domenica, giugno 29, 2008

SULLA LAVAGNA DELL'INFELICITA'...


C'è che uno poi finisce per essere educatore nella vita: si porta il lavoro a casa.
E anche davanti al pd, come di fronte all'asino della classe, cerca di far emergere le competenze, di far muovere le idee, di valorizzare le buone intenzioni.
E' con questo spirito pedagogico, infatti, che il comitato Lottomarzo ha reagito al volantino razzista del pd: come una maestra che davanti ad una verifica in bianco prende da parte il bambino, se lo coccola, e poi gliela fa rifare.
E come ben sanno tutti gli insegnanti, è dalle basse aspettative che nascono le sorprese.

Io venerdi mi sono convinta che si può fare.
Si può parlare con i piddis.
Non con i vertici, persi nella loro scalata al potere populista, immersi nei loro tailleurs, circondati da guardie del corpo ombra, immersi nella loro tabella di marcia per la visibilità, incastrati in una realtà di plastica di cui non trovano più l'uscita. Il truman show della democrazia.
Ma la base.
La base era sinceramente dispiaciuta.
Guardavano il loro volantino, e poi il nostro, e poi il loro. 
E qualcuno ci diceva Scusate. Avete ragione. E anche chi non parlava non lo buttava via.
Io credo che al signore con la giacca rosa che il volantino l'ha fatto stampare, domani gli scoppia un po' di casino.
Credo che il signore con la giacca rosa non scriverà più volantini per un po'...

Questo è fare gli educatori.
Volantinarne cento per educarne uno.
La stessa percentuale di fallimento, la stessa fatica di un'educativa di strada.
Ma la gioia di scoprire che si ricordano ancora qualcosa della loro scuola di base, di quando erano piccoli ed erano di sinistra.
Mica come i loro parlamentari, che hanno bruciato il diploma.
La base è salvabile, la base bisogna farle i corsi di recupero.
E darle un'alternativa.
Ma in fretta, che senza i compiti delle vacanze, ci si dimentica anche le addizioni.

Questa è quella che io chiamo una buona notizia.
Io e la mia depressione estiva, io e la mia tensione all'esilio, non avremmo mai immaginato di trovare gocce di speranza nella ragionevolezza della base del pd.
Dal letame nascono i fior...

venerdì, giugno 27, 2008

POVERI NOI...


Povero signore liquido del partito liquido, che ieri mi ha dato questo volantino, e poi si è beccato una sfuriata-nessie, quando mi è caduto l'occhio sull'ipotesi delle "due zingarelle".
Povero, perchè quando gliel'ho fatto notare - visto che stava volantinando un foglio che non aveva letto - mi ha detto "Si, in effetti è un po' razzista".
Povero perchè, come al solito, la colpa non era sua, ma io ero troppo incazzata per cercare i mandanti, come si dice.
Ma soprattutto poveri noi, nelle mani di un'opposizione che volantina per strada pescando a piene mani dalle leggende metropolitane, dal razzismo più becero e dalla finta insicurezza. Che dice le stesse cose della Lega. E non se ne rende neppure conto.

giovedì, giugno 26, 2008


"E' COSI' CHE MUORE UN LEGHISTA"
IO CI PROVO, MA E' IL MONDO CHE REMA CONTRO



Prima di sedermi alla mia scrivania sudaticcia, stamattina, ho aperto la finestra dell'ufficio.
Quella che si affaccia sul piccione impalato ad ottobre e da allora in lenta decomposizione; la natura sta facendo il suo lento corso: contiamo di tornare dalle ferie e trovarne solo le ossa.
Per la puzza del suddetto piccione, nonchè per la tramontana che si insinua tra i palazzi, senza peraltro scardinare i resti putrefatti, d'inverno le finestre dell'ufficio più bello del mondo non si aprono mai.
E così non capita di ascoltare la vita che cammina quattro piani più in basso, nell'arteria pulsante dei vicoli.
Ma oggi.
Appena mi sono seduta ho teso l'orecchio.
Bellissimo: qualcuno in strada sta suonando Paul Simon.
Graceland, direi.
I'm going to Graceland Memphis, Tennessee.
I'm going to Graceland Poorboys and Pilgrims with families.
And we are going to Graceland...

Inizio a canticchiare anch'io, poi mi accorgo che non funziona.
O sono fuori tempo io, o è fuori tempo lui.
Abbandono definitivamente il lavoro e ascolto.
Non è Graceland.
Non è neanche Paul Simon.
E'...
E'...
E' Bob Dylan!
La distanza, il chiacchericcio, le onde sonore che rimbalzano sulla decomposizione del piccione, mi hanno confuso.
Ma ora sono sicura.
Che bella vita.
Io lavoro e giù in strada cantano Bob Dylan.
Solo per me.
Lo vedi che l'estate ha i suoi lati positivi?
Butta via la scolopendra, Nessie!
Meraviglioso.
The Time they are changing
If your time to you. Is worth savin' Then you better start swimmin'
Or you'll sink like a stone
For the times they are a-changin'.
Ma poi un momento di silenzio.
Le casalinghe tacciono.
I piccioni vivi si bloccano.
Quelli decomposti si fanno da parte.
I bambini vanno al mare.
Le vetrine rispecchiano il suono della chitarra.
Si sente solo la voce del suonatore jones.
E io, senza distrazioni, capisco.
Non è Paul Simon.
Non è Bob Dylan.
E' Fausto Leali.
Tuuuuu solamente tuuuuuu,
noooooon aver pauraaaaaa,
nooon sarai più so-o-o-la
io amooo! io t'a-a-a-amooo.


mercoledì, giugno 25, 2008


FIABE ESTIVE
Vorrei i sandali infradito del Gatto con i Sandali Infradito per fare un salto lunghissimo e atterrare al 2 di agosto.
Salutare luglio con uno spagnoleggiante gesto della mano e vederlo scorrere sotto i miei piedi volanti, con i suoi week end afosi e lavorativi, con le sue zanzare in attesa dei miei succulenti polpacci, con un ufficio dove tutti vanno in ferie a turno, tranne io.
Vorrei vedere scorrere vico dolcezza vuoto e solitario - seppur fresco e invitante, con la trapunta invernale che ancora mi avvolge nelle notti di un'estate che rimane in attesa fuori dalla porta verde - e gli autobus targati orario estivo.
Vorrei saltare ad agosto, con un tuffo diretto nel mare dell'isola Gottland, riemergendo ibernata dalla corrente dei poli.
Vorrei soltanto appoggiare un piede e un sandalo volante in un giorno di saldi, a luglio, impacchettare quello che riesco a permettermi, e risollevarmi con un agile colpo di reni, medaglia d'oro alle olimpiadi in Salto in lungo dell'estate.
In mancanza di sandali infradito magici, posso anche accontentarmi di un fagiolo magico su cui arrampicarmi: ho fiale e fiale di lacrime di tristezza per innaffiarlo e farlo svettare verso un mese di vacanza di cui non ho mai sentito così tanto il bisogno.
Perchè a noi, contadini del malumore, l’estate ci fa crescere le piantine dell’insofferenza come se fossero ciliegie.

lunedì, giugno 23, 2008

...LE CAVALLETTEEEEEEE....


Sotto la doccia, stamattina, ho fatto la conta delle punture di zanzara padana accumulate nel week end.
Diciannove.
Sette solo sui piedi.
Lombardia, com'è facile volerti male...


Ci dev'essere una ragione biblica, una spiegazione nelle Scritture.
A Sodoma e Gomorra il fuoco dal cielo.
Ai due liocorni, il diluvio universale.
Agli Egizi, le cavallette.
Alla Lombardia, le zanzare.
Una punizione costante: qualcosa avranno pur fatto.
Io, se fossi lombarda, mi farei delle domande.


E, a proposito di punizioni ad personam per aver osato espirmere pensieri impuri: si, lo ammetto, mea culpa, stavo aspettando i saldi.
Volevo comprarmi:
un paio di sandali comodi
un paio di sandali eleganti
il costume nuovo dopo tre anni
le magliette
le mutande integre, per buttare via le mie vecchie, modello groviera
il mascara che è finito
le scarpe da bosco per la svezia
la giacca da sopravvivenza.


Invece la mia punizione divina si chiama Conguaglio.
E anche Bolletta della Spazzatura.
Insieme, ovviamente. Altrimenti, che punizione divina sarebbe?
La somma dei bollettini ha più numeri del mio stipendio.
Per fortuna ho sposato mia moglie, che divide con me la buona sorte, la cattiva, e le bollette.
Ma anche dividendo per due, rimangono più numeri che un affitto.


E va bene, signore, ho peccato.
Pagherò caro, e pagherò tutto.
Rinuncerò alle mutande integre.
E la svezia mi vedrà con lo stesso costume della Svizzera, della Spagna e di Camogli, l'anno che non avevo i soldi per le vacanze.
Ma.
Preferivo le cavallette.

giovedì, giugno 19, 2008

LA CACCIA AL TESORO

Ieri ho intervistato altri due partigiani.
Finchè ci sono, godiamoci le loro memorie traballanti...

Dicono che sono un po' depressi, che la precarietà li spaventa, che lo squadrismo lo riconoscono, che si aspettavano che le cose sarebbero andate diversamente, che un po' forse era meglio morire dieci anni fa.
Poi però dicono anche che hanno la tessera del Pd.
Io mi sono fatta l'idea che il Pd conserva i suoi voti grazie soltanto a quelli che Pd gli suona come PCI, quando hanno l'apparecchio acustico scarico.

Tendono spesso alla glorificazione, i vecchi partigiani, ma io non vado mai ad ascoltarli per invidiare le loro azioni grandiose, a volte non troppo vere, se non del tutto ricostruite da una memoria vecchia di aneddoti.
A me brillano gli occhi quando posso fissare su una telecamera un racconto come questo:

"Noi si era antifascisti: mio padre era stato uno dei fondatori del Partito con Gramsci, a Livorno, nel '21. Ma poi di politica a casa non se ne parlava mai.
Una sera, subito dopo l'8 settembre, mi dicono che c'è una riunione organizzativa. Allora ci vado, e seduto su una sedia ci trovo mio padre. Lui mi guarda, alza un sopracciglio e mi dice "anche tu qui?" e si rimette a parlare con gli altri. Poi entra mio fratello maggiore. E per ultimo quello piccolo, che poi l'hanno fucilato. Eravamo tutti lì, ma mica ci eravamo messi d'accordo".


Loro si dicono senza molte speranze, ma è grazie a questi racconti, invece, che io mi tiro su di morale.
Perchè mi dico che allora forse qualcosa passa, nonostante una dittatura culturale.
Se i figli del signor I., che non parlava di politica, si sono trovati, tre su tre, dopo vent'anni di dittatura, di sabati fascisti, di scuola del fascio, di Ovra, se si sono trovati tutti lì, a fare politica, allora - mi dico - c'è qualcosa che passa sottopelle.
Un dubbio, una critica, un esempio, una domanda che passa, e poi cresce, nonostante tutta la polizia, tutto l'esercito del mondo.

Se chiedi ad un partigiano: Come sei diventato antifascista? non avrai mai, mai la stessa risposta.
Ci sono gli scarponi che il maestro gli ha requisito perchè il padre non aveva la tessera, ci sono le file con la tessera annonaria, c'è un fratello morto in russia, c'è un libro passato di mano in mano, un professore che parla, una lattaia che si lamenta, uno sciopero sotto casa, un treno piombato che passa, le mani che si sporgono.
C'è sempre qualcosa, in ogni racconto, un piccolo elemento che li ha fatti risvegliare dal torpore della dittaura.

Io registro i racconti, li ascolto, e cerco questo elemento, per piccolo che sia.
E' la caccia al tesoro dell'antifascismo.
Capire cosa ha fatto svegliare loro, per poterci svegliare noi.

MARIO RIGONI STERN
"Sergent Magiùr, g'ariverem a baita?"

martedì, giugno 17, 2008

CHECKPOINT

Ecco cosa succede.
Che noi trentenni finiamo per avere più memoria, di quelli che nella storia c'erano.
E' un incubo.
E non tiratemi in ballo l'Alzheimer.

Nel 1973 c'è il golpe in Cile, qui tira aria di P2, gli extraparlamentari e i dirigenti del PCI iniziano a dormire in un posto diverso tutte le notti.
Precauzione, diciamo.

Piano piano arrivano i racconti, le foto, i carriarmati e le bombe sulla Moneda, gli intillimani che hanno avuto culo, Victor Jara che invece no.
Più arrivano le voci, le foto e i racconti, più i dirigenti della sinistra gli si annebbia il futuro e vanno a casa degli amici ogni notte, ma dormono sempre meno.
In Cile le strade si riempono di soldati, di blocchi stradali. Nascono le prigioni segrete, i luoghi di tortura. E nei fiumi a volte emergono i corpi dei desaparecidos.
Alla sinistra italiana, per usare una'elegante metafora, le brucia il culo.

Tra i dirigenti del PCI ce n'era uno che si chiamava Giorgio Napolitano.
Io non lo so se Napolitano abbia mai dormito a casa di un operaio, di un sindacalista non schedato, in una casa del popolo, sul divano del partito con la paura del golpe.
Ma se non l'ha fatto lui, l'hanno fatto i suoi amici, quelli della sua mozione, quelli della sua sezione, i suoi elettori.
E le foto le ha viste, li ha visti i soldati nelle strade.

L'attuale ministro dai denti marci, sono sicura, le foto nel 1973, le ha viste anche lui.
E ho qualche dubbio che proprio da lì abbia preso ispirazione per questa bella proposta dei soldati nelle strade.
Se non si è ispirato, come si dice, è una bella coincidenza.

Allora io mi chiedo, e non posso non farlo, ma possibile che io mi ricordi dei soldati nelle strade di Santiago del Cile, che marciano otto anni prima della mia nascita, e Napolitano, che ha rischiato di venire torturato se il golpe fosse stato esportato anche qui, non gli vengano in mente le attinenze, le similitudini?
Io credo che se Napolitano non rimanda indietro questa legge non ne rimanderà indietro neanche una.
E mi fa schifo e puzza, che il Pd si strappi i capelli per la legge salva processi e sorrida davanti ai soldati nelle strade.
Ma chi se ne fotte del processo a Berlusconi, tanto non lo condannano, e se anche lo condannano non fa un giorno di carcere. Fa il Divo anche lui, come Andreotti.

Vorrei che i soldati per strada fossero il no pasaran per noi che ancora ci interroghiamo sul come resistere, perchè dopo i soldati non c'è altro.
Questa cosa non può passare.
Perchè non c'è niente, niente di peggio.
A voi viene in mente qualcosa di più stupido, di più pericoloso, di più gretto, più miserabile, di un generale dell'esercito italiano?

Io se potessi andrei da Napolitano a scrollarlo finchè non gli esce il partito democratico dalle orecchie e non si rimette a fare il presidente.
Ma visto che non posso, dico che se non li ferma Napolitano, questi dobbiamo fermarli noi.

Perchè se l'esercito nelle strade diventa una cosa normale è la Palestina, è l'Algeria, è l'Argentina, è la Somalia, è la Bosnia, è il Cile.
E' il punto di non ritorno.

Noi Madri di Piazza di Maggio compiamo 31 anni di lotta in strada. 31 anni che non manchiamo un solo giovedì nella piazza. 31 anni per esigere e reclamare il carcere per gli assassini dei nostri figli.
Noi madri non siamo scappate e poi siamo tornate. Noi siamo rimaste per tutto il tempo della dittatura, nelle fasi più violente, quando ci picchiavano e ci mettevano in carcere tutti i giorni, quando fecero scomparire 3 delle nostre migliori compagne.
Quando non potevamo parlare.
Quando ci stavamo rendendo conto che esistevano campi di concentramento in ogni commissariato di polizia, in ogni caserma dell'esercito, nella Scuola meccanica della marina.
E siamo rimaste per cercare i nostri figli.
Quando cominciavano ad apparire corpi qui e là, nel fiume o sepolti. Però noi non siamo mai andate dietro ai cadaveri. Non vogliamo identificare cadaveri. Vogliamo identificare gli assassini perché vadano in carcere.
I nostri figli scomparsi erano rivoluzionari. Socialisti, anarchici, peronisti, comunisti, chiamateli come volete, rivoluzionari che volevano un mondo migliore. E chi dà il sangue per il suo popolo non muore. Chi può dire che Garcia Lorca è morto?
Per questo noi Madri non accettiamo la morte dei nostri figli e neanche alcun compenso economico.
Non c'è prezzo che possa pagare la vita di un giovane, di una donna, di un uomo che dà la sua vita per la rivoluzione, per la liberazione, per il socialismo. Sono loro che ci hanno partorito e insegnato tutto quello che abbiamo fatto in questi 31 anni e che facciamo.
(...)
Una volta un italiano si arrabbiò, perché disse che credeva di incontrarci piangenti e afflitte. Invece ci incontrò mentre festeggiavamo un compleanno. Sapete perché? Perché i nostri figli ci hanno insegnato cos'è la solidarietà, cos'è l'amore. E noi siamo appassionate della vita come lo erano loro.Quando ci picchiavano e ci arrestavano, ci chiamavno «matte», ci portavano via i nostri figli, noi siamo rimaste qui per difendere la vita. Non solo dei nostri figli, ma anche di molti uomini e donne che non sapevano e non credevano che questo paese potesse tornare a essere migliore. Come adesso.

(Questo testo della presidente della Asociacion Madres de Plaza de Mayo è stato inviato per un incontro a Livorno della Wilpf, la Lega internazionale delle donne per la pace e la libertà. Da Il Manifesto 11/06/08)

lunedì, giugno 16, 2008


Tutto quello che ho imparato da Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo

In caso di guerra atomica chiudetevi in un frigorifero e poi lavatevi con grandi spazzoloni.
Se attaccati dalle termiti assassine, chiudete la bocca.
Stalin, in verità, voleva fare il pranoterapeuta.
Il Kgb può tutto, tranne che contro gli extraterrestri.
Le civiltà precolombiane sono state create da E.T.
A Berlino si faceva il doppiogioco.
Un teddyboy sa sempre riconoscere un innocuo serpente mangiaratti.
Il Kgb ha una pessima mira.
Non importa quanto male ti faccia un uomo, se si chiama Indiana Jones lo perdonerai al primo sguardo.
Gli extraterrestri che hanno fondato le civiltà precolombiane erano stati disegnati da Tim Burton.
Le trabant militari del Kgb non affondano nelle cascate.
Il Che ha rubato la Poderosa al figlio segreto di Indiana Jones .
La Stele di Rosetta è stata una perdita di tempo: Spielberg l'avrebbe tradotta in due o tre secondi.
Il Kgb monta sempre un campo in amazzonia, dotato di sedia da dentista dove legare i suoi nemici.
In Unione Sovietica avevano i migliori parrucchieri del globo emerso .
Nelle sabbie mobili stai fermo, e non ti macchierai i pantaloni.
I russi danzano il ballo della steppa anche nella foresta amazzonica.
Gli scorpioni grandi fottitene, quelli piccoli muori.
Per salvarti dalla guerra fredda, impara a tirare di scherma, non abbandonare gli studi e comprati un frigorifero molto capiente.
LE POLPETTE DI TONY VERDERAME


Per celebrare il ritorno di scongelare stanca, vi regaliamo questo angolo di domenica in vico dolcezza, e il suo mezzo chilo di macinata



Si prevede una giornata molto libera, una dispensa molto vuota, un cervello molto creativo.
E comunque non succederà più che le polpette di Tony Verderame vengano così squisitamente soddisfacenti.
Se però volete provarci gli ingredienti sono:
mezzo chilo mezzo di macinato
una carota una (e un po’ marcia)
pomodorini a ciliegia (5)
cipolla (mezza)
uovo (uno)
pangrattato (qb)
erbacipollina,dragoncello,nocemoscata,pepenero,sale.
dado
una scatola piccola di piselli.
Voi direte, a questo punto, questa non è una dispensa vuota!
Si che lo è! Ora digiuniamo per una settimana.

Tony Verderame affetta la carota marcia nelle sue parti ancora integre in piccoli cubetti, i pomodorini in striscioline, e mischia il tutto con macinata, uovo e parte del pangrattato unito precedentemente alle spezie.
La Nessie, nel frattempo, canta e prepara un soffritto leggero leggero.

Mentre Tony Verderame immerge nel resto del pangrattato le polpette perfettamente tonde ma un po’ schiacciate sui poli, la Nessie svuota i piselli nello wok dove sfrizza il soffritto.
Perché nello wok, chiedete voi? Perché è l’unica padella grande in vico dolcezza.
Le polpette vengono poi immerse nei piselli.
Questo, ufficialmente, sarebbe stato un errore. I piselli erano forse da aggiungere dopo.
Ma.
Ma è dalle minchiate che nascono le grandi idee.
Perché aggiungendo vino bianco a spruzzetti, brodo di dado a cucchiaiate e pangrattato a pioggia di giugno (improvvisa, violenta e poco apprezzata), e coprendo il tutto infine con il secondo wok a disposizione (poche stoviglie ma identiche) il tutto si è cotto con pochi grassi , tanta pappetta smaccaramellosa e tanta felicità succulenta.

Per la digestione – un po’ faticosa, a dire il vero – si consiglia infuso di menta piperita, zenzero in polvere e miele di tiglio (molta menta, poco resto).

venerdì, giugno 13, 2008


Io, se mi avessi come ragazza, mi sarei già lasciata.
Perchè, fondamentalmente, sono insopportabile.
C'è da dire che, come dice la mia pissipissibaucologa, adesso me ne rendo conto. E' un passo avanti - mi dice - siamo sulla buona strada; la presa di coscienza è il primo passo e bla bla bla.
La vera verità è che sarò cosciente, ma resto un'inguaribile spaccapalle.

Il mio approccio alle storie d'amore è quello di un conoscente che abbiamo sbagliato ad invitare al ristorante.
Passerà la serata a lamentarsi del cibo, e quando tutti se ne andranno scontenti, lui si lamenterà anche della compagnia.
Autolesionismo, lo definirei, se non fossi un'amante della metafora

Io, con Stakanov, faccio moltissime cose belle.
Moltissime, e bellissime.
Poi, abbiamo la lontananza. E la stanchezza. A volte l'otite e il raffreddore. E il sonno.
Un po' cose bellissime, un po' cose che non funzionano.

Io sono così, che quando ci sono le cose moltissime e bellissime mi sento felice, che mi specchio nel fiume o nel vetro di camera mia e mi dico Chi mai può essere più felice di me? come nelle favole di Andersen.
Ma sono sempre io anche quando, se c'è la lontananza, la stanchezza, l'otite e il raffreddore, mi specchio nella luce morta del mio bagno e penso  Me misera, me tapina, chi è più infelice di me? come zio paperone.

Voi non lo sapete neanche quanto mi vorrei lasciare, quando sono zio paperone.
Mi abbandonerei con un biglietto sul tavolo che dice Sono andata a comprare le sigarette, perchè non mi merito niente di più.
Abbandonerei la Nessie spaccapalle e scapperei a Cuba con la Nessie divertita, divertente e appassionata. E non le manderei neanche una cartolina, a quella stronza.
Se solo potessi, la Nessie stronza, la seppellirei viva, la farei mangiare dalle formiche rosse, la lapiderei con tutte le stronzate che ha fatto in 26 anni, le legherei ai piedi il masso della sua pesantezza insopportabile e la farei affondare nella fossa delle Marianne.

Se solo, solo ne fossi capace, Stakanov, ti direi che sono così felice, quando sono felice, che non c'è bisogno di esserlo sempre, comunque, nel bene e nell'otite. 
Se solo ne fossi capace, mi terrei dei pezzetti di felicità di scorta da usare quando c'è anche la vita, di cui tener conto.
E invece è sempre così, che li brucio tutti subito, i pezzetti di felicità, e poi mi lamento che le ceneri non profumano.


mercoledì, giugno 11, 2008

ELEVO IL BELLISSIMO COMMENTO DI MANUELA A POST, COSì VE LO LEGGETE TUTTI

"Vivo nel profondo Nordest, in una cittadina di 20.000 abitanti, in montagna.
Il mio quartiere si sta "slavizzando" a una velocità impressionante. C'è un piccolo parco giochi, nel mio quartiere. Con i giochi in legno, immerso in un prato.
Il mio quartiere si è svegliato in queste prime serate quasi estive. E si è scoperto slavo per i bambini i grandi i vecchi che ora girano per le vie. Che organizzano partite di calcio al parco giochi. gli uomini a giocare.
Le donne a chiacchierare e mangiare pop corn. a offrire pop corn e larghi sorrisi a noi (poche) autoctone che decidiamo di uscire anche noi la sera, col bambino.
Vivono il quartiere, se ne appropriano, lo indossano come un guanto. il quartiere ridiventa barrio.i bambini vanno a fare la spesa per la mamma, a piedi, la mattina, da soli.come se questa fosse ancora la cosa normale che IN REALTA' E'!!!
Vengono da fuori per dirci, in silenzio, che rischiamo di tirare su i nostri figli come dei deficienti. quelli che la play station. e quelli che lo sport a tutti i costi. in egual misura forse.
Vengono a dirci, senza dircelo, che può anche non essere così."

COCCOLE E VITAMINA B

lunedì, giugno 09, 2008

PERLE AI PORCI


Doveva venirmi il dubbio, che sarebbe stata una giornata da buttare, quando dal pullman sono scesi quindici piccoli adolescenti, in fila indiana, ognuno col suo piccolo sacchetto arancione pieno di vomito, da buttare nel cestino.
Doveva venirmi il dubbio che sarebbe stata una giornata difficile quando uno di loro ha insistito per tenerlo in ricordo.

Gli incubi psicoanalitici della notte, poi, contribuivano. E' a voi che ho tagliato le gomme della macchina, verso le quattro del mattino, sentendomi poi in colpa per tutta la fase Rem? Nel caso scusate, è lo sfogo del mio Mr Hyde che ieri sera avrebbe accoltellato qualcuno di umano e che invece si è sfogato sulla vostra automobile onirica.

Quindi, morta e dubbiosa, ero in Piemonte già alle nove, con i piccoli adolescenti che buttavano via il loro stomaco mentre io allestivo il Laboratorio Didattico "Perle ai Porci".
Una settimana di lavoro, di programmazione, i fiori rossi di cartacrespa, la minuzia dell'alestimento, la cura dell'idea. Eravamo sicuri di avere pensato a tutto. Mi ero anche ricordata il panino del pranzo.
Ma una cosa l'avevamo sottovalutata.
Erano cinquanta piccoli adolescenti. E non avevano mai visto un prato.

Men che meno un bosco. Nessun grillo, mai una cicala. Lucertole poche. Le vespe e le api si, e fanno paura. Ragni?!? L'odore delle foglie fa schifo. Io qui non mi ci siedo: è umido! Il sole è caldo. All'ombra fa freddo. Io lì con i piedi non ci vado, mi fa orrore. Se mi siedo sull'erba si sporcano i jeans. Ho qualcosa nei capelli. Oddio, cos'è quella cosa che salta? Ho i sandali, e se mi si rompono? Ma io ho le nike bianche! Ho qualcosa sulla spalla?!? Ma io sono vestita di chiaro, come faccio!?! Non ho sentito, come si fa a sentire con tutti questi uccellini che fanno casino?!?
Ma soprattutto.
Jennifer. O Jessica. O Josephine. Un nome così, con la J. Che mi ha detto:
Io qui non mi ci siedo, perchè l'erba mi sporca i pantaloni bianchi, e se tu vuoi farmi sedere lì, ti dò il cellulare, chiami mia mamma e glielo dici tu, perchè altrimenti io torno a casa dalla gita e lei mi ammazza!

L'avevamo sottovalutato. Volevamo fare un laboratorio nel bosco, e invece bisognava fare un laboratorio sul bosco. Spiegare ai genitori che nelle gite ci si mettono i jeans e non le minigonne, dire ai bambini "Tranquilli è tutto a posto", dovevamo avvicinarci con cautela ai grilli, alle cicale, alle pericolosissime mosche, alle schifosissime foglie umide. Alzare i sassi e muoverci nel bosco. Scoprire che c'è un mondo fuori dal centro commerciale, che i cerbiatti esistono anche fuori dal lettore dvd.
E' colpa nostra, forse, che pensavamo che a dieci anni, anche nel 2008, potesse essere divertente attraversare un rigagnolo d'acqua e non trasformarsi in una fonte d'ansia per le scarpe nuove.

Noi che pensavamo di parlare con loro di democrazia, di radici della Costituzione, del coraggio delle scelte.
E loro con una paura viscerale delle mosche, delle foglie e delle macchie verdi sui pantaloni, dei rumori sconosciuti, della pioggia, dell'umido, ma anche del sole.
Terrorizzati. E quindi distratti. E quindi scontenti. E quindi tristi. E anche annoiati. Ma soprattutto terrorizzati.

C'è un problema di comunicazione.
Forse ci siamo persi qualcosa. Ci siamo distratti un attimo e abbiamo iniziato a dare le cose per scontato.
Mi ricordo perfettamente l'ultima volta che mi sono sentita così.

Era la sera del 14 aprile. La sera delle elezioni.

venerdì, giugno 06, 2008


"...Io non faccio sport. Tutti quelli che conosco che facevano sport, sono morti"
"E' solo un caso"
"Io non ci credo, al caso".
("Il Divo")

mercoledì, giugno 04, 2008

Con innaspettata abilità metaforica,
trattandosi di un vegetale,
ieri il nostro girasole ha tirato fuori la testa dalla terra
con due germogli verdissimi.

lunedì, giugno 02, 2008

All'inizio sembrava una commedia musicale americana: il fiume, il tramonto, gli aironi cenerini, le garzette, il silenzio, la canoa, io e Stakanov. Dentro di me ridevo.
Stanchi eravamo stanchi, ma il richiamo del fiume, quella vena romantica in costante emersione, la voglia di starcene da soli dopo un pomeriggio passato a traghettare come Caronte le anime perse di un gruppo di bergamaschi.
Stakanov nella versione estiva del supereroe: muta corta, punture di tafani, corde, giubbotto, ammenicoli e caschetto giallo.
Io nella versione "Barbie - un giorno in palude".

Canoa canadese, io che fingo di pagaiare davanti, lui che da dietro fa in modo che non ci incastriamo nel limbo della riva del Ticino.
Sembrava una commedia musicale americana, ma con regia di Muccino. Fin troppo mieloso per avere il coraggio di raccontarvelo. E con un pessimo truccatore.

Quello che poi è successo, però, è che abbiamo provato a risalire la corrente.
Ci riescono i salmoni, che sono pesci stupidi, vuoi che non possiamo farlo noi?
E, che voi ci crediate o no, per un pezzo ci siamo anche riusciti, nonostante la mia pagaiata stortignaccola, imprecisa, cittadina. 
La prima curva l'abbiamo fatta. Sembrava veramente che saremmo tornati alla macchina sani e salvi.
Ma poi ci hanno cambiato il set. E di colpo eravamo Indiana Jones e l'ultima crociata.
Lui, Indiana Jones.
Io, l'ultima crociata.

Ci siamo buttati sottocosta dove la corrente - che al centro del fiume ci avrebbe sommersi, inesorabile come la data di scadenza del conguaglio del gas - ci arrivava addosso veloce soltanto come il passeggino della corazzata potiemkin.
Eroicamente, Barbie un giorno in palude, ha pagaiato verso un merdosissimo albero di fiume pieno di ragni dalle gambe lunghe. Ed è passata indenne  senza quasi lamentarsene ("okay, Stakanov, adesso mi dici con molto tatto, se ho dei ragni che mi camminano sulla testa"). 
Non solo non avevo ragni, ma avevo superato con leggiadria ("non ce la posso faaaareeeeee, cazzocazzocazzocazzo") il primo tratto controcorrente.

Ma ne rimanevano altri centocinquantamila, di tratti così e, francamente, non ce la potevo fare.
Perchè, Stakanov, tu devi capirlo che io fino a sei mesi fa al massimo risalivo la corrente di uno sciopero generale.

E così ci siamo arresi. 
Indiana Jones ha voltato la canoa, e siamo andati alla sperindio, nella direzione giusta.
Quello è stato il pezzo bellissimo.
Di nuovo Muccino, di nuovo gli aironi, di nuovo il tramonto, di nuovo il silenzio.

Ma dalla canoa dovevamo pur scendere, prima o poi.
Così abbiamo ammarato - o come cazzo si dice - in una lanca, vicino all'ormeggio del mostro degli abissi, e - respirando profondo, molto profondo - ho accettato di camminare per quaranta minuti nel bosco, per tornare, a piedi, alla macchina e alla civilità.
Ma il sentiero era sommerso.
I bambini dormono sul fondo del Sand Creek, per capirci.
Dopo tre metri, l'acqua arrivava al polpaccio di Stakanov. Di conseguenza, fatte le dovute proporzioni, io stavo quasi affogando.
Abbiamo dovuto rinunciare. Peccato, eh, perchè io un po' ci tenevo.

Indiana Jones, senza fare una piega, si è legato col moschettone la canoa alla schiena e ha proseguito in direzione delle rapide sotto il ponte, marciando nell'acqua marcia.
Stakanov, canoa, e dietro io, da qualche parte, saltando come una libellula tra i rovi e la piovra di ventimila leghe sotto i mari.
Avanti così per qualcosa come duemila chilometri, credo.

Sotto il ponte la corrente rullava, rimbalzava, si arrotolava come un involtino ad un matrimonio. 
Ma noi, coraggiosi e costretti dalla mancanza di valide alternative, ci siamo appiccicati al muro,con i piedi sui sassi sommersi che ci avrebbero portato sulla riva e alla sopravvivenza.

(Ora, lo so che sembra che io mi stia lamentando. Ma la parte del ponte è stata la più divertente di tutte. Anche perchè la corrente, come minimo, staccava dai polpacci tutte le sanguisughe assassine che avevo accumulato nel sentiero sommerso).

Tranquilli, comunque, siamo sopravvissuti.
E siamo stati riportati alla civiltà da due canoisti magnanimi all'interno del bagagliaio di una panda verde.

La Produzione del film, a questo punto, ci ha gentilmente offerto una pizza, ma poi ci ha spedito a recuperare la canoa abbandonata in piena notte. E l'acqua che si era accumulato mi ha infradiciato la giacca.

Poi, non so.
Forse ci sono stati gli applausi.
La Croisette.
Gli autografi.
La notte degli Oscar.
Credo che quello sia stato il momento in cui mi hanno concesso la controfigura.