perchè voto Sinistra e Libertà.


Perchè è l'unico partito che mette al primo posto l'ecologia, e Vendola lo sta dimostrando in Puglia, dove l'eolico e il fotovoltaico hanno un peso sempre più importante nella produzione di energia.
Perchè è l'unico partito con un'idea chiara (e condivisibile) sulla scuola.

Perchè propongono "un Patto Europeo per il progresso sociale che stabilisca standard comuni per le politiche sociali, educative e sanitarie. E questo vale anche per le politiche d’inclusione dei migranti oltre all’asilo per i rifugiati e profughi da guerre e dittature".

Perchè mi fa schifo il concetto di voto utile, come se esistessero idee utili e idee inutili.

Perchè il pd è ufficialmente a destra, e rifondazione comunista va avanti a proclami.

Perchè Sinistra e Libertà candida:
Bebo Storti
Lisa Clark
Giuliana Sgrena
Sergio Staino
Imma Battaglia
e un sacco di altra gente che è quella dei nostri cortei, che è quella che fa la politica che ci piace a noi, o che fa la cultura che ci piace a noi.

Perchè Sinistra e libertà è sostenuta da Moni Ovadia

E poi perchè sono andata a leggermi tutto il sito, e sono d'accordo. Ed è questo che bisogna fare, se si è dei cittadini di una democrazia. Si va a leggersi i programmi e si decide se si è d'accordo o no.

Perchè non ne posso più di quelli che si lamentano della politica e poi parlano per sentito dire.
E di quelli che pensano che buon governo voglia dire Sempre al centro contro gli opposti estremismi.

E infine perchè senza una sinistra siamo fottuti.

Io spero che vi andate a vedere le cose.
Le trovate qui
E anche qui.
Spero che ve le andiate a vedere, e poi decidiate se siete d'accordo.
Un ritorno alle semplici, buone pratiche: informarsi e decidere.
Cara democrazia, ritorna a casa che non è tardi.

mercoledì, maggio 13, 2009



Giuro, senza incrociare le dita, che non sono mai stata particolarmente affascinata dalla figura di Enrico Berlinguer.
Trovo magnifica soltanto la definizione che hanno dato di lui di “morto sul lavoro”.
Al di là dei miei sottopentola, non ho altissime opinioni dei segretari del Pci, in generale.
E non è neanche questione di dna che dici, sai, ti hanno tirato su alla festa dell’unità, qualcosa dev’essere rimasto.
In casa mia si cantava Bee bee bee berlinguer chi pecora si fa il lupo se lo mangia.
Quindi, esclusa una mia influenza di partito.

Religione men che meno.
Dei protestanti non ho particolari buone opinioni, esclusi gli ospedali e un singolo rappresentate di mia conoscenza.
Scartata quindi anche l’influenza della dottrina.

Perché, dunque, io mi ritrovi intricata in questa appiccicosa morale calvinista che mi rovina la vita, non riesco a spiegarmelo.
Forse è l’undicesima piaga dell’extraparlamentare, la dodicesima dell’ateo, dopo le scolopendre nel bagno e i capelli grassi.
Tutta la fottutissima morale, tutto il dannato ostinato rigore che il pci ha perso a manciate anno dopo anno, pezzo di muro dopo pezzo di muro, l’ho vinto io.
Hanno tirato su il mio numero durante i funerèl del berlinguèr, o forse ho perso a carte con Gianni lo spazzino con le carte da ramino, tra Bulogna e Sàs Marcòn.

E così eccola qui, la nessie, che porta avanti il suo senso del dovere spingendolo su per le salite, come uno stercorario la sua palla di importantissima merda.
Eccola, la nessie, che se sbaglia qualcosa si convince che finirà in un inferno a cui neppure crede.
Eccola, la nessie, che rinuncia ad un seminario con Ascanio Celestini perché, come sempre, aveva preso degli altri impegni per lo stesso week end. Impegni lavorativi, ovviamente. Perché, da buona calvinista, al resto rinuncio, ma al lavoro.
E non aiuta questo fottutissimo lavoro precario – a proposito di ottimi segretari di partito – che se appena cedo mi viene chiesto – carinamente, mi viene chiesto, con tenerezza anche - Ma se hai bisogno di più tempo per te, al prossimo contratto puoi anche scegliere un monte ore inferiore.
Certo che posso, guadagnando ancora meno, e quindi dovendo fare altri lavori, improrogabili, sovrapponibili a tutto il resto della mia vita.

Io sono stufa ed è tutto il giorno che mi viene da piangere.
Perché ci sono delle volte, lo confesso, che esplodo d’invidia per quelli che possono permettersi di formarsi piano piano, tra un seminario di Celestini e un viaggio a Parigi, fino ai trent’anni.
Non quelli che la formazione e le cose belle devono incastrarle nelle fessure della vita.
Ma poi, andando nel concreto, esplodo di invidia anche per quelli che sanno mandare a Fanculo il proprio senso del dovere, quelli che non è a loro stessi che rinunciano, fanno rinunciare gli altri.
Quelli che oggi alle ragazzine avrebbero detto Domenica prossima non ci vediamo per fare i biscotti, mi dispiace, è domenica, ho i cazzi miei da fare.
E non si sarebbero fatti conquistare, non avrebbero neppure notato i loro occhi delusi.
Li invidio, quelli che semplicemente spengono il cellulare e partono.

Io non ce la faccio.
Io penso che mi sono presa degli impegni.
Penso che ho dato delle garanzie.
Come i navajos che si fumavano il calumet e poi, finito il tabacco, venivano massacrati.
Io sono i navajos: credo nel calumet e alla parola data, e alla fiducia accordata, sempre ci credo, anche il giorno dopo Sand Creek.
E così rinuncio, mentre intorno la morale, ma neanche la morale, la coerenza, ma neanche la coerenza, mentre intorno tra il dire e il fare c’è di mezzo una seconda repubblica, io sono rimasta legata all’ostinato rigore dei miei partigiani.
Che studiavano di notte per andare a dare gli esami da privatisti, sapendo che li avrebbero passati comunque, nel ’47, se solo si fossero presentati con la fascia del CLN, e invece ci andavano in borghese, preparati su tutto, perché così nessuno potesse dire che i partigiani se ne approfittavano.
Così loro si sono sacrificati la vita a studiare molto di più di quanto non fosse necessario.
E poi tanto Andreotti li ha fottuti.
E Pansa li ha smerdati.
E Togliatti li ha venduti.
E loro, lì, a studiare per morale, per coerenza, per correttezza.

Io ho questo dannato ostinato rigore.
Vorrei dire che me l’ha trasmesso il mio partigiano di riferimento, ma non è vero, ce l’avevo anche prima.
Non me la scrollo via, che mi ha azzannato il polpaccio chissà quando, è un merdosissimo tafano, questa morale.
E’ un’appendice sempre ad un passo dalla peritonite, questa coerenza.

E così io domenica sarò a fare i biscotti con le ragazzine.
E sabato i comunicati da ufficio stampa.
E venerdi l’equipe, la progettazione, i recall.
E al seminario di Celestini ci andranno quelli che in culla è arrivata la fatina del menefreghismo, a fargli la magia.
E quelli che quando sono nati è arrivata la fatina democristiana.
E anche quelli che in culla li ha salutati la fatina frikkettona con la canna tra le labbra.
Io invece no, che a me mi ha fatto la magia la fata che non l’aveva invitata nessuno, la fata Ferrero: protestante e berlingueriana.

martedì, maggio 12, 2009



Due righe più veloce della luce, come dicevamo da bambini.
Metto anche io il mio pezzettino di muro per contrastare la follia razzista.

Sto fotocopiando la locandina dello spettacolo finale delle mie ragazzine.
E le mie ragazzine si chiamano
Giò
Chiara
Jossy
Joselyn
Giulia
Marcia
Lillibeth
Shasa
Thajalini
Francesca.

Tra le altre cose, l'italia multietnica ha un suono bellissimo.

sabato, maggio 09, 2009

Se state per leggere questo post di sabato sera, o di domenica, scusatemi: vi rovinerà il week end.
Se invece è lunedi, non mi scuso per niente: vi rovinerà la settimana, ma ce lo meritiamo.

Aggressione all'umanità, siamo all'avanguardia (Alessandro Dal Lago)


Quando qualcuno, affamato, malato o bisognoso, bussa alla nostra porta, dovrebbe scattare un imperativo primordiale al soccorso.
Questo almeno sostengono le mitologie religiose.
L’umanità, prima ancora di un’astrazione filosofica, è l’espressione di questo riflesso. Anche se non crediamo al diritto naturale e tanto meno alla retorica dei diritti umani, soprattutto nell’epoca delle guerre umanitarie, sappiamo che il limite minimo della comune condizione umana è definito da quell’imperativo.
Rinviando i barconi dei migranti in Libia, il governo italiano ha deciso di rinunciare di fatto e di diritto a qualsiasi minima considerazione umana.
O meglio: ha stabilito che la cittadinanza, italiana o occidentale che sia, è il requisito indispensabile perché qualcuno sia trattato da essere umano.
E dunque che abbia diritto a vivere, a essere curato e trattato come una persona.
Tra i migranti respinti senza nemmeno mettere piede sul nostro sacro suolo ci sono persone in fuga dalla guerra, dagli stermini e dalla fame.
Impedendo loro persino di chiedere asilo e riconsegnandoli ai porti d’imbarco, l’Italia li condanna alla detenzione, alle angherie e, come è già documentato da anni, alla morte.
Così nel nome della difesa paranoica della nostra purezza territoriale che accomuna la maggioranza di destra e parti consistenti dell’opposizione, noi rispediamo nel nulla i nostri fratelli, uomini, donne e bambini.
Proprio come, a diecimila chilometri di distanza, in nome della nostra sicurezza, le nostre pallottole uccidono i bambini e le nostre bombe cancellano dalla faccia della terra cento civili in un colpo solo.
A questo punto, non c’è nemmeno bisogno di insistere nelle analisi.
Il quadro appare chiaro.
Dentro la nostra fortezza, norme discriminatorie, che si appoggiano a una cultura trionfante della delazione pubblica e privata, tengono in riga, nell’ombra e nello sfruttamento, gli stranieri di cui abbiamo bisogno.
Fuori, c’è l’espulsione preliminare, concordata con la Libia.
Curiosi ricorsi storici: i nostri ex colonizzati, a suo tempo decimati e rinchiusi nei campi di concentramento di Graziani, si incaricano, in cambio di soldi, contratti e autostrade, di respingere e internare i profughi e gli affamati di un continente. Qui le leggi razziali, rispolverate da qualcuno, non c’entrano proprio.
C’è invece quella linea, profonda come la faglia di Sant’Andrea, che separa il mondo sviluppato dal resto della terra.
In un romanzo di Saramago, la penisola iberica si staccava dall’Europa. Ma ora è questa che scava un fossato incolmabile con la povertà esterna; la Lega è la punta estrema e paranoica di questa cultura del respingimento. E in Italia, ventre d’occidente, non valgono nemmeno le finzioni umanitarie di burocrati e giuristi europei.
Qui da noi, mentre la stampa si affanna intorno ai casi privati del padrone, tutto è divenuto possibile.
Ma ci si sbaglierebbe a credere che la nostra sia un’eccezione.
Dopotutto, il fascismo è nato in una pianura tra le Alpi e gli Appennini.
Oggi, l’Italia è l’avanguardia di un’aggressione all’umanità.

giovedì, maggio 07, 2009

Saranno dieci anni che lo dico.
Alla fine ci sono andata davvero, dalla dietologa.
La mia dietologa è un po' sovrappeso. 
Qualcuno lo troverebbe inquietante, io invece mi sono rilassata subito: è veramente confortante, una dietologa col culo basso.
Poi si chiama Emilia e io, di una che si chiama Emilia, mi fido a pelle. Sono quei nomi che profumano di buono e di antico. 
Ci siamo fatte un sacco di chiacchiere, è stato bellissimo. Ma veramente ha la famiglia sparsa per il mondo? Com'è? Divertente? No, perchè guardi che averla tutta qui è un incubo. Si ritenga fortunata.

Insomma, arriviamo al dunque: sono sei chili in sovrappeso perchè mangio troppo poco.
Ditemi, non è una cosa meravigliosa? Non è quello che ognuno vorrebbe sentirsi dire?
Si, va beh, è un po' più complicato di così, è tutta una questione di ormoni, di enzimi.
Sembra che dobbiamo fare lo schiaffo del soldato al mio metabolismo perchè la dieta ad ingrasso per dimagrire funzioni: tutti i miei ritmi completamente rovesciati, per prendere alla sprovvista il mio corpo.
Non è semplice, non è veloce, la birra me la scordo.
Però è una dieta piena di buonsenso surreale, un po' come me.
Una dieta che è un romanzo di Douglas Addams: ho la prescrizione per una brioche alla marmellata entro le 11 del mattino. 
E se invece della brioche vuole una fetta di torta, mi ha detto la dietologa, va benissimo.

E tenente conto che quando siamo arrivate alla prescrizione della dieta ad ingrasso, dopo un'ora di visita, io già quella donna la amavo da tempo.
Intanto perchè mi aveva pesato e misurato l'altezza. 
Il metro diceva 1,61. 
Lei mi ha guardata: Un metro e sessantuno? Non direi proprio, si è sfasato il metro, quando ho cambiato studio. Dannata ditta di traslochi...Sulla sua scheda scrivo 1,63, che mi sembra decisamente più realistico.
Ditemi se potevo non innamorarmi.

Ma il momento veramente meraviglioso è avvenuto a nemmeno cinque minuti dal mio ingresso nel suo studio.
Io mi siedo.
Lei cerca il quaderno per segnarsi un po' di cose.
Prende un foglietto a quadretti, lo guarda e dice Questo no, non posso pasticciarlo.
Questa è la ricetta dei miei squisiti dolcini al cocco.
"E' tutto un complotto della sinistra"

"Va a sostituire il vecchio Cara, posso spiegarti tutto, non è come sembra"

(quel genio assoluto di Ellekappa, ieri su Repubblica)



mercoledì, maggio 06, 2009



...e poi dobbiamo farne di mestieri, noi che viviamo della nostra fantasia...


Come succedeva spesso prima di incartapecorirsi dietro agli sproloqui senili, il buon Guccini regala alla mia vita la migliore delle definizioni.
E' un periodo così, che colgo a grappoli i lavori e le soddisfazioni; è una tonnara: io butto le reti e tiro su di tutto, delfini compresi.
Se penso che c'era un momento della mia vita che mi immaginavo costretta dalla vita dietro ad un cattedra.
C'è però che risulto un po' assente e parecchio stanca.
Mi viene voglia di affogare il cellulare nel cesso, come in una favola del mio libro preferito, in cui un bambino perdeva la sua paperetta di gomma e la guardava galleggiare, piangendo.
Mi faceva una tristezza, questa cosa della paperetta nel cesso.

Ho l'agenda che sembra un quadro di Marinetti.
Velocità velocità velocità.
Bicicletta.
Appuntamenti.
Telefonate.
Riunioni.
Laboratori.
Velocità velocità velocità.

Poi, finalmente, capita di pensarci su, a questo lavoro, a questa grammatica della fantasia quotidiana.
Metti una notte al porto antico con un cantante jazz che ti fa tornare in mente Keaton, oooh keaton, che fine hai fatto keaton?
Mi capita di dover discutere del mio, e nostro, fare le cose anche non pagati.
La solita autolesionista modalità dei professionisti della sinistra: se non vedo soldi, tu non vede cammello. Va beh, tu vede cammello anche per pochi soldi. Ok, tu vede cammello senza darmi soldi.
E ho capito una cosa.
C'è una fregatura, a lavorare con i bambini.

Che se tu fai, per dire, lo scultore.
Chiedi un finanziamento.
Non te lo danno.
Aspetti un anno, fai dell'altro.
Poi richiedi un finanziamento.
Non te lo danno.
Aspetti un anno, fai dell'altro.
Il terzo anno ti danno un finanziamento.
Fai la scultura, la esponi.
E la gente che va a vederla è, più o meno, la stessa che l'avrebbe vista tre anni prima.
Perchè si rimane adulti a lungo.
Sempre di diventarlo, s'intende. Ma sto andando fuori tema.

Se io invece faccio un progetto per i bimbi 3-5.
E non me lo finanziano.
Io non posso aspettare.
Perchè se lo faccio, ci saranno dei bimbi che questo progetto non lo faranno mai più.
Allora io, piuttosto, lo faccio gratis.
Certamente che c'è della presunzione e dell'autolesionismo, in tutto ciò.
Però c'è di vero che l'infanzia è veloce, è futurista.
Non si può lasciare scappare quel momento. Non si può recuperare dopo.
Così mi capita di accumulare mestieri e di portare a casa lo stipendio di un cassintegrato.
Ma mi capita anche di regalare un sacco di cammelli.
E un cammello a tre anni.
Volete mettere?

lunedì, maggio 04, 2009

"lo sai,maestra. C'è un uomo molto pazzo che abita molto lontano che una volta l'ho visto fare una cosa stranissima. Ha preso una brocca e..vraaam! Si è bevuto tutto di un fiato un litro e mezzo di aragoste!" (il mio piccolo ariano preferito,a mensa)
Strascichi di primo maggio


La casa del popolo di Montaretto